Germogli, dalla terra, l'erba.

 

 

 

 

La scrittura dice poi (Genesi I,11), che la terra produca germogli ed erbe, ecc.. Dopo che le acque celesti furono riunite in un solo luogo, scaturì una luce splendente che originò numerose legioni sacre che costituiscono l’esercito dei bambini fedeli, creati con lo scopo di adempiere fedelmente le missioni del loro Maestro. Questo mistero è espresso nelle parole della Scrittura (Salmi CIII,14), egli produce il fieno per le bestie. (Behèma). È Behèma quello accovacciato su mille montagne con lo scopo di far crescere il fieno ogni giorno. Con la parola, fieno, (hacir) sono indicati gli angeli creati il secondo giorno della creazione, concepiti soltanto per una missione particolare e destinati al cibo di questo Behèma, perché il fuoco consuma il fuoco. Le parole (Salmi CIII,14), e l’erba per servire al lavoro dell’uomo, alludono agli angeli chiamati Ophanïm, Hayoth e Cheroubim, i quali hanno per compito quello di far giungere al loro Maestro le opere degli uomini, come per esempio, i sacrifici e le preghiere, giacché sono queste le opere che la Scrittura intende con le parole, il lavoro dell’uomo [1]Questi angeli, chiamati erba, hanno anche il compito di procurare agli uomini, le cui opere sono state gradite, tutto ciò di cui hanno bisogno; sono infatti loro quelli che fanno giungere nel mondo il cibo e tutti i mezzi di sussistenza, come è scritto, per far uscire il pane dalla terra. Tale è il senso delle parole della Scrittura (Genesi I,11), erba che produca seme. La Scrittura non parla di fieno (hacir) che produce seme, poiché gli angeli chiamati, fieno (hacir) o prato (desché), sono destinati ad essere consumati dal fuoco sacro, mentre quelli chiamati erba (éseb) sono creati per l’utilità del mondo. Ecco perché, della sola erba, la Scrittura dice, che produca seme. Tutti questi angeli hanno l’incombenza di procurare agli uomini, mezzi di sussistenza in abbondanza e di fare in modo che siano benedetti dalle benedizioni dell’alto. 

La Scrittura dice (Genesi I,11), alberi da frutto che facciano sulla terra frutto con seme.  La ripetizione della parola frutto, rivela qui il maschile e il femminile (Zohar I,33a). Infatti, come un albero da frutto è fecondato da un altro albero da frutto, così la donna è fecondata dal maschio. Chi sono questi maschi e queste femmine tra gli angeli? Sono quelli chiamati, Cheroubim e Thimroth . Che cosa significa la parola Thimroth?  Essa allude gli angeli che salgono nel fumo dei sacrifici; ecco perché sono chiamati, Thimroth aschan (colonne di fumo). Anche questi angeli sono utili all’uomo, ma non quelli chiamati fieno (hacir), perché sono destinati ad essere consumati, come è scritto (Giobbe XL,15), ecco il Behèmoth che ho creato come te; egli mangia hacir come il bue.

La Scrittura dice: alberi da frutto che facciano sulla terra frutto con seme, in altre parole, angeli con fattezze maschili e femminili. A dispetto però del fatto che l’aspetto degli angeli è simile a quello dell’uomo, non tutti sono uguali; così, mentre quelli sopraccitati hanno delle grandi figure con barbe, i Cheroubim somigliano a dei bambini.

