Piccola guida nella storia

massonica del '700

 

 

 

Erasmo Editore

 

Fine primario di questo contributo è offrire al lettore attento, o comunque interessato alla storia della Massoneria nel '700, una presentazione sintetica di alcune delle opere più importanti e recenti sull'argomento che sono disponibili in lingua italiana. Invero, dal Francovich al Giarrizzo, dalla Jacob al Ferrone, dal Cazzaniga al Trampus, numerosi sono gli storiografi europei che hanno indagato in maniera esemplare, originale e persuasiva un latomismo del XVIII° secolo che, per mille ragioni, si presenta campo di studi oltremodo complesso e sfuggente, ma al tempo stesso di rilevanza e fascino indubbiamente notevolissimi. All'interno di questa piccola rassegna, che segue il tradizionale ordine cronologico, abbiamo inoltre ritenuto opportuno inserire rapide presentazioni di taluni studi generali sulla storia della Libera Muratoria nei quali sono presenti pagine di qualche rilievo consacrate al Settecento.

C. FRANCOVICH. Storia della Massoneria in Italia. Dalle origini alla Rivoluzione francese. Firenze, la Nuova Italia, 1974.

Carlo Francovich - già illustre docente di Storia del Risorgimento presso l'Università di Firenze - mostra, in questo testo fondamentale per la conoscenza del fenomeno massonico in Italia dall'alba del "Secolo dei Lumi" alla Rivoluzione francese, come nel Settecento in esso coesistessero due anime diverse e apparentemente antitetiche: quella del razionalismo di stampo illuministico e quella pre romantica derivante dalla tradizione spiritualista (ed occultista) medievale. A quell'epoca, in Italia - sostiene l'eminente storico - la Massoneria rappresentò un fenomeno d'importazione che assunse un aspetto o l'altro, a seconda che cadesse sotto l'influenza inglese, francese o austriaca, dato che le logge servivano - ove più ove meno - ad un certo tipo di penetrazione politica operante dall'esterno, sugli esponenti massonici, che nella società civile erano anche esponenti della classe dirigente. L'autore ricostruisce, con puntualità e dovizia di fonti documentarie, l'azione delle diverse "obbedienze" operanti negli stati italiani nel corso del Siècle des Lumières, senza peraltro mai perdere di vista la fitta rete di relazioni intercor-renti con gli altri stati europei sino alla Rivoluzione del 1789, allorquando numerose logge si trasformarono in club giacobini. Ma il 1789 è anche l'anno del processo a Cagliostro, che rappresenta certamente un fatto emblematico del momento di crisi generale attraversato dalla Libera Muratoria in Italia al tramonto di quella che, per più motivi, deve considerarsi una delle sue stagioni più intense e gloriose.

M.C. JACOB. L'Illuminismo radicale. Panteisti, massoni e repubblicani (1981). Bologna, Il Mulino, 1983.

Brillante allieva del compianto Henry Guerlac, Margaret Candee Jacob s'interroga, anche giovandosi di preziose fonti trascurate od obliate, sulla complessità ideologica in cui affonda le proprie radici la nascita dell'Illuminismo in Europa, nonché sulle componenti sociali e sugli effetti delle scoperte scientifiche. Dall'accuratissima indagine emerge un risultato che ogni interprete della cultura settecentesca europea non può non tenere nel debito conto: accanto all'Illuminismo "tradizionale", di matrice newtoniana, monarchico, sostanzialmente conservatore e moderatamente tollerante in ambito religioso, ne sussiste un altro di orientamento repubblicano ed ispirato sia ad un materialismo di derivazione cartesiana, sia al panteismo tardo rinascimentale di Giordano Bruno. Margaret Jacob approfondisce proprio questa "altra faccia" - meno nota, ma non per questo meno influente - dell'Illuminismo, in cui assumono ruolo di protagonisti numerosi radicali e massoni, inglesi e fuorusciti francesi, molti dei quali si rifugiarono in Olanda.

