Scholem ha fatto rilevare che uno dei due schemi sephirothici dell’opera, quello che presenta gli ingredienti come su un albero dritto, ci aiuta a situare il trattato  Esh mesareph nella storia dellalchimia occidentale:

 

La distinzione operata tra le tre sephiroth superiori - che non sono esse stesse dei metalli ma l’acqua di fonte delle cose metalliche - e le sette sephiroth inferiori le quali rappresentano invero i sei metalli e la materia prima, potrebbe ben provare che l’autore aveva già subito l’influenza di una novità introdotta da Paracelso secondo cui il sale appare, a fianco dell’argento vivo e dello zolfo, come un ingrediente fondamentale di tutti i metalli e che qui è definito acqua di fonte”.

 

In maniera analoga, le note riguardanti l’opera del ferro simbolizzata dalla spada che è Naaman e dal ferro della lancia di Phinekas potevano ricordare ad un alchimista del diciassettesimo secolo le note che Paracelso lasciava occasionalmente nella sua opera riguardante la crisopea:

 

“… trasformare il ferro in rame non è così importante come trasformare il ferro in oro; ciò che è di minore importanza, Dio lo rende accessibile; ciò che è più importante resta nascosto sino ai tempi dell’opera di Elia. giacché queste operazioni dipendono dalle arti di Elia”.

 

Paracelso notava anche:

“... ci sono molti arcani per operare le trasformazioni ma essi sono molto poco conosciuti. Infatti, se essi sono rivelati a qualcuno da Dio, la fama dell’opera non si diffonde subito, giacché l’Onnipotente li rende prudenti per tenere segreto questo arcano sino al tempo della venuta del profeta Elia, e tutto ciò che è nascosto sarà rivelato”.

 

Il primo segno della rivelazione dell’opera della trasmutazione del ferro in oro sarebbe probabilmente il fatto che il redattore dell’Esh mesareph presenta un cammeo solare che gli autori occidentali non avevano l’abitudine di utilizzare. Scholem aveva segnalato questo cambiamento:

“…. Sul tema dei quadrati magici, Agrippa di Nettesheim e l’autore dell’Esh mesareph sono d’accordo, se si eccettua tuttavia il quadrato del sole, cioè l’oro. Poiché in questo caso, quest’ultimo autore ha sostituito la somma di centoundici con un quadrato di valore numerico uguale a 216 al fine di valorizzare la relazione col leone, simbolo della forza e della sephirâ Guebourâ. IL valore numerico della parola ebraica per leone, ariyeh, è 216. Lo schema di Agrippa ha dunque subito qui una modificazione al fine di tener conto del simbolismo cabalistico”.

 

È vero che 216 è anche il valore ghematrico della parola Guebourâ: ghimel L = 3; beyt = 2; waw = 6; resh = 200; hé = 5. Ma non si tratta della sephirâ Guebourâ. La modificazione subita dallo schema di Agrippa non è solamente finalizzata a realizzare una concordanza cabalistica qualsiasi, poiché le scale sephirothiche collocano sempre l’oro nella sephirâ Guebourâ, il quinto gradino, mentre qui il redattore situa l’oro nella sesta sephirâ Tiphereth. Questo dettaglio eccezionale era sfuggito all’attenzione di Scholem. Nondimeno il testo è chiaro su questo punto. Il simbolismo dell’oro si sovrappone al simbolismo centrale del ferro nella sesta sephirâ. L‘oro del leone è il seguito della purificazione di Naaman. In gimatreya, il valore numerico di ariyeh lo stesso di quello di we-Nà aman: Naaman ed in più la lettera waw.

