Le Note

 

(1) La prima canzone ha per scopo di mostrare quale: sia la vera composizione della Pietra dei Filosofi, cosa che, naturalmente, soltanto i veri Sapienti possono giudicare se venga esattamente indicata.

La seconda canzone dice quale é la prima operazione da eseguire sopra questa pietra filosofica; la terza canzone ha per obbietto di mostrare ai Chimici ignari, a coloro che si perdono nella ricerca della fabbricazione dell'oro e dell'argento ordinarii, quanto mai essi errino e si discostino dalle prescrizioni della vera Arte. [Torna al Testo]

(2) Abbiamo riportato il sesto verso della terza strofa quale si trova nel testo della strofa riportata isolatamente innanzi al commento. Nel testo della strofa quale si trova nell'intiera ode, all'inizio del libro, si trova invece la variante: Da l'indistinto Chaos la mano eterna. Abbiamo preferito la parola destra alla parola mano, perché meno generica. [Torna al Testo]

(3) Queste prime tre strofe della canzone non fanno altro che tratteggiare l'analogia che secondo le teorie degli ermetisti intercede tra lo sviluppo dell'universo al principio della creazione e la grande opera dell'ermetismo. É un vasto paragone, come lo chiama il nostro poeta; e deriva immediatamente dall'affermazione dell'analogia universale tra ciò che é in alto e ciò che é in basso esposta nella "Tavola di Smeraldo" attribuita ad Ermete Trimegisto, padre di tutti i sapienti, e primo maestro della scienza che da lui fu detta ermetica.

Nella sezione Contributi Esterni consultare:

 Tabula Smaragdina Hermetis

con i commenti di Hahajah e L. Iesboama

Ammessa questa analogia, é chiaro che solo ad Ermete ed ai veri sapienti che conoscono la grande opera sia permesso intendere senza alcun velo l'opera della creazione divina. Questa analogia é stata ampiamente sviluppata, trattando della grande opera ed esponendone le fasi in relazione alle fasi della creazione sulla scorta della Genesi, dall'alchimista Gerhard Dorn, un seguace di Paracelso, che ha scritto nella seconda metà del XVI secolo. Anche il Filalete nel suo "Introitus Apertus", importantissima opera ermetica la cui prima edizione è posteriore di un anno all'ode del Crassellame, si serve della medesima analogia. Ed anche il Catechismo ermetico-massonico contenuto nell'Etoile Flamboyante dice che per pervenire alla conoscenza ed all'esecuzione dell'opera fisica il Filosofo deve seguire la stessa strada che il grande Architetto dell'Universo impiegò per la creazione del mondo, osservando come il chaos fu sbrogliato. Si tratta dunque di operare sopra ciò che nella grande opera corrisponde al Chaos; conoscere la composizione di questo Chaos equivale a conoscere la composizione della pietra dei filosofi.

"Chaos, dice il Pernety (Dictionnaire myto-hermetique, Paria, 1758, p. 74) vuol dire confusione e mescolanza. Era, secondo gli antichi, la materia dell'universo prima che avesse ricevuto una forma determinata. i Filosofi hanno dato per similitudine il nome di Chaos alla materia dell'opera in putrefazione perché allora gli elementi o i principi della pietra vi sono in una tale confusione che non si saprebbe distinguerli. Questo Chaos si sviluppa per la volatilizzazione, questo abisso di acqua lascia vedere a poco a poco la terra a misura che l'umidità si sublima in alto del vaso. É per questo che i Chimici Ermetici anno creduto di poter paragonare la loro opera, e quello che vi accade durante le operazioni, allo sviluppo dell'universo all'atto della creazione". Si tratta perciò, dice il nostro poeta anonimo, di apportare l'ordine nel Chaos; di fare, secondo il motto del 33° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato: Ordo ab Chao, di estrarre dalla massa informe, in cui gli elementi si trovano confusi ed indistinti, questi elementi stessi facendoli passare dalla potenza all'atto. Si tratta nel Chaos e dal Chaos di fare apparire lo Spirito. [Torna al Testo]

