Il documento che segue è opera dell'ingegno di Gian Maria Turi responsabile della diffusione della Qabalah di Bnei Baruch in lingua Italiana Spagnola e Portoghese. Il suo contenuto non manifesta di necessità il punto di vista della Loggia o del G.O.I. La libera circolazione del lavoro è subordinata all'indicazione di fonte ed autore.  Ogni diritto gli è riconosciuto. É stata mantenuta, per le parole ebraiche, l'ortografia decisa dall'autore.

© Gian Maria Turi
 

Traduci il Documento

 


Il tuo browser non supporta il tag embed per questo motivo non senti alcuna musica
 

Quale è il senso della mia Vita?

Secondo Rabbi Yehuda Ashlag, noto anche come Ba’al Hasulam, il più grande cabalista moderno, ai nostri giorni è sufficiente porsi questa domanda per essere degni di studiare la Qabalah, a prescindere da qualunque appartenenza etnica o religiosa. Egli scrive:

“Se presterete ascolto con il cuore a questa famosissima domanda, sono certo che tutti i vostri dubbi se studiare o no la Qabalah svaniranno senza lasciare traccia di sé. Questa è una domanda al tempo stesso giusta e amara, che viene prima o poi in mente a chiunque sia venuto al mondo: ‘Qual è il senso della mia vita?’” (Introduzione allo Studio delle Dieci Sephiroth 2, 12-17, 44-57).

 

La Qabalah è insieme una saggezza e una scienza

Tradizionalmente ci si riferisce alla Qabalah come alla “Saggezza della Qabalah” (ebr., Chochmat Hakabalà), in quanto lo studio della Qabalah permette di conoscere direttamente, per via dell’esperienza interiore – cioè del cuore (aram., liba), i mondi spirituali. Non si fa dunque filosofia della spiritualità, il che non ci porterebbe di un millimetro al di là delle nostre opinioni, né si fantastica sulle forme spirituali di cui non si ha la minima idea. La via della Qabalah conduce direttamente all’esperienza spirituale, quindi alla conoscenza graduale della divinità.

La Qabalah però è anche una scienza in quanto studia e analizza i mondi spirituali al modo delle scienze naturali, cioè avvalendosi di schemi, grafici, numeri e lettere – in altre parole del cervello (aram., mocha). Ancora più importante, la Qabalah si avvale di un metodo scientifico, cioè di un metodo sperimentale che permette a chiunque ne abbia la voglia di ripercorrere il cammino già percorso e tracciato dai cabalisti che lo hanno preceduto.

La differenza tra la scienza della Qabalah e le scienze naturali è però tanto grande quanto la loro somiglianza metodologica. Mentre le scienze naturali si occupano del mondo materiale, cioè quel mondo che più o meno conosciamo per via dei nostri 5 sensi, la Qabalah si occupa della interiorità degli esseri umani, cioè dei loro desideri e delle loro intenzioni. Si può quindi dire che la Qabalah è la scienza dei desideri e delle intenzioni, cioè dell’interiorità degli esseri umani, cioè della spiritualità.

 

Che cosa significa Qabalah?

La parola Qabalah deriva dal verbo ebraico lekabel, che significa ‘ricevere’, e la cui traduzione più precisa è ‘ricevuta’, participio che già di per sé indica la natura di questa saggezza. L’essere umano è infatti definito dalla Qabalah come entità ricevente, ovvero vaso, o contenitore, del sentire (ebr., kli argashà), mentre la divinità è difinita come entità creativa, ovvero luce (ebr., or). In altri termini, tutto ciò che gli esseri umani conoscono e possiedono in questo mondo proviene dalla creatività della divinità e, come un dono, viene da noi ricevuto con un preciso obiettivo, che è anche lo scopo della creazione: “la rivelazione del Creatore alla creatura in questo mondo”, secondo la formulazione di Ba’al Hasulam. Infatti tale la rivelazione porta con sé il ricevimento illimitato di tutti i piaceri che sono stati preparati per le creature dall’inizio dei tempi – e questo è lo scopo della creazione.

 

Il Desiderio

La creatura è definita dalla Qabalah come entità ricevente, ovvero come desiderio di ricevere (ebr., razon lekabel); d’altra parte il Creatore è definito come desiderio di influenzare (ebr., razon lehashpia), formulazione che sta a indicare il suo desiderio di influenzare l’esistenza delle creature in maniera piacevole e benevola, cioè di dare loro l’abbondanza di piaceri che costituisce la Sua stessa esistenza in relazione alle creature.

Il desiderio di ricevere, così come creato all’inizio della creazione, è un’entità neutra, nel senso che può essere immaginato come una spazio vuoto creato all’interno della pienezza del Creatore, il quale non ha altro desiderio che ritornare alla sua condizione precedente, cioè alla pienezza.

 

L'Intenzione

Il processo di evoluzione del desiderio di ricevere lo porta in seguito ad assumere un’intenzione nei confronti del ricevere e a polarizzarsi in senso negativo, cioè lo trasforma in desiderio di ricevere per ricevere (ebr., razon lekabel al menat lekabel). Questo è il modo in cui la Qabalah descrive l’egoismo, cioè il desiderio di ricevere solo a proprio vantaggio.

Lo studio della Qabalah è volto alla correzione (ebr., tikun) dell’intenzione del desiderio di ricevere, al fine di trasformarla da ‘solo a proprio vantaggio’ a desiderio di ricevere per influenzare (ebr., razon lekabel al menat lehashpia). Questo è il modo in cui la Qabalah descrive l’altruismo, cioè il desiderio di ricevere a vantaggio degli altri e, quindi, del Creatore.

La trasformazione delle nostre intenzioni è l’unico modo per entrare in sintonia con la divinità, cioè acquistarne le qualità di influenzare attraverso ciò che prende il nome di equiparazione della forma (ebr., histavut hazurà) o adesione (ebr., dvekut). Questa condizione acquisita conduce la creatura alla conoscenza, alla pienezza e al controllo delle proprie vite – più genericamente, questa condizione porta la creatura ad acquisire le qualità del Creatore e perciò a essere come il Creatore: la creatura (il desiderio di ricevere) rimarrà sempre creatura e il Creatore (il desiderio di influenzare) sempre resterà Creatore, però l’equiparazione della forma li renderà uguali per quanto riguarda le intenzioni dei desideri.