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Ebbene Giordano Bruno, verso la fine del XVI secolo nell’opera testé citata, oltre che implicitamente in molte altre e C.G.Jung, una cinquantina d’anni fa, hanno formulato - in termini diversi, s’intende - l’idea che tutto sia connesso a tutto e che da ogni cosa, con opportune "tecniche" sia possibile cogliere, riflessa, l’immagine riguardante qualcos’altro. Nel tempo, gli "enti" si rispecchiano reciprocamente e contemporaneamente: la divinazione è possibile perché in quello stesso istante in cui estraggo a sorte delle carte, scruto i movimenti celesti o tiro delle monetine o ancora osservo il volo degli uccelli e così via, la mia attenzione, rivolta ad un qualsivoglia problema accoglie un linguaggio simbolico da decodificare, connesso sincronicamente a ciò che pensavo formulando un’ "interrogazione" precisa.

Sincronia è la parola chiave ed essa riposa sull’idea che ogni "parte" della realtà rifletta, a suo modo, il "tutto", cosicché tutte le parti si rispecchino e corrispondano simultaneamente.

G.W.Leibniz (1646 - 1716) espresse egregiamente questa dottrina - già concepita dal Nolano con linguaggio simile - in termini "monadologici". Ogni ‘ente’ è una ‘monade’, principio spirituale indistruttibile, attraverso cui è virtualmente dato di "leggere" l’universo intero - eventi minuti compresi - creazione della monade suprema: Dio.

Parimenti, il principio guida dell’astrologia oroscopica, l’idea cioè che le dinamiche archetipiche della psiche e le "proiezioni" di essa negli eventi della vita quotidiana dipendano da una "fotografia istantanea" dei rapporti reciproci degli astri tra di loro e in relazione ad un sistema spazio - temporale di "case" e "segni", "scattata" nell’ora precisa della nascita, si basa immancabilmente sul fattore "sincronicità".

Due "cose", se appartenenti al medesimo istante, si equivalgono, si rispecchiano e si "traducono" vicendevolmente, ciascuna secondo il proprio preciso linguaggio.

I "cieli", una volta che si conosca la giusta grammatica e sintassi possono spiegarci l’ "anima" di un essere vivente, di una struttura statale, di una qualsiasi impresa.

Certo, assunto il punto di vista della sincronia come fondamento essenziale del rapporto tra mondo super e sub lunare ("Ciò che è inferiore è come ciò che è superiore e ciò che è superiore è come ciò che è inferiore per perpetuare le meraviglie della cosa una", recitava la Tabula smaragdina), sembra quasi di tagliare le gambe a tutta la trattatistica astrologica che discusse e argomentò di "influssi", di cause seconde (gli astri) da non confondere con le "prime" ("volontà" e "provvidenzialità" divine), della possibilità che l’influenza si svolgesse o meno solo sul piano corporeo o anche su quello animico inferiore o addirittura sulla totalità dell’anima, etc… Eppure solo il principio di sincronicità rende conto del valore di quell’ "istantanea" sulla base della quale l’astrologo traccerà le linee interpretative di un nuovo "tendenziale" o "necessitato" destino.

C’è chi ha potuto, nonostante ciò, parlare di "causazione" (e c’è anche chi continua a farlo tuttora); quanto tale "atteggiamento" corrisponda legittimamente alle premesse divinatorie o oroscopiche dell’astrologia, lasciamo al lettore di giudicare.

Ma la "sincronicità" non è in grado di soddisfare tutte le istanze "evocate" da una riflessione adeguata sulla "razionalità" possibile dell’astrologia.

Evidentemente, una volta giunti all’assioma più rigoroso e intelligibile che possa fondare la tradizione divinatoria e quella astrologica come sua parte, siamo ancora al di qua di un’esauriente risposta alla domanda che ci trasciniamo dietro ormai da qualche pagina… Tra l’altro la sincronicità non spiega affatto il perché quel tale o tal’altro pianeta abbia attribuiti determinati caratteri archetipici o perché, nella scala naturae astrologica, un minerale, una pianta, un animale o un luogo geografico siano collegati strettamente ad un certo segno zodiacale o ancora ad un pianeta, come mirabilmente ricordava proprio Giordano Bruno, mimetizzato, ma non troppo, dietro un personaggio di un suo dialogo filosofico, dal nome emblematico, Sofia, la sapienza:

"Ecco dunque come mai furono adorati crocodilli, galli, cipolle e rape; ma gli Dei e la divinità in crocodilli, galli ed altri; la quale in certi tempi e tempi, luoghi e luoghi, successivamente ed insieme insieme, si trovò, si trova e si trovarà in diversi suggetti quantunque siano mortali: avendo riguardo alla divinità, secondo che ne è prossima e familiare, non secondo è altissima, absoluta in se stessa, e senza abitudine alle cose prodotte.Vedi dunque come una semplice divinità che si trova in tutte le cose, una feconda natura, madre conservatrice de l’universo, secondo che diversamente si comunica, riluce in diversi soggetti, e prende diversi nomi. Vedi come a quell’una diversamente bisogna ascendere per la partecipazione de diversi doni; altrimenti in vano si tenta comprendere l’acqua con le reti e pescar i pesci con la pala. Indi ne gli doi corpi che vicino a questo globo e nume nostro materno son più principali, cioè nel sole e luna, intendeano la vita che informa le cose secondo due raggioni più principali. Appresso apprendeano quella secondo sette altre raggioni, distribuendola a sette lumi chiamati erranti; a gli quali, come ad original principio e feconda causa, riduceano le differenze delle specie in qualsivoglia geno: dicendo de le piante, de li animali, de le pietre, de gl’influssi, e di altre ed altre cose, queste di Saturno, queste di Giove, queste di Marte, queste e quelle di questo e di quell’altro. Cossì de le parti, de’ membri, de’ colori, de’ sigilli, de’caratteri, di segni, de imagini destribuite in sette specie. Ma non manca per questo, che quelli non intendessero una essere la divinità che si trova in tutte le cose, la quale, come in modi innumerabili si diffonde e comunica, cossì ave nomi innumerabili, e per vie innumerabili, con raggioni proprie ed appropriate a ciascuno, si ricerca, mentre con riti innumerabili si onora e cole, perché innumerabili geni di grazia cercamo impetrar da quella. Però in questo bisogna quella sapienza e giudizio, quella arte, industria ed uso di lume intellettuale, che dal sole intelligibile a certi tempi più ed a certi tempi meno, quando massima - e quando minimamente viene rivelato al mondo. Il quale abito si chiama Magia: e questa, per quanto versa in principi sopranaturali, è divina; e quanto che versa circa la contemplazione della natura e perscrutazion di suoi secreti, è naturale; ed è detta mezzana e matematica, in quanto che consiste circa le raggioni ed atti de l’anima, che è nell’orizonte del corporale e spirituale, spirituale ed intellettuale"[12]

Una "sapienza" così caratterizzata rimanda ad un solo tipo di origine: la "tradizione".

 

 

[12] Giordano Bruno, Spaccio della bestia trionfante, introduzione e commento di Michele Ciliberto, Milano, Bur,1985, pp.266 - 67.[Torna al testo]