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L’avvio alla civiltà umana (al progresso) è dato da figure regali e carismatiche e dalla loro scienza, simbolica e mistica nell’espressione, oggi riconoscibile solo da chi avverta la necessità di abbandonare la "profanità" per uscire dal senso comune delle cose…

Questo lavoro dell'amatissimo e carissimo F... Amedeo De Giovanni, passato all'Oriente Eterno nell'anno di Vera Luce 5999, è stato pubblicato sul Trimestrale di Studi Tradizionali Luz, numero 2, editrice Har Tzion Latina.

Lo scritto costituisce un opera della maestria del Fratello. Il suo contenuto non riflette necessariamente la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto gli è riconosciuto. 

© Amedeo De Giovanni

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Quanti si sono occupati di Esoterismo, studiandolo o praticandolo, generalmente riconoscono in questa materia la presenza di una unità di fondo, che si ritrova sia nell'ispirazione che nelle dottrine, a volte riconducibili a una stessa tendenza, sia nel metodo, simbolico e riservato, della loro trasmissione, che si attua il più delle volte con una iniziazione rituale, sin da origini molto antiche, se non primordiali.

Dal punto di vista della pratica esoterica, questa unità di fondo porterebbe anzi, secondo alcuni, all'esistenza in realtà di un'unica sorgente esoterica sotterranea, una sola vera tradizione esoterica fondamentale e quindi anche una sola vera iniziazione sostanziale, che si evidenzia per così dire di volta in volta in alcune scuole e sodalizi marginali, ai quali nel corso del tempo ha lasciato intravedere qualche cosa di sé, rimanendo per il resto sostanzialmente riservata a pochissimi iniziati e sconosciuta ai più.

Questa opinione ha offerto lo spunto a dibattiti anche aspri all'interno stesso delle diverse istituzioni esoteriche storiche, che si sono arrogate di volta in volta il privilegio di essere depositarie dell'unico e vero segreto iniziatico, mentre ovviamente la critica storica, basata solo sui fatti accertati e sul solo riscontro della documentazione, ne ha tratto motivo di denigrazione delle scuole e di declassamento dello stesso Esoterismo a pseudo scienza speculativa, senza riscontro nella realtà, limitando la validità della tradizione esoterica al solo riconoscimento di taluni innegabili apporti alle conoscenze umane e al solo insegnamento etico e morale, condivisibile ma appartenente anche alla religione, alla filosofia e in ultima analisi alle scienze umane profane, non necessariamente peculiare quindi di una istituzione iniziatica.

L'unità di fondo dell'Esoterismo, come campo di studio di materia non divulgabile e non divulgata, è in definitiva il suo stesso carattere di scienza dell'occulto (occultismo fu il termine coniato per essa da Eliphas Levi), o di scienza della metafisica, del mistero, definizione che forse è più attinente al vero carattere dell'Esoterismo, cui appartengono le dottrine che puntano alla conoscenza del segreto della vita, degli eventi e delle manifestazioni misteriose della vita stessa e della personalità umana, nella sua origine e nella sua potenzialità o finalità.

Da questo punto di vista, il campo dell'Esoterismo è molto vasto e collima con le scienze speculative dell'uomo, da quelle puramente fisiche, naturali e antropologiche a quelle filosofiche ed esistenziali, riguardandole in realtà in una sintesi nella quale forse è la chiave dell'origine, dell'unità di fondo e della continuità stessa dell'Esoterismo e della pratica esoterica, indissolubilmente collegata ad esso, tanto che non è possibile in effetti parlare di Esoterismo senza sperimentazione e operatività.

L'Esoterismo anzi non è teoria, ma pratica che rivela o riconosce una realtà e che perviene quindi a una teoria, ed in questo risiede la così detta incomunicabilità del segreto raggiunto, essendo la pratica o la sperimentazione del tutto personale ed intima del suo autore.