(4) Abbiamo visto che é necessario conoscere la prima materia, il Chaos, la pietra dei Filosofi. Il poeta alchimista dichiara che ci la conosce giacché gli é noto il provvido Illiasto. "L'iliasto, infatti, o iliastro, o iliado, dice Guglielmo Johnson nel suo Lessico Chimico (Mangeti - Bib. Chem. I, 235) é la prima materia di tutte le cose, e consta di Solfo, Mercurio e Sale, ed é quadruplice a seconda dei quattro elementi: il primo Iliasto é il Chaos della terra, il secondo dell'acqua, il terzo dell'aria ed il quarto del fuoco". Secondo il Pernety (Dictionnaire, p. 214), " l'Iliastro é il Chaos, ed i tre principii solfo, sale e mercurio dei Filosofi chimici, riuniti nella miniera da cui essi li estraggono. Essi han dato questo nome anche alla loro materia in putrefazione, perché questi tre principii vi appaiono allora confusi".

Anche il Catechismo ermetico-massonico contenuto nell'Etoile Flamboyante dice la stessa cosa: "il savio artista deve lavorare sopra un corpo creato dalla natura, in cui essa stessa abbia congiunto insieme lo solfo ed il mercurio, che l'artista deve separare.

D. Che deve fare in seguito?

R. Purificarli e riunirli di nuovo.

D. Come chiamate cotesto corpo?

R. Pietra grezza, o chaos, o iliasto, o hyle.

D. É la medesima pietra grezza il cui simbolo caratterizza i nostri primi gradi?

R. Sì, é la medesima che i Massoni lavorano a digrossare, e da cui cercan levare le superfluità: questa pietra grezza é per così dire, una porzione di questo primo chaos, o massa confusa, conosciuta, ma disprezzata da tutti. (Etoile Flamboyante, Vol. II, pag. 163) ".

Poiché non vi sono dubbi sopra il significato della pietra grezza, nel simbolismo massonico, questo passo del catechismo dello Tschoudy é uno di quelli che offrono il mezzo al massone istruito di cominciare a decifrare la terminologia dell'ermetismo.

É dunque dal provvido Iliasto che bisogna estrarre la purità degli elementi, facendoli passare dalla potenza all'atto. [Torna al Testo]

(5) Il mercurio rappresenta un'essenza vitale, universale, intermedia tra, il Sole (l'anima) e la Terra (il corpo). Discende dal Sole sotto forma di vapore aereo, sempre in movimento, ed empie il centro della terra che altrimenti resterebbe vuoto. Ma di qui si manifesta, esce corrotto dagli impuri ardori dello solfo, fintanto che perviene a fissarsi, ed a informare sé stesso dell'umido radicale. Quest'umido radicale o umidità viscosa é, dice il Pernety (Dictionnaire, p. 202) "il mercurio dei Filosofi, che é la base di tutti gli individui dei tre regni della natura; ma che é particolarmente il seme e la base dei metalli, quando è preparato filosoficamente per fare l'opera ermetica". E nelle Fables Egyptiennes et Grecques., (Paris, 1758, I, 117) lo stesso autore dice: "La vita e la conservazione degli individui consiste nella stretta unione della forma e della materia. Il nodo, il legame che forma questa unione consiste in quella del fuoco innato e dell'umido radicale. Quest'umido é la porzione più pura, più digerita della materia, e come un olio estremamente rettificato dai lambicchi della natura". L'inconveniente a cui bisogna porre riparo é quello dei solfi impuri; e poiché (Cfr. Canzone III, strofa IV) la Natura é incapace di purgare, ossia questa purificazione non si verifica naturalmente, bisogna che l'Arte soccorra alla natura, e che con il rito, con l'artificio, faccia la depurazione.

