Arrestato a Venezia il 23 febbraio 1592, su delazione di Zuane Mocenigo, Giordano Bruno fu tradotto nelle carceri degli Inquisitori di Roma il 27 febbraio dell'anno successivo. Ma solo nel dicembre del '93 nella Congregazione degli Inquisitori romani si porta davanti all'illustre assemblea di cardinali e inquisitori generali «Frater Jordanus, quondam Johannis Bruni de Nola, apostata a religione fratrum praedicatorum, sacerdos, carceratus in carceribus dictis Sancti Officii...». Nel marzo 1595 si registra di nuovo che «Frater Jordanus... venne di fronte ai signori cardinali et visitato et interrogato da loro et ascoltato sulle sue necessità».

Questo lavoro del carissimo Fratello Claudio Schwarzenberg è stato pubblicato sul numero 10 della rivista Massonica nel Dicembre 1976.

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© Claudio Schwarzenberg

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Arrestato a Venezia il 23 febbraio 1592, su delazione di Zuane Mocenigo, Giordano Bruno fu tradotto nelle carceri degli Inquisitori di Roma il 27 febbraio dell'anno successivo (1). Ma solo nel dicembre del '93 nella Congregazione degli Inquisitori romani si porta davanti all'illustre assemblea di cardinali e inquisitori generali «Frater Jordanus, quondam Johannis Bruni de Nola, apostata a religione fratrum praedicatorum, sacerdos, carceratus in carceribus dictis Sancti Officii...». Nel marzo 1595 si registra di nuovo che «Frater Jordanus... venne di fronte ai signori cardinali et visitato et interrogato da loro et ascoltato sulle sue necessità».
Dopo lunghi intervalli ed estenuanti interrogatori, il 4 febbraio 1599 il papa decreta che: «In causa fratris Jordani Bruni de Nola, apostas ordinis Praedicatorum, carcerati in Sancto Officio, lecto eius constituto facto 25 Ianuarii proxime prateriti, ac datis votis per Rdos. Patres theologos, S.mus decrevit quod dicto fratri Jordano intimetur a Patribus Theologia, vidilicet a B. Padre Generali dicti ordinis fratrum Praeticatorum, a P. Bellarmino et a P. Commissario prepositiones istae hereticae et contra fidem Catholicam, et non quod ita modo fuerint declaratae, sed ab antiquissimis Patribus et Ecclesia Catholica et Sancta Sede Apostolica reprobatae et damnatae; et si tamquam tales agnoverit et abiurare voluerit et paratus sit, recipiatur ad poenitentiam cum debitis poenitentia e poenis, sin minus, praefigatur et terminus quadraginta dierum ad resipiscendum, qui impoenitentibus et pertinacibus praefigi soient, isto et omni alio meliore modo et forma quibus potest et debet». Dopo un lungo periodo di silenzio il prigioniero viene nuovamente visitato, ma dichiara che né deve né vuole ritrattare «et nescit super quo debet resipisci». Nello stesso giorno «rebusque aliis etc., eductus a dictis carceribus et ad aulam Congregationis coram eisdem Ill.mis etc. presentatus ac ab visitatus, et auditus fuit super universis eius praetensionibus ac meritis eius causae ac necessitatibus tam victus quam (corporis) aliis etc., ac illo postea amoto ab aula Congregationis, per Ill.mos d.nos Cardinales praesentes decretum fuit quod R. P. Hippolytus Maria Generalis ac supradictus R. V. fr. Paulus Vicarius dicti ordinis Praedicatorum cum eodem fratre Jordano agant, eique ostendant propositiones abiurandas, ut agnoscat errores, se emendet ac disponat ad abiurandum, ipsumque lucri faciant ut possit expediri».
Il 20 gennaio del 1600 il memoriale del Bruno al Papa «apertura fuit non tamen lectum». Per mezzo di reverendi emissari si riferisce al Santo Uffizio che il: «quodque praefatus Frater Jordanus consentire nolebat, asserens se numquam propositiones erethicas scripsisse aut protulisse, sed male excerptas fuisse a ministris Sancti Officii eidemque oppositas. Qua re paratus erat ad rationem de omnibus suis scriptis et dictis reddendam, acque ea defendenda contra quoslibet theologos quibus stare nolebat, sed tantummodo determinationis Sanctae Sedis Apostolicae, si qua fieret, circa ab eo dicta vel scripta aut sacris canonibus quibus oppositum determinaretur eorum quae ab ipso scripta aut dicta fuerant, non obstante quod ab Officio Sanctissimae Inquisitionis eidem significatum fuerit et significaretur in scriptis suis et constitutis apertas haereses contineri. S.mus D. N. Dominus Clemens Papa VIII, praefatus decrevit et ordinavit quod procedatur in causa huiusmodi ad ulteriora servatis servandis, ac proferatur sententia, et dictus frater Jordanus tradatur Curiae saeculari».
