"De Santa Maria Sinal" 

Cantigas de Santa Maria secolo XIII

 

Il documento che segue è la traduzione della trascrizione di un colloquio su argomenti di Qabalah avuto luogo tra Gian Maria Turi  e il Rav Michaël Laitman (Bnei Baruch). Il suo contenuto non manifesta di necessità il punto di vista della Loggia o del G.O.I. La libera circolazione del lavoro è subordinata all'indicazione di fonte ed autore. 

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© Rav Michaël Laitman

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Rav, che cosa è la Preghiera?

La preghiera è il lavoro del cuore. La preghiera esprime infatti i desideri provenienti dal cuore, desideri su cui gli esseri umani non hanno alcun potere dal momento che sono stati creati in modo tale da non sapere mai davvero di che cosa sono alla ricerca o quali siano le loro vere intenzioni. Di conseguenza anche l’essenza naturale della preghiera rimane inafferrabile.

Al contrario tutto ciò che viene detto nel Libro di Preghiere è esattamente ciò che gli esseri umani dovrebbero imparare a volere. Se si lavora su se stessi per ridirezionare i propri desideri e pensieri verso il Creatore e controllarli, si raggiungerà lo stesso livello spirituale dei membri della Grande Assemblea, o Sinedrio, che scrissero il Libro di Preghiere Ebraiche durante un lungo esilio duemila anni fa.

Perché chiunque possa far coincidere i propri desideri con quelli degli autori del Libro di Preghiere sono richiesti una serie di passi preliminari. Bisogna infatti capire la natura del male e a che cosa conduce: gli esseri umani sono essenzialmente inclini all’egoismo e questo è l’origine del male. Tale stato esistenziale fondamentale deve essere compreso e sentito nel più profondo dell’anima e con la maggior intensità possibile per poter essere vinto.

 

Rav, le anime evolvono?

Tutto viene compreso attraverso un lavoro di comparazione. Paragonando gli attributi del Creatore ai nostri ci rendiamo conto a un tempo della Sua grandezza e della nostra bassezza. È necessario infatti rendersi conto sia della Sua magnificenza che della Sua onnipotenza, perché avere fede significa sentire il Creatore e la Sua presenza.

Tutte le anime passano per i seguenti stadi:

1. La fase che precede la discesa nel nostro mondo

2. La fase in cui vengono dotate di una certa deficienza chiamata egoismo e perdono qualunque contatto con il Creatore e i mondi spirituali (ciò che l’anima percepisce come incarnazione fisica)

3. La fase in cui, pur essendo ancora incarnate, avvertono l’esistenza di un regno spirituale che a un tempo le origina e le trascende

4. La fase in cui, pur essendo ancora incarnate, riescono a percepire se stesse e l’intero universo come un’unica entità spirituale.

La fase che precede l’iniziale discesa delle anime viene chiamata Mondo Infinito (Olam Ein Sof), termine con cui ci si riferisce a quel mondo senza fine dove le anime ricevono ininterrottamente la luce del Creatore.

Dopo questo primo momento le anime vengono rivestite di egoismo e discendono nel Nostro Mondo (Olam Shelanu), dove la connessione con il mondo spirituale diventa remota: esse infatti non possono più percepire il Creatore né le precedenti condizioni di unità spirituale, ma hanno il compito di conoscere il male (Hakarat Hara) come stato spirituale diametralmente opposto all’unità con il Creatore. Il Nostro Mondo è fatto delle nostre percezioni al momento presente, cioè di quella parte della creazione che possiamo attualmente percepire attraverso gli organi di senso. L’egoismo risiede tra i sensi.

Il livello successivo, Questo Mondo (Olam Haze), viene raggiunto con il riconoscimento della realtà spirituale e del Creatore. In questa fase sia l’una che l’Altro non vengono ancora percepite direttamente, dal momento che la barriera (makhsom) che separa il mondo materiale dal mondo spirituale non è ancora stata oltrepassata, ma l’anima diventa consapevole della loro esistenza e si mette al lavoro per ottenere quel sesto senso con cui potervi entrare in contatto.

Riportando gli organi di senso sotto controllo e allargando la propria percezione della creazione si penetra nel Mondo a Venire (Olam Haba), quel mondo ultrasensoriale che percepiremo come “opposto” a quello in cui siamo abituati a vivere adesso.

Un esame ravvicinato degli scritti di Baal Hasulam può aiutarci a capire questo processo cui veniamo sottoposti in ogni istante.

 

Rav, come agisce la Thorah (1) sugli uomini?

