Il carissimo Fratello Emilio Servadio in questo suo intervento in Loggia datato 26.11.1979, esamina con quella dovizia di particolari che lo contraddistingueva in tutti i suoi contributi, i due simboli del fuoco e dell'Acqua nella loro alterità...

Emilio Servadio, fu Fratello iscritto a piè di lista della Montesion fino al 1980, ne fu uno dei promotori, ma entrò nella Loggia soltanto a Colonne Innalzate nel 1970.

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Non senza imbarazzo mi accingo a parlare a Voi di un argomento così importante come è quello il cui tema mi è stato assegnato: a dirvi, cioè, dei due Principi, e dei due simboli, del Fuoco e dell'Acqua, sia nella loro alterità (vera o apparente), sia negli specifici aspetti e funzioni indicati dalle espressioni, apparentemente paradossali, di Fuoco che congela e di Acqua che arde.

Prendiamo in considerazione, anzitutto, il Fuoco. Quando parliamo di Fuoco in questa sede intendiamo, ovviamente un Fuoco essenzialmente immateriale, il Fuoco spirituale che conduce, rischiara, illumina: il Fuoco iniziatico. Non vi è Massone che non abbia preso coscienza dell'aspetto illuminante del Fuoco, dato che la Loggia s'illumina allorché il neofita esce dalla simbolica caverna, e che i nostri lavori hanno inizio con l' accensione, altrettanto simbolica, dei tre candelabri.

Sul piano di un lavoro iniziatico più individualizzato, troviamo il Fuoco come energia interiore, potenza spirituale, il Fuoco filosofico della tradizione alchemica, chiamato anche dagli ermetici Fuoco sacro" e di cui nel Trionfo Ermetico è detto che esso: "É un Fuoco che l'artista prepara secondo l'arte e questo fuoco non è caldo, ma è uno spirito di fuoco introdotto nel soggetto di una stessa natura della pietra e, mediocremente eccitato dal fuoco esterno, la calcina, la dissolve, la sublima ...". L'alchimista - intendendo ovviamente questo termine in senso spirituale - ci appare in realtà come soggetto che domina, o che cer­ca di dominare il Fuoco; e perciò la Tradizione Ermetica si apparenta per tanti versi, come ha mostrato Micerea Eliade, alla Tradizione Fabbrile.

Sul piano fenomenologico - su cui non intenderei qui soffermarmi - è abbastanza noto che certi esercizi e certe esperienze interiori, indicati in molte tradizioni iniziatiche, sono accompagnati sia da sensazioni soggettive, sia anche da manifestazioni oggettive di calore e di luce. Ciò è stato riportato ed esemplificato in molti testi, che non starò qui a ricordare. Vorrei però citare, anche in un senso esortativo per il lavoro che ci accomuna, queste belle parole di Arturo Onofri, poeta che indubbiamente aveva avuto esperienze dell'ordine indicato:

 

Figlio del sole, che dormi dentro la ressa delle tue ossa,

ti desterà la potenza di fuoco d'un volere mondiale rinato in te uomo,

quello che vai presentendo, come un sogno, nel macigno pulsante del sangue.

 

 

Non meno di quello del Fuoco, il contenuto simbolico ed iniziatico dell'Acqua è noto a chiunque si sia occupato di scienze tradizionali. Opposta, e al tempo stesso complementare al Fuoco, essa è rappresentata dal triangolo la cui punta è diretta verso il basso, e costituisce con il triangolo ascendente - quello, appunto, che simboleggia il Fuoco - la perfetta intesa ciò che è in alto e ciò che è in basso. Molti, che ben conoscono il simbolismo del battesimo - vera e propria figurazione, sia pure ridotta, della prova, e pertanto della conoscenza, del cambiamento di stato e di nuova nascita - dovrebbero ricordare che anche al livello profano e normale dei meccanismi psichici, per esempio nel sogno, la nascita è molto frequentemente rappresentata da un'uscita dall'acqua. D'altronde, a guardar bene, ciò è vero anche sul piano filogenetico (poiché tutti sanno che la vita ha avuto inizio nell’acqua), nonché su quello ontogenetico (poiché prima di uscire dall'alvo materno, il feto umano si trova nelle acque dell'amnios).