Se tale è il carattere dell'Esoterismo, si può dire che esso è connaturato all'uomo e che è alle fonti stesse della civiltà umana: l'Esoterismo può essere infatti alla base di certi raggiungimenti misteriosi, come la relazione tra la famosa mela e Newton, che gli fa intuire la legge della gravitazione universale, e come, molto più indietro nel tempo, l'osservazione della nascita del grano dai semi dispersi dal vento autunnale, che fa sorgere l'agricoltura e la comunità stanziale.

Inizialmente, il segreto deve essere appartenuto solo all'osservatore ed egli deve averne iniziato solo pochi intimi, la sua famiglia o la sua tribù, ma successivamente le conseguenze pratiche ne hanno determinato la diffusione: la civiltà, si può dire, nasce dalla divulgazione di questo segreto esoterico, o meglio dalla divulgazione dei risultati pratici di un collegamento intuitivo e intellettivo, di un nesso inspiegabile, che resta appunto sempre riservato all'operatore e incomunicabile.

Gli altri, i cosiddetti profani, non possono che constatare il mistero di questo discernimento personale che evidenzia nel suo detentore una qualità magica, cioè una sua superiorità rispetto alla media o alla totalità degli altri individui: in ciò risiede l'origine della personalità, della guida, del capo, di colui che è collegato a qualcosa di ignoto, o al mistero, al sacro, al sacerdote dunque, che doveva rimanere isolato, distaccato da tutti, esoterico nella sua espressione.

Risulta anche evidente quindi come la regalità, il potere, collegato alla personalità, si sia potuto determinare e diffondere, organizzando le comunità umane intorno ad individui detentori di queste qualità magiche, superiori, costituenti il ponte tra l'umano e il divino, o il misterioso, e come - necessariamente - la conservazione del segreto, impossibile da trasmettere se non ad individui altrettanto predisposti, si sia collegato strettamente alla conservazione del potere, dando origine alle istituzioni civili storiche dell'umanità.

La figura dello sciamano, rimasta nelle civiltà più primitive, che può assommare in sé la funzione politica e quella religiosa, inizialmente congiunte, man mano che si formano comunità più complesse e organizzate, che si arricchiscono di altre scoperte, sempre collegabili ad una pratica esoterica fondamentale, diventa quella del sovrano delle prime civiltà storiche dell'uomo.

Ed è intorno a queste figure che si costituiscono le prime cerchie iniziatiche di culto, dapprima riservato e poi divulgato in maniera più accessibile e popolare, mentre cominciano ad esprimersi i più specifici concetti esoterici, prima che politico-religiosi, di bene e male, di giustizia e di condanna.

Nella concezione della regalità vengono infatti riconosciute, per così dire, nella sfera umana, e nell'esponente più misterioso di essa, tutte le qualità superiori e magiche, attribuite alla ignota sfera divina, come la saggezza, l'intelligenza e di conseguenza l'autorità di giudicare nel bene e nel male, conformemente ad una volontà che può anche restare al di fuori della comprensione umana.

Queste linee storiche del sorgere della civiltà sono più o meno oggi riconosciute largamente, mentre viene tuttavia ancora ignorata o quanto meno minimizzata la sorgente esoterica, che ha espresso la civiltà stessa e che risulta chiara fin dalle sue prime manifestazioni ed espressioni.

Anzitutto, come si è detto, esoterica è la stessa regalità, che le prime memorie indicano come discesa dal cielo, secondo le parole di uno dei più famosi miti, relativi ai primi sovrani e alle prime dinastie mesopotamiche: queste parole rivelano forse anche una trasmissione iniziatica della regalità, che doveva avvenire segretamente e misteriosamente, al di fuori delle normali prime manifestazioni sociali umane, riservata quindi ad una cerchia ristretta e vicina al suo esponente massimo, paragonabile - con le debite differenze - agli odierni Conclavi, in cui nella scelta del nuovo Papa si suppone che intervenga la forza divina impersonata dallo Spirito Santo.