In qualunque modo agiscano, inconsciamente o consciamente, gli esseri umani non desiderano altro che il Creatore; la Thorah è la luce che colma gli esseri umani al momento presente; Israele è gli stessi esseri umani, cioè il loro desiderio di unione con il Creatore; l’ascesa spirituale può proseguire solo seguendo una “linea mediana”, cioè senza una polarizzazione continua dei propri comportamenti agli estremi. Avanzare lungo questa “linea mediana” stabilisce le giuste condizioni in cui la Thorah, il Creatore e Israele si fondono in un unico corpo.

Lo scopo della creazione è quello di permettere alle anime di riunirsi (o di aderire) al Creatore mentre vivono ancora incarnate in corpi fisici. Solo gli esseri umani infatti tra tutte le creature sono capaci di ascendere i mondi spirituali e raggiungere il Creatore – o più esattamente capaci di far penetrare i mondi spirituali dentro di sé fino al punto di diventare identici al Creatore. Questo è il vero significato dell’espressione “unione con il Creatore”. E quando uno avrà imparato ad amare il Creatore, a seguire le Sue vie e ad osservare i Suoi comandamenti, tutte le sue qualità, i suoi attributi e i suoi desideri saranno diventati identici a quelli del Creatore.

La Thorah venne data agli esseri umani così da permettere loro l’accesso a questo stato di unione spirituale perfetta ed eterna, scopo della creazione. Ma la Thorah può essere data soltanto dopo che le anime siano discese nel mondo materiale, dove vengono dotate di un corpo fisico ovvero rivestite di egoismo. (Gli angeli, per esempio, non possono ricevere la Thorah: tra tutte le creature infatti solo gli esseri umani sono in possesso dell’egoismo assoluto, stato spirituale diametralmente opposto a quello del Creatore e unico punto di partenza per poter conseguire l’identificazione con Lui. Gli angeli non sono che dei “robot” – forze spirituali con competenze fisse e specifiche che governano la creazione agli ordini del Creatore. A differenza degli esseri umani non possono crescere spiritualmente né risalire quella scala che conduce all’unione con il Creatore.)

Scegliendo la via della Thorah un essere umano può imparare a neutralizzare il proprio corpo egoistico con i suoi desideri materiali in modo tale da farli smettere di agire come una barriera tra lui e il Creatore. L’essere umano e il Creatore allora si uniscono. Questa unione è una sorta di regressione allo stato di procreazione, prima cioè della discesa dell’anima nel mondo materiale con conseguente deficienza egoistica. Solo correggendo il proprio egoismo l’essere umano può infatti risalire i gradini della scala spirituale e raggiungere il livello del Creatore.

L’anima è una parte del Creatore collocata negli esseri umani. Questi d’altra parte sono nati con un rivestimento di egoismo che non permette loro di percepire più né il Creatore né le altre forze spirituali. L’egoismo permea i loro organi di senso, i quali finiscono così con il possedere qualità opposte a quelle divine. Ma quando uno trasforma il proprio egoismo in altruismo rimuovendo le proprie limitazioni egoistiche, comincia a percepire l’essenza della creazione in maniera tale che niente più lo separa dal Creatore.

Il nostro obiettivo consiste nella rimozione, con l’aiuto della Thorah, di tutti gli ostacoli tra l’anima e il Creatore.

Tra tutti i possibili modi di studio della Thorah l’approccio Cabalistico è quello più efficace, perché capace di convogliare sulla persona che studia un raggio di luce spirituale della massima intensità. 

 

Rav, che cosa è l’Egoismo?

Nello “spazio spirituale” non esiste niente che possa chiamarsi movimento da un mondo all’altro, ma vi è soltanto un’evoluzione interiore che ci consente passo dopo passo di percepire le varie coperture, o rivestimenti interiori, che ci separano dal Creatore. Ciò di cui facciamo quotidiana esperienza in realtà non è che il Creatore, oscurato però da una serie di schermi (coperture o rivestimenti) che rappresentano i vari livelli di manifestazione del nostro egoismo. Mentre gli ostacoli, ovvero gli schermi, vengono rimossi la percezione del Creatore si chiarifica di pari passo, anche se da principio non ne siamo consapevoli. La porzione di egoismo che viene di volta in volta rimossa corrisponde ai gradini della scala spirituale (o “mondi”) che abbiamo risalito – un altro modo per definire i livelli di percezione del Creatore che possiamo raggiungere.

L’egoismo, forza spirituale che ci separa dalla vera conoscenza, esiste solo negli esseri umani. Lo stesso non può infatti ritrovarsi nel Creatore, dal momento che perfezione e altruismo Ne caratterizzano l’attitudine nei confronti delle creature.