Gli inglesi erano, verosimilmente gli eredi intellettuali della rivoluzione inglese della metà del secolo, soltanto che, a differenza dei moderati, essi stavano dalla parte delle sette radicali, cioè con gli sconfitti, anziché con i vincitori di quella prima grande rivoluzione europea. Diversamente dai newton ani ortodossi, che consideravano la divinità come una sorta di controllore della natura dall'esterno mediante leggi ed agenti spirituali, i radicali illuministi, già dopo la rivoluzione del 1688-89, si orientarono piuttosto verso una concezione panteistica dell'universo e, sulla scorta delle teorie bruniane, videro nella natura l'unico possibile oggetto di culto e di studio. Essi furono rappresentati in modo preminente da John Toland (1670-1722) [...] che coniò il termine inglese pantheist (1705) che fu poi immediatamente assunto dai suoi congregati nelle Province Unite. Oltre al ruolo rivestito da Toland nella fondazione della Massoneria europea, attraverso i manoscritti di Prosper Marchand (16781756), giovane rifugiato francese all'Aia, sono attestate le affinità massoniche o l'appartenenza alla Massoneria di numerosi giornalisti ed editori inglesi e francesi, figure quanto mai eterogenee e talora bizzarre, ma comunque "fratelli" e fedeli ai propri gran maestri. Questi ed altri elementi inducono la studiosa a sostenere che la massoneria del diciottesimo secolo, per quanto newtoniana nelle sue sembianze ufficiali, ospitò molti pensatori radicali. [...] In politica, i radicali furono repubblicani e «politicanti», per usare il loro termine; in filosofia, essi attinsero al materialismo, oppure panteismo; se così si preferisce chiamarlo; in religione essi arrivarono pericolosamente vicino, attraverso l'influenza della Massoneria, a sfidare le chiese istituzionali. La Jacob, in sostanza, scorge nel lasso di tempo che intercorre fra la seconda rivoluzione inglese ed i primi decenni del Settecento una pluralità di matrici ed una dialettica il cui studio è fondamentale per meglio comprendere molti dei fenomeni culturali successivi. Prima del grande Illuminismo europeo, prima di quel clima violentemente anti-cristiano seguito al 1750, che dominò i grandi salotti di Parigi, e che è rappresentato nel migliore dei modi negli scritti del barone d'Holbach e dei suoi amici atei, ci fu un illuminismo radicale. Se ebbe una capitale, questa fu l'Aia e qui, ovviamente, fu strettamente in contatto con il centro vitale della propaganda dell'Illuminismo, le case editrici olandesi. E non è un caso che oggi si riconosca la discendenza del panteismo del Système de la Nature del barone d'Holbach proprio da quello di Toland e del milieu olandese; ancora, l'autrice mostra persuasivamente come la storia dell'associazione massonica si leghi, almeno per qualche aspetto ideologico e per i collegamenti con la rete editoriale olandese, al progetto dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert.

CH. JACQ. La Massoneria. Storia e Iniziazione (1982). Milano, Mursia, 1998. L'egittologo e romanziere Christian Jacq - autore fra l'altro del fortunatissimo ciclo di romanzi storici dedicato a Ramses - racconta in questo testo la storia della Libera Muratoria dalle più remote origini sino al Novecento secondo un'ottica originale, che tende in primis ad interpretare e descrivere diversi simboli massonici fondamentali. Egli presenta comunque la Massoneria seguendo l'ordine cronologico, e suddivide la lunga storia del latomismo in tre epoche principali: dalle origini mitiche alla fine del mondo antico; dall'Alto Medioevo al Settecento; dal 1717 ai nostri giorni.

Nella sezione dedicata alla Massoneria moderna, l'autore evidenzia il complesso reticolo di rapporti ché, nel corso del XVIII secolo, viene ad instaurarsi - non senza contrasti ideologici - tra Inghilterra e Francia. Tratteggia altresì la controversa figura di Andrew Michaël Ramsay, scozzese ma discepolo del francese Fénelon, un uomo che di certo ebbe un ruolo di primissimo piano nella diffusione della Massoneria in Francia, specialmente fra i ceti più elevati. Verso la metà del Settecento, tra momenti di maggiore e minore tolleranza del fenomeno da parte dell'autorità, la Massoneria continua ad espandersi a Parigi e in provincia, contestualmente al diffondersi delle idee illuministe. Non a caso Montesquieu, di provata fede massonica, auspica che la Libera Muratoria possa contribuire al rinnovamento della morale pubblica. Christian Jacq approfondisce poi - sempre in uno stile vivace, vario ed avvincente - aspetti inediti della militanza massonica di numerosi altri personaggi illustri e d'intellettuali del secolo, sino al lealismo bonapartista (sembra peraltro che Napoleone non fosse massone) delle logge militari.

