La croce é uno dei più antichi simboli mistici usati dall'uomo.
La pretesa di considerare la croce come un segno sacro puramente cristiano, introdotto dopo la nostra era, é veramente strana, e non risponde alla realtà. Basterebbe ricordare che Ezechiello imprimeva «Il signum Tau sulla fronte degli uomini che temono il Signore» (Ezech. IX 4), così come si esprime la traduzione della Volgata.

 

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Sullo stesso argomento è presente in archivio un altro documento:

Il Simbolismo della Croce

 

La croce é uno dei più antichi simboli mistici usati dall'uomo.
La pretesa di considerare la croce come un segno sacro puramente cristiano, introdotto dopo la nostra era, é veramente strana, e non risponde alla realtà. Basterebbe ricordare che Ezechiello imprimeva «Il signum Tau sulla fronte degli uomini che temono il Signore» (Ezech. IX 4), così come si esprime la traduzione della Volgata.
Ma il fatto é che le vestigia della croce si trovano nei monumenti più antichi, fino alle inesplorate profondità di epoche arcaiche.
I Re Assiri, come Assurnasirpal e Sausiraman, le cui statue si conservano nel Museo Britannico, portavano un monile speciale in forma di croce: e cruciformi sono gli orecchini trovati nelle tombe puniche di Cartagine.


Il mistero che avvolge la croce, anziché diradarsi, s'addensa sempre più, allorché, facendo delle ricerche, noi la ritroviamo perfino sulle statue gigantesche preistoriche dell'antichissima isola di Pasqua. Senza dire dell'uso preminente della croce ansata nell'antico Egitto, della croce a forma di tau o di svastika che si rinviene scolpita o dipinta sulla roccia, nella Scandinavia pre-cristiana, e in isole e in terre inesplorate del nostro globo.
L'archeologia cristiana, seguendo la sua tendenza semplicistica, non potendo negare l'esistenza e l'uso della croce, in epoche molto anteriori all'avvento del Cristianesimo, dichiara che il confronto della Croce di Cristo con i segni simili, ritrovati sui monumenti dell'antichità, non regge ad una critica serena poiché è a ritenersi che quei segni siano dovuti ad un facile ornamento geometrico, mentre le due aste incrociate costituiscono il disegno più semplice e più naturale.
É strano però che gli stessi archeologi cristiani, accennando alla croce, di cui i Romani si servivano come strumento di supplizio, dichiarano che a questo atroce patibolo i Romani non annettevano «alcuna idea mistica o astronomica, come gl'Indiani, gli Egiziani e i Greci».

V'erano, dunque, dei popoli i quali non tracciavano la croce come facile e naturale ornamento geometrico, ma la veneravano come simbolo mistico e come espressione religiosa.
In verità, chi per poco si sia soffermato nello studio della filosofia religiosa degli antichi e, soprattutto, abbia posto mente al loro costante e universale sistema di espressione, ha compreso bene che gli antichi davano al simbolo e alla simbologia una importanza sovrana.
 

La storia religiosa di tutti i popoli é tutta chiusa nelle spire difficili del misticismo allegorico: essa non era mai espressa letteralmente con parole.
I geroglifici egiziani non sono «trovate» di spiriti bizzarri, ma espressioni profonde ideate e accettate dai più dotti dell'antichità. Essi costituiscono la lingua misteriosa con la quale si esprimevano tutte le teologie. I grandi sistemi filosofici arcaici conosciuti sotto il nome di Scienza sacra possedevano una lingua universale e simbolica, nota solo agli Jerofanti e agli iniziati.
Chi é ben persuaso di tutto questo può ben rendersi conto della significazione dei vari simboli espressi talora con le più semplici figure.
Quando l'archeologia cristiana dichiara di rigettare queste significazioni simboliche perché «arbitrarie» «strane» o «oscure», non fa che confessare la propria ignoranza su tale argomento, mentre dimentica di venerare, tuttavia, l'Apocalisse.
D'altra parte, respingere questi studi con la convinzione aprioristica che essi sono contrari alla Fede e pericolosi per le coscienze, significa che non si é persuasi di possedere l'arma imbattibile della Verità.