L’assenza del Creatore dal mondo può essere avvertita soltanto da chi crede o pretende di essere estraneo ai mondi spirituali, come se cercasse di nascondersi dietro le cortine del suo proprio egoismo.

La rimozione dell’egoismo non avviene tutta in una volta. Da principio il Creatore concede alle anime dei periodi di tempo, o incarnazioni,  in questo mondo per dare loro l’opportunità di intraprendere la crescita spirituale. Durante ogni vita le anime sono tenute a rimuovere una certa parte della loro natura egoistica per avvicinarsi al Creatore e continueranno ad incarnarsi finché non avranno completato la rimozione, ovvero la correzione della loro natura egoistica. Correzione dal punto di vista Cabalistico significa modifica dei desideri in modo che non costituiscano più una barriera tra le anime e il Creatore: quando questo avviene gli attributi individuali si legano indissolubilmente a quelli del Creatore e l’egoismo si trasforma in altruismo.

Normalmente l’abbandono dell’egoismo individuale viene chiamato “morte terrestre” e conduce le anime alla reincarnazione. Le parti dell’egoismo che sono state corrette durante la vita vengono riassorbite, dopodiché ha luogo una “ridistribuzione” delle qualità dell’anima: ciò avviene perché tutte le anime del mondo non sono che un’unica creatura e tutti i rivestimenti temporali da questa assunti nient’altro che egoismo. La correzione dell’unica anima creata in origine (l’anima di Adamo) viene resa possibile dalla sua suddivisione in parti o anime individuali – è infatti più facile correggere uno per uno i frammenti che l’intero.

Questo spiega anche perché durante la correzione le anime individuali si spostano da un mondo spirituale all’altro. Quando poi il processo di correzione sarà ultimato tutte le singole anime si ricongiungeranno all’interno del desiderio originario di ricevere a riformare l’anima primordiale – allora il Creatore rivelerà a quest’ultima la sua perfezione e la riempirà di tutta la Sua luce.

In ultima analisi non esiste nient’altro che il Mondo Infinito, il mondo cioè della perfetta unione con il Creatore. Al di fuori di questo, tutto ciò che gli esseri umani percepiscono non sono che frammenti dell’infinita perfezione del Mondo Infinito. Questi frammenti (o mondi spirituali superiori) in Cabalà vengono così denominati, in ordine di occultamento dal Creatore: Adam Kadmon, Azilut, Briah, Yezirah, Assiah. Il più piccolo e oscuro di questi frammenti del Mondo Infinito corrisponde al Nostro Mondo. In altre parole, ciò che percepiamo con i nostri sensi è il frutto di una contrazione del Mondo Infinito fino alle dimensioni del Nostro Mondo. Quando le nostre percezioni si amplificheranno entreremo progressivamente in contatto con i mondi spirituali superiori: Assiah, Yezirah e via di seguito. Tutto dipenderà dall’estensione delle nostre percezioni.

L’unico oggetto dei nostri studi Cabalistici è l’essere umano, perché al di là di lui e delle sue percezioni non esiste che il Mondo Infinito

Il Regno (Malchut) del Mondo Infinito deve attraversare numerose correzioni, ma niente è stato creato invano.

A questo proposito Baal Hasulam raccontava l’aneddoto di un piccolo insetto che trascorre tutta la vita alla ricerca di cibo nella giungla. La sua esistenza è sconosciuta al mondo intero ma anche lui e ognuna delle sue parti sono importantissimi per la realizzazione dello scopo della creazione.

Il Creatore non fa nulla inutilmente e ogni cosa accade in armonia con lo scopo della creazione. Per quanto ci riguarda questo processo avviene che lo vogliamo o no, sia che ne siamo a conoscenza o del tutto all’Oscuro. Tutto procede verso il termine della correzione così come pianificato dal Creatore, grazie alla Sua progressiva rivelazione a tutte le creature del mondo. 

 

Rav, tutti gli uomini hanno avuto gli stessi precetti?

Gli esseri umani non hanno ricevuto la Thorah in maniera uguale: agli Ebrei sono stati conferiti 613 precetti, mentre al resto dell’umanità solo 7. Questi precetti a loro volta vengono osservati in maniera diversa a seconda del tipo di correzione di cui le anime individuali hanno bisogno nella presente incarnazione. Essere nati Ebrei non garantisce alcun privilegio rispetto agli altri, sennonché in accordo al piano di correzione generale gli Ebrei devono “aprire la strada” al mondo spirituale a tutta l’umanità e quindi correggere se stessi in misura maggiore degli altri.