In appendice a quest'opera insieme affidabile e coinvolgente, si può leggere un bel saggio (La Massoneria ieri e oggi) dell'illustre curatore del volume, Alberto Cesare Ambesi, che da anni studia approfonditamente temi e problemi esoterici. Si tratta di un breve ma denso profilo storico della Massoneria italiana che, nella parte sul Settecento, presenta con particolare efficacia le vicende spesso avventurose della vita di famosi intellettuali ed artisti: da Francesco Saverio Geminiani a Tommaso Crudeli e, soprattutto, al misterioso ed inquietante principe Raimondo di Sangro, l'aristocratico partenopeo di sterminata ed eclettica cultura che non cessa d'incuriosire ed attrarre studiosi ed amateurs.

G. VANNONI. Le società segrete dal Seicento al Novecento. Firenze, Sansoni, 1985.

L'autore s'interroga sul significato che ancora può avere ogni forma d'iniziazione nella nostra epoca, caratterizzata da una concezione strettamente quantitativa della natura; Vannoni teme specialmente che le attuali società segrete, abbandonando il nobile ime esoterico delle antiche, corrano il rischio di trasformarsi in meri strumenti di sfruttamento e di violenza. Strutturato come una serie di brevi saggi e steso in uno stile piano, accessibilissimo e talora seducente, questo inconsueto excursus, che va dai Rosacroce a Cagliostro, dalle Costituzioni di Anderson al Ku Klux Klan nordamericano, appare tuttavia viziato da non pochi pregiudizi, sovente tendenzioso e - quel che è peggio - assai discutibile quanto a rigore scientifico.

V FERRONE. I profeti dell'Illuminismo. Le metamorfosi della ragione nel tardo Settecento italiano. Roma-Bari, Laterza, 1989.

Ineccepibile dal punto di vista metodologico, scritto in una prosa accuratissima e di rara intensità stilistica che, oggi più che mai, è rara avis fra gli specialisti, e - soprattutto - denso di risultati e stimoli assolutamente originali, questo volume di Vincenzo Ferrone - apprezzato docente e stimato studioso, ben noto a livello internazionale per i suoi lavori - rappresenta davvero una pietra miliare non solo nella storiografia sul latomismo del nostro paese ma, più in generale, in quella sulla cultura del Settecento tout court.

I limiti della ragione dell'Illuminismo "tradizionale", la iettatura, la fisiognomica, il mesmerismo, la rabdomanzia e la riflessione politico-sociale che precede la tragica rivoluzione napoletana del '99 sono soltanto alcuni dei molti temi e problemi affrontati in maniera tanto brillante quanto meticolosa dal Ferrone, che utilizza costantemente, peraltro, la sua prodigiosa cultura europea per interpretare quel grande Settecento partenopeo che costituisce indubbiamente il cuore pulsante del libro. Fra l'altro, tale straordinario milieu fu - con ogni probabilità - il più attivo e vivace nell'Italia del '700 dal punto di vista latomistico: basti soltanto rammentare grandi iniziati napoletani quali Raimondo di Sangro principe di San Severo, Francescantonio Grimaldi, Francesco Mario Pagano e Gaetano Filangieri. Alla riflessione e alla militanza di questi ed altri (per esempio, il calabrese Antonio Jerocades) protagonisti, il modernista dedica parecchio spazio nella seconda parte dell'opera (capp. IV-IX), delineando scenari storici, orientamenti di pensiero e ritratti di finezza non comune, formulando acute ipotesi e pervenendo a risultati sempre degni della massima attenzione.

Ancora, presentando Raimondo di Sangro nel contesto di una Napoli settecentesca quanto mai vitale ed irrequieta non solo a livello culturale, il Ferrone espone alcune eloquenti considerazioni di metodo, che dovrebbero fare riflettere, tra l'altro, su quel valore insieme sommo e fragile che è l'onestà intellettuale; ci sia consentito, comunque, trascrivere il seguente passaggio: Per troppo tempo si è eluso l'arduo problema storico di valutare sino in fondo i caratteri e la dimensione del fenomeno massonico, cercando di comprendere quanto abbia inciso la Fratellanza nell'esperienza intellettuale dei grandi protagonisti dell'illuminismo partenopeo. Si è preferito in generale sottolineare l'esiguità del numero degli aderenti alle varie logge (poche centinaia), la dimensione estrinsecamente e banalmente rituale di quella comunità, l'adesione superficiale da parte di molti protagonisti alle mode del tempo. [...] Solo recentemente si è presa coscienza della grande importanza di questo tema ai fini di una corretta comprensione della cultura del XVIII secolo. In particolare, è risultato evidente il rilievo di queste ricerche nello studio delle vicende del Mezzogiorno. La pressoché totale identificazione - a parte poche eccezioni - tra il mondo dei lumi e la Fratellanza ha infatti posto la ricerca di fronte a scelte ineludibili per analizzare efficacemente la cultura napoletana nell'età di Filangieri.