Infatti, dopo aver citato un passaggio dello Zohar in cui si tratta di un prezioso libro di medicina che fu prestato un tempo a Rabbi Shimon bar Yohai e a suo figlio Rabbi Eliezer per dodici mesi e nel quale essi trovarono sublimi illuminazioni, il redattore dell’Esh mesareph dice:

 

“Queste parole mi hanno indotto a cercare libri simili buoni e segreti e grazie alla buona mano del mio Dio su di me ho trovato ciò che adesso ti insegno. E il talismano di questo metallo (cioè l’oro) è assolutamente meraviglioso; esso è fatto in effetti di sei caselle reticolari moltiplicate per sei volte, in modo che dappertutto risplende la meravigliosa forza della lettera waw, quella di Tiphereth; tutte le colonne e le linee dal basso all’alto, da destra a sinistra e da un angolo all’altro sostengono la medesima somma, e tu potrai variarla all’infinito; e le diverse somme osservano sempre la medesima disposizione in maniera che il loro più piccolo numero sia o ternario, o nonario, o senario, e ancora 3. 9. 6. e così di seguito, di cui potrei rivelarti tante cose.

Io ne trascrivo un esempio, la cui somma rappresenta il numero 216 di ariyeh, il nostro meraviglioso leone 14 volte, che è il numero della parola zahabh, (“oro").  [Infatti, aleph = 1; resh = 200; yud = 10; hé = 5; il totale è 216; zayin = 7; hé = 5; beyt = 2; il totale è 14].

Calcola ed arricchisciti!"

  

Il redattore dell’Esh mesareph indica così l’esistenza di uno schema sephirotico in cui l’oro occupa il posto della sesta sephirâ Tiphereth. In questo luogo egli accorda a loro un talismano astrologico che per mezzo delle sue disposizioni numeriche e ghematriche esprime la potenza del numero 6 e del Leone ruggente degli alchimisti. Egli opera dunque due sostituzioni di cui l’una è astrologica, che riguarda i talismani dei metalli che Agrippa aveva insegnato come derivanti dalla tradizione, e l’altro è cabalistico, poiché al posto del ferro nella sesta sephirâ appare l’oro.

 

Inserendo il numero 216 nella serie dei talismani planetari, il redattore del trattato opta per una serie numerica che, alla divisione del cerchio per sei, 6 x 60 = 360, ne sovrappone un altro nel quale appare il numero 72, cioè 5 x 72 = 360. In astrologia il numero 72 si applica al periodo di spostamento dei punti equinoziali, che è di un grado in 72 anni. La durata del movimento circolare completo della precessione degli equinozi è 360 x 72 = 25920 anni. I numeri fondamentali di questa serie sono due alla terza x tre alla seconda = 72; due alla seconda x tre alla terza = 108; due alla terza x tre alla terza = 216; due alla quarta x tre alla terza = 432; quest’ultimo numero può essere anche considerato come la somma di 6 x 72. La durate del Manvantara degli Indiani è calcolata sulla base di 60 x 72 = 4320. Quattordici Manvantaras, disposte in due serie di settenari, formano un Kalpa. Alle serie solare ed equinoziale si aggiunge così una serie “settimanale”.

È stato spesso ricordato che la scrittura ignora il ruolo ciclico del numero 72. Il suo calendario è regolato secondo la successione delle settimane e dei giubilei facendovi apparire anche l’importanza simbolica del numero di dieci settimane. Tuttavia, non bisogna dimenticare che alla fine del regno di Re David, nelle disposizioni liturgiche il numero 72 è presente per mezzo della formula di 72 / 3. I sacerdoti erano ripartiti in 24 classi, e per il canto sacro i leviti formavano ugualmente 24 classi, il loro numero complessivo era 288, quindi 4 x 72 (Chr primo 25,7).

L’impiego simbolico del numero 72 si diffonde nell’esegesi midrashica tardivamente, probabilmente sotto l’influenza dei metodi i cui principi sono consegnati nel Libro Bahir. Questo trattato, prima manifestazione scritta della qabalah medievale, adotta in generale tre approcci, in qualche modo complementari, nei confronti di questo numero. Una prima applicazione tende a ricondurre questo numero al simbolismo consueto delle dieci settimane completandolo per mezzo di due unità sotto la forma di 70 + 1 + 1 (165). Un’altra spiegazione afferma schiettamente la presenza di questo numero, come per esempio 72 forze, 72 iscrizioni, etc. Il terzo tipo di applicazione è legato al servizio sacerdotale e ai tre versetti della benedizione dei kohanim (Nb 6,24-26), ciascuno composto di 72 lettere e racchiudente il Nome Tetragramma. Ogni Nome Tetragramma può essere espresso per mezzo di dodici permutazioni; essendo ogni serie di permutazioni raddoppiata, noi otteniamo la formula (2 x 12) x 3 = 72. Attorno a queste 72 permutazioni del Nome Tetragramma si raccolgono tre legioni angeliche comprendenti ciascuno 24 servitori sotto il rispettivo comando di Gabri’el, Mika'el ed Uri’el. Dato che la sesta sephirâ, Tiphereth, è il luogo del Nome Tetragramma, questo raggruppamento delle permutazioni e delle legioni angeliche vi occupa una posizione centrale.