Ognuno ha il compito di rispettare quei precetti che competono alla sua natura, anche qualora ciò non sia dettato dal desiderio di riavvicinarsi al Creatore. Infatti molti credenti (così come la maggior parte dei non credenti) non si pongono mai domande sul Creatore, sullo scopo della creazione, sulla correzione dell’anima e via dicendo. Semplicemente queste persone non avvertono alcuna necessità di cambiamento e perciò si limitano a praticare con meccanicità quello che la tradizione ha loro insegnato.

Il desiderio di elevazione spirituale viene ricevuto dalle persone come un dono del Creatore – questa sì effettiva linea di demarcazione che distingue quelli che l’hanno ricevuto da quelli che invece non l’hanno ricevuto! -  Perciò non dovrebbe succedere (come invece accade) che ci si distingua gli uni dagli altri a causa della religione, della razza, dell’età o del sesso. Coloro che studiano Qabalah d’altra parte sono proprio tra quelli a cui il Creatore ha fatto dono del desiderio di spiritualità e non importa chi siano né da dove vengono (si danno per esempio i casi di donne che furono grandi Cabaliste, quali le profetesse Debora e Hulda, o di persone che intrapresero gli studi pur non essendo Ebrei; d’altra parte le qualità spirituali dell’Ari si rivelarono quando questi era ancora bambino ed egli divenne il più grande Cabalista della sua generazione in giovanissima età).

Quando ci si concentra sullo sviluppo spirituale e interiore l’osservanza meccanica dei precetti e delle regole perde di importanza, anzi non viene neanche presa in considerazione. L’attenzione viene infatti focalizzata sull’intenzione retrostante i precetti e non sulla loro esecuzione fisica.

È scritto che “un precetto senza intenzione è come un corpo senza anima”. La differenza tra i Cabalisti e le altre persone, credenti o non credenti, Ebrei o non Ebrei, è che i Cabalisti non considerano mai le azioni per quello che sono, ma intendono analizzare e sviluppare le intenzioni che vi si trovano dietro.

Come rispettare i precetti sta scritto nel Codice delle Leggi Ebraiche. Queste leggi sono facilmente comprensibili e il loro rispetto non richiede alcuna preparazione propedeutica; esse perciò si possono considerare ad uso universale. In questo caso però l’intenzionalità della pratica precettistica non ha alcuna importanza e i precetti non trasformano le persone, né le guidano verso alcuna crescita spirituale. Questi possono infatti venire rispettati per tutta la vita senza che l’egoismo personale subisca alcuna modifica.

Di solito il rispetto delle leggi è una questione di educazione. A chi cresce in un ambiente religioso non si domanda se sia suo desiderio rispettarle o meno, né gli/le viene lasciata la libertà di agire come meglio crede; l’educazione inizia fin dalla culla e le abitudini sociali circostanti condizionano il modo in cui ci si comporta. In seguito le continue promesse da parte dell’istituzione religiosa di benefici materiali e ricompense oltremondane rafforzano queste abitudini – le persone infatti sono egoiste e amano tali promesse che non richiede alcuno sforzo ma solo omologazione.

Per chi cresce in un ambiente religioso tutti questi condizionamenti e altri ancora sono molto più pressanti che per chi cresce in un ambiente laico.

 

Rav, i nostri tempi sono maturi per ricevere la Qabalah?

Siccome oggigiorno molte anime spiritualmente “mature” stanno discendendo nel nostro mondo, un tipo di educazione come quella suddetta risulta del tutto insufficiente. Queste nuove persone hanno bisogno di modificare le proprie intenzioni in modo tale da farle combaciare con i propri desideri – e la Qabalah è lo strumento che rende capaci di modificare le intenzioni da egoistiche in altruistiche.

Ricorrendo all’uso di uno “schermo interiore” (masach) si comincia a lavorare sui propri desideri autoreferenziali (cioè egoistici) al fine di ridirezionarli verso il Creatore. Questo processo di correzione dell’egoismo prende il nome di “osservanza spirituale dei precetti”: gli esseri umani sono infatti stati dotati di desideri così da poter sviluppare le proprie intenzioni e usarle per ridirezionarli verso il Creatore anziché verso se stessi.

È già chiaro che l’osservanza fisica (o esteriore) dei precetti non corrisponde a quella spirituale (o interiore); ciononostante la seconda non invalida né esclude la prima. Infatti è proprio perché chi osserva i precetti interiormente vive in entrambi i mondi (materiale e spirituale) che può riconciliare in sé le due modalità. Ne consegue che l’osservanza di un codice di leggi non ha alcuna influenza sui mondi spirituali. Questo è ciò che si intende con la frase: “un precetto senza intenzione è come un corpo senza anima” – cioè spiritualmente morto.