Per il nostro breve studio sulla Croce noi abbiamo cominciato con l'affermare che questo sacro simbolo é uno dei più antichi usati dall'uomo.
in verità, la prima figura simbolica é stata un semplice Cerchio che significa il Divino Infinito.
Ad esso seguì il cerchio «con un punto centrale» che indicava la prima differenziazione nelle manifestazioni periodiche della Natura, insessuale ed eterna.
In una terza fase, il punto si trasformò in diametro del cerchio stesso, e servì a simboleggiare la Madre-Natura, divina e universale.
La Natura apparve perciò femminile e passiva, mentre il principio spirituale che la fa prolificare era sempre nascosto e invisibile.
Ma quando, dopo questa terza fase, il diametro venne crociato da un altro trasversale, si ebbe la «Croce del Mondo» segno che simboleggiò il «principio della vita umana».
Molto più tardi, dopo queste epoche arcaiche, e cioè presso gli Egiziani, la croce - che secondo la filosofia di razze antichissime, aveva significato la «caduta» simbolica dell'uomo con la separazione dei sessi - si trasformò in emblema di vita (croce ansata) e più tardi ancora nel segno di Venere, (cerchio con croce esterna sottoscritta).
A questa trasformazione seguì, infine, la svastika separata interamente dal suo cerchio e divenuta, così, puramente fallica.
Gli Indiani orientali rappresentavano la Croce come contemporanea del Cerchio del Divino Infinito e della prima differenziazione dell'Essenza, dell'Unione, dello Spirito e della Materia.
Ma tale interpretazione venne superata, per dar luogo alla sola allegoria astronomica che ben s'inquadrava con gli avvenimenti terrestri immaginari.
Un esempio chiarirà questo rapporto tra la Croce e l'allegoria astronomica.
Mercurio che, astronomicamente, é figlio del Cielo e della Luce, mitologicamente é figlio di Giove e di Maia. Egli é il «messaggero» di suo padre, il Messia del Sole. In greco il suo nome di Hermes, significa, tra l'altro l'«Interprete», la «Parola», il «Logos», il «Verbo».
I simboli di Hermes-Mercurio (Dii termini), che erano posti lungo le strade maestre, nei punti d'intersecazione erano cruciformi. Ogni sette giorni i sacerdoti ungevano d'olio-santo questi termini, e una volta all'anno li ornavano di ghirlande floreali. Perciò essi venivano detti gli Unti.
Mercurio era spesso rappresentato con tre teste e chiamato quindi Tricefalo o Triplice, come se formasse tutt'uno col Sole e con Venere.
Ma Mercurio era anche rappresentato sotto forma eubiea, cioè senza braccia, poiché si teneva presente che «la facoltà di parlare può predominare senza l'aiuto delle braccia e dei piedi».
Ora, è precisamente questa forma cubica che riallaccia direttamente i Termini alla Croce; ed é l'eloquenza e la facoltà di parlare di Mercurio che fa dire ad Eusebio: «Hermes é l'emblema del Verbo che crea e interpreta tutto», poiché é il Verbo creatore; mentre Porfirio, dal canto suo, insegna che la parola d'Hermes, parola creatrice (verbum) è il principio seminale sparso in tutto l'Universo.
In alchimia, Mercurio é il principio «umido» radicale, l'acqua primitiva o elementare, che racchiude i semi dell'Universo, fecondati dal fuoco solare.
Per esprimere questo principio fecondante gli Egizi aggiungevano alla Croce un fallo che rappresentava, così, l'unione del maschio e della femmina o del verticale e dell'orizzontale.
 

