Thorah e Preghiera

 

 

 

 

Rabbi Shimon esordì in una sua lezione in questa maniera: È scritto (Isaia XXXVII,2): “Ezechias voltò allora la faccia verso la parete e pregò il Signore”. Considerate quanto grande è il merito di chi studia la dottrina e quanto questa è superiore a tutte le opere! Chiunque si consacra allo studio della dottrina non teme alcun danno, né dagli esseri celesti né da quelli terrestri, né alcuno dei mali che colpiscono l’uomo. Esso è, infatti, fissato all’albero della vita, il quale l’istruisce tutti i giorni.

 

 

 

 

La dottrina, infatti, educa l’uomo a camminare nella via della verità, lo istruisce sul modo di tornare al Maestro, al fine di allontanare le punizioni che questi ha decretato. É vantaggioso, quindi, per l’uomo dedicarsi giorno e notte allo studio della dottrina e di non allontanarsene mai, proprio com'è scritto (Giosuè I,8): “Meditate giorno e notte”. Chiunque negletti lo studio della dottrina o la trascura, è colpevole come se si fosse separato dall’albero della vita.

 

 

 

 

Considerate come il versetto avente attinenza con la preghiera d'Ezechias, ci serva da ammonimento. La notte, quando l’uomo si corica, deve sottomettersi con tutto il suo cuore al regno del cielo e affidare la propria anima alla protezione di Dio. Operando in tale maniera, sarà preservato da visioni impure e nessun cattivo spirito avrà potere su di lui.

 

 

 

 

Al mattino, quando si alza, deve benedire il suo Maestro, entrare nella sua casa, prosternarsi con molto raccoglimento e recitare, quindi, la propria preghiera. Deve accettare, in altre parole il consiglio dei santi patriarchi, così com'è scritto (Salmi V,8): “Ma io per la tua gran misericordia entrerò nella tua casa; mi prosternerò con timore nel tuo santo tempio”.

 

 

 

 

La tradizione ci riferisce quanto segue: l'uomo non deve mai entrare nella casa della preghiera senza essersi prima rivolto ad Abraham, Isacco e Giacobbe, i quali istituirono le orazioni da indirizzare al Santo, benedetto il suo nome. Questo è il motivo per cui è scritto: “Ma io per la tua gran misericordia entrerò nella tua casa”, queste parole sottintendono Abraham. Le parole “mi prostrerò nel tuo santo tempio”, indicano Isacco, mentre quelle che dicono “con timore” Giacobbe. L’invocazione dei patriarchi deve avvenire prima di entrare nella casa della preghiera, così com'è scritto (Isaia XLIX,3): “Mi disse: tu sei mio servitore, Israele, ed io manifesterò la mia gloria in te”.