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La ricerca di un ordine che sottende l'esistenza ha da sempre impegnato la mente dell'uomo.
L'homo sapiens, di generazione in generazione, ha ammassato una somma di conoscenze che gli permettono oggi di spiegare e di dominare una notevole serie di fenomeni.
La maggior parte delle conoscenze acquisite si sono potute realizzare in questo scorcio del nostro millennio, allorquando, rinunziando alle visioni del mondo proposte, inculcate o imposte dall'esterno, la ragione ha voluto darsi delle risposte che permettessero all'uomo di derivate quella libertà interiore che gli stata donata per nascita ma che é stata offuscata e velata da un uso non adeguato del suo potenziale mentale.[...]

Questo lavoro del carissimo F... Salvatore N. datato 1992, costituisce un opera della maestria del Fratello. Il suo contenuto non riflette necessariamente la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto è riconosciuto.

© Salvatore N.

 

La libera circolazione del lavoro è subordinata all'indicazione di fonte ed autore.

 

 

 

La ricerca di un ordine che sottende l'esistenza ha da sempre impegnato la mente dell'uomo.
L'homo sapiens, di generazione in generazione, ha ammassato una somma di conoscenze che gli permettono oggi di spiegare e di dominare una notevole serie di fenomeni.
La maggior parte delle conoscenze acquisite si sono potute realizzare in questo scorcio del nostro millennio, allorquando, rinunziando alle visioni del mondo proposte, inculcate o imposte dall'esterno, la ragione ha voluto darsi delle risposte che permettessero all'uomo di derivate quella libertà interiore che gli stata donata per nascita ma che é stata offuscata e velata da un uso non adeguato del suo potenziale mentale.

Noi, avendo scelto il sentiero iniziatico, abbiamo il dovere di chiederci se la razionalità agevola il nostro percorso e se ci permette quella realizzazione a cui la nostra più intima essenza anela.
Possono i sistemi filosofici propostici e nei quali la ragione ha un posto centrale, soccorrerci nella nostra ricerca?
È una domanda alla quale dovremmo cercare di dare una risposta.

Vediamo come, chi, rigettando ogni dogmatica rivelazione, opererebbe verso la comprensione attenendosi solo ai dettami della ragione personale e se questa, compiutamente, potrebbe operare quella trasmutazione che ci permetta quel salto qualitativo di un passaggio dall'umano alla ricongiunzione con il divino.

In considerazione della vastità ed importanza del tema trattato ed anche del fatto che il nostro rituale prevede lo svolgimento dei lavori di officina con i simboli posti su quella pagina del vangelo, pensiamo che l'esordio di Giovanni, possa prestarsi ad una analisi secondo questa prospettiva.

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.

Giovanni mirabilmente cerca con un linguaggio che non possiamo non definire esoterico, di avvicinarci all'idea di Dio ed al significato della creazione.
Cerchiamo di penetrare questo linguaggio munendoci di tutta l'umiltà che l'argomento richiede