I Termini cruciformi rappresentavano anche questa doppia idea, che in Egitto era espressa nell'Hermes cubico.
Ora l'Hermes cubico si riallaccia alla Croce semplicemente perché il cubo, sviluppato, rende appunto il
T (tau) che contiene nascosto: esso diviene croce nella forma egiziana, alla quale i Faraoni attaccavano il cerchio formando così la croce ansata.
Dal canto loro gli Egizi conoscevano la croce da molti secoli, attraverso i loro sacerdoti e i loro «Re Iniziati»; e sapevano anche molto bene che cosa significasse: «porre un uomo sulla croce», idea che veniva coordinata con quella dell'origine della vita umana, e, di conseguenza, con quella della forma fallica.
Sennonché, questa crocifissione si faceva corrispondere con l'idea di una nuova rinascita dell'uomo, per una generazione soltanto spirituale, non fisica.
Il candidato all'Iniziazione veniva attaccato al Tau, o croce astronomica, in virtù di una idea più alta e più nobile di quella dell'origine della semplice vita terrestre.
Non é quindi sulla Bibbia che noi dobbiamo fare le nostre ricerche per ritrovare l'origine della Croce e del Cerchio, ma sul, periodo che precede il Diluvio.
 

Nello spirito degli antichi filosofi qualche cosa di divino e di misterioso s'è sempre riallacciato alla forma del Cerchio, che, come abbiamo accennato, rappresenta la prima origine del concetto di croce.
Il mondo antico - in ciò d'accordo col suo simbolismo e con le sue intuizioni panteistiche, che unificavano l'Infinito visibile con l'Infinito invisibile - rappresentava la Divinità, al pari che il suo Velo, con un cerchio.
Platone nel suo Crotilo fa derivare la parola
qeoj dal verbo qšein che significa, girare, muoversi circolarmente, come suggerisce il movimento dei corpi celesti che egli riconnette alla Divinità.
Secondo la filosofia mistica, questa Divinità, durante le sue «notti» e i suoi «giorni» o cicli di riposo e di attività, costituisce l'Eterno movimento perpetuo, l'Incessante divenire, al pari che l'«Eterno presente universale» e il «Sempre esistente».
Quest'ultima é l'astrazione fondamentale: la prima costituisce invece la sola concezione possibile per lo spirito umano se esso separa tale Divinità da ogni forma e da ogni apparenza.
É una evoluzione perpetua, incessante, che, attraverso il corso dei suoi perenni progressi ritorna sempre (col suo movimento circolare) verso il suo stato d'origine che é l'Unità Assoluta.
Nella dotta opera di Geraldo Massey, intitolata "The Natura Genesis", si trovano non poche interessanti informazioni circa la Croce e il Cerchio.

L'autore dice: «La croce ansata riunisce il cerchio e la croce da quattro lati. in virtù di questa origine la croce e il cerchio sono spesso inseparabili».
Il Ghakra o Disco di Visnù è un Cerchio.
Il nome denota l'azione di ritornare in giro ed esprimere la periodicità, il trascorrere del tempo. Il Dio se ne serve come un'arma che egli lancia contro il Nemico.
Così la croce equivale al giro dell'anno; mentre l'emblema del ciclo unisce la croce e il cerchio.
La croce ansata, (ank) non era quindi una semplice figura geometrica, ma esprimeva il profondo concetto della croce e del cerchio uniti insieme.
Il più curioso di questi simboli egiziani della croce e del cerchio, menzionati nell'opera citata, è un simbolo di cui la completa spiegazione e il significato finale derivano da simboli ariani della stessa natura.
L'autore si esprime così:
«La croce più sacra d'Egitto che tenevano nelle mani gli Dei, i Faraoni e i morti mummificati è l'Ank (croce ansata) il segno della vita, il vivente, il giuramento, l'alleanza ... La sua sommità non é altro che il cerchio geroglifico messo per diritto sulla croce del Tau. Il cerchio rappresenta l'ingresso, la bocca, l'uscita e perciò simbolizzava ogni principio».
 