 

Rav, esiste una distinzione nei desideri?

Esistono 613 “desideri impuri” che nascono con le persone stesse e che si dispongono per venire corretti dai più facili ai più difficili. Quando si riesce a dotarsi dello “schermo interiore” contro il desiderio egoistico di ricevere solo a proprio vantaggio, ci si dota di un’intenzionalità ridirezionata verso il Creatore. I desideri corretti possono allora ricevere la luce spirituale e sentire il Creatore, di conseguenza ci danno la gioia di avere acquisito delle qualità spirituali equivalenti alle Sue. 

Spesso in Qabalah ci si riferisce all’anima come a un “corpo” composto di 613 parti, ognuna delle quali corrispondente a un desiderio specifico. Questi 613 desideri vengono raggruppati in due sezioni, l’una formata dai desideri di dare/influenzare(2) senza restrizioni (“dare per dare” ovvero “dare per influenzare” – lehashpia al menat lehashpia), l’altra formata dai desideri di ricevere senza restrizioni, ma non a proprio vantaggio (“ricevere per dare/influenzare” – lekabel al menat lehashpia).

I 613 desideri dell’anima vengono suddivisi in 248 desideri positivi (attraverso i quali è possibile acquisire l’intenzione di dare/influenzare) e 365 negativi (che invece non si possono usare per acquisire l’intenzione di dare/influenzare). La differenza tra questi due gruppi di desideri non ha nulla a che vedere con la direzione delle intenzioni, che infatti in entrambi i casi vengono rivolte esclusivamente al Creatore. La differenza risiede invece nel potere dei desideri stessi: se questi sono deboli (desideri negativi) non ci porteranno dei piaceri intensi, anche se ci renderanno capaci di avvertire il legame che abbiamo con il Creatore. Il piacere provato viene detto “piacere di dare/influenzare senza restrizioni”; ciò equivale a dire che il desiderio di compiacere il Creatore è realizzabile soltanto ricevendo tutto ciò che Egli vuole darci, non però a nostro vantaggio bensì solo per compiacere Lui. Ma se questo desiderio non viene sentito con sufficiente intensità, non è possibile compiacere davvero il Creatore. La qualità del desiderio diventa sufficiente solo quando abbia raggiunto una forza e una intensità equivalenti a quelle provate dal Creatore stesso.

Tutti i desideri degli esseri umani sono di natura egoistica, il che equivale a dire diretti a ricevere solo a proprio vantaggio. Solamente un’intenzionalità ridirezionata verso il Creatore potrà trasformare l’egoismo in altruismo. Diventa perciò chiaro che l’unico elemento che differenzia tra di loro i desideri è l’intenzione. Ed è proprio quest’ultima distinzione a rendere la Cabalà così importante: essa infatti ci aiuta a trasformare le nostre intenzioni da egoistiche in altruistiche. Un’intenzionalità ridirezionata verso il Creatore viene chiamata “schermo interiore”, perché ci previene dal ricevere solo a nostro vantaggio.

 

Rav, l'anima nasce?

La trasformazione delle nostre intenzione prende il nome di “nascita dell’anima”, infatti avere un’anima (o meglio esserne consapevoli) significa possedere dei desideri ridirezionati verso il Creatore. In altre parole si può dire che questo ridirezionamento viene a rivelare agli esseri umani la loro anima: è infatti l’intensità di questo nuovo tipo di desiderio che ci permette di cominciare a sentire il Creatore. Il desiderio di ricevere piacere congiunto a un’intenzionalità rivolta esclusivamente al Creatore si riempie della Sua presenza, della Sua luce e della Sua benedizione spirituale (sinonimi questi ultimi dello stesso tipo di sensazione).

Le corrette intenzioni appaiono progressivamente con l’avanzare degli studi di Qabalah. La Qabalah è infatti la scienza delle intenzioni che rende il cuore umano capace di desiderare con ardore la spiritualità.

Se uno studia Qabalah ma non è in grado di garantire alle proprie intenzioni un cambiamento di direzione in senso altruistico, significa che si trova ancora in una fase in cui non riesce ancora a ridirezionare i propri desideri verso il Creatore né le proprie intenzioni in senso altruistico. In altre parole ciò significa che la persona non può ancora fare ameno di ricevere solo a proprio vantaggio e che i suoi desideri sono ancora di natura puramente egoistica. Questo è un livello dello sviluppo spirituale che precede l’attraversamento della barriera che separa il mondo spirituale da quello materiale.

