Che le acque di sotto il cielo si riuniscano in un solo luogo.

 

 

 

 

É scritto (Genesi I,9): Che le acque che sono sotto il cielo si riuniscano in un solo luogo.

Per esprimere l'idea della raccolta in un unico luogo, la Scrittura si serve della parola iqavvou, il cui significato letterale è anche: Siano segnate alla corda [1]. Con la parola le acque, la Scrittura indica i gradi sephirotici che conducono al palazzo Superiore, quello in cui risiede il Punto eccelso che racchiude in se stesso, il principio maschile e quello femminile. Chi è costui? É Quello che vive da ogni eternità.

La Scrittura parla di acque al di sotto del cielo, come di qualcosa che indica i gradi Sephirotici emananti dalla seconda lettera hé (h) del nome sacro Jéhovah. Considerato che per giungere fino al Punto superiore, occorre transitare sia per i gradi Sephirotici che emanano dalla prima lettera hé, sia per quelli che emanano dalla seconda, la Scrittura si serve della parola "iqavvou", che comprende due lettere vav (w), per analogica corrispondenza ai gradi sephirotici della prima e della seconda lettera hé. Il senso delle parole della Scrittura è dunque questo: quando i gradi sephirotici, saranno rappresentati precisamente , in altre parole, quando essi saranno conformati nell'ordine stabilito, il Punto supremo, nascosto a tutti gli sguardi, sarà allora percepito. È quanto la Scrittura intende con l'espressione: In un solo luogo, vale a dire, salendo i gradini sephirotici si giunge in questo luogo superiore dove tutto è unito e, pertanto, dove tutto è Uno.

É scritto (Zaccaria XIV,9): In quel giorno il Signore sarà Uno, e il suo nome sarà Uno. La Scrittura parla di due unità, una in alto e l'altra in basso. In alto l'unità di Quello che vive da ogni eternità è dichiarata, poiché in questo luogo è raccolto tutto ciò che esiste, sia in alto sia in basso[2]. Considerato, comunque, che l'essenza divina è percepibile soltanto per contrasto attraverso i gradi sephirotici, lo spirito potrebbe trovarsi sviato dalla pluralità delle Sephiroth, ed ipotizzare una differenziazione nell'essenza suprema. Questa erronea supponenza, potrebbe perdurare fino a quando il grado supremo delle Sephiroth resterà sconosciuto qui in basso, ma appena questo grado sarà svelato, l'unità dell'essenza divina sarà manifestata sia nei cieli sia sulla terra. Tale è il senso del passo scritturale: In quel giorno il Signore sarà Uno e il suo nome sarà Uno, in altre parole, l'essenza divina sarà visibilmente Una in basso come in alto. Tale è ugualmente  l'accezione delle parole Scritturali (Isaia VI,1): E ho visto il Signore, e altrove (Esodo XXIV,10): E videro il Dio di Israele e ancora (Numeri XIV,10): Apparve la gloria del Signore e da un'altra parte ancora (Numeri XVII,7 testo ebraico): La gloria del Signore apparve a tutti e nuovamente (Ezechiele I,20): Come l'arcobaleno tra le nubi in un giorno di pioggia, tale è la luce che risplende tutto intorno alla gloria del Signore, vale a dire, come la luce dell'arcobaleno è solo in apparenza composta di luci di diverso colore, così è anche per la luce dei gradi sephirotici, che circonda il Punto supremo e unico. Tale è anche l'insegnamento contenuto nelle parole della Scrittura (Genesi I,9): E che il suolo appaia; con la parola suolo (yabascha), si intende Quello che esiste da ogni eternità.