Ora, tutto questo denso simbolismo arcaico é, nel tempo stesso, astronomico e fallico; ma la versione puranica degli indiani espone tutta la questione sotto un altro aspetto.
Il nodo dell'Ank non appartiene affatto al solo Egitto. Esiste, sotto il nome di Pasha, una corda che Siva, dalle quattro braccia, tiene in una mano di sinistra. Il pasha é tenuto in modo che il primo dito e la mano formino la croce e l'anello.
Nella mano di Siva, il pasha ha, in tal modo, del lingam e dello yoni, cioè degli organi sessuali maschili e femminili.
Ma poiché Siva è un nome sconosciuto nei Veda il nodo cruciforme, o pasha, che è nella sua mano, non ha alcun senso fallico allorquando il Dio è rappresentato come un asceta. Esso costituisce l'emblema, di porta, d'ingresso, e allude alla
«porta stretta» che condurrà al Regno dei Cieli, ben più che esprimere il «luogo di nascita» in senso fisiologico.
É ben vero che, comunque, si tratta di croce col cerchio, o croce ansata, ma è una croce sulla quale debbono essere crocifisse tutte le passioni umane, prima che lo Spirito possa passare la «porta stretta», che si allargherà poi in un cielo infinito, appena l'Uomo interiore ne avrà varcata la soglia.
Questo sacrificio delle umane passioni sulla croce, costituiva la parte essenziale della Iniziazione come diremo più innanzi.
 

Paolo di Tarso é stato forse il solo, fra gli apostoli della religione occidentale, che pare abbia compreso - se non rivelato - il mistero del significato arcaico della Croce.
La maggior parte degli organizzatori del Cristianesimo hanno visto nella Croce soltanto lo strumento di tortura usato dai Romani per i loro schiavi; e perciò, sebbene quell'infame patibolo fosse stato sublimato e santificato dal Sacrificio del Redentore, non hanno avuto il coraggio, per anni, di esporla e di venerarla!
Infatti, nelle Catacombe cristiane, fino al quinto secolo, non è stato trovato alcun segno di croce!
I quattro bracci della x e quelli della croce ermetica erano, al contrario, molto ben compresi dagli Indiani, parecchi millenni prima che se ne fosse sentito parlare in Europa.
Gl'Indiani ripiegarono le estremità della croce e ne fecero la loro svastika.
La svastika dimostra che il «punto centrale» non è affatto limitato ad un solo individuo sia pure perfetto come si voglia; che il Principio (Dio) é nell'Umanità e che l'Umanità è in Lui, come le gocce d'acqua sono nell'Oceano, essendo le quattro estremità dirette verso i quattro punti cardinali. Esse, per conseguenza, si perdono nell'Infinito.
In questi confini si trova la chiave maestra che apre la porta di tutte le scienze, tanto fisiche che spirituali. La croce infatti, simbolizza la nostra esistenza umana, perché il cerchio della vita circoscrive le sue quattro punte, che rappresentano successivamente la nascita, la vita, la morte e la sopravvivenza.


In Giosué (VIII, 29) e nei Numeri (XXXV, 4) le parole «sospendere» e «inchiodato» sono tradotte nel Targum ebraico per «crocefisso»: «Crocifiggili davanti al Signore contro il Sole».
La frase «inchiodare sopra» è tradotta con ragione, nella Volgata, per «crocifiggere».
«Crocifiggere davanti (non contro) il Sole» era la frase rituale usata nell'Iniziazione, che originariamente proviene dagli Indiani. L'adepto Iniziato, che aveva subito tutte le prove, veniva attaccato (non inchiodato, ma solo legato) sopra un legno in forma di
T (tau); ove rimaneva immerso in sonno profondo (il «sonno di Siloam» come lo chiamano, anche oggi, gl'iniziati dell'Asia Minore, della Siria e dello stesso Alto Egitto).
Egli era lasciato in questo stato per tre giorni e per tre notti, periodo durante il quale il suo «Io spirituale» era considerato come in comunione con la Divinità, come disceso nell'Inferno, e come operante opere di carità in favore di Esseri invisibili, anime umane o spiriti elementali.
Durante questi tre giorni il suo corpo rimaneva nella cripta d'un tempio o in una caverna sotterranea. In Egitto il corpo dell'Iniziato, legato sul
T era posto nel sarcofago della Camera del Re della piramide di Cheope: durante la notte precedente al terzo giorno, era, invece, trasportato nell'ingresso della galleria, ove a una certa ora, i raggi del sole nascente illuminavano la figura del candidato ancora in catalessi, e lo facevano risorgere, glorioso e trionfante, dopo la prova subita, per essere iniziato da Osiride e da Thoth, il Dio della Saggezza.
 