M. BAIGENT - R. LEIGH. Il Tempio e la Loggia. Origini e storia della Massoneria (1989). Roma, Newton & Compton, 1998.

Si tratta di un appassionante studio storico che fa risalire le origini della Massoneria alla fuga dei Templari, dopo il 1309, dall'Europa in Scozia, dove essi cercarono la protezione di Robert Bruce e legarono la propria causa a quella degli Stuart.

Gli autori analizzano altresì gli sviluppi successivi della Massoneria, con particolare attenzione alle vicende del XVIII secolo, quando l'organizzazione liberomuratoria contribuì efficacemente, in Gran Bretagna e non solo, alla diffusione di valori quali tolleranza e progresso. Tale influsso è ancor più evidente nell'evoluzione socio-politica che portò alla formazione degli Stati Uniti d'America, i quali incarnarono, secondo l'originale (e controversa) tesi degli autori, una sorta di vera e propria "Repubblica massonica".

M.C. JACOB. Massoneria illuminata. Politica e cultura nell'Europa del Settecento (I991). Torino, Einaudi, 1995.

In quest'altra autentica "colonna portante" nella storia del latomismo settecentesco, Margaret Jacob, avvalendosi spesso - ancora una volta - di fonti tanto decisive quanto trascurate, analizza le funzioni via via svolte in ambito europeo dalle logge massoniche settecentesche. Sulla base dei principi costituzionali allora vigenti in Inghilterra (elezione, rappresentanza, maggioranza, opposizione etc.), anche nelle logge europee vengono a costituirsi delle vere e proprie "scuole" di governo costituzionale, per quella sfera pubblica borghese derivata, per dirla con Rirgen Habermas, dalla famiglia borghese e dalla pratica del commercio, la cui comparsa viene fatta risalire dalla valentissima massonologa agli ultimi anni del XVII secolo, ossia all'epoca immediatamente successiva alla seconda rivoluzione inglese.

Le prescrizioni etiche che ne discesero divennero pure uno stile di vita. Tali aspetti progressisti sono riscontrabili, a suo parere, non solo in Inghilterra, ma altresì in Francia e, sia pure in misura diversa, nel resto dell'Europa: si tratta di quel filone dell'Illuminismo che mostra in maniera più spiccata la propria connotazione sociale e politica. Organizzando sagacemente - come s'accennava - un cospicuo patrimonio di dati e documenti sino ad ora pressoché ignorati, l'autrice giunge così a concludere che la Massoneria contribuì alla trasmissione e alla concreta strutturazione dell'illuminismo, e tradusse i lessici culturali dei suoi appartenenti in un'esperienza comune e condivisa che fu civile e, pertanto, politica. [...] Nelle logge confluirono e si mescolarono il discorso civico e illuminato; antiche parole come uguaglianza e fratellanza acquisirono nuovo significato, col quale, nel 1789, l'intero Occidente si familiarizzò in breve tempo.

In questo studio esemplare, che sviluppa e approfondisce anche talune tesi già sostenute dall'autrice in ricerche precedenti, viene dunque ribadita la centralità del ruolo avuto dalle associazioni massoniche europee nel corso del serrato dibattito ideologico del XVIII secolo.

G. GIARRIZZO. Massoneria e illuminismo nell'Europa del Settecento. Venezia, Marsilio, 1994.

Grande modernista, che da decenni indaga magistralmente la storia culturale del Settecento europeo, Giuseppe Giarrizzo è autore, inter alia, di questo ampio, imprescindibile saggio

sulla cultura massonica europea del "Secolo dei Lumi", che ne illustra soprattutto la varietà e (talvolta) la frammentarietà di sistemi e di riti.

