Ci resta da ricercare il nome di una tale pietra che nel regno minerale manifesta le virtù dell’anima superiore e della vocale"o". Il Libro Bahir, al capitolo XLI che abbiamo appena citato, ricorda in maniera piuttosto enigmatica il nome della nona pietra sul pettorale del giudizio del Gran Sacerdote (Ex 28,19): we-ahlamah. I commentatori la giudicano dapprima una presunta forma fattitiva del verbo aramaico het, lamed, mem. Si tratterebbe di coniugarlo alla terza persona del singolare:"egli produsse i sogni","egli rese forte","egli guarì". Questo verbo sarebbe seguito da un complemento oggetto diretto che sarebbe segnato dal suffisso del pronome femminile della terza persona singolare:"egli la rese forte","egli la guarì","egli produsse dei sogni in lei". Questa espressione sarebbe preceduta da un waw congiuntivo che all’occorrenza diverebbe un waw concessivo:"ed egli la fortificò", etc.

Ma il cabalista non si sente vincolato alla punteggiatura dei massoreti. Egli si concede la libertà di leggere un waw congiuntivo come se si trattasse di un’entità metafisica designata dalla"lettera waw". L’espressione di Ex 28,19 citata ne Il Libro Bahir significherebbe dunque in realtà:"e la lettera waw la rese forte","la lettera waw produsse in lei dei sogni". Così l’espressione sembrerebbe incompleta, ma noi sappiamo che nello stesso contesto il Tiquney Zohar ci fornisce la chiave dell’enigma enumerando integralmente i nomi di ciascuna delle tre pietre della terza fila del pettorale del giudizio (Ex 28,19): leshem, shebo, we-ahlamah. Modificando la punteggiatura di shebo in shébo - lo shewah passerebbe in segol - i nomi delle tre pietre potrebbero essere letti come una frase nominale: "La pietra leshem per mezzo della quale (shébo o nella quale) (la lettera) waw produsse i sogni per lei". Secondo questa lettura, il nome della pietra perfetta sarebbe leshem composta dalle medesime lettere di shalém,"perfezione". Il nome leshem letto come le-sham orienterebbe l’intenzione verso keter eliyon; la lettera waw farebbe allusione a Tiphereth ed il pronome personale designerebbe Malcouth.

Da queste dimostrazioni piuttosto laboriose, ma affatto correnti nella metodologia dei Tiquney Zohar, alle quali siamo stati condotti dal desiderio di correggere un riferimento scritturale erroneo dell’Esh mesareph, traiamo il principio che il funzionamento di questa pietra perfetta, detta presso gli alchimisti filosofale, segue la via mediana dell’albero sephirotico. È questa stessa via di cui si deve servire la crisopea messianica. Il cabalista che vuole praticare l’alchimia deve non solo stabilire l’identità perfetta della pietra filosofale con la pietra di Israele, ma deve anche adottare un punto di vista a proposito della natura dell’oro di cui il trattato Esh mesareph è certamente il primo a rendere esplicita la dottrina. Bisogna concepire la natura dell’oro in Tiphereth, nella colonna mediana, e non come insegnano tutti gli antichi trattati, compresi il Libro Bahir, lo Zohar e i Ticunim, nella colonna di sinistra. Il fatto che ciò accada al livello di Guebourâ o a quello di Binâ non cambia nulla. Su questo punto, la dottrina è espressa senza ambiguità e non abbiamo bisogno di dimostrazioni etimologiche o ghematriche supplementari.

