A cura di Pasquale de Leo

 

Aurora

Consurgens

 

 

 

KEMI

Associazione di Studi Simbolici ed Alchemici

 

«Aurora Consurgens», uno dei testi più celebri di alchimia, è stato da sempre attribuito al Beato Tommaso d'Aquino, santo e Dottore della Chiesa di Roma, non solo perché il nome del «Doctor Angelicus» appare in calce al frontespizio dell'opera, ma per il fatto - come fa notare Gustav Jung in «Psicologia e Alchimia» - che nella prima parte dello scritto non vengono mai menzionati, quali autorevoli autori su temi dell'Arte, alchimisti come Arnaldo da Villanova e il suo discepolo Raimondo Lullo, bensì molti filosofi Greci ed Arabi e tra questi: Morieno e il suo discepolo Calid, Alfidio, del quale nulla si sa se non che visse tra il decimo e l'undicesimo secolo della nostra era (e nulla è rimasto dei suoi scritti) e Senior, filosofo arabo del decimo secolo.
Questi compare come uno degli interlocutori della disputa filosofica trattata in «Turba Philosophorum », il cui vero nome presumibilmente era Mohammed ibn Umail. Proprio per questo ultimo motivo Jung eliminò velocemente il problema dell'attribuzione dell'Aurora a Tommaso d'Aquino, propendendo, invece, per un chierico versato tanto nella «Volgata» quanto in alcune cognizioni di ordine alchemico - tutt'altro incomuni all'epoca - che volle accostare la figura del Cristo alla Pietra.
Quasi tutti gli studiosi che si sono occupati della paternità dell'opera, divisa in due parti non sempre presenti in tutti i manoscritti, sono concordi nell'attribuire a Tommaso esclusivamente la stesura della prima parte che mette in relazione il Cristo con la «Lapis Philosophorum».
Al fondo vi sono motivazioni anche di ordine sintattico: infatti, mentre il latino della prima parte è più fluido, più dotto e molto vicino allo stile adoperato da Tommaso per altre opere, anche di natura alchemica - vedi i trattatelli «De Lapide Philosophico» e «De Arte Alchemica» - quello della seconda parte, - in ventun capitoli - dove vengono trattate varie materie complementari all'alchimia, ed essenziali al confezionamento della Pietra, è decisamente un latino medioevale e poco scorrevole.
Questa prima parte era stata pubblicata già in passato, in latino, all'interno di quella magnifica raccolta di testi alchemici del Manget «Biblioteca Chemica curiosa seu rerum ad alchemiam pertinentium thesaurus instructissimus» (Ginevra 1702) - e nel terzo volume dell'opera junghiana edita a Zurigo nel 1957, «Mysterium Coniunctionis» - sotto il titolo di: «Aurora Consurgens. Ein dem Thomas von Aquin zugeschriebenes Document der alchemistischen Gegensatzproblematik», di M. L. von Franz.
In questo libro sono state tradotte sia la prima che la seconda parte, entrambe contenute nel Codex Rhenovacensis n. 172, proveniente dalla famosa biblioteca dell'abbazia benedettina di Rheinau, presso Zurigo, l'unico codice che contiene sia la prima parte, attribuita a S. Tommaso, che la seconda, di attribuzione dubbia (Pseudo-Tommaso?) e arricchita dalle celebri miniature relative ai capitoli delle materie trattate.
Per amore di esattezza, in verità, il Codex Rhenovacensis non contiene tutta la prima parte, essendo stata questa mutilata nelle sue prime quattro parabole.

La prima parte, meglio conservata, è quella che trovasi a Parigi, nella Biblioteca Nazionale.
Per questo crediamo che la presente traduzione, lungi dall'essere perfetta, in quanto completa di tutte le parti dell'opera possa essere un validissimo strumento nelle mani di tutti i sinceri figli di Hermes.

  

 

 

 
 
 

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Musica: "Fuga XLVII ° di Atalanta Fugiens" di Michaël Maier 1687