Ora Bruno ha cinquantadue anni. Le sue sofferenze si avviano verso l'orrenda fine. L'8 febbraio 1600, infatti, gli viene letta la sentenza: si ricorda all'imputato che «già otto anni prima» egli era stato accusato di sostenere che era «biastiema grande il dire che il pane si transustanzia in carne et infra»; e che al 18 gennaio dell'anno prima gli erano stati dati sei giorni per ritrattare. E la sentenza continua: «Et successivamente, alli quattro del mese di febbraio MDXCIX, fu ordinato che di nuovo ti si proponessero le dette otto proposizioni, come in effetto ti furono proposte alli XV di detto mese; et che, riconoscendole per eretiche, et volendole abiurare, tu dovessi essere ricevuto a penitenza; altrimenti, che te si prefigesse il termine di XL giorni a pentirti. Et dicesti allora di riconoscere dette otto proposizioni per eretiche et essere pronto per detestarle et abiurarle in loco et tempo che piacerà al Santo Uffizio, et non solo le dette otto proposizioni, ma ancho che eri apparecchiato a fare ogni obbedienza circa l'altre che ti erano apposte. Ma poi avendo tu dato altre scritture negli atti del Santo Uffizio dirette alla Santità di nostro Signore et a noi, dalle quali apparisce manifestamente che perseveravi pertinacemente negli suddetti tuoi errori; et essendosi avute notizie che nel Santo Uffizio di Vercelli eri stato denunziato, che mentre eri in Inghilterra eri tenuto per ateista et che avevi composto un Libro di Trionfante bestia, ti fu alli dieci del mese di settembre MDXCIX prefisso il termine di XL giorni a pentirti, dopo il quale si saria proceduto contro di te, come ordinato et commandano li sacri Canoni; et tuttavia restando tu ostinato et impenitente in detti tuoi errori et eresie, ti furono mandati il M. Rev. P.fra Ippolito Maria Beccaria Generale et il P.fra Paolo Israele della Mirandola, procuratore dell'Ordine di detta tua religione, acciò ti ammonissero et persuadessero a riconoscere questi tuoi gravissimi errori et eresie, nondimeno hai sempre perseverato pertinacemente et ostinatamente in dette tue opinioni erronee et eretiche. Per il che essendo stato visto et considerato il processo contro di te formato et le confessioni delli tuoi errori et eresie con pertinacia et ostinazione, benché tu neghi essere tali, tutte le altre cose da vedersi et considerarsi: proposta prima la tua causa nella congregazione nostra generale, fatta avanti la Santità di nostro Signore, sotto il dì XX di gennaro prossimo passato, et quella votata et resoluta, siamo venuti all'infra scritta sentenzia.
Invocato dunque il Nome di Nostro Signore Gesù Cristo et della sua gloriosissima Madre sempre Vergine Maria, nella causa et cause predette al presente vertenti in questo Santo Uffizio tra il R.do Giulio Monterenzi dottore di leggi, procuratore fiscale di detto S.to Offizio, da una parte et te Giordano Bruno predetto, reo inquisito, processato, colpevole, impenitente, ostinato, et pertinace ritrovato, dall'altra parte: per questa nostra deffinitiva sententia, quale di conseglio et parere de Rev. Padri Maestri di sacra Teologia et dottori de l'una et l'altra legge, nostri consultori, proferimo in questi scritti, dicemo, pronunziamo, sentenziamo et dichiariamo te fra Giordano Bruno predetto essere eretico impenitente pertinace (ed ostinato), et perciò essere incorso in tutte le cause ecclesiastiche et pene (dalli sacri) canoni, leggi et costituzioni così generali come (particolari a) tali eretici confessi, impenitenti, pertinaci et ostinati imposte, et come tale degradiamo verbalmente et dichiariamo dover esser degradato, sì come ordiniamo et comandiamo che sii attualmente degradato da tutti gli ordini ecclesiastici maggiori et minori nelli quali sei constituito, secondo l'ordine dei sacri canoni, et dover essere scacciato, sì come ti scacciamo dal foro nostro ecclesiastico et dalla nostra santa et immaculata Chiesa, della cui misericordia ti sei reso indegno; et dover esser rilasciato alla Corte secolare, sì come ti rilasciamo alla Corte di voi Mons. Governatore di Roma qui presente, per punirti delle debite pene, pregandolo però efficacemente che voglia mitigar il rigor delle leggi circa le pene della tua persona, che sia senza pericolo di morte o mutilazione di membro. Di più condanniamo, riprobamo et proibemo tutti gli sopradetti et altri tuoi libri, come eretici et erronei et continenti molte eresie et errori, ordinando che tutti quelli che sin ora si sono avuti, et per l'avvenire verranno in mano del S.to Offizio, siano publicamente guasti et abbrugiati nella piazza di S. Pietro, avanti le scale, et come tali che siano posti nell'Indice de libri proibiti, sì come ordiniamo che si facci.
Et così dicemo, pronunziamo, sentenziamo, dichiariamo, degradiamo, commandiamo et ordiniamo, scacciamo et rilasciamo et preghiamo in questo et in ogni altro meglior modo et forma che di ragion potemo et dovemo.
Ita pronuntiamus nos Cardinales generales Inquisitores infrascritti:


