Il Vischio

 

Da

Massoneria Oggi n.6 - Dicembre 1995

 

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Il rametto di vischio, che durante le feste natalizie si usa appendere agli usci delle case o portare al collo, viene considerato un amuleto contro le disgrazie e gli influssi negativi. Ma si sconsiglia di raccoglierlo dall'albero con le mani e soprattutto con la sinistra: si attirerebbe la malasorte. Sicché una volta lo si faceva cadere colpendolo con un bastone o una freccia e si doveva afferrarne il cespo al volo prima che toccasse terra. Sono precauzioni, comunque le si giudichino, ispirate al simbolismo di questa pianta semiparassita e sempreverde che vive sui rami di tanti alberi, soprattutto del pino silvestre, del melo e del pero, ma anche della quercia; e ha foglie carnose, verdi giallastre, con bacche sferiche che variano dal bianco perlaceo al giallo dorato secondo la pianta sulla quale maturano.

Secondo un'altra credenza, se si passa in coppia sotto un cespetto di vischio, ci si deve baciare: se una ragazza non riceve questo bacio rituale non si sposerà nell'anno successivo. Nella notte del 6 gennaio, in Inghilterra, per scongiurare il pericolo di rimanere zitelle, se ne deve bruciare il mazzo che ha addobbato la casa durante le feste natalizie.

Queste tradizioni ci giungono dai Celti che consideravano il vischio una pianticella misteriosa, donata dagli dei poiché non aveva radici e cresceva come parassita sul ramo di un'altra pianta. Si diceva che nascesse là dove era caduta la folgore: simbolo di una discesa della divinità, e dunque di immortalità e rigenerazione. "I Druidi - così si chiamano i maghi di quei Paesi - non considerano niente di più sacro del vischio e dell'albero su cui esso cresce, purché si tratti di un rovere" scriveva Plinio il Vecchio. "Scelgono come sacri i boschi di rovere in quanto tali, e non compiono nessun rito religioso se non hanno fronde di quest'albero, tanto che il termine Druidi può sembrare di derivazione greca. In realtà essi ritengono tutto ciò che nasce sulle piante di rovere come inviato dal cielo, un segno che l'albero è stato scelto dalla divinità stessa. Peraltro il vischio di rovere è molto raro a trovarsi e quando viene scoperto lo si raccoglie con grande devozione: innanzitutto al sesto giorno della luna (che segna per loro l'inizio del mese, dell'anno e del secolo, ogni trent'anni) e questo perché in tale giorno la luna ha già abbastanza forza e non è a mezzo. Il nome che hanno dato al vischio significa, che guarisce tutto. Dopo aver apprestato secondo il rituale il sacrificio e il banchetto ai piedi dell'albero, fanno avvicinare due tori bianchi ai quali per la prima volta vengono legate le corna".

Il capo dei Druidi coglieva il vischio con una falce d'oro; gli altri Druidi, vestiti di tuniche bianche, la mettevano in un bacile d'oro che esponevano poi alla venerazione del popolo. Siccome si attribuivano al vischio tante proprietà curative, lo immergevano nell'acqua che distribuivano a chi la desiderava per guarire da qualche male o per preservarsi da future malattie. Quell'acqua era considerata anche un antidoto contro malefici e sortilegi. "Ritengono che il vischio, preso in pozione, - soggiungeva scetticamente lo scrittore latino - dia la capacità di riprodursi a qualunque animale sterile e che sia un rimedio contro tutti i veleni: così grande è la devozione che certi popoli rivolgono a cose per lo più prive d'importanza". Lo scrittore latino riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerata l'albero del dio dei cieli e della folgore perché su di esso cadevano spesso i fulmini.

Si credeva che la piantina cadesse dal cielo insieme ai lampi. "Questa congettura - scrive Frazer nel Ramo d'oro - è confermata dal nome di scopa del fulmine che vien dato al vischio nel cantone svizzero di Argau, perché questo epiteto implica chiaramente la stessa connessione tra il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credono realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine. Se vi è una qualche verità in questa congettura, la vera ragione per cui i Druidi adoravano un albero portante il vischio più di tutti gli alberi della foresta, era la credenza che ciascuna di quelle querce non fosse stata colpita dal fulmine ma portasse sui rami una visibile emanazione del fuoco celeste; così che tagliando il vischio coi mistici riti si procuravano tutte le proprietà magiche del fulmine".