La Scrittura dice (Ezechiele I,10), avevano fattezze di un uomo, vale a dire l’aspetto di un uomo adulto che è la sintesi di tutte le altre, perché porta l’impronta del santo Nome inciso in quattro lettere, le quali, a loro volta, corrispondono ai punti cardinali del mondo, Est, Ovest, Sud e Nord. L’angelo Michel si tiene al Nord e tutte le facce degli angeli sono girate verso lui. La Scrittura riporta (Ezechiele I,10) che gli angeli avevano fattezze di uomo, di leone, di bue e di aquila. Con l’espressione fattezze di uomo, la Scrittura sottintende quelle del maschio e della femmina; perché, senza la loro unione, il nome di uomo non si conferisce ad un individuo. La stessa figura di uomo, fatta di maschio e femmina, è incisa anche sul carro di Dio, circondato da parecchie migliaia angeli, come è scritto (Salmi LXVIII,18), il carro di Dio è circondato da migliaia e migliaia di angeli (schinan). Con la parola schinan, la Scrittura sottintende le quattro fattezze degli angeli; la prima lettera del parola, infatti, è l’iniziale di schor (figura di bue), la seconda è l’iniziale di néscher (figura di aquila), la terza quella della parola aryéh (figura di leone), ed infine la quarta lettera, riprodotta dalla noun finale (}), fa allusione all’uomo nella sua posizione eretta del corpo[19a]. Con fattezze di uomo si intende, in ogni caso e sempre, quella del maschio e della femmina insieme.

Tutte le migliaia di angeli di cui parla il Salmista ricevono le loro sembianze dal mistero comunicato con la parola schinan (Mikdasch Mélekh cap. LXXXIII). Ogni gruppo di angeli distinto da un aspetto particolare, è posto al lato che gli è riservato. A dispetto, in ogni caso, della diversità, tutti rivelano una comune caratteristica, quella che deriva loro da Michel, il quale ha fattezze di uomo e verso il quale tutti sono voltati. In questo modo, tutti gli angeli che hanno sembianze di bue, di aquila, di leone o di uomo presentano una caratteristica particolare, comune all’uomo e riflettono uno dei quattro nomi misteriosi incisi sul carro di Dio. Quando gli angeli con fattezze di bue sono girati verso Michel a figura di uomo, riflettono la caratteristica della forza, chiamata El , che rimane in loro stabilmente, per questo, quando vanno a collocarsi dietro il trono di Dio, conservano in qualche modo due figure, dapprima, quella che è loro specifica, in seguito quella che hanno ricevuto dall’uomo guardandolo (Zohar II,80b e III,281b). Ogni volta che gli angeli a sembianza di aquila sono voltati verso Michel a figura di uomo, riflettono la caratteristica della grandezza chiamata gaddol, che rimane in loro stabilmente, quindi, quando vanno a mettersi dietro il trono di Dio, conservano in qualche modo due figure, inizialmente quella che è loro particolare, poi quella che, guardandolo, hanno ripreso dall’uomo. Quando gli angeli con fattezze di leone sono girati verso Michel a figura di uomo, riflettono la caratteristica del potere chiamato ghibor, che rimane in loro stabilmente, per questo, quando vanno a sistemarsi dietro il trono di Dio, conservano in qualche modo due figure, al principio quella che è loro caratteristica, poi quella che, guardandolo, hanno ricevuto dall’uomo. Considerato che Quello dalle fattezze di uomo li guarda tutti, accertato che tutti lo guardano, ne consegue che tutti ricevono l’impronta particolare dell’uomo chiamata nora, perché ispira il terrore.

Tutte le figure, quindi, sono sintetizzate in quella dell’uomo di cui riflettono i tratti, come è scritto (Ezechiele I,10), e le loro fattezze somigliano a quelle dell’uomo, vale a dire, tutte le figure riflettono quella dell’uomo che è la sintesi di tutte. Ecco perché il Santo, baruk ha-shem, è chiamato nella Scrittura (Neemia IX,32), Il forte, il grande, il potente ed il temibile; perché questi quattro nomi sono incisi sul carro di Dio dal quale emana il mistero delle quattro fattezze simboleggiate dalle quattro lettere del nome Jéhovah [2]. Quando questo carro di Dio, caratterizzato dalle quattro figure, esce, proietta una luce raggiante, colonne di fuoco ne dirompono fino a generare dei fasci luminosi che ricadono in un numero infinito di scintille [3]. Simile ad un albero frondoso carico di frutti, così il carro di Dio, scolpito con le quattro figure, genera tutte le anime che costituiscono il seme del mondo. Tale è il senso delle parole dello Scrittura (Genesi I,11), dell’erba che produca seme , vale a dire, gli angeli chiamati erba, proiettano tutto intorno al carro di Dio queste luci raggianti che provocano la nascita degli uomini, la cui fattezza è la sintesi di tutte le altre.