La sua puntuale indagine su un'epoca quanto mai complessa, proteiforme ed inquieta tende inoltre a mostrare come "Lumi" e Massoneria siano il prodotto della stessa società e della stessa cultura, e come tali abbiano subito un analogo destino nel corso del secolo. Alla società settecentesca, - osserva il Giarrizzo - agli stessi Lumi la massoneria ha dato un modello elaborato di sociabilità: la loggia, che è uno spazio fisico e ideale di fraternità e di agape, in cui si è ammessi ai misteri e ad un rito capace di comunicarne i significati; un modo certo singolare di accedere a valori e a idee sentiti come di appartenenza privilegiata, e che hanno consentito un'adesione anche emotiva a concetti fondamentali dei Lumi, ed in genere della moderna società tendenzialmente democratica, attraverso l'egalitarismo e la meritocrazia. D'altra parte, Illuminismo ed anti-Illuminismo convivono nelle logge settecentesche con una dialettica non dissimile da quella che si attiva nel resto della società e delle sue aggregazioni, e le conflittualità interne alla Libera Muratoria diverranno poi cause decisive della terribile crisi globale di fine secolo. L'opera si chiude con un convincente, utilissimo capitolo di riflessioni metodologiche e storiografiche tout court.

E. NASSI. La Massoneria italiana. Storia e segreti (1994). Roma, Newton & Compton, 2002.

L'autore - giornalista e brillante commentatore politico che collabora con diversi quotidiani - racconta in maniera gustosamente divulgativa gli aspetti più fascinosi ed intriganti del fenomeno massonico, concentrandosi in special modo su quello ch'egli stesso definisce il "mosaico italiano". Si tratta di un profilo lieve e vivido, non privo di serie basi documentarie e corredato da utili apparati (dizionarietto, bibliografia ragionata, etc.), che ci sembra adatto in special modo al neofita che desideri farsi rapidamente un'idea dei primi duecentocinquanta anni della vita della Massoneria nel nostro paese.

R. GERVASO. I fratelli maledetti. Storia della massoneria. Milano, Bompiani, 1996.

La storia della Massoneria che Roberto Gervaso presenta in questo volume ha il pregio, pur non mancando di una solida e meditata documentazione, di farsi leggere come un romanzo. E celeberrimo scrittore utilizza una grande varietà di fatti e fatterelli inserendoli in un ritmo narrativo incalzante e talora davvero avvincente.

Ma le peculiarità più interessanti dell'opera, stesa secondo un dichiarato intento divulgativo, sono forse da ricercarsi nei felici "ritratti" di alcuni illustri "fratelli" settecenteschi (pensiamo in special modo a quelli di Tommaso Crudeli, di Giacomo Casanova e di Cagliostro), nonché nell'analisi dei rapporti della Massoneria con la Chiesa e le monarchie assolute del XVIII secolo.

N.M. DI LUCA. La Massoneria. Storia, miti e riti. Roma, ATANOR, 2000. L'autore manifesta sin dall'introduzione un intento squisitamente storico e filologico, e descrive con precisione ed abilità narrativa notevoli il percorso evolutivo della Massoneria speculativa moderna, ovverosia della Massoneria ortodossa non esoterica e "umanista-liberale": in verità, le pagine che delineano la storia della Libera Muratoria dal I717 (anno indicativo della sua nascita) al 1812 (data in cui fu costituita la Gran Loggia Unita d'Inghilterra) sono, a nostro avviso, le più felici dell'opera. Stesa in una prosa scorrevole, accattivante e di chiarezza cristallina, essa costituisce inoltre una piacevole lettura. Anche se non est hic locus, desideriamo comunque segnalare pure le parti relative all'epoca contemporanea, giacché rivelano un'ottima capacità di sintesi, accuratezza e moderazione.

G.M. CAZZANIGA. La religione dei moderni (1999). Pisa, ETS, 2001.

Gian Mario Cazzaniga - il massimo studioso italiano della Massoneria nel Settecento e nel primo Ottocento; che per lunghi anni ha sondato in maniera instancabile e innovativa la storia moderna dell’universo latomistico - mostra perspicacemente, in questo grande libro, come le logge del Settecento e del primo Ottocento abbiano rappresentato un inesauribile "laboratorio" di nuove forme del vivere associato e di tutti gli elementi ideologici costitutivi della modernità occidentale; sottolinea inoltre con energia il cospicuo contributo fornito dalle logge europee ai processi di costruzione delle identità collettive e della forma politica dello Stato-Nazione.