Se a uno invece non interessa nemmeno trasformare le proprie intenzioni, ciò significa che si trova in momento ancora precedente quello in cui si desidera ridirezionare le proprie intenzioni in senso altruistico e che tutte le sue azioni sono prive di vita come i gesti di un meccanismo. Ciononostante alla fine tutte le creature dovranno volgersi al Creatore e il cambiamento di prospettiva prima o poi avrà luogo anche per coloro che attualmente ne sono esclusi o che osservano i precetti solo esteriormente. Anche questi ultimi infatti saranno a un certo punto costretti a chiarire le relazioni che intrattengono con la vita e con la sua sorgente, il Creatore, muovendosi dalla fase in cui non desiderano trasformare le loro intenzioni in senso altruistico a quella in cui invece lo desiderano.

In ogni caso le azioni fisiche e i gesti rituali vengono giustificati, ma bisogna sforzarsi di oltrepassarne i limiti. E questo è ciò che differenzia il Cabalista dagli altri esseri umani.

 

Rav, come veniamo al mondo?

In principio il Creatore tolse per così dire da Se stesso una minuscola parte e vi impiantò, creandolo dal nulla (cioè come cosa a Sé non appartenente), l’egoismo. Questo “egoismo universale” si frantumò quindi in individualità egoistiche che, progressivamente correggendosi e reintegrandosi in Lui, hanno dato origine ai mondi spirituali superiori.

I frammenti (o desideri) più puri di questa parte separata dal Creatore hanno dato origine ai mondi spirituali più elevati; i desideri più egoistici (il nucleo stesso della creazione: il Regno del Mondo Infinito) hanno invece originato l’anima di Adamo, il primo uomo. In seguito poi al peccato originario – cioè al desiderio egoistico di ricevere piacere solo a proprio vantaggio – la scintilla divina già intrappolata nell’egoismo dell’anima di Adamo si suddivise in frammenti ancora più piccoli e più facili da correggere: le nostre anime. Più precisamente:

I Cabalisti hanno compreso che la sorgente di tutta la realtà è un potere superiore a cui hanno dato il nome di “la Sua Essenza”, dal momento che non è possibile comprendere il Creatore direttamente.

Dalla Sua Essenza emanano il pensiero e l’intenzione di dare vita alle creature in modo tale che l’esistenza sia per loro un continuo benessere. Tale intenzione prende il nome di “pensiero della creazione” o di “Luce della Saggezza” (Or Chochma).

Lo scopo della Luce è di creare una creatura che possa fare esperienza della Luce come di un qualcosa che riceve e che le dà piacere: per questo motivo i Cabalisti chiamano tale creatura il “vaso” della Luce.

La Luce che emana dalla Sua Essenza allo scopo di creare la creatura è la sorgente dell’esistenza e viene anche detta Radice.

La Luce che emana dalla Sua Essenza crea un proto-vaso e lo riempie di se stessa. Inoltre affinché il proto-vaso possa ricevere la Luce, questa crea anche (a favore del proto-vaso) un desiderio di godere della Luce chiamato “desiderio di ricevere”. Questo desiderio è la Fase 1 della creazione, cioè il primo aspetto del futuro vaso; infatti a questo stadio il desiderio di ricevere la Luce non appartiene ancora al vaso in maniera indipendente ma è creato direttamente dalla Luce.

Una vera creatura desidera beneficiare di tutta la Luce proveniente dal Creatore e per poterlo fare deve desiderare di sua propria volontà di venirne colmata. Ciò equivale a dire che il desiderio deve provenire direttamente dalla creatura e non dal Creatore. Ma perché ciò possa avvenire la creatura deve avere una conoscenza retroattiva dell’immensità del piacere inerente la Luce, cioè deve venire riempita di Luce e quindi lasciata senza: solo allora sarà nato un vero desiderio di Luce.

Gli stadi di sviluppo del desiderio vengono chiamati fasi dal momento che sono nuovi aspetti del desiderio di ricevere creato dalla Luce. Questa infatti insieme al piacere garantisce alla creatura la capacità di dare. E mentre il vaso sta ancora godendo del piacere della Luce, all’improvviso proverà il desiderio di dare così come fa la Luce – la ragione di questo cambiamento risiede nel fatto che il Creatore “impregna” la Luce della capacità che garantisce al vaso il desiderio di dare.

A questo punto la creatura comincia a sentire il bisogno di assomigliare al Creatore. Un nuovo desiderio, una nuova fase: Fase 2 è il desiderio di dare e il piacere che deriva da questa somiglianza con il Creatore viene chiamato “Luce della Grazia” (Or Chasadim). Questa nuova fase, inibendo il desiderio di ricevere, crea però un vuoto di Luce della Saggezza ovvero di piacere, dal momento che il piacere di ricevere la Luce non viene avvertito senza averne il desiderio.