Ma per rifarci ad uno dei tanti possibili esempi tratti dalla Tradizione Massonica, basterà pensare alle due grotte - una contenente fuoco, l'altra acqua - nelle quali passano, nel corso delle loro prove, Tamino e Pamina nell' immortale "Flauto magico" del Fratello Mozart. E a proposito di una confraternita che rappresenta tuttora per noi grande interesse, quella dei Templari, ricordiamo, con Fulcanelli, che i Templari avevano due battesimi: uno quello dell'acqua o essoterico, l'altro, esoterico, quello dello spirito o del  fuoco… è  scrive Fulcanelli il battesimo di luce dei Massoni.

 

Nella tradizione ermetica le acque - variamente chiamate umido radicale, Venere terrestre, matrice cosmica, sostanza primordiale… sono  la sostanza indifferenziata e plastica, lo sfuggente Mercurio, il fluido riflettente che occorre fermare e fissare.

Nel Genesi lo Spirito di Dio aleggia sopra le acque; e in varie leggende e tradizioni, il superamento vittorioso della prova dell'acqua è indicato, per l'appunto, nella immagine di chi arresta o divide le acque, o di chi, addirittura, cammina sull'acqua.

Dopo le anzidette premesse generali, ancorché oltremodo sommarie, circa i significati simbolici e iniziatici del Fuoco e dell'Acqua, debbo ora considerare, volta a volta i due temi specifici, oggetto principale di questa Tavola: le rappresentazioni, cioè del Fuoco che congela e dell'Acqua che arde.

 

Cominciamo dal primo, non senza rilevare, subito all'inizio, che il congelamento di cui qui si tratta, non implica sempre e necessariamente l'idea di freddo - anche se talvolta questo ultimo possa verificarsi internamente o esternamente. Per congelamento si può e si deve intendere, anzitutto, l’azione di rendere fisso il volatile, secondo la terminologia alchemica; la qual cosa è, appunto, uno dei risultati a cui deve tendere l'azione del Fuoco interiore. É ciò che esprime un mistico cristiano troppo poco studiato il Gichtel, allorché trattando di quella che egli chiama l'ottava forma del Fuoco, scrive che per passare il limite fra la natura esteriore temporale e quella interiore eterna, occorre: che l'anima, per ripetuti passaggi attraverso le forme del Fuoco, sia divenuta fissa. Nella Lettera sul Fuoco Filosofico, di Giovanti Pontano, è scritto che il Fuoco stesso disgrega, scioglie, congela tutto e similmente calcina. Il nostro Fuoco è minerale ed eterno, non evapora se non è eccitato oltre misura; partecipa dello zolfo, non proviene dalla materia; distrugge, dissolve, congela e calcina tutte le cose.

Da un punto di vista più vicino alle nostre abituali concezioni, e tecniche, non troveremo strano che il Fuoco, adoperato nella guisa indicata, ponga l'iniziato di fronte a qualche cosa che apparentemente lo contraddice per cui a un traboccamento di calorifica luce può corrispondere quel nero più nero del nero, in cui qualcuno, nel corso di certi esercizi, si sarà probabilmente

imbattuto.

É curioso notare come anche nel mondo fisico sembrino trovarsi corrispondenza a ciò che qui andiamo considerando. Giunti ad una certa altezza nella stratosfera, gli osservatori - primo tra essi il celebre professor Picard - hanno percepito il sole come nero e ne hanno derivato una sensazione di gelo, sembrando così confermare, su un piano di constatazione o di percezione profana, ciò che scrive, ad esempio, Fulcanelli, e cioè che secondo certi alchimisti, il sole è un astro freddo e i suoi raggi sono oscuri. Si tratta, beninteso, di modi di dire: o maglio, di esperienze soprattutto interiori, che solo apparentemente sembrano contraddire una realtà percepibile, in nome di una realtà più universale e più vera.

Estendendo queste ultime considerazioni si potrebbe pensare a molte deità nere, dall'Osiride delle alte iniziazioni egiziane alla Venere Urania e alle diverse Vergini nere, venerate qui e là nel mondo cattolico. La stessa pietra nera della Mecca è probabilmente il simbolo del ghiacciamento operato dal Fuoco interiore e ctonico.

