Il documento che segue è opera dell'ingegno del carissimo Fratello Danilo S. il quale nella funzione della sua carica di Oratore ha prodotto, in una tornata rituale della Loggia, a proposito delle modalità di studio di un testo, lo scritto quale contributo introduttivo all'ampio dibattito che ne è seguito. Ogni diritto gli è riconosciuto.

© Danilo S.

 

 

Nell’antico libro " Sefer Mayan Ha H’ocmâ" (citato nel "Pardes Rimmonim", opera sistematica di Moses Cordovero) si sostiene che ogni parola della lingua ebraica ha cinque livelli interpretativi. Questi, dall’alto al basso, così come quest’antica scrittura insegna, sono:

 

Questo è il significato reale della parola, una volta raffinata da ogni impurità successiva.

 

Consiste nell’analisi delle possibili permutazioni delle lettere della parola in questione per cercare uno dei suoi significati relativi, ossia, ancora non giunti all’ultimo gradino del Tiqun; inoltre, a questo livello dell’interpretazione, si analizzano i vari significati delle permutazioni per osservare come questi si completino a vicenda.

 

Questo livello è spiegato dalla Qabalah come l’espansione della parola, fatta con tecniche di Notariqon, ossia, considerando ogni sua singola lettera come se fosse l’iniziale di un’altra parola. Un esempio in latino è l’acrostico alchemico, ben noto nell’iniziazione massonica, VITRIOL (Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem; Visita l’interno della terra e seguendo la retta via [con la purificazione] scoprirai la pietra segreta dei saggi).

 

È lo studio di tutte le forme linguistiche con cui la parola compare nella Thorah. Allo stesso tempo è l’analisi del contesto nel quale è scritta e degli altri termini o parole coi quali essa è frequentemente usata.

Questa tecnica, ad esempio, è quella che ha contribuito all’identificazione del rapporto tra i Trentadue Sentieri della Sapienza, nell’Albero Sephirothico, e, nel Libro della Genesi, il Nome Divino hwhy ripetuto trentadue volte ed associato a vari verbi.

 

È il calcolo del valore numerico della parola, la sua gimatreya. Ricordando lo stretto legame che la numerologia esoterica ha con la qualità e non con la mera quantità del numero, la gimatreya è lo studio delle proprietà matematiche di tale numero e, quindi, della lettera, della parola o della frase in cui compare; Infine, si rende possibile il confronto tra i termini di identico valore.

 

Questi gradi d’interpretazione che la tradizione cabalistica ci tramanda, e su cui si fonda, evidentemente, il complesso sistema ermeneutico della Qabalah, stanno in ordine di importanza.

Questi livelli corrispondono a cinque gradi dell’Albero della Vita, cioè alle Sephiroth: Kether, H’ocmâ, Binâ, Tiphereth, Malcouth.

Il primo gradino, essendo legato alla prima Sephirâ, Kether, è irraggiungibile.

Kether, infatti, è fondamentalmente diversa dalle altre Sephiroth. Essa è il trascendente, l’ineffabile. Il livello che per analogia gli è attribuito rappresenta, quindi, il significato ultimo di un "termine". Possiamo affermare che qui giace ciò che non può essere compreso nella struttura del nostro linguaggio e nelle forme umane d’interpretazione.

La seconda tecnica, quella collegata alla Sephirâ H’ocmâ, entra nelle possibilità dell’interpretazione umana. Come abbiamo avuto modo di analizzare precedentemente, questa è la Sephirâ del lampo dell’intuizione, quella dimensione mentale al di sopra della razionalità discorsiva, raggiungibile per pochi attimi e difficilmente afferrabile se non dopo lunghi esercizi di meditazione.

Da ciò, è facilmente comprensibile la potenzialità della tecnica del secondo gradino, che è uno degli strumenti cabalistici più conosciuti, ossia la Permutazione.

Lo stadio intuitivo della seconda Sephirâ, spiega anche il motivo per cui le tecniche di permutazione furono utilizzate, con l’opportunità di essere sfruttate al meglio delle loro possibilità, nelle tecniche estatiche di Abulafia, attraverso la permutazione, appunto, dei Nomi Divini.

Se questa tecnica ermeneutica, quindi, è spesso utilizzata a livelli superficiali, bisogna ricordare che essa rappresenta il penultimo stadio di comprensione dei segni.

La tecnica della permutazione, dato il suo importante utilizzo, merita un approfondimento.

Essa consiste nello scambiare tra loro le lettere di una parola, e nel comporre così altri termini. Questi sono poi analizzati, per vedere la loro relazione e comprendere il "versetto" in questione sotto un'altra prospettiva.