Sappiamo che su un frammento proveniente dalla Sala degli Antenati di Thouthmes III, che si trova nella Biblioteca Nazionale di Parigi, il disco solare e rappresentato come raggiante sopra una croce ansata posta essa stessa sopra un'altra croce, di cui quelle del Calvario sono copie perfette
I manoscritti ne fanno menzione come di «rozzi letti» di coloro che erano in travaglio spirituale «nell'atto di dare nascita ad essi stessi».
Una quantità di questi letti cruciformi sopra i quali erano posti i candidati, assorti in profonda catalessi alla fine della loro iniziazione, furono scoperti nelle sale sotterranee dei templi egiziani dopo la loro distruzione.
La figura che rappresenta Vittoba - una forma di Visnù - é quella di Gesù Crocefisso in tutti i suoi dettagli, meno la croce. Vi sono perfino i segni dei chiodi sui piedi.
Ciò prova ancora una volta che tale figura rappresentava l'uomo, nonché il fatto che l'Iniziato rinasceva dopo la sua crocifissione sull'«Albero della Vita». Quest'«albero» - essendo stato, indipendentemente da ogni sua significazione mistica, usato dai Romani come strumento di tortura - venne, in virtù dell'ignoranza dei primi organizzatori del Cristianesimo, chiamato l'«Albero della Morte».
 

Molto tempo prima che la croce fosse adottata come simbolo del Cristianesimo, il suo santo segno era usato come riconoscimento fra gli Adepti e i Neofiti pagani. Questi ultimi erano anzi chiamati Chrests - da Chrestos, «l'uomo delle tribolazioni e del dolore».
Eliphas Levi dice:
«Il segno della Croce usato dai cristiani, non può dirsi, in verità, che appartenga esclusivamente ad essi. Quello stesso segno é egualmente cabalistico e rappresenta le opposizioni e l'equilibrio quaternario degli elementi. Noi vediamo dal versetto occulto del Pater... che in origine vi erano due modi di fare il segno della croce, o, almeno, due formule nettamente distinte per caratterizzarlo: una riservata ai sacerdoti e agli iniziati; l'altra assegnata ai neofiti e profani.
Così, ad esempio l'iniziato portando la mano alla fronte
diceva: A TE... poi soggiungeva: APPARTENGONO... e portando la mano al petto continuava: IL REGNO... poi alla spalla sinistra: LA GIUSTIZIA... e alla spalla destra : E LA MISERICORDIA. Dopo, riunendo le mani, completava : IN TUTTI I CICLI GENERATORI.
Segno di croce assolutamente e magnificamente cabalistico, che le profanazioni dello gnosticismo hanno fatto perdere completamente alla chiesa militante e ufficiale
».


A questo segno di croce gli organizzatori cristiani hanno sostituito quello che dice: in nome del Padre del Figliuolo e dello Spirito Santo. Amen, spiegando che col portar la mano dalla fronte al petto si vuol significare che il Figliuolo di Dio è sceso dal cielo in terra, e col compiere il segno della croce, si vuol significare che su di essa Egli mori per redimere il genere umano.
Così, anche il segno della croce, che è l'alto distintivo cristiano e che compendia nel suo sacro simbolo la Incarnazione, la Passione e la Morte del Redentore non è che lo stesso segno usato, parecchi millenni prima, dagli adepti del paganesimo.
 