Le usanze druidiche continuarono in Francia anche dopo la sua cristianizzazione, tant'è vero che ancora nel quindicesimo secolo la gente partecipava a una cerimonia che, detta guilanleuf o auguilanneuf (vischio dell'anno nuovo), ricordava quella druidica.

 


 

Baldr e il vischio

 

Narra Norri Sturluson nel Gylfaginning che Baldr, figlio di Odino e della dea Frigg, era il dio migliore e tutti lo lodavano: "È d'aspetto così bello e così brillante che irradia splendore... È il più saggio fra gli Asi e il più abile nel parlare e il più clemente". Un giorno ebbe sogni funesti sicché gli dei decisero di renderlo vulnerabile. La madre chiese ed ottenne da ogni essere animato o inanimato il giuramento di non nuocergli. Poi gli Asi si riunirono nel luogo del thing, l'assemblea di popolo dove si dibattevano i processi, e lo colpirono da lontano o da vicino con ogni sorta di spade o di proiettili per ferirlo.

Quando Loki vide lo spettacolo se ne dispiacque. Si recò allora da Frigg in sembianze muliebri e le domandò che cosa mai succedesse. La madre le spiegò che aveva chiesto e ottenuto da tutte le cose e gli esseri il giuramento di risparmiarlo. Aveva trascurato soltanto una pianticella: "Cresce una pianticella a ponente della Valhöll che ha nome vischio: mi parve troppo giovane per pretenderne il giuramento".

Loki andò allora a strappare la pianticella che portò a Hödhr, il fratello di Baldr che se ne stava al thing, fuori dalla cerchia degli altri, perché era cieco. "Come mai - gli domandò - non tiri anche tu su Baldr?", "Perché non vedo dov'è Baldr e poi perché sono senz'armi". "Fa' come gli altri - gli suggerì Loki -, rendi onore a Baldr, ti indicherò io dove si trova. Colpiscilo con questo bastoncino".

Guidato da Loki, Hödhr prese il vischio e lo scagliò su Baldr. La pianticella trapassò come uno strale il dio che cadde a terra morto. "E questa - commenta Snorri - è stata la maggiore disgrazia avvenuta tra gli dei e gli uomini".

Perché proprio il vischio fu mortale per Baldr? Forse si può congetturare una risposta cominciando dall'episodio narrato da Virgilio nell'Eneide dove la Sibilla cumana spiega a Enea che non potrà mai scendere nel Tartaro per rivedere il padre Anchise se non avrà staccato da un albero il virgulto dalle foglie d'oro:

 

Se tanto ami e vuoi due volte navigare

sulla stigia palude, due volte il nero Tartaro vedere,

se ami inoltrarti nell'immane fatica,

ascolta che cosa devi compiere prima.

Si cela in un albero ombroso

un ramo d'oro nel fogliame, e nei rami flessibile,

a Giunone infera consacrato; tutto il bosco

lo copre, e ombre lo racchiudono in oscure convalli.

Ma non puoi scendere nei segreti della terra se prima

dall'albero non ha staccato il virgulto dalle fronde d'oro

 

Grazie a una coppia di colombe, messaggere della madre Venere, Enea riesce a scoprire il ramo d'oro:

 

Quale suole nelle selve col freddo invernale il vischio

verdeggiare di fronda nuova, poiché la sua pianta

non germina, e con frutti giallastri avvolge i tondi tronchi,

tale era l'aspetto dell'oro frondeggiante sull'ombroso

elce, così crepitava la lamina al vento lieve

 

 Sarà quel ramo d'oro a placare l'ira del barcaiolo infernale convincendolo a traghettare Enea sull'altra riva dello Stige.

