Nona Prescrizione

 

 

 

La nona prescrizione detta la compassione per il povero e il suo sostentamento, così com'è scritto (Genesi I,26): “Facciamo l’uomo a nostra rassomiglianza”. La Scrittura si serve della parola “facciamo” per indicare che la creazione dell’uomo è stata portata a termine con le due essenze divine configurate con il principio maschile e quello femminile. “A nostra immagine” vuol mostrare i ricchi; “A nostra rassomiglianza” i poveri, perché il maschile è la ricchezza, e il femminile la povertà.

 

 

 

 

Ora, come le due essenze divine non sono che una, perché l’una protegge l’altra (1), assimilandola a se e colmandola di benefici, così tra gli uomini, il ricco e il povero, rappresentazione del maschile e del femminile, devono plasmare un'unità, donandosi l’un l’altro e facendosi del bene l’un l’altro. La Scrittura aggiunge: “E che comandi ai pesci del mare, agli uccelli del cielo, alle bestie e a tutta la terra e a tutti i rettili che si muovono sulla terra”.

 

 

 

Nel libro del Re Salomone, abbiamo considerato il successiva insegnamento: chiunque assista un povero con sentimento di commiserazione, conserverà sempre sul suo viso il sigillo di cui era segnato il volto del primo uomo. Fin tanto che l’uomo porterà sul suo volto l’impronta di Adamo, si affermerà su tutti gli animali del mondo, così com'è scritto (Genesi IX,2): “Che gli animali della terra e tutti gli uccelli del cielo siano terrorizzati e tremino dinanzi a voi”. Questa è l’unica legge imposta dal Creatore a tutti gli animali e da questi osservata istintivamente: temere ogni uomo che porta sul proprio volto il sigillo di cui fu segnato il viso di Adamo. Fin quando l’uomo compatisce con il povero egli conserva questo sigillo sulla sua viso.

 

 

 

 

 

Da dove apprendiamo tutto questo? Ne veniamo a conoscenza dal racconto di Nabucodonossor. Quantunque egli abbia avuto il sogno che si conosce, nessun male gli derivò e la visione non si realizzò fin quando praticò le opere di misericordia verso i poveri. Come cessò di soccorrere i bisognosi, gli accadde quanto è raccontato dalle parole della Scrittura: “Non appena il re ebbe pronunciato queste parole, intese la voce del cielo, ecc.”. In altre parole, il sigillo di Adamo fu cancellato dal suo volto e cessò di essere uomo. É  questo il motivo per cui la Scrittura si serve, nel racconto della creazione dell’uomo, della parola “fare”, così com'è scritto: “Facciamo l’uomo”. La utilizza con l’intenzione di informarci che per conservare l’impronta del primo uomo, occorre essere caritatevoli (2). Riportando la parola “fare” sottintende, in verità, la carità; così com'è scritto (Rut II,19) “Il nome dell’uomo con cui ho lavorato oggi è Booz”.

 


 

 

(1) Lo Zohar non vuol dire che le essenze divine si proteggono l’un l’altra, ma che il maschio e la femmina, che ne sono la memoria, si proteggono e si colmano di benefici reciprocamente. [Torna al Testo]

(2) L’edizione di Cremona e quella di Lublino riportano: ”Fin quando l’uomo è caritatevole egli è uomo, ma difettando di carità diviene simile alla bestia”.

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