Nei misteri isiaci, narra Apuleio, la purificazione (cerimoniale) si faceva mediante una torcia, un uovo e dello solfo. [Torna al Testo]

(6) Nel testo riportato dall'Etoile Flamboyante il secondo verso di questa sesta strofa suona: Sigillarsi de vetro il vaso ovale; e in questa forma scorretta, naturalmente, é stato riportato sin oggi, quantunque la versione francese dicesse correttamente hiver. Ora nel ricco e molteplice simbolismo ermetico la grande opera viene paragonata alle altre forme di generazione, a quella dell'uomo nell'utero, a quella dell'uovo, a quella vegetale che si svolge dall'inverno all'autunno. "I Saggi, dice il Pernety (Dictionnaire, p. 197), si servono comunemente della parola inverno in un senso allegorico per significare il cominciamento dell'opera, o il tempo che precede la purificazione. É la ragione per cui dicono che bisogna cominciare d'inverno e finire d'autunno; perché nel medesimo modo che la natura sembra morta d'inverno, e non produce ancor niente, parimente il Mercurio dei Savii non fa che disporre alla generazione, che non si può fari senza corruzione, e la corruzione non sopravviene che per mezzo della putrefazione. É durante questo inverno filosofico che il mercurio si mortifica, che la terra concepisce e che essa cambia di natura.

L'operazione va dunque iniziata d'inverno, e l'inizio consiste nel portare la materia dei filosofi al nero, il che si fa mediante la chiusura ermetica; e l'Infante ha allora il suo Natale, che cade d'Inverno come quello di Gesù. [Torna al Testo]

(7) "Il vaso, dice il Pernety (Dictionnaire, p. 510) nel quale si mette la materia dell'opera, perché vi cuocia, vi sia digerita e vi si perfezioni. Questo vaso deve essere di vetro (ed ecco la causa dell'errore che ha trasformato inverno in vetro), come la materia più adatta a trattenere gli spiriti sottili, volatili e metallici del composto filosofico. Non é però di questo vaso che i Chimici Ermetici hanno fatto un mistero, e che hanno avviluppato sotto il velo delle allegorie, delle favole e degli enigmi. Il vaso segreto dei Filosofi è la loro acqua, o mercurio, e non li il vaso di vetro che contiene 'la materia". É evidente del resto che chiudendo il vaso si chiude anche la materia.

Questo vaso é poi identificato all'Atanòr, o forno filosofico ed all'uovo, che é pure ermeticamente chiuso, e che col calore della cova dà la vita al pulcino. Similmente l'uovo filosofico genera il pulcino filosofico, o pollo di Ermete.

Riportiamo per la sua importanza e per la concordanza con quanto abbiamo già detto, quello che dice a questo proposito il Pernety (Dictionnaire, p. 347) : " Un gran numero di Chimici si é immaginato che i Saggi chiamavano uovo dei Filosofi, il vaso nel quale essi chiudevano la loro materia per cuocerla; e gli hanno dato per consequenza la figura di un uovo. Benché questa forma sia in realtà la più adatta alla circolazione (cioè al complesso delle due operazioni della sublimazione e della condensazione negli apparecchi chimici veri e propri per la rettificazione e distillazione) non é affatto questa l'idea né il senso dei Savii; essi hanno inteso con i termini di uovi dei filosofi, non il contenente ma il contenuto, che é propriamente il vaso della natura, e questo anche durante la putrefazione, perché il pulcino filosofico vi é rinchiuso, ed il fuoco interno della materia (fuoco, della natura) eccitato da quello' esteriore (fuoco dell'arte), come il fuoco interno dell'uovo eccitato dal calore della gallina, si rianima poco a poco e dà la vita alla materia di cui é l'anima, di dove nasce infine l'infante filosofico, che deve arricchire e perfezionare i suoi fratelli". [Torna al Testo]

(8) Per effetto della chiusura ermetica il vapore illustre, l'aereo vapor della strofa precedente, che discende dal Sole, arriva a fermarsi nel vaso ovale, ossia, come abbiam visto, nella prima materia stessa sopra la quale si opera; ossia, in alchimia spirituale, nel mirabil composto, il complesso dell'organismo umano. [Torna al Testo]