Il «segno della vita» degli Egiziani (croce ansata) fu assunto come «segno del Dio Vivente» di cui parla l'Apocalisse (VII, 2) e costituì il distintivo assoluto dei cristiani, i quali vennero perciò chiamati da Tertulliano: religiosi crucis.
Ora è interessante notare come i primi cristiani, o, almeno, alcuni dei loro organizzatori, probabilmente iniziati, avessero la cognizione precisa di questa dottrina pitagorica.
Nell'abbracciare la religione del Nazareno essi recavano nel loro spirito, ancora intatto, il simbolismo ermetico del
T che esprimeva l'Alfa e l'Omega della Saggezza divina.
Di conseguenza la Croce da essi promulgata e venerata, nei primi secoli del Cristianesimo, non poteva non conservare, in prevalenza, il misticismo dell'Hermes egizio.
Questo punto capitale del nostro studio che, peraltro, conferma la esistenza della Croce nelle religioni pre-cristiane, è provato dall'archeologia, e precisamente dalla scoperta della Croce gemmata (una croce senza crocefisso, ornata di gemme) trovata nel cimitero di Ponziano in Roma, e dalle piccole croci che ornavano le tuniche dei primi cristiani, come, ad esempio, quella che portava il fossore Diogene, addetto al Cimitero di Domitilla.
Nel Cimitero di Domitilla infatti, si nota un affresco raffigurante il giovane fossore Diogene ivi sepolto «Diogenes fossor in pace depositus».
Ora questo pio uomo cristiano, il cui ufficio era quello di scavare le fosse e le nicchie nelle catacombe, è vestito di una semplice tunica, molto simile a quella degli schiavi, sui lembi della quale spiccano due croci, mentre una terza si nota, con evidenza, sul suo braccio destro.
Trattandosi di un cristiano, ci sarebbe da aspettarsi che le tre croci sovrapposte o intessute sulla tunica quasi per distintivo, fossero niente altro che croci cristiane.
Invece, l'affresco del fossore Diogene mostra chiaramente che le croci della sua tunica non sono che svastike.
Che cosa provano questi inaspettati segni simbolici se non la conoscenza esatta (e la venerazione) della dottrina ermetica e pitagorica, da parte degli organizzatori cristiani?
La Croce gemmata risale al principio del V secolo del Cristianesimo.
Essa è una delle primissime croci cristiane, se non assolutamente la prima.
La devota diligenza degli archeologi antichi e moderni non ha rinvenuta alcuna croce che si riferisca ai primi cinque secoli.
É questo un fatto veramente inaspettato, nella Storia della Cristianità.
 

Parecchi hanno discusso, anche dottamente, sulla X, sul monogramma di Gesù, o sulla forma decussata, o sulla forma di ancora e anche sulla forma di tridente rinvenute spesso nelle catacombe.
Ma, in realtà, malgrado tutti gli sforzi, nessuna croce, vera e propria, è stata trovata nei monumenti cristiani che risalga ad epoca anteriore alla Croce gemmata, trovata nel Cimitero di Ponziano.
Il Cristianesimo, che s'impernia sul Mistero della Passione di Cristo, non ha avuta alcuna croce cristiana nei primi cinquecento anni di vita e di sviluppo!
É un fatto inaspettato e significativo che lascia quasi perplessi, malgrado le spiegazioni più o meno acute dell'archeologia di buona volontà.
La Croce gemmata, la più antica forse che si conosca, è però, come abbiamo detto, senza la figura del Cristo crocefisso.
I più antichi monumenti sui quali si vede Gesù Cristo attaccato alla Croce (se si eccettua quello che si conserva nel Museo kircheriano in Roma, dove la figura del Redentore è graffita per dileggio da un soldato pagano) sono un Crocefisso di legno sulla porta di S. Sabina e un avorio conservato al British Museum di Londra, che si fanno risalire alla fine del V secolo; nonché il Crocefisso offerto da Papa Gregorio il Grande alla Regina Teodolinda di Lombardia, che si conserva oggi nella Chiesa di S. Giovanni a Monza.
 

A iniziare dalle Catacombe di S. Giulio, che risalgono al VII o VIII secolo, la croce si trova, invece, in tutte le sue varie forme, con o senza Crocefisso, in quasi tutti i monumenti cristiani.
La Croce gemmata del Cimitero di Ponziano resta, quindi, la più antica o una delle più antiche costruite dai Cristiani.
Ora se noi dimostreremo che questa croce rappresenta il tratto d'unione tra il simbolismo pitagorico e il simbolismo cristiano, tra il culto di Toth e il culto del Nazareno, avremo anche provato che il segno di croce venerato in epoche anteriori alla nostra era, non rappresenta un semplice disegno geometrico e ornamentale, ma costituisce un simbolo altamente significativo e profondamente sacro, promosso e accettato dai filosofi dell'antichità.
 