Il carattere esoterico del capo, sacerdote e re primitivo, si rileva anche molto chiaramente dai più antichi ritrovamenti archeologici: i sigilli, che contengono scene dal simbolismo magico e religioso, precursore della scrittura, risalenti al quarto millennio avanti Cristo, la statuetta in alabastro rinvenuta ad Uruk di un re-sacerdote, dello stesso periodo, rappresentato con le mani a pugno sul petto, con i pollici protesi all'esterno nel gesto dello scongiuro e la benda sacerdotale sulla fronte, ed altri reperti significativi più recenti, tipo la cosiddetta mazza di Mesilim re di Kish, secondo quanto vi si legge sopra (siamo ormai nel periodo storico), risalente al 2600 a.C., forse nient'altro che il bastone magico di questo re, che ebbe una funzione importantissima nella storia di due città del suo tempo.

Kish era il nome di una città sumera anteriore alla biblica Ur, nei pressi di Babilonia, e vuol dire totalità: re di Kish può voler dire dunque anche re della totalità, espressione che può intendersi non solo nel senso fisico territoriale, ma anche, per estensione, nel senso di un tutto comprendente le funzioni umane e sacre.

Forse, la stessa incomprensibile durata plurimillenaria del periodo di regno dei primi re antidiluviani e immediatamente post-diluviani - indicata nelle citate liste dinastiche di Sumer - ne denota il carattere esoterico: siamo in un periodo in cui il personaggio regale conserva presso le generazioni successive una memoria magica, umana e immortale insieme, che trascende il tempo e ne fa dilatare l'esistenza molto al di là di quella della gente comune o profana.

Lo stesso concetto evidentemente è alla base della altrettanto inspiegabile, per altri versi, longevità dei patriarchi antidiluviani biblici.

La regalità discesa dal cielo aveva quindi un carattere esoterico, iniziatico, che non poteva essere alla portata di un'umanità dipendente da essa in tutto e per tutto.

A questo concetto è collegato anche il sorgere del mito e il diffondersi dello stesso come espressione esoterica (rivolta a tutti) della vicenda simbolica e della qualità singolare, esoterica, del capo o dell'eroe (come sarà nel nostro mondo classico), che passerà nel retaggio storico e tradizionale dei diversi popoli.

Nel mito infatti si realizzano la trasmissione e la perpetuità delle memorie storiche popolati relative al capo, al detentore del potere sacro e profano, al custode e all'interprete dell'ignota forza divina, le cui gesta divengono il patrimonio genetico del popolo stesso, ma si trasmette anche la qualità magica e sovrumana, che è alla base della personalità, emergente dal contesto indistinto e collettivo, quella qualità che resta singolare e incomunicabile, collegando l'umano al divino.

Per millenni, nell'area temperata del mondo, quella fascia che va dal Mediterraneo alle pianure e montagne intorno al Mar Nero e al Caspio, fino all'oriente peninsulare, le diverse genti umane erano rimaste divise, sviluppando separatamente, chi prima chi dopo, le loro esperienze e le prime conoscenze sull'agricoltura, la ceramica, la fusione dei metalli.

Le famiglie e le tribù, con la pratica di matrimoni endogamici e con l'incremento delle nascite favorito dal nuovo genere di vita agricolo, avevano acquisito col trascorrere del tempo caratteri genetici particolari, familiari, approfondendo tra loro differenze nella fisionomia e nelle lingue, che determinarono poi i ceppi o tipi storici che conosciamo: Mediterranei autoctoni a occidente, Camiti e Sentiti nell'Africa e nel Medio Oriente arabico, Danubiani e Proto Indo-Europei a nord-est, Mesopotantici e Protodravidici a oriente.

Nei diversi miti di queste genti, almeno in quelli che conosciamo, essendo i loro depositari pervenuti successivamente alla civiltà letteraria ed avendoli così potuti trasmettere fino a noi, si rispecchia tuttavia una straordinaria e fondamentale unità, forse proprio l'antichissima unità originaria perduta nella notte dei tempi, persino nella concezione cosmogonica, nella osservazione e interpretazione delle forze ignote della natura e nel processo coscienziale che porta all'evoluzione di queste forze ed energie inspiegabili verso una personificazione divina.

