«IDRA» (ardya o arda) deriva, secondo il ]wru, s. v., dall'ebraico rda e significa «camera», «sala di riunioni» e per estensione «assemblea» o «concilio». La parafrasi caldaica di Onkelos traduce il parola }rg (ara) con «Idra», perché, una volta, le are servivano da luoghi di riunioni.

Sarebbe, quindi, un errore supporre che «Idra» indichi la camera di Rabbi Shimon dove i suoi discepoli si riunivano di consuetudine. Nell' «Idra» del Nazaréen, chiamata anche «Grande Idra», quando Rabbi Shimon invita i suoi colleghi a riunirsi nell' «Idra» (ayyrbj wcnkta arda ybl), si legge alcune righe dopo, che i colleghi si recarono in un campo di alberi o in un frutteto, dove sedettero (ynlya ynyb alqjb wlauw), ecc. Così, le riunioni avevano luogo in piena campagna, e affatto nella camera di Rabbi Shimon. Sarebbe anche un errore, supporre che Rabbi Shimon sia l'autore delle «Idra». E molti autori moderni che, ahimè! hanno l'audacia di pubblicare delle analisi sullo Zohar, pure essendo notoriamente incapaci di decifrarne una sola riga, sono caduti in questo errore. Rabbi Shimon era semplicemente uno dei depositari dei misteri contenuti nelle «Idra»; ed egli li rivelava ai propri discepoli, durante certi giorni solenni, soprattutto il giorno della sua morte ( vedi Idra Zouta). Sicuramente, Rabbi Shimon accompagnò le «Idra» di alcune osservazioni e commenti esplicativi, soprattutto quando i discepoli glie lo chiedevano. A parte alcune domande dei discepoli e le risposte del maestro, il testo delle «Idra» è di molto anteriore a Rabbi Shimon che ne parla con la più profonda venerazione; lo chiama «Idra sacro».

In una opera rabbinica, redatta al principio del VIII secolo noi ritroviamo un indizio che riguarda l' antichità di questi documenti. Il twlwdg twklh, trattato hlygm si esprime così: «Prima dell'impiego dell'anno embolismico, così come del ciclo lunare (ciclo metonico di 19 anni), invalso per Hillel ed i suoi colleghi, si adoperava il ciclo di 84 anni stabilito dai Maestri dell'Idra (ardyah ylub)». Ora, risulta da Maimonide, nel suo hqzjh dy szynh cdwhh cwdyq, che il principio del ciclo di 84 anni risale all'anno 469 dell'IV millenario, ossia all'anno 291 prima di G.C. Dunque, i «Maestri dell'Idra» esistevano già tre secoli prima di G.C. È anche certo che gli ardyad ylub sono gli stessi dottori della legge che il Talmud indica a volte con il nome di «dorsché réschimoth» (tymycd ycrwd) «interpreti della dottrina esoterica», e a volte con quello di» dorsché ha-mouroth» (twrwmj ycrwd) «interpreti delle tradizioni difficili». Questi dottori si riunivano in assemblee ecclesiastiche ogni tanto o in concili, per decidere sulle questioni della dottrina e sulla metafisica. Questi concili, c'insegna lo ykalm dy, erano molto frequenti durante il dominio dei Seleucidi, e non cessarono completamente che a partire dalla presa di Gerusalemme da parte dell'imperatore Tito. Allora, soltanto, le Scuole o Accademie (atbytm o hbwyc) sostituirono i Congressi, ed i dottori presero il titolo di «Rettori di scuole», in luogo ed in sostituzioner di quello di «Maestri dei concili».

Secondo ciò che precede, si vede che le «Idra» costituiscono, dopo il vecchio-testamento, i più antichi monumenti del Giudaismo di cui abbiamo conservato le tracce. L'alta antichità di questi frammenti ne rende il testo troppo venerabile per non vederci costretti , per quanto è stato possibile, di adoperare, nella traduzione i propri termini dell'originale, anche se a causa di questa fedeltà scrupolosa, a volte si è stati costretti a renderne lo stile pesante ed inelegante. Ma quando si tratta di un testo tanto importante quanto quello delle «Idra», il traduttore non supera il proprio diritto chiedendo al lettore di fare anche un sforzo per afferrare il senso delle frasi.