Abbiamo detto che il Tau (che si simbolizzava con la lettera iniziale e finale di Thoth) significava per gli Gnostici l'Alfa e l'Omega della Saggezza divina.
Ebbene la Croce gemmata del Cimitero di Ponziano in Roma, esprime questo concetto pagano nella maniera più esplicita e netta. Sembra, anzi, che voglia volgarizzare il pensiero originario degli Egizi.
Essa reca sui due bracci trasversali due catenelle pendenti, a una delle quali e attaccata la lettera A, all'altra la lettera
W.
Non è questa una completa rivelazione?
Ciò che i Pitagorici conoscevano attraverso le iniziazioni segrete; ciò che faceva parte del loro sapere; ciò che costituiva il concetto essenziale simbolico del
T, il costruttore della Croce del Cimitero di Ponziano ha reso manifesto con l'applicazione materiale delle due lettere significative: Alfa e Omega.
I teologi e gli archeologi moderni sono pienamente liberi di proclamare che l'Alfa e l'Omega abbiano una significazione tutta indipendente dal simbolismo pagano e che coincidono perfettamente col pensiero religioso cristiano, il quale vuole esprimere semplicemente che «Dio è il primo principio e l'ultimo fine dell'uomo». E, infatti, è verissimo che con questa precisa significazione, le due lettere greche sono giunte e vengono usate tra noi.
Ma noi presentiamo il loro silenzio se ad essi venga domandata spiegazione della strana identità di questo pensiero cristiano - che è posteriore - con la dottrina ermetica - che è anteriore.
Che il pensiero cristiano sia coerente e giusto, nessuno porrà in dubbio; ma non e possibile non ritenere, per tutto quello che abbiamo accennato, che esso costituisca la copia e la tradizione del pensiero filosofico degli antichi, precisamente come la Croce (nella sua significazione mistico-simbolica) è la copia e la riproduzione del
T venerato dalla filosofia teologica degli antichi.
Filosofia che nei primi cinque secoli del Cristianesimo non appare ancora cancellata dalla coscienza dei neofiti, come proverebbe la mancanza inesplicabile del segno di Croce nei primi monumenti della Cristianità e la presenza di croci sacre egizie o ermetiche, come abbiamo visto. Sicché si è propensi a ritenere che i primi cinque secoli del Cristianesimo segnino un periodo di sospensione nella venerazione della Croce, la quale certamente viveva nei cuori dei fedeli ancora tutta impregnata del misticismo arcaico.


Fu soltanto dopo cinque secoli che la Croce del Golgota, venne offerta al culto del mondo cristiano, mentre la dottrina del paganesimo, già affievolita, veniva dimenticata.
Così resta provato che molto prima che i Giudei avessero introdotto l'elemento fallico nella religione, i popoli più di sposti al simbolismo, avevano fatto della croce (in quanto che 3+4=7) il loro simbolo divino più sacro.
Il
T (tau) la cui forma è ricavata dalla cifra 7 e dalla lettera greca gamma, era, come abbiamo detto, il simbolo della vita terrestre e della vita eterna; della vita terrestre perchè G (gamma) era il simbolo della terra (gh ghj), della vita eterna, perchè la cifra 7 è il simbolo della stessa vita, riallacciata alla Vita Divina.


La scuola di Pitagora considerava il numero 7 come un composto di numeri 3 e 4 che si spiegavano in due maniere.
Sul piano del mondo spirituale, il triangolo, intanto che era la prima concezione della Divinità manifestata, era la sua immagine, «Padre-Madre-Figlio»; il quadrato invece, numero perfetto, era la sorgente ideale, di tutti i numeri e di tutte le cose sul piano fisico.
Alcuni studiosi, dato il carattere sacro della Tetraktys e del Tetragrammaton, si sbagliano sul senso mistico del Quaternario. Questo in verità, agli occhi degli antichi non costituiva, per così dire, che una «perfezione» secondaria, poiché non si riferiva che ai piani visibili, mentre solo il triangolo (il delta greco) era il «veicolo della Divinità invisibile».
Considerato come composto di sei e di uno (del Gruppo del sei e dell'Unità) il numero 7 era il centro invisibile, lo Spirito di tutte le cose, poiché non può esistere affatto un corpo esagonale nel quale non si scorga una settima proprietà che costituisce il suo punto centrale: ad esempio, i cristalli o i fiocchi di neve nella natura che si dice «inanimata».
 