Secondo una formula midrashica, che proviene dai circoli degli hasidim renani del medioevo, il Santo, benedetto egli sia, possiede 72.000 mondi che sono ripartiti in quattro estremità dello spazio: “18.000 modi si trovano dietro l’est; 18.000 mondi dietro l’ovest; 18.000 mondi dietro il mezzogiorno e 18.000 mondi dietro il settentrione. Questi sono i 72.000 mondi, conformemente al valore numerico della parola hesed, giacché è detto (Ps 89, 3): l’amore (hesed) costruì la sua casa. Tutt’intorno, cioè verso ciascun punto cardinale, c’è diciotto mila”.

 

Il talismano solare con trentasei caselle è dunque in rapporto con la lettera waw, che è la terza lettera del Nome Tetragramma, il cui luogo è la sesta sephirâ Tiphereth. In questo luogo si riflettono le dieci sephiroth. Al centro della sesta sephirâ si trova così “Tiphereth in Tiphereth" caratterizzata dai numeri 6, 12, 24, 3 x 24 e 3 x 72, che è il “Leone ruggente". Alla sua destra si trova “hesed in Tiphereth “il cui valore ghematrico è 72 (het = 8; samekh = 60; dalet = 4). Alla sua sinistra si colloca “Guebourâ  in Tiphereth", avente il valore ghematrico 216. La forza laterale destra, il cui nome hesed significa “grazia, amore", “buona disposizione", mostra la forza costruttiva, conservatrice del nome; la forza laterale sinistra ne manifesta “il coraggio", “l’azione violenta", quindi l’energia trasformatrice. A proposito delle 72 combinazioni del Nome Tetragramma e dei 72 nomi di angeli, il Libro Bahir dice: “Il Santo, benedetto egli sia, li consegnò all’angelo MSMRYH che sta dritto davanti alla tenda (pargod, che copre la sala del trono). Costui li consegnò ad Elia sul monte Carmelo. Grazie ad essi egli fu elevato e non esperì la morte".

Per Mosè Cordovero, il cui metodo è accettato come guida dal redattore dell’Esh mesareph, tutto ciò che è concepito dal pensiero diviene necessariamente limitato ed in qualche modo “corporeo". Seguendo questo punto di vista, le sephiroth sono tutte limitate e “corporee" da Kether fino a Malcouth. Le dieci sephiroth costituiscono uno dei quattro mondi, quello della "prossimità", Asilut. L’idea che un prolungamento continuo possa connettere questo mondo “corporeo" all’Infinito appare un non-senso. Da quel momento, l’illusione di un abisso incolmabile che si scaverebbe tra la Deità infinita e il vertice più sublime della Sua manifestazione diventa ineluttabile. Tuttavia una falsa imputazione sarebbe contraria a tutta la tradizione ricevuta. Per evitarla, Cordovero distingue in ciascuna delle dieci sephiroth un aspetto interno che è spogliato di ogni corporeità e che unifica internamente le dieci sephiroth. A questa realtà che si trova nelle sephiroth ma che sfugge alle loro rispettive limitazioni, egli da il nome di “spiritualità" (ruhaniyut). In ogni sephirâ, questa spiritualità è in contatto con un nucleo centrale che è l’Essenzialità (asmut). Per il mondo sephirotico il contatto con l’infinito, che è impossibile per mezzo del vertice dell’albero sephirotico, dunque per mezzo della sephirâ Kether, si realizza attraverso il centro spirituale di ogni sephirâ e per mezzo dell’Essenzialità. Ma per l’intelletto contemplativo l’Essenzialità non è accessibile che per mezzo della “spiritualità" della sesta sephirâ Tiphereth, sotto l’influenza del Nome Tetragramma.  Di conseguenza, l’intelletto può progettare una graduale ascesa fino a Kether che, a causa della corporeità della prima sephirâ, resterà sempre limitata, e c’é, inoltre, la possibilità di una penetrazione per mezzo della sesta sephirâ e mediante l’invocazione mentale e vocale delle permutazioni delle lettere del Nome Tetragramma attraverso la “spiritualità" della sesta sephirâ fino all’Essenzialità che si apre realmente sull’Illimitato. Questo ruolo essenziale della sesta sephirâ è la cerniera del processo che si è convenuto di chiamare “realizzazione metafisica".

