Commemoriamo Coloro che non sono più in queste valli non solo per la necessità che abbiamo di evocare le opere Loro ad insegnamento e stimolo nostro, ma per ricercare nella Loro storia, ch'è la nostra, i motivi eterni del divenire universale, per ricercare nel bene e nel male, nell'Uomo e nel Divino, che in esso si manifesta, l'essenza medesima dell'essere nostro....
Il carissimo Fratello Renzo B. in questa sua opera d'ingegno datata 1971, e in seguito pubblicata su Rivista Massonica Vol. LXII - VI della nuova serie, Settembre 1971, esamina la data in cui commemoriamo i nostri Fratelli passati all'Oriente Eterno.

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© Renzo B.
 

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Perché una commemorazione dei defunti? Perché in questa data? Quale può essere il suo significato, in termini operativi?
Commemoriamo Coloro che non sono più in queste valli non solo per la necessità che abbiamo di evocare le opere Loro ad insegnamento e stimolo nostro, ma per ricercare nella Loro storia, ch'è la nostra, i motivi eterni del divenire universale, per ricercare nel bene e nel male, nell'Uomo e nel Divino, che in esso si manifesta, l'essenza medesima dell'essere nostro.
Sarebbe sterile una elencazione di vicende, una rassegna di volti, pur illustri, se dal passato non traessimo indicazioni utili alla ricerca della verità.
Proprio quando, come in quest'epoca, i valori paiono trasformati, sconvolti e sovvertiti, dobbiamo ricercarli nella storia dell'Umanità, per riaffermarli, quali validi e necessari per il futuro. Il che non osta, ma promuove il progresso, che è esso stesso un elemento costante, un valore eterno della storia.
Dal sorgere della civiltà alla liberazione degli schiavi, dall'illuminismo al risorgimento, da questo alla resistenza e sino a noi, abbiamo avuto esempi fulgidi di sacrifici, di abnegazione, di eroismi, di glorie, storie di passioni e di lotte, di tolleranze e di incomprensioni, ma da tutto ciò non trarremmo giovamento se non cogliessimo l'essenziale spirito che animò quegli uomini, quelle vicende, quelle epoche.
Ebbene, se prescindendo da analisi particolari, ricerchiamo la sintesi del passato, la ritroviamo nella eterna guerra tra libertà ed oppressione.
In quella battaglia, la libertà, pur diversamente rivendicata sotto diverse bandiere, ha avuto un solo sostegno, lo spirito dell'Uomo, che in essa ritrova la propria unità, in essa ritrova la causa e lo scopo della propria esistenza.
Non avrebbe senso occuparsi di problemi sociali, giuridici, politici, religiosi, se non avessimo la convinzione intima (e che sentiamo comune a tutti gli uomini) di operare per una religione universale, che ispira fede e dà forza ai deboli, sostiene a resistere ed a proseguire tra le difficoltà, le remore, le delusioni.
Ma perché, se quello spirito è comune a tutti, esistono ancora gli oppressori, perché le guerre, perché i periodi bui, perché gli scompigli, perché i periodi di decadenza?
Perché molti fanno della libertà licenza ed arbitrio, soltanto perché credono di poter impunemente vivere la propria, singola libertà senza la tolleranza.
Essa non è una regola giuridica, ma un principio morale.
Le persecuzioni e gli arbitri costituiscono male anche per i persecutori, perché creano attorno a loro l'ipocrisia e l'inganno.
Non è però sufficiente enunciare il principio per cui «occorre che tutti lavorino e si rispettino per determinare il bene generale», occorre con il proprio lavoro, con la propria azione, con la propria parola operare perché il rispetto e la tolleranza divengano esigenze degli individui e dei popoli.
Questa è certamente opera della Massoneria, che al di là delle razze, delle lingue, delle religioni, dei dogmi, richiama gli uomini al loro principio comune, che pur è divino (senza essere dogmatico), perché trascende i singoli, perché capace di stringere in un affiato fraterno, in un messaggio eterno, esseri che sarebbero altrimenti spaventosamente soli di fronte all'infinito, di fronte ad una verità assoluta che sfugge alla intelligenza dell'Uomo, ma di cui esso coglie i riflessi quanto più riesce a liberarsi dalle proprie ed apparenti singole verità per affermare quelle che ritrova comuni in tutti gli uomini.
Basterebbe ciò per sentirci vicini a tutti Coloro che sono passati da queste alle Valli Celesti: Essi, in quanto abbiano colto, anche per un attimo, la verità che noi ricerchiamo, sono ancora iniziaticamente con noi nella catena d'unione, con la quale ci sosteniamo l'un altro nell'affanno di una ricerca.
Ricerchiamo i mezzi idonei per modificare le società in cui viviamo, sino a renderle omogenee, nella libertà, nella tolleranza, nella giustizia, sino a creare una sola, grande società umana, in cui le lingue potranno anche essere distinte, ma unici i contenuti, unico l'impegno per un lavoro di tutti a fini comuni.
Ecco perché mai vi fu Massoneria di un sol uomo; non può esistere, poiché quando si limitano i confini del nostro impegno sociale, in quel momento si rinuncia non tanto al nome, quanto alla qualifica di Massone.
E la catena d'unione delle nostre celebrazioni dei defunti per un attimo si interrompe non perché Essi non partecipino più del nostro impegno, ma solo perché a quell'impegno partecipano in modo diverso, trasferendo in noi, con un diverso linguaggio, ch'è quello della storia, l'impulso del dovere verso i consociati.
Ed ecco il «DOVERE», di cui fu apostolo Colui che il 10 marzo 1872 passò all'Oriente Eterno.
Ecco perché il 10 marzo è il giorno in cui ricordiamo i nostri defunti: non per l'omaggio ad un uomo, uguale ad ogni altro, dal più umile al più sapiente, dal più buono al più malvagio, in ordine alla responsabilità di ciascuno verso la Società, bensì perché nei doveri verso noi stessi, la Patria e l'Umanità, riconosciamo gli scopi della esistenza e nel loro adempimento la più virile e civile celebrazione di Coloro che passarono alle Valli Celesti e che ritroviamo a fianco a noi nella già spezzata catena d'unione.