Ludovicus Cardinalis Madrutius Jul. Ant. Cardinalis S. Severinae P. Cardinalis Deza
D. Cardinalis Pinellus
F. Hieronymus Cardinalis Asculanus L. Cardinalis Saxus
C. Cardinalis Arigonius
C. Cardinalis Burghesius
Rob. Cardinalis Bellarminus

Lata, data etc. supradicta sententia per supradictos Ill.mos et R.mos Dominos Card.les generales Inquisitores, pro tribunali sedentes Romae in generali Congregatione Sanctae Romance et Universalis Inquisitionis, habita coram supradictis Ill.mis et Rev.mi Cardinalis Madrutii, apud ecclesiam Sanctae Agnesis in Agone, anno a nativitate Domine nostri Jesu Christi MDC, die vero VIII Februari, feria III, citato prius die hesterna pro hodie supradicto fratre Jordano ac relato per unum ex S.mi D.N. Papae cursoribus ad audiendam suprascriptam sententiam.

Et eadem die suprascripta, de mandato suprascriptorum Ill.morum et R. morum Dominorum Cardinalium generalium Inquisitorum, educto supradicto fratre Jordano e dictis carceribus sanctae Inquisitionis et ad palatium solitae residentiae supradicti Ill.mi et R.mi D. Card.lis Madrutii et in aula supradictae Congregationis coram eisdem Ill.mis et R.mis Dominis Cardinalibus transportato, atque ipso presente et audiente, dicta sententia per me notarium infrascriptum, de eorum mandato alta et intelligibili voce foribus aulae dictae Congregationis apertis existentibus lecta et publicata fuit, ibidem praesentibus R.mis P. D. Benedicto Mannino episcopo Casertano, R.P.D. Petro Millino Romano I.V.D. ac utriusque Signaturae S.mi D. Nostri Papae Referendario, ac R. P. fratre Francisco Petrasancta de Ripalta ord. Praedicatorum, dictae S.tae Inquisitionis praelatis et respective consultoribus, ac aliis pluribus personis praesentibus testibus
».

L'8 febbraio il prigioniero fu trasferito al braccio secolare. Il giorno stabilito per il martirio era il 12 febbraio. La data fu però di nuovo proposta. Finalmente il 17 febbraio 1600 la sentenza di morte sul rogo fu eseguita a Campo de' Fiori a Roma.
Nella cella del carcere di Tor di Nona entrarono, nel cuor della notte, i famigli dell'Arciconfraternita di S. Giovanni Decollato dei Fiorentini recando le lanterne, il bacile, la brocca d'acqua fresca. Lo scopo statutario del sodalizio era quello dell'assistenza ai condannati a morte. Infatti il giorno precedente ad ogni esecuzione capitale le autorità provvedevano ad avvisare gli officiali della Confraternita i quali incaricavano a turno quattro di loro di tenere compagnia al condannato durante l'intera notte, con il compito di convincerlo a confessarsi ed a sopportare il supplizio per l'amore di Dio. Lo accompagnavano poi verso il luogo dove era stato eretto il patibolo sempre cercando di dargli coraggio e tenendogli dinanzi agli occhi delle tavolette sulle quali erano dipinte scene della passione di Cristo (2).