La Fase 2 allora non può sussistere a lungo. L’essenza del vaso è infatti il desiderio di ricevere e questi non può rimanere vacante della Luce della Saggezza, poiché questa è la fonte della sua esistenza. Bisogna dunque che il vaso accetti di ricevere almeno un po’ di Luce della Saggezza. Questo è un nuovo desiderio che identifichiamo come Fase 3. La Fase 3 è bipartita: da una parte è costituita dal desiderio di assomigliare al Creatore (Luce della Grazia), dall’altra dal desiderio di ricevere un po’ di Luce della Saggezza.

In seguito il proto-vaso di Fase 3 sente che dei suoi due aspetti la Luce della Saggezza è la sua fonte di vita naturale. Allora prende indipendentemente la decisione di ricevere per intero la Luce della Saggezza, avendo compreso che solo in questo modo (solo cioè accettando di propria volontà di venire riempito di Luce della Saggezza) potrà compiacere il Creatore e quindi sviluppare dei desideri puramente altruistici.

A questo punto giungiamo alla Fase 4 della creazione. Questo desiderio finale di ricevere la Luce della Saggezza al fine di compiacere il Creatore (ricevere per dare) è in verità l’unica creazione, essendo gli stadi precedenti solo delle fasi di passaggio nello sviluppo del vaso.

Queste quattro fasi della creazione sono sempre presenti in ogni creatura (in ogni cosa esistente), anche se non possiamo o non riusciamo a rendercene conto.

I principianti nello studio della Qabalah spesso non comprendono in che maniera il mondo venga governato. Sovente domandano se le nostre azioni dipendano da delle nostre libere scelte (libero arbitrio) o dalla volontà del Creatore (servo arbitrio). La risposta è che sempre prima di passare all’azione è necessario sapere e capire che dal momento che “non esiste nessuno tranne Lui” (ein od milvado) tutto dipende sempre e soltanto dal Creatore; d’altra parte durante l’azione si può essere certi che le nostre scelte hanno delle conseguenze di cui siamo responsabili e che se non agiamo noi a nostro vantaggio nessuno lo farà (im ein ani li mi li?); infine una volta compiuta l’azione bisogna di nuovo ricordarsi che tutto dipende sempre e soltanto dal Creatore, ogni merito e ogni guadagno così come ogni colpa e ogni perdita – nel senso che tutto ciò che ci accade nel bene o nel male viene soltanto par insegnarci qualcosa di noi stessi e per farci progredire nel cammino spirituale. Questo apparente paradosso è l’unica polarizzazione che ci permetterà di progredire correttamente.

L’egoismo è una forza spirituale talmente potente che davvero di rado ci viene in mente di volercene o potercene liberare. Per riuscire a conoscere come siamo fatti e in che maniera agiamo nel mondo dobbiamo riuscire a guardarci dal di fuori, a sentire qualcosa di diverso da ciò che abitualmente sentiamo, a metterci a confronto con qualcosa che non ci appartenga.

Possiamo percepire il mondo circostante solo perché anch’esso è fatto come noi di egoismo, altrimenti ci resterebbe nascosto. L’egoismo assume infatti molte forme a seconda del suo grado di concentrazione. Il suo aspetto di maggiore “densità” è quello che non riesce a percepire altro che se stesso – e questo è il caso degli esseri umani nel Nostro Mondo: siamo talmente egoisti da non riuscire a percepire nulla all’infuori di noi stessi.

Quando riusciamo a crescere un po’ in senso spirituale, i limiti del nostro egoismo si espandono oltre i confini del Nostro Mondo e cominciamo a percepire il Creatore. L’egoismo diventa allora chiaramente spirituale: i nostri desideri non si limitano più ai piaceri materiali ma si ridirezionano verso l’acquisizione del piacere offerto dalla Luce del Creatore.

Le persone si animano solo a causa dei desideri, consci o inconsci che siano. La ragione ci è stata data come ausilio per la realizzazione di questi desideri e per poter dare loro dei significati. Da questo stato delle cose deriva che è contro la nostra natura vivere al di sopra dei nostri desideri e che le emozioni a essi collegate dirigono le nostre scelte e decisioni. Ma troppo spesso ci rendiamo contro dello scopo delle nostre scelte e decisioni solo dopo essere passati all’azione, il che ci impedisce di averne il pieno controllo.