La Scrittura dice (Genesi IX,14): Ho messo il mio arco nelle nubi. Con la parola arco, si intende il grado sephirotico Malcouth[3] (twblm) . Ho messo il mio arco, vuol dire, Io ho posto Malcouth nella creazione del mondo. Nel giorno [18b] di pioggia in cui appare nel cielo l'arcobaleno, è il lato sinistro che si prepara alla ribellione. Si manifesta, allora, la Gloria di Dio. Persistendo, però, nel suo proposito di prevalenza (del lato sinistro su quello destro), succede ciò che dice la Scrittura (Genesi XXXVI,16): E Rachele ebbe grandi travagli[4]. L'angelo Michaël si tiene da un lato del grado superiore sephirotico, l'angelo Raphaël dall’altro lato e l'angelo Gabriel in un terzo. Da qui scaturiscono i tre colori principali che si distinguono nell’arcobaleno: il bianco, il rosso, il verde. Come la pupilla è contornata dall’iride di variegati colori, così l'immagine della Gloria di Dio è coronata dai tre citati colori principali, i quali non sono che il riflesso dell'unica Luce suprema, indicata dalle parole (Deuteronomio VI,4): Jéhovah Elohénou Jéhovah. Questi tre gradi superiori di luce invisibile, costituiscono in alto una sola Unità.

I citati tre colori dell'arcobaleno, simboleggiano, a causa della loro apparente diversità, ma in realtà unità, l'uniformità della Luce suprema; il bianco, il rosso, e il verde corrispondono, quindi, alle tre gradazioni misteriose della Luce suprema. L'unità in basso di questi tre apparenti gradi è contenuta nel versetto: Benedetto sia il nome del suo regno glorioso in tutta l'eternità, mentre quella in alto è testimoniata dal versetto (Deuteronomio VI,4): Ascolta, Israele, Jéhovah, Elohénou, Jéhovah è Uno. L'Unità in basso è pensata secondo il modello di quella in alto. É questo il motivo per cui la Scrittura si serve, per indicare la rispondenza che esiste tra l'unione in basso e quella in alto, della parola iqqavov, che deriva da qov, termine che sottintende la corda[5]. Il versetto che testimonia l'unità in alto è composto di sei parole; come anche quello che esprime l'unità in basso. É qui che si coglie la misurazione[6] della luce trasparente, come è scritto (Isaia XL,12): Mi (Chi) ha misurato le acque nel palmo della sua mano. Tale è anche il senso delle parole: Che le acque siano tracciate alla corda (iqqavov ha-maim). Qui è espresso il mistero della corda del Creatore dei mondi: yod, hé, vav, hé; Qadosch, Qadosch, Qadosch. Questo è il senso delle parole: Che le acque siano tracciate alla corda; in altre parole, il nome Jéhovah e Çebaoth siano uniti nel mistero racchiuso nel nome prefato; allora, tutta la terra sarà colmata dalla Gloria di Dio. Soltanto allora il suolo apparirà; ovverosia, apparirà l'insegnamento inciso nel nome che esprime l'unità: Couzou bemoucsaz couzou[7] (wzwk zskwmb wzwk ).

 


 

[1] Tracciate alla perfezione; allineate perfettamente. Consultare anche nota al foglio 15a.[Torna al Testo]

[2] É palese che con questa espressione: Unità in alto e unità in basso, lo Zohar intenda l'unità dell'essenza divina attraverso i quattro mondi twlyxa (mondo dell'Emanazione), hayrb (mondo della Creazione), hryxy (mondo della Formazione) e hycu (mondo dell'Azione). Consultare, anche, quanto esposto in seguito a proposito della rappresentazione dell’Albero Sephirotico [Torna al Testo]