«... 17 febbraio 1600 a hore due di notte - si legge nella relazione del sodalizio, ora all'Archivio di Stato - fu intimato alla Compagnia che la mattina si doveva far giustizia d'uno in Ponte et però alle 6 hore di notte radunati li confortatori e cappellano in Sant'Orsola et andati alle carceri di Torre di Nona, entrati nella nostra cappella e fatte le solite orattioni ci fu consegniato il sottoscritto a morte condannato videlicet Giordano del quondam Giovanni Bruni frate apostata da Nola di Regno eretico impenitente il quale esortato da nostri confratelli con ogni carità e fatti chiamare due padri di San Domenico, due del Giesù, due della Chiesa Nuova e uno di San Girolamo, i quali con ogni affetto et con molta dottrina mostrandoli l'error suo, finalmente stette sempre nella sua maledetta ostinazione, aggirandosi il cervello e l'intelletto con mille errori et vanità, et anzi perseverò nella sua ostinazione che da ministri di giustizia fu condotto in Campo di Fiore e quivi spogliato nudo e legato a un palo fu bruciato vivo, accompagniato sempre dalla nostra Compagnia cantando le letanie eli confortatori sino ad ultimo punto confortandolo allassar la sua ostinazione con la quale finalmente fini la sua misera et infelice vita».

La mattina del 17 febbraio 1600 soffiava a Campo de’ Fiori un vento gelido, un vento che rapido alimentò le fiamme e il fumo: gli sbirri avevano condotto Giordano Bruno al rogo su una carretta con la fune al collo, attorniato dai fratelloni di S. Giovanni Decollato i quali gli gridavano che si pentisse e pregavano Dio che gli usasse misericordia. «La bocca - ha scritto di recente Fortunato Bellonzi (3) - gliela suppliziava “la mordacchia “ o “giova”: una sorta di morso da cavalli, colante sangue e bava, che gli scopriva tutti i denti e gli obbligava in fuori la lingua (non doveva parlare, anzi non doveva bestemmiare). Ma egli non vedeva, non udiva, non soffriva neanche più; potea dirsi già morto quando lo issarono sulla pira e lo spogliarono tra insulti, grida e preci di salmodianti; se roteò gli occhi un attimo, mentre l'incappato di S. Giovanni gli mostrava l'immagine di Gesù crocifisso, quello fu il suo ultimo guizzo di agonia non un moto di disprezzo caparbio. Poi le fiamme ebbero arroventata la base del tronco cui era avvinto, con quello indosso precipitò sulla catasta ardente, schizzando via il titolo della condanna; sparì in una miriade di faville, tra schiocchi di legna combusta e spire di fumo nero, suscitando l'urlo della folla che si pigiava di là dalle transenne, che gremiva le finestre e i tetti; che si era arrampicata sui carri e sui tavoli d'osteria. Un urlo che suonava liberazione e trionfo, quasi che la bocca di ciascun astante, esorcizzato, avesse sputato il proprio diavolo in quelle fiamme».


Da allora, da quella mattinata gelida di Campo de' Fiori arrossata dai guizzi che si sprigionavano dalla catasta di tronchi e di fascine, il messaggio di Giordano Bruno ha risuonato nei secoli, divenendo parte integrante della coscienza di ogni uomo veramente libero e di buoni costumi.



1 - Cfr. D. W. Synger, Giordano Bruno, Milano 1957, p. 186 c ss.

2 - Cfr. M. Maroni Lumbroso e A. Martini, Le Confraternite romane nelle loro Chiese, Roma 1963, p. 168.

3 - F. Bellonzi, Nel confortorio di Tor di Nona una notte di febbraio del 1600, in Strenna dei Romanisti, Roma 1976, p. 174 e ss.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Indice Giordano Bruno



Musica: "Orientis Partibus" (Carmina Burana secolo XIII)