(9) Il mercurio, ossia l'argento vivo, il quick-silver. [Torna al Testo]

(10) La prima cosa da fare è evidentemente quella di cessare di prendere alla lettera il senso dei testi ermetici, e di aprire la mente ai sensi riposti ed ascosi sotto le allegorie ed i simboli dell'ermetismo. Ma cotesta frase può a sua volta essere intesa in un senso più occulto, può significare cioè che avanti di accingersi alla grande opera è necessario avere sviluppato altri sensi che non siano quelli normali, propri dell'uomo esteriore, che sia necessario avere acquistato la sensibilità della vita interiore. Ed allora dice il poeta, tra le altre cose, si vedrà manifesto che sottoponendo alle fiamme di ampia fornace l'oro e il mercurio volgari, non solo non scende In essi il fuoco universal che é spirito agente, ma se ne fugge anche quello spirito che vive in ogni metallo quando è nella sua miniera. [Torna al Testo]

(11) Il mercurio su cui bisogna operare é invece quel tale vapor aereo che, discendendo dal Sole, é naturalmente caldo, e che col regime del fuoco filosofico si fissa, a differenza del mercurio ordinario che trattato col fuoco volatilizza. [Torna al Testo]

(12) Quanto abbiam detto pel mercurio vale a maggior ragione per l'oro, che non é altro che il Sole, di cui il Sole fisico, che è tutto fuoco e tutta vita, è il simbolo, il corpo e l'immagine. [Torna al Testo]

(13) Il principio di questa strofa va messo in relazione colla strofa IV della precedente canzone, con la strofa VII della presente canzone, e con le due ultime dalla terza canzone. Il mercurio nostro, ossia la materia prima sopra la quale si opera, contiene già, ridotti in prossima potenza, l'oro e l'argento dei Saggi. Dimodochè quest'unica sostanza è composta di Mercurio, di Luna (argento), e di Sole (oro); e quando essa in virtù dell'operazione è divenuta veramente il nostro Mercurio, il mercurio dei filosofi, esso è aurato. In simil modo formano una sola sostanza, un mirabil composto, il mercurio, lo solfo ed il sale, ossia lo spirito, l'anima ed il corpo, che costituiscono l'organismo umano.

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(14) Per fare la trasmutazione occorre pescare questo mercurio che diverrà aurato, scioglierlo nello solfo e nel sale, dimodoché divenga l'umido radicale del metallo su cui si opera ed il suo seme animato; ossia bisogna mettere in più intima relazione il vivo spirto universale innato con l'anima e con il corpo. [Torna al Testo]

(15) Questo mercurio è imprigionato in carcere così dura che non arriva a liberarsi con le sole forze della natura. Ci vuole l'Arte Maestra per aprire la strada. Questa immagine della prigione é abbondantemente adoperata dal Sendivogio. Aperta dunque la mente ai sensi occulti, in modo da percepire questo mercurio ascoso, bisogna aprirgli le vie.

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(16) Per raggiungere lo scopo, liberare dai suoi vincoli il mercurio ed aprirgli le vie, l'arte ricorre alla purificazione, ed essa si fa per mezzo del fuoco ermetico, dell'ardore spirituale, a somiglianza della rettificazione dello spirito o alcool, che si fa per mezzo del calore.