La "religione dei moderni", ossia la politica, è fondata su forme associative originali, i partiti politici di massa e le unioni sindacali, costruite mediante rituali di fratellanza artificiale, simbologie e liturgie identitarie, la cui ripetizione produce appartenenza, sviluppando un comune sentire e comuni pratiche di vita. E se le crepe nella sovranità degli stati nazionali mettono in crisi i partiti politici e i sindacati, la transizione in atto, lungi dall'essere una negazione dei principi costitutivi della modernità, è in realtà un'affermazione radicale di essa.

In un'eloquente intervista apparsa su Hiram nel 2000, l'autore de La religione dei moderni precisa immediatamente il significato e le ragioni del titolo della sua opera: la "religione dei moderni" è la politica dei moderni, che si concretizza nella democrazia rappresentativa fondata sui partiti di massa. Il termine "religione" deriva infatti da religare, ossia "unire". Quanto alle religioni confessionali, la Massoneria nasce come metareligione che non nega l'esistenza delle confessioni in cui la maggior parte dei Massoni stessi si riconoscono, ma* vuole essere una sede in cui gli uomini di buona volontà possano parlare, possano dialogare. Aggiunge quindi che, a suo parere, le radici filosofiche della Massoneria settecentesca, considerata come una sorta di "laboratorio" o di "officina", sono da considerarsi neoclassiche e neostoiche, all'interno di una cristianità non confessionale; invece, circa la vexata quaestio dei rapporti fra Massoneria ed Illuminismo, lo studioso si dichiara convinto che i due grandi fenomeni in parte abbiano interagito ed in parte si siano identificati, in quanto entrambi sono stati dei veri e propri laboratori fondanti della politica dei moderni.

Nel prosieguo del dialogo, il Cazzaniga viene invitato ad esprimersi su problemi forti ed inquietanti, quali, per esempio, quello che può e potrà essere il ruolo, o l'impatto, degli ideali massonici nel mondo globalizzato e nelle nuove realtà multiculturali. Lo studioso, a questo proposito, rileva una contraddizione vistosa: se è vero che la Massoneria ha avuto, nell’epoca contemporanea, un ruolo culturale sostanzialmente modesto, è altrettanto vero - ed è sotto gli occhi di tutti - che molto di quello che succede oggi nelle organizzazioni internazionali sembra essere in qualche modo un realizzarsi del programma massonico settecentesco.

A. TRAMPUS. La Massoneria nell'età moderna. Roma-Bari, Laterza, 2001.

In questo volumetto agile ed elegante, Antonio Trampus - docente di Storia dell'Europa e di Storia dell’Età dell'Illuminismo presso l'Università Ca' Foscari di Venezia, nonché autore d'importanti lavori sulla cultura del Settecento italiano ed europeo - offre al lettore un ottimo "panorama" di tutti i principali snodi della storia della Libera Muratoria in età moderna, e ben ricostruisce la vita delle logge e dei "fratelli" in quel Settecento che li vide costantemente coinvolti - in maniera, ça va sans dire, ora più ora meno vistosa ed incisiva - nel dibattito politico, sociale e culturale europeo. La massoneria in età moderna - afferma fra l'altro lo storiografo, sintetizzando efficacemente talune sue idee fondamentali circa la "protagonista" del libro - è stata anzitutto un fenomeno culturale, che ancora oggi permette di fornire un quadro rappresentativo della società europea e delle sue profonde trasformazioni, dal Seicento sino alla fine del XVIII secolo. [...] Le logge si presentavano come uno spazio tendenzialmente libero e privo di contenuti prestabiliti, nel quale interagivano, si confrontavano e si avvicendavano nel tempo interessi e proposte culturali spesso molto diversi tra loro.

Di valore e utilità davvero non comuni ci paiono poi le pagine della "Conclusione", che forniscono un bilancio tanto breve quanto ponderato dei principali approdi della storiografia contemporanea consacrata all'universo liberomuratorio, alle sue complesse origini ed alle sue innumerevoli ed eterogenee - ma quasi sempre rilevanti - manifestazioni nel divenire della storia e delle idee: vi sono posti, naturalmente, in primo piano gli studi e le considerazioni di F.A. Yates e di M.C. Jacob, di R. Koselleck e di J. Habermas, senza dimenticare le magistrali ricerche di storiografi italiani "di razza" quali C. Francovich, G. Giarrizzo, A.A. Mola ed altri ancora.  

  

 

 

 
 
 

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Musica: "Fuga XXIX di Atalanta Fugiens" di Michaël Maier 1687