Gli uomini, tutti, pur divisi sulla faccia della terra, senza poter comunicare tra loro, creano gli dei allo stesso modo, donde il riferimento parallelo agli stessi caratteri ideali, con un'equivalenza che renderà possibile in una fase storica successiva, di maggiori e più continui contatti tra le diverse nazioni, l'assimilazione delle divinità di un popolo da parte di un altro.

Resta simile anche, in ogni civiltà che si vada a considerare, il carattere simbolico della vicenda mitica in sé, che contiene qualcosa di universale, comune a tutte le diverse tradizioni, e che resta peraltro estremamente riservato, trasmesso solo oralmente e non divulgabile, come è nella tradizione esoterica: si tratta dell'aspetto più recondito e profondo del mito, che poi, nella divulgazione e nel culto, viene adattato a probabili eventi storici ed assume quindi aspetti più comprensibili e più adatti alla tradizione e al modo di sentire particolare di un certo popolo, dando così l'avvio al processo di civiltà.

Un esempio ci è fornito dal mito sumero di Tammuz-Dumuzi (che fu poi l'Adonis greco), un mito fondamentale per lo sviluppo religioso e civile sumero, se lo andiamo a correlare con il corrispondente mito, altrettanto fondamentale, di Iside e Osiride della tradizione egizia.

Sappiamo che Dumuzi (Tammuz è il suo nome in ebraico) era probabilmente un re-sacerdote-eroe: il suo nome compare nelle Lista dei re antidiluviani come Dumuzi il Pastore della città di Bad-Tabira, con una durata di regno di 36.000 anni (un altro Dumuzi - con il nome preceduto dal carattere divino-detto il Pescatore, risulta trai re post diluviani della I Dinastia di Uruk ed è l'immediato predecessore di Gilgamesh, eroe che sarà, come è noto, il protagonista di un altro mito esoterico fondamentale dell'intera cultura sumera e mesopotamica).

La scomparsa di Dumuzi, personificazione della forza e della vita originarie anteriori all'evento catastrofico che rimarrà poi nella memoria delle genti, getta nella disperazione la sua amante Inanna (la futura dea Ishtar dei popoli semitici), che lo andrà a ricercare fin nel regno dei morti.

Abbiamo qui probabilmente un fatto storico che si fonde con l'originaria primordiale qualità magica del re: la ricomparsa della vegetazione e delle colture ed il loro ciclico rifiorire e rinascere, che determina il ciclo annuale delle stagioni, sono visti come il ritorno periodico della vita, la proiezione del carattere magico di Dumuzi, che assiste il suo popolo anche oltre la morte. Per questo, Dumuzi diviene il dio e può comparire probabilmente anche dopo il diluvio, come il Pescatore.

Allo stesso modo, nel mito egizio, Osiride (re-sacerdote anche lui probabilmente storico, al quale saranno assimilati poi i Faraoni egizi defunti), viene ucciso dal fratello Seth, che ne divide le spoglie, spargendole e nascondendole perché di lui non rimanga neanche traccia. Iside, la sua sposa sorella, va alla ricerca di esse nell'intento di ricomporre il corpo e di esserne ancora fecondata.

La tradizione egizia non conosce il diluvio, ma conosce le periodiche inondazioni del grande fiume, che rendono rigogliose e fertili le terre percorse, contrapponendosi al deserto arido e privo di vita circostante. Seth è sconfitto dalla sua stessa seminagione.

Il mito egizio è più raffinato nella concezione - che riguarderà presto un più profondo mistero sulla contrapposizione vita-morte - ma la sostanza esoterica del mito è simile a quella sumera, nella considerazione della scomparsa ciclica della potenza generatrice maschile, per effetto di una forza ostile e contraria, e della sua ricomparsa a causa del desiderio continuo della potenza generatrice femminile di perpetuare la natura e la vita stessa.

Questo sottinteso esoterico, al di là delle successive personificazioni divine, per rendere più accessibili e comprensibili al popolo certe cose, è quello che in entrambe le tradizioni dà l'avvio alle civiltà che noi conosciamo.

Del resto la funzione magica e rigenerativa del sovrano, il suo sacerdozio, erano un fatto acquisito, come si è detto, sin dai più remoti tempi della formazione delle comunità umane.