Tutta l'arte consiste dunque nel sapere moderare il regime del fuoco, secondo il rito. [Torna al Testo]

(17) Nel mercurio è dunque contenuto il seme dell'oro dei filosofi. Ma, come accade per ogni seme, esso non può germogliare se rimane incorrotto ed integro. Bisogna che si corrompa, che marcisca, che muoia, analogamente a quanto fa la natura nelle sue opere vivaci, ossia della vita. Occorre mortificarsi, passare prima per la nigredine alchemica, innanzi di giungere a vedere il biancheggiare dell'argento, che precede l'aurificazione vera e propria. [Torna al Testo]

(18) Il catechismo di cui abbiamo già riportato un passo importante dice che la prima operazione, che è quella del corpo crudo e metallico, per mezzo di cui esso è ridotto nei suoi principi di solfo ed argento vivo (prima in mercurio e poi in solfo), si fa per mezzo del fuoco occulto artificiale o Stella Fiammeggiante (Etoile Flamboyante, p. 178); ed a pag. 144 dice che "il rispettabile emblema della Stella Fiammeggiante rappresenta positivamente il soffio divino, il fuoco centrale ed universale, che vivifica tutto quello che esiste", che nutre e non divora, come dice il nostro poeta alchimista. Il fuoco dei filosofi é anche rappresentato dalla spada, secondo quanto dice una pregevole operetta alchemica: "Le Filet d'Ariadne, pour entrer avec seureté dans le Labirinthe de la Philosophie Hermetique. Paris 1695, p. 104"; e così pure è rappresentato dalla spada, dalla lancia, l'asta ecc.... secondo il Pernety (Dictionnaire, pagina 130). La spada fiammeggiante, che il solo Capo della Loggia Massonica ha diritto di impugnare, simbolo evidentemente non troppo appropriato in mano a dei muratori, e che non appartiene al complesso del simbolismo di natura e provenienza muratoria, appare così nel suo significato veramente iniziatico.

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(19) Fra Marcantonio Crassellame, a simiglianza degli antichi scrittori di ermetismo, si compiace nell'elencare le proprietà contradittorie di questo fuoco. É naturale e solamente con l'artificio, ossia i mezzi dell'Arte, si può trovare; è arido e fa apparire l'acqua pluviale dell'ermetismo, la rugiada di vita; é umido e viceversa coagula e dissecca; é fuoco ed acqua insieme, acqua ignita, acqua secca degli alchimisti, che purifica e, invece di sciogliere, stagna, cioè fissa. [Torna al Testo]

(20) Questa materia unica, che tutti, ricchi e poveri, posseggono, sempre e dovunque, non può essere che l'organismo stesso umano. Infatti essa sta dinanzi agli occhi di tutti, ma nessuno la conosce perché i misteri della natura umana non sono neppure sospettati dal volgo profano, il quale, appunto perché non sa quale tesoro vi sia racchiuso, crede che l'organismo umano consista di solo fango, e perciò getta via la possibilità di trasmutazione per cose di prezzo vile, mentre il Filosofo, che intende, lo tiene per prezioso, come merita. [Torna al Testo]

(21) Terra fissa si chiama la materia dell'opera fissata al colore bianco; ma questa terra fissa é la stessa cosa dell'acqua ignita. "I Filosofi ermetici, dice il Pernety (Dictionnaire, p. 488) danno il nome di terra alla miniera che racchiude la materia da cui estraggono il loro mercurio; ed in seguito, nelle operazioni, alla stessa materia da cui questo mercurio é stato estratto. Danno anche questo nome di terra al loro mercurio fissato; ed é in quest'ultimo senso che bisogna intendere Ermete, quando dice nella sua tavola di Smeraldo: Essa avrà la forza delle forze quando sarà ridotto in terra. Essi lo chiamano allora acqua che non bagna le mani... ". Questa terra fissa sta alla terra primitiva come il corpo che risuscita in incorruttibilità (San Paolo - Ai Corinti, I, 15) sta al corpo seminato in corruzione. L'anastasi del cristianesimo é la resurrezione iniziatica, e non già la bestiale resurrezione della carne concepita dal volgo. Nella cerimonia iniziatica del terzo grado, mediante l'uso dei cinque punti della maestria, si rende fissa anche la carne putrefatta, che sì stacca dalle ossa del cadavere di Hiram.

