La Preghiera

 

 

 

 

Per questo, quando l’uomo vuole che la sua preghiera giunga al cielo con tutta la soavità della melodia, o quando desidera scuotere il giogo del primo serpente, che cerca continuamente di turbare le preghiere, deve prima unirsi alla Schekhina e servirsene come di una fionda contro la serpe. Questo mistero è racchiuso nella caratterizzazione degli accenti che servono al ritmo delle parole: Zarqa, Maqeph, Schophar, Holekh, Segoltha.

Rabbi Shimon aprì la sua conferenza in questo modo: ascoltate angeli dell’alto, accorrete in massa per prestarmi orecchio, voi di qui in basso. È a voi che mi rivolgo, Maestri delle scuole celesti e di quelle qui in basso. E tu, Elia, ti scongiuro di prendere un permesso per scendere e di correre qui; perché mi propongo di svelare il mistero, che ha sconvolto il mondo in seguito alla grande battaglia che il Bene ha mosso al Male. E anche tu, Henoch, capo celeste, scendi qui con tutti i capi delle scuole celesti, che sono ai tuoi ordini, perché non è per la mia gloria che io faccio questa richiesta, ma per quella della Schekhina.

Rabbi Shimon riprese, quindi, il discorso precedente: o Zarqa! In verità è grazie a lui che le nostre preghiere possono giungere in quel preciso luogo, al quale le rivolgiamo. Come la pietra della fionda è lanciata verso un luogo preciso, così si deve, durante la preghiera, rivolgere il pensiero verso quella pietra fondamentale e circondata di corone, che è simbolizzata dal punto-vocale detto Zarqa. Ecco l’insegnamento della tradizione che ci dice, tutti gli inchini eseguiti durante la preghiera devono essere fatti prima di pronunciare il nome divino. Pronunciando il sacro nome ci si deve, infatti, alzare per accompagnare la preghiera verso l’alto; e poiché in quel momento la Schekhina sale verso il suo sposo celeste, l’uomo non deve interrompere la propria preghiera, anche se un serpente gli si attorcigliasse intorno al tallone, e Dio abbia consentito al primo serpente di morderlo al calcagno, come è scritto (Genesi III,1), essa ti schiaccerà la testa e tu le morderai il tallone.

Quando il pensiero dell’uomo è rivolto verso questa pietra, che è simbolizzata dalla yud del nome Jakob, come è scritto (Genesi XLIX,24), egli ha messo il suo arco e la propria fiducia in Dio onnipotente, e le catene delle sue mani sono state spezzate dalle mani dell’onnipotente Dio di Giacobbe; egli ne è uscito per essere la pietra fondamentale di Israele, quando, diciamo noi, il pensiero dell’uomo è rivolto a questa pietra, il serpente è impossibilitato ad assalirlo, anche se solo al tallone; per questo non deve interrompere la sua preghiera, anche se tentasse di morderlo.

Occorre far salire la preghiera verso l’Infinito (drizzandosi quando si pronuncia il nome santo) e farla ascendere fino a Chi è senza limite, nel modo raccomandato dalla tradizione: tutte le genuflessioni devono essere eseguite pronunciando le parole, sii benedetto Signore[1]. L’uomo non deve separare mai la Schekhina né in alto né in basso. L’unione della Schekhina con il suo sposo celeste si realizza sia passando attraverso i sei gradi dal lato delle due cosce[2] dell’essere sephirotico; è per questo che durante la preghiera si eseguono le genuflessioni, perché le sei articolazioni delle gambe servono da simbolo ai sei gradi sephirotici attraverso i quali la Schekhina passa per unirsi al suo sposo celeste. Talvolta la Schekhina si unisce allo sposo celeste, transitando per i sei gradi delle braccia sephirotiche. Altre volte, però, essa si alza e passa fra il Padre e la Madre, fra la Yud e la Hé. Occorre far salire la Hé (la Schekhina o la Madre) in alto e quando vi giunge, assume in certe circostanze la forma di una Vav obliqua, la quale unendosi con due Yud (il Padre) forma la lettera Aleph (a), simbolo dell’unità.

Bisogna farla salire presso Quello, di cui la Scrittura dice (Salmi CXVIII,22), la pietra scartata dai costruttori, diventa pietra d’angolo. Quando la Schekhina sale in alto, si colloca all’altezza somma; è per questo che gli angeli chiedono [24b]: dov’è il luogo della sua gloria? Quando sale sopra dell'Aleph, essa forma una corona (Taga) sulla testa della stessa, come questa â. Tale corona è detta Kether. Quando la Schekhina scende in basso, prende la forma di una vocale sotto l’Aleph, come questa Ç, vocale chiamata Nekoudah; come nel mistero degli accenti[3], la corona che sovrasta l'Aleph è chiamata Taga. Quando si unisce alla Schekhina, forma la lettera Zain (z), simbolo dell’alleanza che sostituisce la settima Sephirâ; dal momento che indiscutibilmente questa pietra è la pietra fondamentale di tutti i mondi. Per questo la Scrittura dice (Deuteronomio XXV,15), tu avrai una pietra perfetta e giusta. Si parla della giustezza del peso e della misura, perché si applica la grandezza della distanza che separa una Sephirâ dall’altra.

Non esiste punto di accento che non ha il suo equivalente nei punti-vocale[4]. Cosi l’accento Segoltha ( ) corrisponde il punto-vocale Segol ( ); l’accento Zaqeph ( ) concorda con il punto-vocale Scheva ( ). Coloro che conoscono i misteri contenuti negli accenti, troveranno le corrispondenze per gli altri accenti: Zarqa, Maqeph, Schophar, Holekh, Segoltha.

 


 

[1] Si troveranno le spiegazioni di questa tradizione allo Zohar II,100a e III,164b. Si consulti pure, su questo tema, il Tiqouné Zohar foglio 123b. [Torna al Testo]

[2] Consultare la nota al foglio 18a. [Torna al Testo]

[3] Si chiamano Tagin (plurale Taga) i tratti che stanno sopra le consonanti; le vocali si mettono di solito sotto le lettere. [Torna al Testo]

[4] Nelle edizioni di Sulzbach e di Amsterdam, si trova intercalato, in questo punto, un passaggio di Tiqounim XVIII. Per cui l’interpretazione di }lm hwhy }lm hwhy, ecc. si trova in seguito al foglio 34a. [Torna al Testo]