Quanto all’espressione "la natura dell’oro in Tiphereth”, bisogna sottolineare che la versione ebraica originale del trattato doveva utilizzare in questo punto, senza dubbio, la parola toledot che proviene dalla radice trilettere waw, lwmed, dalet, che significa "generare, partorire", esattamente come la radice latina nasci, che è d'altronde sempre presente nella parola "natura". Detto altrimenti, prendendo la parola toledot nel suo esatto senso etimologico, "la natura dell’oro in Tiphereth" significa che nella colonna mediana dell’albero sephirotico ha luogo la generazione di un oro sconosciuto, che non fu registrato dalle antiche liste del Talmud e del Midrash, neppure dallo Zohar e dai Ticunim. Tra i metalli a Tiphereth corrisponde il ferro: "nella scienza naturale, questo metallo è  la linea mediana che si estende da un estremo all’altro”, legando Kether a Malcouth, come fa la terza lettera del Nome Tetragramma, waw.

È sotto questo ferro che lega verticalmente i due estremi "che dobbiamo cercare l’oro”. Annunciando questa generazione dell’oro nella sesta sephirâ, l’autore del trattato aggira completamente ogni discussione relativa alla superiorità dell’argento o dell’oro che sono collocati rispettivamente sulla colonna di destra e su quella di sinistra. Inoltre, sulla colonna di mezzo questa generazione dell’oro si produce in un dominio segreto che è accessibile solo per mezzo del ferro e della sephirâ Tiphereth, a causa della posizione centrale di questa e anche a causa, bisogna precisarlo, dell’intima relazione di questa sephirâ con il Nome Tetragramma.

Quando questa generazione si produce, il Nome Tetragramma assai misericordioso si trova sotto la terribile influenza che viene dal lato sinistro, dalla sephirâ Guebourâ. Esso diviene allora come il sole che emana raggi accecanti al vertice del suo quotidiano percorso, come un re maestoso che è irritato, come un amico generoso che diviene minaccioso.  A questo proposito, i cabalisti come Giuseppe Gikatilla citano il versetto (Ps 76,8): Tu sei terribile! Chi può mai restare davanti a te nel momento della tua collera? Restando nella sephirâ Tiphereth, questo re generoso si nasconde dietro ai muri del suo evitare un incontro che diverrebbe fatale per i suoi sudditi. In quel momento, bisogna guardare il sole attraverso una pietra opaca per il timore di perdere la vista, bisogna presentare la domanda al Nome Tetragramma invocando prima il nome Adonai (Dt 3,24): Adonai (Signore), Tetragramma! Tu hai cominciato a mostrare al tuo servitore la tua grandezza e la tua mano potente: giacché quale Dio, in cielo e sulla terra, può mai compiere le tue opere e le tue celesti azioni? A guisa di riassunto di queste note sulla pietra, il redattore ricorda al lettore tre parole ciascuna delle quali è sinonimo di perfezione, ed ha come valore numerico ridotto il numero perfetto 10, questo numero che contiene tutto ciò che può essere contato . Queste tre parole sono:

 

shemesh (il sole) che è perfetto giacché 300 + 400 + 300 offre come valore ridotto 3 + 4 + 3+ = 10; Tiphereth, (la bellezza) che è perfetta giacché 400 + 80 + 1+ 200 +400 offre come valore ridotto prima 4 + 8 + 1+ 2+ 4 = 19, che si riduce in seguito a 9 + 1 =10; atah, (te) che è perfetto perché 1 + 40 + 5 offre come valore ridotto 3 + 4 + 3+ = 10. Insomma, l’alchimista deve cercare la generazione dell’oro sulla via mediana, in segreto, come all’interno di un palazzo che è rappresentato dal ferro nel regno minerale. L’opera è alla sua portata, il re si tiene vicino a lui come dietro ad un muro.  Il tempo della sua azione è dominato da un terribile influsso che fa tendere la bilancia del giudizio verso il rigore.

 

"Il ferro si rapporta a Tiphereth; la sua misura è l’uomo di guerra, secondo Ex 15,3; egli ha per nome Zè ir Anpin (il viso contratto) a causa della sua celere collera, secondo il Salmo 2, ultimo versetto: Baciate i figli, per timore che egli non si irriti e che voi non vi smarriate per strada; giacché subito si accende la sua collera; Beati tutti coloro che ripongono in lui la loro fiducia!

Il Secondo Salmo è un canto messianico.