Ma davvero in che modo prendiamo coscienza degli eventi che hanno luogo? Il Creatore manifesta la Sua onnipotenza in proporzione alle nostre azioni, per offrirci una visione retrospettiva sempre più chiara e consapevole delle scelte e delle decisioni che hanno dato il via alle nostre azioni, con tutto il loro carico di conseguenze. Anche il ricordo che abbiamo della nostra condotta dipende dal Creatore. Egli ci insegna continuamente il significato delle nostre azioni e risponde a tutte le domande che Gli facciamo con il cuore: il piacere o la sofferenza che proviamo in seguito alle nostre decisione e alle nostre scelte dipende dallo scontro del nostro egoismo con la Sua volontà, ovvero da quanta resistenza opponiamo al piano di correzione dell’anima.

Questo tipo di educazione è perciò un processo che avviene di continuo, ma che non potrà in alcun modo renderci correttori di noi stessi. Il superamento della nostra natura non può avvenire grazie a un atto di volontà individuale. L’unico compito che ci spetta è prendere coscienza dell’egoismo, realizzare la nostra incapacità a resistergli (o meglio a opporglisi) e chiedere al Creatore di aiutarci a liberarcene. Di tutto ciò che non farà parte di questa presa di coscienza si prenderà cura il Creatore stesso.

Quanto più si avanza nel cammino spirituale tanto più ci si vedrà costretti a moderare la propria autostima (corollario dell’egoismo), comprendendo con sempre maggiore profondità la propria natura e posizione davanti al Creatore.

Se ci troviamo in una situazione del genere vuol dire che stiamo avanzando nel cammino spirituale – eppure anche a un’anima che abbia raggiunto il 99% della propria correzione, il restante 1% di cammino da fare sembrerà di gran lunga più duro e faticoso di tutto il resto: questo perché anche un granellino di sabbia dentro un occhio perfettamente sano provoca un fastidio enorme.

Le nostre azioni congiunte a uno studio continuo ci danno la possibilità di prendere coscienza di noi stessi e del Creatore. Quando poi realizzeremo la nostra assoluta insignificanza verremo colti dalla disperazione: non riusciremo a sentire il Creatore e il mondo intero ci sembrerà un luogo di tenebre. Ma se nel bel mezzo di tutta questa oscurità terremo a mente che la sorgente spirituale di tutto è il Creatore (a cui possiamo chiedere tutto e dalla cui volontà tutto dipende), diventeremo consapevoli del legame tra Lui e noi. Allora vedremo che non è il caso di disperarci. Comprenderemo che tali condizioni apparentemente negative ci vengono mandate dall’alto, ma solo temporaneamente; di più capiremo che sono inevitabili e che tutto avviene sempre e comunque per il meglio.

Il modo in cui ci connettiamo a Lui (attraverso il piacere o la sofferenza) non ha alcuna importanza per il Creatore, mentre per noi la cosa di gran lunga più importante è ricordarci della Sua presenza in ogni momento della vita, positivo o negativo che sia. Ed è per questo che il Creatore ci invia continuamente dei desideri, per farci reagire, agire, capire e crescere spiritualmente.

 

Rav, il Messia è una persona o cosa?

Il Messia è una forza spirituale: è la luce che penetra i desideri umani autoreferenziali (o egoistici) per correggerli e trasformarli in altruistici, così da renderli uguali a quelli del Creatore.

Ma nel nostro mondo tutte le forze spirituali si manifestano con dei rivestimenti materiali. Rabbi Shimon Bar Yochai, l’Ari e Rabbi Yehuda Ashlag, per esempio, rappresentano la forza spirituale che irradia la luce che ci corregge. Questa forza, il Messia, compare nel nostro mondo sotto forma di essere umano e perciò diventa progressivamente accettabile per tutta l’umanità.

L’umanità seguirà la via indicata dal Messia perché il male (il desiderio di ricevere solo a proprio vantaggio, ossia l’egoismo) e le sofferenze avranno raggiunto un livello tale da non lasciarci altra scelta. Al momento però lo stato spirituale generale non è ancora sufficiente per consentirci di pensare al Messia come a una luce (o forza spirituale), ma solo come a una guida umana in carne ed ossa.

Ma per i Cabalisti il Messia è la forza spirituale che corregge i desideri delle anime e li trasforma da egoistici in altruistici. 

 

(1) Il termine Thorah si riferisce allo studio da compiere su se stessi e sul mondo al fine di poter ricongiungere volontariamente la propria anima al Creatore. [Torna al Testo]

(2) Il verbo qui usato in Ebraico, lehashpia, ha il doppio valore semantico di “dare” e “influenzare”. [Torna al Testo]

 

 
 

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