I pitagorici dicevano, inoltre, che il numero 7 possiede tutta la perfezione dell'unità, che è il numero dei numeri.
Infatti il 7 è paragonabile all'unità assoluta, che è increata e invisibile, che non rappresenta alcun numero e che alcun numero può produrre.
Ora, vi fu un tempo in cui il simbolo orientale della croce e del cerchio - la svastika - era adottato universalmente.
Per i Buddisti, i Cinesi, e i Mongoli, la croce e il cerchio, o la svastika, significava «diecimila verità». Verità, essi dicevano, che rivelano molti misteri dell'universo, della Cosmogonia Primordiale e della Teogonia.
Ed è perciò che la svastika, ai pari della croce ansata in Egitto, era posta sempre sul petto dei Mistici defunti.
Il giovane cristiano Diogene, addetto ai lavori di sterro del Cimitero di Domitilla, ove fu poi seppellito, in pace depositus, portava, come abbiamo detto, il segno della svastika sulla sua tunica, forse al pari di tutti gli altri cristiani incaricati dei lavori nelle catacombe.
Ecco come è provata l'antichità remotissima della venerazione della croce, sia nella forma di
T sia nella forma di croce ansata, sia nella forma di svastika.
Molti secoli prima che la croce del Nazareno avesse spiegate le sue grandi braccia sul Golgota, la croce dunque, esisteva ed era venerata in tutto il mondo.
Per i simbologisti pre-cristiani essa era, come abbiamo detto, il letto di Tortura, durante i Misteri dell'Iniziazione, sebbene il «crocifisso» vi fosse collocato orizzontalmente.
 

Sollevando qualche velo sul profondo Mistero del passato, noi abbiamo intravista, così, tutta la simbologia di cui i dotti dell'antichità nutrivano il loro spirito assetato di conoscenza; e per quanto la loro sapienza ci appaia confusa e oscura, noi arriviamo però fino a persuaderci che i loro simboli e il loro misticismo non erano nè sciocchezze nè follie di esaltati, ma rispondevano ad una filosofia profonda, alla quale la nostra lontana mentalità superficiale e semplicista, non può arrivare.
Nonostante tutto noi abbiamo potuto comprendere che il simbolo della Croce (nella sua figura di
T, di cerchio, o di svastika) è stato dagli antichi profondamente venerato parecchi millenni prima della croce cristiana, e anche alcuni secoli dopo l'avvento del Cristianesimo.
La croce di Cristo, mentre come sacro ricordo della Passione risale alla nostra Era, come espressione simbolica e mistica - e specialmente come manifestazione di riti misteriosofici, stranamente conservati nel racconto della Passione, della Morte e della resurrezione di Gesù - non è che la copia tradizionale del culto e della dottrina di popoli antichissimi per i quali la Iniziazione Misterica si compiva precisamente con la crocifissione sul
T (letto di dolore) col seppellimento in una cripta, con la discesa spirituale all'Inferno e con la resurrezione trionfale alla fine del terzo giorno.
 

Prima di Cristo - Redentore dell'Umanità - migliaia di Iniziati sono stati crocefissi sul T (tau) e sepolti misticamente per tre giorni, alla fine dei quali sono poi risorti a nuova vita, gloriosi e trionfanti, dopo la prova subita.
Una copia di antichissimi riti è dunque anche la Croce; e perciò il Cristianesimo, anche per quanto riguarda il suo più alto simbolo, non è che la continuazione, in gran parte incosciente, di principi filosofici e religiosi che per lunghi millenni hanno occupato la coscienza degli uomini.