Così, risulta evidente come il collegamento esoterico della regalità e del mito a concezioni più riservate e ristrette, non facilmente divulgabili, intorno ai grandi eventi della vita e della morte, ai primi disegni cosmogonici, ed alla necessità di conservarli e trasmetterli, abbia quasi naturalmente portato all'invenzione della scrittura, che nasce infatti originariamente nella forma simbolica (pittografica), che caratterizza la sua sorgente iniziatica.

Storicamente e archeologicamente essa appare nel periodo denominato Uruk, verso il 3100 a.C., su tavolette che riportano scene simboliche e iscrizioni con caratteri già evoluti, che sembrano cioè procedere da una elaborazione ideografica ancora più antica, probabilmente perduta. Quei primi segni sono ancora oggi difficilmente interpretabili e leggibili, rispecchiando forse anche una lingua sumera arcaica poco conosciuta, come la scrittura stessa del resto che, in quei lontanissimi tempi, doveva essere nota solo a pochissimi iniziati e non era compresa, almeno inizialmente, dal popolo che ne poteva cogliere solo l'aspetto misterioso e pittorico, mentre il suo significato riservato e sacro, e soprattutto il suo collegamento al suono, alla parola e all'intenzione espressiva, doveva essere noto a pochi, forse neanche a tutti gli artefici delle tavolette stesse.

In epoca storica, questo carattere sacro della scrittura sarà conservato ed anzi accentuato, fino a proiettarsi in talune opere fondamentali a noi tramandate, che verranno ritenute anch'esse discese dal cielo, come la regalità e il mito e la stessa scrittura.

Presso i Sumeri, il carattere pratico della scrittura fu tuttavia ben presto acquisito, e portò alla sua generale diffusione, permettendo di fissare memorie che si sarebbero potute perdere e utilizzandone la sacralità, per così dire, anche per le necessità amministrative che si andavano precisando e incrementando con l'evoluzione politica e sociale, ma il suo mistero, anche per questo, restò collegato alle funzioni più sacre e interpretative della volontà divina, esercitate dal re-sacerdote.

É quanto risulta proprio da una delle più antiche iscrizioni che ci sono rimaste, quella di Entemena, ensi della città di Lagash:

Enlil, il re di tutti i paesi, il padre di tutti gli dei, con parola immutabile fissò i confini per Ningirsu e Shara, e Mesilim, re di Kish, per comando di Ishtaran li delimitò con la canna e vi eresse una stele. Ush, ensi di Umma, agì contro il decreto e la parola, spezzò quella stele e penetrò nel territorio di Lagash. Ningirsu, l'eroe di Enlil, secondo la retta parola (di Enlil) mosse guerra a Umma, per comando di Enlil gettò la gran rete e in quei posti, nella pianura, ammucchiò i loro tumuli.

Eannatum, ensi di Lagash, zio di Entemena, ensi di Lagash, tracciò (di nuovo) i confini con Enakalli, ensi di Umma e derivò il canale (relativo) dal "Canal Grande "fino al Guedinna, lungo il canale eresse delle stele con iscrizioni e ristabilì la stele di Mesilim al suo posto... .

Si tratta della piccola storia di una guerra per i confini tra le due comunità templari di Lagash e di Umma, ma quello che è importante rilevare al riguardo è l'indubbio collegamento tra la delimitazione confinaria, il concetto di parola immutabile, parola fissata cioè nelle stele con i primi segni grafici e le divinità di cui erano interpreti i resacerdoti come Mesilim, il già ricordato re di Kish, alla cui autorità era stata affidata la soluzione originaria della controversia.

La scrittura è utilizzata quindi, soprattutto alle sue origini, anche per il compimento di un rito, di un'operazione sacra e magica, come quella della delimitazione dei confini tra due divinità, protettrici di due città e dei templi ad esse dedicati. Nessuno poteva rompere quella parola immutabile scritta nella stele senza rendersi blasfemo e senza attrarre su sé e sulla propria gente l'ira divina.