[3] Lo Zohar, e in seguito tutti i cabalisti, rappresenta i dieci attributi di Dio con un grafico di un albero, chiamato Albero Sephirotico (Ogni attributo porta il nome di Sephirâ). Il pensiero dominante è questo: nella stessa maniera in cui un oggetto prende, o meglio sembra prendere, delle forme varie secondo la sua distanza e secondo gli elementi trasparenti attraverso i quali è percepito, ugualmente l'essenza di Dio appare variata secondo il mondo in cui la si contempla. Infatti, si distinguono quattro Mondi o Olim: il Mondo dell'Emanazione, il più divino e nessuna intelligenza può concepirlo, lo stesso Metradon, capo di tutte le legioni celesti, non può entrarvi. In questo Olim l'essenza di Dio appare tale e quale è nella realtà. Al di sotto di questo c'è il Mondo della Creazione, Olim in cui soltanto Metradon può accedere. Al di sotto ancora si trova il Mondo della Formazione. Sul limite di demarcazione tra questo Olim e il precedente, si situano gli Hayoth. Al di sotto degli Hayoth è posto il luogo delle legioni Celesti e dei Giusti. Infine il Mondo Materiale o Mondo Inferiore che è indicato con Olim Assiah. Ecco come il Kanphé Yona, capitolo XVIII, si esprime a proposito dell'Albero Sephirotico: Si immagini un uomo sulla riva del mare a fissare l'orizzonte. Percepirà inizialmente un guscio di noce, dopo un po' di tempo, crederà scorgere un uccello, qualche ora dopo gli sembrerà di vedere una botte, sballottata dalle onde del mare. Solo quando la nave si troverà a portata della sua vista, l'uomo la percepirà nella sua forma reale. É la stessa cosa per l'essenza divina, con la differenza che, mentre per questa i diversi aspetti sotto i quali la percepiamo, secondo il grado sul quale ci troviamo, sono tutti reali; le diverse forme che la nave prende agli occhi dell'osservatore, sono solo apparenti. [Torna al Testo]

[4] Per la comprensione di questo passaggio consultare Zohar sezione Hayé Sara. [Torna al Testo]

[5] Consultare nota al foglio 15. [Torna al Testo]

[6] Letteralmente: la corda.  [Torna al Testo]

[7] Nel sistema Ath-Basch, wzwk zskwmb wzwk è l’equivalente di dha hwhy wnyhla hwhy.

Il sistema Ath- Basch appartiene ad elaborazioni della Cabala conosciute con il nome di Themurah, la  traduzione di questo termine nella lingua italiana è permutazione. Secondo regole stabilite, una lettera è sostituita ad un'altra che la precede o la segue nell'alfabeto, e così da una parola può essere formata un altro lemma di ortografia interamente diversa.

L'alfabeto è piegato a metà nel mezzo e una mezza parte è sovrapposta all'altra; poi, cambiando alternativamente la prima lettera o le prime due lettere all’inizio della seconda riga, si possono ottenere ventidue commutazioni. Queste sono chiamate: Tavole delle Combinazioni del Tziruph.

Ogni metodo prende il nome dalle prime due coppie che lo compongono, questo perché il sistema delle coppie di lettere è il fondamento dell'insieme, giacché ogni lettera della coppia è sostituita dall'altra. Questi ventidue sistemi sono riportati nell'opera di Agrippa: La filosofia Occulta o Magia (ediz. Mediterranee), unitamente ad altri sistemi della Themurah: a dire: La tavola Razionale del Tziruph e le tre tavole di commutazioni: la giusta, la contraria e l'irregolare. Vi è poi una forma molto importante di Themurah chiamata la Kabbalah delle Nove Camere o Aiq Bekar, e quella semplicissima della Thashraq che consiste nello scrivere una parola alla rovescia.

Oltre a queste regole, vi sono certi significati nascosti nella forma delle lettere dell'alfabeto ebraico, nell'aspetto di un particolare carattere alla fine di una parola, che differisce da quello che, in genere, ha quando è lettera finale; o in quella di una lettera scritta nel corpo di una parola, che si presenti con la forma generalmente propria di un carattere finale, in ogni segno dell'alfabeto scritto in dimensioni più piccole o più grandi di quelle contenute nel manoscritto, o in una lettera scritta alla rovescia. N.d.T.  [Torna al Testo]