Tuttavia, per rendere più intelligibile il testo dell’«Idra», ci è sembra necessario farlo precederlo da alcune osservazioni generali sulla materia trattata in questi scritti; perché tutte le «Idra» che ci sono giunte, hanno, per materia, lo stesso argomento: ossia i diversi aspetti sotto cui la divinità si manifesta. Insistiamo in un modo tutto particolare sul termine «diversi aspetti», perché è di un'importanza capitale. Che il lettore si guardi bene dall'interpretare le parole dell’«Idra»: «La Testa del Re conta tanti mondi, il suo Cervello tanti ed il suo Naso tanti altri mondi» in un senso limitativo. Perché, come fanno giustamente osservare i commentatori, con Testa, Fronte, Occhi, Braccio ecc., le «Idra» non designano delle forme materiali, ma dei gradi della essenza divina che fa funzione di cervello, di testa, di occhio, di braccio ecc., anche ammettendo questo, - diciamo - si commetterebbe un errore grossolano dando a queste parole un senso limitativo per la essenza divina, ossia interpretandole nel senso che certi gradi della essenza divina servono a meditare, e, di conseguenza, tengono luogo di cervello che altri servono a vedere e tengono luogo di occhi, ecc., e che ciascuno di questi gradi abbraccia tante migliaia o di milioni di mondi. Una tale ipotesi non costituirebbe solamente un antropomorfismo dei più volgari, imponendo la necessità e l'obbligo a Dio di vedere per certe regioni, e di sentire per certe altre, come l'uomo vede con gli occhi e sente con le orecchie, ma fisserebbe, allo stesso tempo, un limite alla essenza divina; perché, quantunque prodigioso sia il numero che costituiscono le sue diverse parti, questi mondi sono necessariamente limitati. Ora, le «Idra» stesse dichiarano diverse volte che l'immensità è una degli attributi di Dio, «infinito in tempo ed in spazio». Non sono i diversi gradi della essenza divina che abbracciano tante o tante regioni, ma sono tante regioni dove Dio è visibile sotto l'aspetto del grado corrispondente alla Testa, tante altre regioni dove si manifesta sotto il grado corrispondente agli Occhi, e così via. Per maggiore chiarezza, andiamo ad esporre brevemente il sistema sephirotico delle «Idra».

 

La essenza reale di Dio è al di sopra di ogni intendimento; nessuna intelligenza può concepirla; ed è lei l'unica che possa conoscersi. È il grado supremo, la Sephirâ «Kether», chiamata dall'«Idra» «L'Antico degli antichi», ed anche «L'Antico dei giorni», «il Mistero dei misteri», «il Segreto dei segreti». Questo supremo grado è designato anche sotto il nome di «Grande Viso» (}ypna ]ra). Il «Grande Viso» è costituito da tre nature, o principi, sovrapposti: maschio, femmina e figlio (tre teste, dice lo Zohar). Per creare dei mondi i quali tutti, potessero sussistere solamente in Dio e per Dio, il «Grande Volto» ha tirato un velo davanti a se stesso, e, attraverso questo velo, l'essenza divina cominciò a stagliarsi e prese il nome di «Piccolo Volto» (}ypna ryuz). Non si creda che queste due «Figure» siano distinte una dell'altra, o che l'una si modifichi nell'altra; erano, sono e saranno sempre una sola e stesso «Figura». Oltre questo primo velo, numerosi altri sono tirati a certi intervalli. Vista attraverso ciascuno di questi veli, l'essenza divina appare sotto un aspetto differente; attraverso uno, appare sotto l'aspetto di Grazia e Misericordia (Cuore, Sephirâ H'ésed), attraverso l'altro, sotto quello della Saggezza (Cervello, Sephira Bina o Daàth), ed attraverso un altro ancora, sotto quello di Forza e Potere (Braccio, Sephira Gueboura), e così via. Questa varietà di aspetti attraverso i diversi veli non è dovuta alla diversità delle figure, poiché, il «Grande Volto» e il «Piccola Volto» rappresentano solamente un solo e medesimo soggetto, e i diversi aspetti si presentano anche nello stesso Viso (Zohar, III, foglio. 142a). La diversità degli aspetti non è tuttavia, solamente fittizia ed immaginaria, come i colori prismatici: è reale; ogni aspetto ci presenta un altro lato (attributo) del «Grande Volto». I mondi o regioni che si trovano tra un velo e l'altro vedono Dio sotto l'aspetto proprio al rispettivo velo che li separa dal «Grande Viso». Tante migliaia o di milioni di mondi vedono Dio sotto l'aspetto di intelligenza (Testa), tanti altri lo vedono sotto l'aspetto di misericordia (Cuore), e così via. Attraverso ciascuno di questi veli si percepisce «l'Antico degli antichi» e la sua «Matrona», i quali costituiscono una Unità, come l'uomo e la donna prima della loro separazione; solamente, che attraverso ogni velo, li si vede sotto un diverso aspetto: qui si vede «Antico e la Matrona» Testa; là si vede «Antico e Matrona» Cuore, ecc.. Così come lo si è detto già precedentemente, tutti questi aspetti variati sono delle realtà, sebbene tutti presentano soltanto lo stesso «Volto». Anche, nelle regioni dove il «Volto» appare sotto l'aspetto di Cervello, sono l'Intelligenza e la Saggezza che predominano; nelle regioni dove si vede il «Volto» sotto l'aspetto di Cuore, è la Misericordia che predomina, ecc. L'anima umana, dovendo transitare per tutte le regioni separate une dalle altre dei veli precitati, riceve anche delle componenti di tutti questi aspetti diversi, e li conserva durante tutto il suo soggiorno quaggiù.

Come il corpo, anche l'anima è un organismo complesso; ha un cervello, un cuore, degli occhi degli orecchi, delle braccia ecc., spiritualmente parlando, beninteso ([i]).