Anche nel mondo egizio, la scrittura riveste gli stessi caratteri esoterici e sacri originari (come riconosce la stessa denominazione di geroglifici che le diedero i Greci) e sorge forse, senza reciproche influenze, parallelamente a quella sumera, che tuttavia sembra più antica come invenzione, forse perché, come abbiamo detto, nel mondo sumero si è divulgata prima, uscendo dal carattere riservato primitivo, anche per l'indipendenza e la rivalità delle sue città e per le necessità dipendenti dall'economia templare del paese, che ne riconobbe quasi subito l'importanza dell'applicazione ai fini pratici e sociali.

In Egitto invece, per il carattere unitario e la direzione centralizzata che assunse presto il governo di quella società, essa dovette rimanere riservata e ristretta esotericamente alla sola conoscenza iniziatica delle cerchie sacerdotali vicine alla persona dei Faraoni: i geroglifici egizi, inizialmente sono soltanto segni magici, rappresentano simbolicamente il nome del sovrano dei due paesi, il suo nome divino, finché non vengono moltiplicati per esprimere concetti e idee e collegati infine ad un valore fonetico e verbale, il che avviene quasi contemporaneamente all'edificazione delle grandi Piramidi, le cui pareti vengono appunto illustrate con i noti Testi.

Anche in questo caso tuttavia, il carattere magico ed esoterico dei segni egizi non verrà mai meno, come dimostra il verso di queste prime scritture, che sono tracciate da destra a sinistra, secondo il cammino del sole.

In seguito, l'evoluzione delle prime civiltà verso forme più complesse, i contatti e gli scambi, la specificazione e la moltiplicazione degli incarichi e degli apparati sociali determinarono sempre più la divulgazione e la diffusione delle conoscenze, dapprima riservate e iniziatiche, causando da un lato l'isolamento della casta propriamente sacerdotale, che custodì gelosamente il segreto quanto meno sulle conoscenze spirituali raggiunte, dall'altro la progressiva secolarizzazione della funzione regale, che abbandonò il carattere religioso-sacerdotale primitivo per una funzione di potere più specificamente politica e laica, nel senso che noi oggi intendiamo.

Ma perdendo la qualità primitiva, si perse anche, nella coscienza popolare, il collegamento magico del sovrano alla regalità, sempre considerata, nell'inconscio collettivo, sacra e divina: questa profanizzazione, quando avvenne, fu alla base della decadenza e della fine delle dinastie e, in epoche a noi più vicine, della stessa istituzione regia, mentre ancora oggi, forse, l'emozione popolare spontanea intorno a certe figure, al di là della forma istituzionale del governo, denuncia la permanenza, nell'animo popolare, di quel collegamento magico, tra personalità e regalità, che costituisce il retaggio esoterico e storico dei nostri padri ancestrali.

Questa ultima osservazione ci porta alle conclusioni del nostro lavoro: se l'esoterismo, come noi riteniamo, è quella scienza del sacro, comune a tutte le tradizioni, in cui si esprime l'acquisizione coscienziale da parte dell'uomo del mistero racchiuso nell'esistenza della vita, e il riconoscimento della possibilità di raggiungerne il segreto, esso sorge con la stessa capacità intellettiva umana di elevarsi dalla conoscenza comune e dalla pratica di vita quotidiana e si realizza nella genialità o nella magia inspiegabile di certe figure, che sorgono nel tempo storico, passando nel mito.

L'avvio alla civiltà umana (al progresso) è dato dunque da queste figure e dalla loro scienza, simbolica e mitica nell'espressione, la prima e la più peculiare all'uomo, che la riconosce tuttavia solo nel momento in cui sente il bisogno di abbandonare la profanità, di uscire cioè dal senso comune delle cose, dal consuetudinario, che costituisce la cosiddetta normalità.

Cercare di capire le ragioni profonde del sorgere di queste figure e di questa capacità di elevazione umana, le ragioni e le motivazioni del nostro genio, sono in definitiva lo scopo dell'esoterismo e la ragione del suo costante rinnovarsi nel corso storico della ricerca umana.

 

 

 

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