Di vischio vi sono tanti tipi; i più diffusi hanno bacche giallo-biancastre mentre quello della quercia, molto più raro e per questo apprezzato dai Celti, le ha giallastre: ma non certo il ramo o le foglie d'oro come l'omonimo ramo dell'Eneide. "Forse il nome può derivare - congettura il Frazer - dal ricco color d'oro che assume un ramo di vischio qualche mese dopo essere stato tagliato la tinta brillante non si limita allora alle foglie ma si estende anche al fusto, sicché tutto il ramo sembra effettivamente un ramo d'oro. I contadini bretoni attaccano dei grandi mazzi sulle facciate delle loro case e al mese di giugno questi mazzi sono impressionanti per lo splendore dorato del fogliame”.

Ma queste considerazioni non spiegano ancora perché il vischio abbia il potere di aprire le vie degli inferi a Enea. Si potrebbe rispondere alla domanda collegando il passo di Plinio, dove si dice che esso è "l'emanazione del fuoco celeste", all'usanza di raccogliere la misteriosa piantina ai due solstizi. Il Frazer riferiva che nel giorno di San Giovanni in Svezia si preparavano delle bacchette divinatorie col vischio oppure con quattro diverse specie di legno, una delle quali doveva essere di questa pianticella. Il cercatore di tesori metteva la bacchetta in terra dopo il tramonto; e se vi era in quel luogo un tesoro, la verga cominciava a muoversi quasi fosse stata viva.

Se il vischio raccolto in un solstizio scopre l'oro, è evidentemente della stessa natura del sole, che a sua volta è "il fuoco celeste", la manifestazione visibile della divinità suprema. "Se si credeva - commenta Frazer - che il ramo giallo e secco del vischio nei tristi boschi dell'autunno contenesse la semenza del fuoco, un viaggiatore sperduto nelle tenebre sotterranee quale migliore compagno poteva portar seco d'un ramo che serviva da lampada, per rischiarare i suoi passi, e da bastone fra le sue mani? Armato di esso poteva arditamente affrontare gli spaventosi spettri che gli avrebbero attraversato la strada nel suo avventuroso viaggio. Così quando Enea lasciando la foresta arriva alle sponde dello Stige, che serpeggia lentamente per la palude infernale, e il selvaggio nocchiero gli rifiuta il passaggio nella sua barca, egli non deve far altro che togliere dal seno e mostrargli il ramo d'oro e il fanfarone a quella vista, si calma subito e accoglie amabilmente l'eroe nella sua fragile barca che si immerge profondamente nell'acqua sotto l'insolito peso di un uomo vivo. Anche in epoca recente, come abbiamo visto, si è considerato il vischio come una protezione contro le streghe e gnomi, ed è perciò naturale che gli antichi gli abbiano attribuito la stessa virtù magica. E se il frutto parassita può, come credono alcuni nostri contadini, aprire tutte le porte, perché non sarebbe potuto essere un “Apriti, Sesamo!” nelle mani di Enea per schiudere le porte della morte?

 

Tornando a Baldr si potrebbe concludere come queste considerazioni, che il vischio come emanazione del fuoco celeste non poteva non essere l'unica pianta capace di uccidere l'eroe simboleggiato dalla quercia: "Finché il vischio in cui covavi fiamma del fulmine rimaneva tra i rami nessun ti poteva cadere sul buono e benevolo dio della quercia che teneva la sua vita al sicuro, sospesa tra cielo e terra nel misterioso parassita; ma una volta che la sede della sua vita, o della sua morte, veniva strappata dal ramo e gettata contro il suo tronco, l'albero cadeva - il dio moriva - colpito dal fulmine". Al vischio era collegato anche il rito sanguinoso narrato da James Frazer nel Ramo d'oro, che si svolgeva intorno a una quercia del bosco nella valletta a Nemi. In quel bosco si aggirava un uomo con la spada sguainata. Era il sacerdote del bosco sacro a Diana, che poteva essere assalito da qualcuno che voleva succedergli nel sacerdozio e che poteva impadronirsi della carica uccidendolo. Ma nel farlo doveva staccare il ramo d'oro che cresceva su una quercia; strapparlo significava togliere all'albero la "sede della sua vita" e rendere dunque inerme colui che ne era il sacerdote.

Buon Natale a Tutti

 


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