In principio richiama immediatamente l'idea di tempo; ed egli vuole infatti indicare l'inizio dei tempi.
Prima di questo inizio non esisteva una dimensione temporale, di conseguenza il non manifesto persisteva in una condizione al di là di ogni immaginazione.
Non esisteva un prima e un dopo. Tutto (o il nulla?) permaneva in un continuum incondizionato senza inizio e senza fine. Uno stato che, sebbene muniti della preziosità dell'intelletto, non riusciamo, in condizioni correnti, ad intendere perché al di fuori di ogni nostra esperienza, sia fisica che psichica.
Il nostro organismo, anche in una situazione di astrattezza dall'ambiente circostante, è soggetto ad una continua mutazione che ci induce a considerare la presenza, quasi si possedesse un orologio interiore, della dimensione temporale. Anche il pensiero,
oltremodo rapido, ci indica che pur esso é soggetto alle inesorabili leggi del tempo. Infatti in ogni pensiero si .possono individuare i due limiti di inizio e fine ed un contenuto che, per evolversi, impiega del tempo, anche se misurabile in millisecondi.
La dimensione in cui siamo stati assegnati per il nostro divenire, insieme all'universalità del creato, é caratterizzata dalla costante presenza del coacervo spazio-tempo. La manifestazione, così come la conosciamo, ci prospetta l'indissolubile legame dello spazio e del tempo: l'uno presuppone l'altro e viceversa. Potrebbe, infatti esistere un universo senza una delle due dimensioni? Esaminiamo la questione. Ipotizzando un universo in cui non sia presente il tempo, quali caratteristiche esso dovrebbe avere? Essenzialmente la totale, completa staticità, cioè dovrebbe essere non vivente. Ma é possibile tale eventualità, anche alla luce delle nostre attuali conoscenze? Anche ammettendo la mancanza di vita quale noi la conosciamo, non possiamo disconoscere che le particelle elementari che costituiscono la materia sono caratterizzate da un continuo movimento che apporta come conseguenza un mutamento rilevabile e misurabile. Ed allora la materia dovrebbe avere caratteristiche di base del tutto diverse. Ma sarebbe ancora materia secondo il concetto che noi ne abbiamo? O non piuttosto una manifestazione del tutto sconosciuta?
Ipotizzare un universo in cui invece non fosse presente lo spazio, oltre ad essere al di là delle nostre possibilità intellettive, viene da considerare che il tempo non si può manifestare in mancanza di movimento che a sua volta presuppone lo spazio. Le basi delle nostre misurazioni temporali non sono altro che osservazioni di movimenti. Quando il sole si trova allo zenit di un luogo e ne misuriamo l'intervallo di tempo perché successivamente si ritrovi al medesimo punto, abbiamo determinato un parametro di misurazione che chiamiamo giorno

Il tempo e lo spazio sono adunque dei concetti astratti ma che noi possiamo percepire ed intendere attraverso la materia e il suo movimento. In un mondo senza materia non avremmo gli elementi per potere sviluppare l'idea di spazio ed una materia inerte, non in movimento, non ci potrebbe suggerire l'idea di tempo.

In principio era il Verbo.
Allorquando si manifestò l'universo spazio-temporale il Verbo era. Ossia il Verbo esisteva anteriore alla creazione in una dimensione incondizionata al di fuori del viluppo spazio-tempo.
Ma cosa discende dall'esistere senza la limitazione dello spazio e del tempo? Innanzi tutto, come abbiamo visto, l'inesistenza della materia, da cui la presenza della pura energia creatrice e poi, se vogliamo adeguarci al nostro ordinario pensiero e linguaggio, uno spazio infinito ed un tempo eterno, cioè senza limiti, senza inizio e senza fine.

Perché Verbo? perché Parola? Come si poteva altrimenti definire quella peculiare e sottile vibrazione che rappresenta la manifestazione primaria della Realtà ultima?
Dall'osservazione e dalla meditazione possiamo derivare che tutti i fenomeni della natura si fondano, in ultima analisi, sulla vibrazione energetica nelle sue innumerevoli forme. Dalla scienza moderna è stato dimostrato che materia ed energia sono mutuamente convertibili, che non sono due entità differenti, ma una sola ed unica cosa. Non soltanto la materia è espressione dell'energia, ma l'attuazione dei fenomeni dipende da vibrazioni di diverse specie.
È dunque una vibrazione che promana continuamente dall'Assoluto e che alimenta e sostiene la creazione. Una vibrazione che si manifesta nei più vari tipi di energia e che assume, quale materia, tutte le forme che percepiamo.
Ecco perché il Verbo era presso Dio e perché il Verbo era Dio; era cioè una potenzialità che la Realtà ultima possedeva e che in principio si attualizzò.
Per intendere più da presso queste espressioni soffermiamoci a considerare, a titolo analogico, che il nostro essere costituisce un grumo di energie e che rappresenta, con una grossolana esemplificazione, una unità psico-fisica. Siamo cioè ciascuno di questi due aspetti che, interagendo, rappresentano quell'essere che denominiamo Io.

Nello stesso modo possiamo intuire perché il Verbo è presso Dio e perché è Dio.