Poiché le anime soggiornano più o meno a lungo nelle regioni menzionate, ne risulta che quella che si è fermata molto tempo nelle regioni dove Dio si manifesta sotto l'aspetto cuore, è portata più, dopo la sua discesa quaggiù, alla misericordia che alle altre virtù. Quella che, al contrario, si è fermata molto tempo nelle regioni dove Dio appare sotto l'aspetto di collera (naso), ha molta propensione all'irritazione, ecc. Certo, le anime sono tutte formate in modo uguale; ma anche per il corpo non è sempre lo stesso? E tuttavia quanto varia secondo la razza, il sesso ed il temperamento! Le anime sono uguali, certamente; ma ce ne sono di quelle che hanno più cuore che ragione, altre che hanno più cervello che cuore, secondo le regioni dove hanno più a lungo soggiornato. I corpi, del resto, non hanno spesso un organo più sviluppato di un l'altro? Infine, come il corpo ha bisogno di un continuo scambio tra il suo organismo e gli elementi ambientali: respirare, traspirare, nutrirsi ecc. senza tale scambio, la vita materiale diventerebbe impossibile, l'anima, per sussistere deve, ugualmente, restare costantemente in contatto col suo elemento ambientale che è lo spirito di Dio; il cuore dell'anima deve essere riscaldato costantemente dal Cuore di Dio, l'intelligenza, con l'intelligenza di Dio ecc. Sopprimere questo scambio, interrompere questa comunione renderebbe la vita spirituale impossibile. Lo stato normale dell'anima, è di vivere in Dio; separarsi da Dio, questo è morire spiritualmente, e ciò a causa della stessa legge che fa morire il corpo se separato dai suoi elementi ambientali. Come quanto colpisce il corpo, anche l'anima è spesso parzialmente solamente malata; ha il cuore malato, o il cervello, o gli occhi, o gli orecchi, ecc. In questo caso, dice il Tiqouné Zohar, XIX bisogna riscaldare il membro malato vicino all'attributo ([ii]) di Dio corrispondente a questo stesso membro; perché, aggiunge l'autore, invocando per la sua guarigione un altro attributo si agirebbe come se per guarire un uomo malato allo stomaco, si applicassero delle compresse agli occhi. Tale è, esposto sommariamente, il sistema sephirotico delle «Idra». Si tratta, quasi esclusivamente, dei diversi aspetti sotto cui l'«Antico dei tempi», o il «Grande Volto», si manifestano nelle differenti regioni, aspetti che esercitano, così come abbiamo appena detto, una grande influenza sulle anime che vi sostano per qualche tempo, e che è necessario conoscere, per invocarli in caso di malattia parziale dell'anima. Si invocherà, per esempio, gli «Occhi» del «Grande Volto», quando l'anima ha delle propensioni alle fantasticherie; ma si invocherà il «Cuore», quando l'anima ha delle inclinazioni alla durezza, ecc. I rapporti tra tale o tal'altro aspetto del «Grande Volto» e le facoltà corrispondenti dell'anima non sono sempre molto chiare nelle «Idra»; ma, ciascuno può trovare a rigore, qualche connessione - Terminando questa introduzione, faremo notare ancora che nel }wan srmu bd rwdys (raccolta di preghiere redatte da `Amram il «Gaon», illustre rettore di un'accademia rabbinica, morto a Hébron, nel 792), si trova una preghiera degli agonizzanti attribuita al profeta Elia e dove si dice: «Testa dell'Antico degli Antichi, abbiate pietà di questa anima; Cuore dell'Antico degli Antichi, assistete questa anima; Occhi dell'Antico, ecc.», e si continua così a citare tutte le parti del corpo elencate nella «Idra»: naso, orecchi braccio, capelli ecc.


[i] . «Come il corpo, dice l'Etz ha-Hayim, ch. LXVIII, l'anima è anche decomponibile e separabile nei suoi elementi. Se la scintilla, che è l'anima dell'anima e che, emanando dell'essenza stessa di Dio, rimane per sempre insolubile e indecomponibile, fosse all'anima, questa si disgregherebbe come il corpo: lo strato che forma il cervello tornerebbe alla regione di dove era preso, e tutti gli altri strati tornerebbero alle loro rispettive regioni. È ciò che capita alle anime dei grandi peccatori. Le loro anime perdono tutti i loro strati successivamente, e, con queste, la loro personalità; perché non c'è individualità senza strati, né del corpo, né dall'anima. »

[ii] Ossia, vicino alla Sephirâ corrispondente. «Ma, aggiunge lo stesso Tiqouné Zohar, VI e XIX poiché non siamo sempre molto certi quale «membro» della nostra anima è più malato, per invocare la Sephirâ corrispondente, conviene invocare, per qualsiasi malattia dell'anima il «Cuore della Schekhina», ossia, la Sephirâ Tiphereth che accoglie tutte le invocazioni e le trasmette alle rispettive Séphiroth.

Indice

Introduzione Foglio 287b - 290a Foglio 291a - 293b

Foglio 294a - 296b