"Permutazione" in ebraico si dice Tziruph ([wrj). La radice Tzadde – Resh – Peh, da cui proviene la parola Tziruph, genera vari significati, che contribuiscono a circoscrivere meglio il senso di questa operazione ermeneutica: "purificare", "raffinare", bruciare". Con una diversa vocalizzazione [La lettere ebraiche sono tutte consonanti. Le vocali sono raffigurati da segni che si aggiungono alle lettere. Questi sono cinque: il Cholam, che ha suono "o", il Kamatz, suono "a", lo Tzerè, suono "e", il Chirik, suono "i", lo Shuruq, suono "u".] (Tzeraph) essa significa anche "essere attaccato", "congiunto", "combinato".

È un assunto fondamentale, nella Qabalah, che le lettere di una parola siano i suoi elementi basilari, come avviene in un composto chimico, e che sia la natura di questi ed il loro modo di combinarsi a determinare il significato della parola in questione.

Possiamo rappresentare una metafora del senso cabalistico dello Tziruph considerando le parole come offuscate, velate nel loro senso originario, le quali necessitano di una purificazione per arrivare a svelare nuovamente il loro significato profondo.

A tale proposito consultare in questa stessa sezione:

La Tavola di Tziruph Irregolare

Proseguiamo con due altre vocalizzazioni della parola "Tziruph" che traduce, appunto, l’azione del permutare, al fine di mostrare come, sulla base della stessa radice di questo termine, sia possibile evidenziare il significato di purificazione, quasi molecolare, delle componenti interne di un "segno".

Tzoreph significa "orafo", in genere, "chi lavora e purifica i metalli".

Tzarphit è il "crogiolo".

È cosa assai particolare che, in tutto, il numero delle volte che la radice Tzadde, Resh e Peh compare nella Thorah è 22, come il numero delle lettere dell’alfabeto ebraico.

In conclusione, diventa esplicito il potenziale di questa tecnica se consideriamo che una parola di sei lettere come "Bereschit", "In Principio", (prima parola del Libro della "Genesi", possiede 720 permutazioni. Nel "Tikkunei ha-Zohar" sono esaminate 70 delle possibili permutazioni di questa parola.

Nel Sefer Yetzirah (Il Libro della Formazione), col titolo "La regola delle pietre (lettere) e delle case" è descritto il calcolo per trovare quante siano le permutazioni di una parola con un numero di lettere dato. Ad esempio la parola di sei lettere (Bereschit) che abbiamo evidenziato ha 720 permutazioni in base al seguente calcolo: 1x2x3x4x5x6 = 720.

Il terzo grado è il livello della tecnica detta Notariqon, meglio conosciuta come acrostico. Questa è associata a Binâ, la Sephirâ della razionalità, del pensiero logico, in cui prendono forma le idee ed i concetti intuiti da H’ocmâ.

L’analogia con la tecnica che stiamo osservando è immediata. L’acrostico, infatti, agisce sulle lettere della parola considerandole le iniziali di altri termini che, a loro volta, diventano le parole di un’intera frase. L’analogia con una dimensione razionale, quindi, sta nell’eseguire delle operazioni che sembrano rappresentare il movimento tra sintesi ed analisi. La singola parola, in questo modo, è il frutto di un’originaria sintesi che ha compresso in sé l’intera frase. Il compito del cabalista sarà quello di analizzarla, dividerla nuovamente, decomprimendola, per ritrovare la sua dimensione estesa. Evidentemente, anche questa tecnica, come del resto tutte, oltre alle capacità razionali, necessita di un’enorme intuizione (H’ocmâ) che guidi il senso dell’analisi, e di una visione "completa" del mondo che andiamo a scomporre, nonché, di una tassonomica conoscenza della lingua ebraica.

Il quarto grado, che i cabalisti collegano alla Sephirâ Tiphereth, non è proprio di facile lettura, almeno per quanto concerne il motivo di tale associazione. Esso, come abbiamo accennato, descrive il complesso lavoro di ricerca, all’interno del testo, della presenza di una parola, ovvero, come essa compaia, in che modo si relazioni con altri termini e come sia inserita nel contesto di riferimento. Questa tecnica ha permesso di aprire molti sentieri di ricerca come, ad esempio, la presenza già citata del Nome di Dio hwhy, ripetuto trentadue volte (2) nel libro della Genesi.

Forse, l’associazione alla Sephirâ Tiphereth, trova una giustificazione a causa della sua proprietà equilibrante. Essa, infatti, è la Sephirâ che s’incarica di armonizzare, in particolare, i due opposti modi operativi di Chesed e Ghevurà, in generale, l’intera struttura dell’Albero Sephirothico. È costituita da tante tonalità e caratteri diversi. Facoltà necessaria per navigare, inseguendo le "parole", tra la complessa struttura Biblica.

Infine, troviamo la quinta tecnica, la più conosciuta, ma la meno profonda: La gimatreya. È paragonata all’ultima Sephirâ, Malcouth, il cui simbolo più riuscito è la "Terra". È, quindi, il sistema più umile per studiare una parola, senz’altro insufficiente se preso isolatamente.