Anche le seguenti parole hanno lo stesso significato, alberi da frutto che facciano sulla terra frutto con seme, ciascuno secondo la propria specie. Queste parole sottintendono l’uomo che non consuma inutilmente il proprio seme. Ecco perché la Scrittura dice, contenente il loro seme sulla terra, quindi se ne deduce che non è consentito all’uomo di consumare inutilmente il proprio seme. Gli angeli chiamati fieno, che sono simili a quelli indicati con prato; non hanno seme, ecco perché spariscono e non hanno l'immutabilità degli altri, forniti, invece, delle fattezze riprodotte sul carro di Dio. Questi angeli, non hanno una forma definita e tutti quelli che non ne dispongono hanno soltanto una stabilità temporanea. Essi sono consumati da questo fuoco che consuma il fuoco (Talmud tr. Haguiga 13b e 14a), per rinascere ed essere poi consumati di nuovo e questo tutti i giorni (Zohar I, 215b).

L’uomo di quaggiù, quantunque provvisto di tratti e di una figura determinata, non gode però della inalterabilità di cui godono gli angeli con fattezze definite, perché questi ultimi presentano una figura senza avere bisogno di un qualsiasi involucro, mentre quella dell’anima umana necessita dell’involucro del corpo, giacché essa conserva la conformazione del corpo fin quando vi è legata

Ecco perché l’anima umana, lasciando ogni notte il corpo, sale ed è consumata dal fuoco che consuma il fuoco. Nel momento del risveglio, essa rinasce, torna al corpo e ne prende di nuovo la fattezza. Tutto ciò dipende dal fatto che le anime degli uomini non hanno l’immutabilità delle figure degli esseri celesti. Tale è il senso delle parole della Scrittura (Lamentazioni III, 23), è rinnovata tutte le mattine, vale a dire, l’anima dell’uomo è nuova ogni mattina. [19b] Per suffragare quanto precede, la Scrittura aggiunge, grande è la tua fedeltà. La fedeltà di Dio è, infatti, grande e proporzionata alla sua stessa grandezza. Dio, nella propria grandezza, potrebbe assorbire tutte le anime e tutto ciò che è in alto e in basso senza per questo colmare la sua immensità, tuttavia rende le anime agli uomini e fa rinascere gli angeli senza fattezze consumate dal suo fuoco. Questo mistero è espresso nelle parole della Scrittura (Qoelet I,7), tutti i fiumi vanno al mare, eppure il mare non è mai pieno. I fiumi, raggiunta la loro meta, tornano al posto da dove erano usciti, per fluire ancora di nuovo. Tutti i fiumi, quindi, fluiscono verso il mare, che li accoglie senza mai essere pieno; poi li restituisce come erano prima. Ecco il motivo delle parole della Scrittura che dice, grande è la tua fedeltà.

Nelle opere della creazione di questo terzo giorno, la Scrittura adopera due volte la locuzione: e Dio vide che ciò era buono, perché, in questo giorno, la disputa tra il lato destro e quello sinistro viene a cessare e l’unione dei due lati si compie. Dio ha quindi detto buono, al lato destro e buono a quello sinistro, parole che originarono la pace. Per lo stesso motivo la Scrittura adopera, a proposito di questo giorno, due volte la parola Vayomer (ed egli dice). Qui è racchiuso il mistero del nome di quattro lettere, modificabile in dodici permutazioni, e corrispondenti alle

quattro figure incise sui quattro lati del carro sacro.

 


 

[1] La parola aboda, significa contemporaneamente, lavoro e culto. [Torna al Testo]

[2] Le edizioni di Cremona, Sulzbach, Amsterdam, Przemysl e Vilna, riportano questa variante: queste quattro figure sono incise sul carro di Dio in questo modo, la figura dell’uomo è incisa sul lato a destra; quella dell’aquila sul sinistro; quella del leone sul davanti, mentre quella del bue, sul retro. Il commentatore Mikdasch Mélekh, sembra ignorasse questa variante. [Torna al Testo]

[3] Questo passaggio non si trova nell’edizione di Mantova. [Torna al Testo]