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(22) Occorre ricordare che siamo partiti dal concetto della similitudine tra la Grande Opera Ermetica e l'opera divina della creazione dell'universo. Ora il poeta fa osservare ai chimici ignari che essi non operano secondo questa analogia, ma proprio inversamente ed é quindi naturale che ottengano l'effetto opposto, ossia che invece di ottenere il tutto dal nulla riducano il tutto al primitivo niente. Letteralmente inteso ciò significa che con tutte quelle sostanze sottoposte a tante mai operazioni nei loro lambicchi e nei loro crogiuoli essi finiscono per ottenere un bel niente. Ma ermeticamente il senso é ben più profondo, ed il rimprovero che questo ignoto alchimista italiano rivolge ai chimici sofistici é lo stesso rimprovero che Ermete, il padre dei Filosofi, dirige nel Pimandro ai terrigeni: "Perché, o uomini nati dalla terra, voi vi abbandonate alla morte, quando vi é dato ottenere l'immortalità? (Pimandro, ediz. Atanòr 1924, p. 10). Così questi chimici ignari, pur disponendo del mirabil composto, pur potendo usufruire del tutto, finiscono con l'annichilirsi, tornando il tutto, al primitivo niente, ossia nel primitivo disordine. [Torna al Testo]

(23) Questa parola, pesi, va intesa nel senso di proporzioni. Citiamo ancora una volta il Pernety: "Tutta l'arte consiste secondo i Filosofi nei pesi e proporzioni delle materie. Ma non bisogna lambiccarsi il cervello per trovare questi pesi. Io rispondo loro, dice il Trevisano, che nei luoghi delle miniere non vi sono pesi; perché si ha peso quando vi sono due cose. Ma quando non vi é che una sostanza, non vi é nulla che si riferisca al peso; ma il peso vale per lo solfo rispetto al mercurio, perché l'elemento del fuoco che non domina sul mercurio crudo, é quello che digerisce la materia. E perciò, chi è buon Filosofo, sa quanto l'elemento del fuoco é più sottile degli altri, e come in ogni composizione può vincere tutti gli altri elementi. Ed infine il peso é nella composizione elementare primitiva del mercurio, e niente altro (Phil. dei Met.).

Non si tratta dunque, prosegue ora il Pernety, di pesare le materie per fare il mercurio dei Filosofi; perché la natura stessa vi mescola le proporzioni richieste. É nella seconda e nella terza operazione che si devono osservare i pesi affinché il volatile possa, dapprincipio sormontare il fisso e volatilizzarlo, ed il fisso possa dominare a sua volta. Perché tutta l'arte consiste nel disciogliere e nel coagulare, nel volatilizzare e nel fissare (Dictionnaire p. 392)".

Le due sostanze che hanno un'essenza, e che in potenza sono oro ed argento, sono lo solfo ed il mercurio (l'anima e lo spirito). Nella operazione pratica, da compiere a purificazione e mortificazione effettuata, bisogna occuparsi soltanto e principalmente dell'elemento volatile, che si sprigiona per effetto del calore ermetico non dando peso alla parte fissa. In tal modo, volatilizzandosi ossia sciogliendo i vincoli della prigione, questo mercurio può fissarsi, ossia compenetrarsi permanentemente, amalgamandosi, con lo solfo. [Torna al Testo]

(24) Ottenuta finalmente la fissazione del mercurio con lo solfo, questi due elementi del mirabil composto divengono effettivamente e rispettivamente argento ed oro (solfo aurato), passano cioè dallo stato potenziale all'atto.

Chi primeggia in questo microcosmo é l'oro, o lo solfo divenuto luminoso e aurato, perché in esso è racchiusa, ristretta, l'operosa virtù del Sole acceso. L'artefice esperto, a similitudine di Dio che con la creazione ha fatto del Chaos il Macrocosmo, ha fatto del proprio chaos, del provido Iliasto, un microcosmo. É questo il magistero del Sole, che ben merita il nome di microcosmo, perché anche esso, come il macrocosmo, contiene tutte le virtù delle cose superiori ed inferiori. [Torna al Testo]