Il Soffio continuo che proviene dall'Eterno e che penetra ogni recesso dell'universo é dunque il Verbo.
Giovanni evidenzia che tutte le cose create provengono dalla sua incessante opera. La creazione é il Verbo in atto. Tutto trova sostegno e consistenza da questa vibrazione cosmica che ha origine dall'infinito. Un solo infinitesimo frammento di tempo che venisse a mancare ed ecco che il creato scomparirebbe come se non fosse mai venuto ad esistenza. Il Creatore sostiene costantemente la sua opera sin dal principio a cui si riferisce l'evangelista, attraverso la potenzialità che chiamiamo Verbo.

Essendo il Verbo Dio che si manifesta, é attraverso esso che noi, con una sorta di cammino a ritroso possiamo ricongiungerci all'Originario, prendere cioè coscienza della nostra natura divina; presa di coscienza che normalmente non ci é concessa, anzi non ci concediamo perché nessuno ci lega ai vincoli esistenziali se non il nostro fondamentale errore di prendere per realtà quella che in effetti non lo é, e di avvinghiarci alla materia che, come abbiamo visto, non ci può dare alcun sostegno essendo anch'essa sottoposta ai rigidi vincoli spazio-temporali, e di conseguenza transeunte.

Ma interrompiamo a questo punto l'analisi che ci eravamo proposti per vedere a quali risultati la razionalità ci ha permesso di pervenire.
Certamente dalle oscure parole di Giovanni abbiamo tratto una qualche luce di comprensione, ma, domandiamoci, é il tipo di comprensione che ci dà l'illuminante percezione del vero e che trasfigura il nostro essere?
Darei una risposta dubitativa, sebbene qualche ausilio ci venga da questo utilizzo della mente razionale; ausilio che ci é da stimolo per procedere ad una uso finalizzato verso orizzonti senza limiti delle immense possibilità del mentale.
Può dunque la razionalità assimilarsi ad un faro che scandaglia le tenebre ma che dà pur sempre una visione ristretta della realtà e non ci permette la comprensione del tutto.
L'attuale tendenza é quella di ricevere esaltazione dai risultati provenienti dalla razionalità applicata al mondo del quotidiano, ma dobbiamo pur riflettere che, accettando la razionalità come qualcosa a cui tendere per realizzare il meglio, noi esaltiamo la parte trascurando il tutto, ovvero operiamo una dicotomia tra quello che denominiamo conscio e l'incoccio. Non utilizziamo cioè l'intero potenziale mentale che ci permetterebbe la frantumazione delle catene che ci legano al monda materiale. Non é negativo l'utilizzo della mente raziocinante, bensì il credere che solo ed esclusivamente in essa vi é la possibilità della comprensione del mondo manifesto.
La mente raziocinante pensa e comunica secondo un carattere lineare. Non ha la possibilità di non seguire una cosa per volta in un mondo in cui le cose accadono tutte in una volta.
Se restringiamo Razionalità della Massoneria osservazione ad esempio al nostro organismo, notiamo infatti che in qualsiasi istante esso compie, anche se noi possiamo non averne coscienza, tutte le innumerevoli funzioni che permettono la continuità della vita.
La ragione discrimina la parte dal tutto e la tratta secondo il fine propostosi escludendola dal contesto universale.
Una distesa marina è osservata con propositi diversi, da cui discendono diversi tipi di conoscenze, da un biologo, un marinaio, un artista, un chimico e così via. Al limite possiamo affermare che ognuno di noi ne avrà una diversa consapevolezza.

La razionalità dunque dovrebbe essere utilizzata quale continuo pungolo per perseverare nella grande opera di trasmutazione del nostro essere e portarci alla completa convinzione che l'uomo costituisce l'ultimo gradino della creazione, essendogli nessuna cosa creata posteriore, e che l'universo nella sua magnificenza e grandiosità prese forma e consistenza perché si addivenisse all'umano.

L'essere più perfetto della creazione, unicamente lui, è stato dotato dalla possibilità di ritrovare il paradiso perduto, di ritrovare cioè la sua natura divina solo che voglia, dal più profondo della sua coscienza, abbattere i veli dell'illusione che altrimenti lo coinvolgerà in un precipizio senza fine.
 

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