La gimatreya, o l’interpretazione delle lettere, delle parole e delle frasi attraverso il loro valore numerico, è la tecnica più frequentemente utilizzata.

L’improprio ed inconsapevole uso popolare finalizzato, niente meno, alla previsione dei numeri che saranno estratti al gioco del lotto, dimostra la sua popolarità.

D’altra parte la corrispondenza tra lettere e numeri è quanto mai immediata ed abituale per chiunque conosca la lingua ebraica, dato che in essa le ventidue lettere dell’alfabeto (Aleph Beit) sono usate anche come "segni" numerici. Le prime nove lettere servono per le unità, le nove seguenti per le decine e le ultime quattro per le centinaia, da cento a quattrocento.

Esistono varie tecniche per calcolare le ghematrie. Uno speciale trattato nel manoscritto di Oxford 1822, elenca 72 forme di gimatreya. Moses Cordovero, nel Pardes Rimmonim ne elenca nove tipi diversi. Descriviamo le più importanti tecniche utilizzate dalla tradizione.

1) La più conosciuta consiste nel sommare le cifre delle lettere, senza ulteriori operazioni, e il risultato ottenuto si chiama Mispar Echrakhi (Numero dovuto). Questa tecnica, pur essendo semplice, è molto importante, e supera ogni risultato ottenuto dalla numerologia diffusa in occidente, che si limita a studiare la prima dozzina di numeri interi. La numerologia tradizionale dell’esoterismo occidentale per capire un numero, il cui ordine di grandezza è di varie decine o centinaia, lo riduce sommandone le cifre componenti il totale. Ad esempio, il numero 314 diventa 3+1+4 = 8.

Questo sistema, chiamato Mispar Qatan (Numero Piccolo), ha la sua importanza, ed è previsto anche dalla Qabalah. Tuttavia, esso ha il difetto di comprimere l’individualità del numero in questione, perdendo il suo significato primario.

Una frase dello Zohar (Libro dello Splendore), chiarisce meglio lo statuto, all’interno dell’ermeneutica cabalistica, di questa tecnica: "(la tecnica chiamata) Numeri Piccoli è per cervelli piccoli".

2) Un’altra tecnica consiste nel non tenere conto delle decine e delle centinaia. Ad esempio, 260 può essere ridotto a 26.

3) Numero ottenuto dalla somma dei valori numerici delle lettere di una parola elevati al quadrato: Il Tetragramma hwhy i cui valori numerici sono 10+5+6+5 = 26, diventerà 10²+5²+6²+5² = 186 MAQOM, \wqm, LUOGO, un altro termine con cui si indica Dio.

4) Considerare il valore di ogni lettera come risultato della somma aritmetica delle lettere precedenti (DALED d è la quarta lettera dell’Aleph Beit, quindi, in questo senso, il suo valore sarà: 1+2+3+4 = 10).

5) Somma di tutti i valori numerici delle lettere che formano il nome di una lettera singola (1). Questa tecnica si chiama "plenitudine". Va sottolineato che le lettere h e w hanno tre plenitudini diversi utilizzando la aleph, la hé e la yud (y h a). Da quanto si evince dalla nota 1, quindi, osserviamo che la lettera hé è composta dalle lettere hé ed aleph ah, la vav, invece, è costruita con  vav, yud e vav wyw. La plenitudine della hé sarà yh hh ah, quella della vav wyw whw vav.

6) Si può considerare nel calcolo della gimatreya di una termine il valore numerico "grande" delle lettere che modificano la loro forma grafica in finale di parola, come da nota 1.

7) Addizione del numero delle lettere nella parola al valore numerico della parola stessa, oppure l’addizione del numero 1 (aleph) al valore numerico totale della parola.

8) Si può considerare il valore numerico di una lettera anche partendo dalle lettere che compongono la sua forma grafica. La aleph a , ad esempio, come sostiene la tradizione, è composta da una vav w e due yud y, quindi, il suo valore numerico diventerà 26 (valore del Tetragramma divino hwhy).

9) Un’altra forma di gimatreya, è quella tecnica che comporta la sostituzione di una lettera con un’altra. Questa forma di gimatreya viene articolata in diversi modi, uno dei quali indica la sostituzione dell’aleph a (prima lettera dell’Aleph Beith) con la tav t (ultima lettera dell’Aleph Beith), della bet b (seconda lettera) con la shin c (penultima), e così a seguire.

In conclusione, va evidenziato il fatto che la tradizione ha spesso considerato con diffidenza l’utilizzo esasperato di questa tecnica. Nahmanides, ad esempio, cercò di limitare il suo uso arbitrario stabilendo la regola secondo la quale non si può calcolare una gimatreya per dedurre qualcosa che ci viene in mente.