In un testo tibetano, i due principi metafisici qui considerati sono, rispettivamente, chiamati Diamante - Folgore e la sua Sposa. Dal loro amplesso nasce la potenza.

Citiamo ancora una volta Arturo Onofri:

 

E fra l'altre manie del mezzogiorno,

ecco me, congelato in stella fissa,,

che esaspero l'antica aria di piaghe

metalliche, sull'erba di corallo.

 

Il congelamento in stella fissa, secondo l'espressione del poeta, corrisponde allo stato di coscienza che ho cercato di lumeggiare, e mi pare illustri assai bene un momento dell'esperienza interiore tipico del congelamento operato dal Fuoco.

 

Ed eccoci, infine, all'Acqua che arde. Non è questa, evidentemente l'acqua della cosiddetta via umida; è piuttosto l'Acqua ignea che opera quale solvente nelle operazioni alchemiche, è l'Acqua tersa permanente della Turba Philosophorum . In questo celebre testo alchemico troviamo scritto: vi raccomando di lavar la Materia vostra col Fuoco e di cuocerla con l'Acqua; giacché la nostra Acqua la cuoce e la brucia e il nostro Fuoco la lava e la dénuda.

Questa Acqua, questo solvente universale", o come altrimenti è stata definita, questa Acqua di Tartaro, è in primo luogo, beninteso, il simbolo di qualche cosa che occorre mobilitare e utilizzare attingendo alle nostre stesse profondità: prima, molto prima che si possa pensare a trovarne un corrispettivo in quelle che tradizionalmente sono state anche chiamate Acque corrosive. É ben noto che in certi procedimenti iniziatici, talune sostanze chimiche sono state e sono adoperate a certi scopi, così descritti da un occultista che ha preferito celarsi sotto il

velo dell’anonimato: invece di disciogliere il corpo a mezzo del risveglio preliminare dell'anima, costringere l'anima al risveglio a mezzo di agenti speciali, che provocano subitanee reazioni nella compagine più profonda delle forze del corpo, nel senso di salti bruschi di stati abnormi di vibratïlità e di instabilità fluidica.

É dunque un'opera di corrosione, che costringe a salti di qualità assai pericolosi, per cui non si

saprebbe se non energicamente dissentire da simili procedimenti. Voglio dire, e confermo, che tali tecniche vanno, a circostanze e individui del tutto eccezionali, in favore dei metodi di gradualità muratoria, architettonici e corali che ci sono propri, che abbiamo liberamente scelto, e che intendiamo perseguire e praticare.

 

Giunto al termine di questa mia esposizione, me ne appaiono tutte le manchevolezze, ma intendo affidarla ugualmente alla vostra considerazione e alla vostra critica.

 

 

Per terminare, e richiamandomi ancora una volta alle apparenti antinomie oggi trattate del Fuoco e dell'Acqua, del Fuoco che congela e dell'Acqua che arde, vorrei ricordare che di là dal piano in

cui si affermano gli opposti, essi debbono, come tutti i contrari, in un certo modo congiungersi e unirsi, fondendosi in una sintesi superiore.

Anche sotto l'aspetto fisico, vediamo che il fuoco e l'acqua trovano una loro complementarità negli aspetti celesti della folgore e della pioggia. Tanto più, quindi possiamo capire che gli alchimisti intendano come acque i raggi e la luce del loro fuoco, e chiamino abluzione una purificazione che avvenga a mezzo del fuoco. Ecco dunque che al limite, possiamo sussunere

in un'unica immagine l'Acqua ignea ed il Fuoco liquido, così come in altra reciproca conversione degli opposti possiamo trovare l'Aria solida e la Terra senza peso.

E non è certo a caso che in una tavoletta Assira, custodita oggi al British Museum di Londra e che risale al primo secolo avanti Cristo, i raggi del sole siano rappresentati in due maniere, ossia tanto da linee rette che da linee ondulate: simboli, rispettivamente e congiuntamente, di Fuoco e di Acqua. Proprio come li troviamo, mi sembra di poter concludere, nella Spada Fiammeggiante che abbiamo dinanzi agli occhi, sintesi feconda delle alterità, supremo strumento operativo e, al tempo stesso illuminativi, di chi ci sprona, ci rischiara e armoniosamente ci orienta.