Sempre dal punto di vista astrologico, introducendo il talismano del “Leone ruggente", il redattore dell’Esh mesareph scarta anche le interpretazioni che Agrippa di Nettensheim aveva pubblicate in margine al suo talismano solare di 111 in cui troviamo le seguenti interpretazioni:

 

6. Vau; lettera del santo nome;

6. esteso; lettera del santo nome;

36. Eloah (= a 6 alla seconda);

111. Nakhi’el; Intelligenza del Sole;

666. Sorath; Demone del Sole (= 6 x 111);

 

Come si sa, dietro il numero 111 che è composto dai prima della serie delle unità, delle decine e delle centinaia si nasconde la gimatreya della parola aleph, il nome della prima lettera dell’alfabeto, che significa anche “mille". Le tre lettere di questa parola lette in un ordine differente danno pel’è, "prodigio, meraviglia, stupore"; esse danno anche aphel, “oscurità, tenebre"; “calamità, rovina", “opacità, ignoranza", offrendo così un bell’esempio del senso invertito del simbolo iniziale. Agrippa attinge probabilmente a questa probabilità di inversione quando designa “l’Intelligenza del Sole" per mezzo del nome dell’angelo Nakhi’el. Questo nome in effetti si compone di due parti nakhi ed ’el. Essendo questa seconda parte il segno della funzione angelica, ci resta la parola nakhi che può indicare “lo stato di colui che è abbattuto, afflitto". Questo sarebbe il famoso abbattimento, l’acedia degli antichi monaci del deserto, lo stato di scoraggiamento che è attribuito all’influenza nefasta del “demone del mezzogiorno". Il Libro dei Proverbi ci insegna (17,22): Uno spirito abbattuto secca le ossa, opponendosi così al cuore gioioso che rinvigorisce il corpo.

È questo cuore gioioso che il redattore dell’Esh mesareph sembra voler ritrovare nel nome del leone ruggente. La parola ariyeh (“leone") può anche essere considerata come un nome d’angelo se la si scompone in due parti. La parte eh vi svolge il ruolo di desinenza indicante genericamente un inviato celeste, e la radice bilettere aleph - resh indica l’idea di un movimento diretto, rettilineo, che scaturisce da un centro di energia. Questa radice rappresenta tutto ciò che è forte, attivo e produttivo. Questo movimento è sentito nel sostantivo yè or che significa “fiume", all’occorrenza il Nilo nella profezia di Amos (8,8). In qualità di angelo, Ar-yah è somigliante al “Tetragramma, uomo di guerra" che Mosè invoca nel suo cantico durante la traversata del mar Rosso. Anche il profeta Isaia celebra questa forza (Is 31,4): quale il leone (ariyeh) e il leoncino (kephir) che ringhiano contro la loro preda e aizzano contro essi una moltitudine di pastori non lasciandosi affatto spaventare dalle loro urla, né intimidire dalle loro grida, quale Tetragramma degli eserciti per guerreggiare sul monte Sion e queste altezze. La forza di questo leone spezza i sigilli e apre l’accesso al mistero (Apoc 5,5): Non piangere: ecco arrivare quale vendicatore il leone di Giuda, la radice di David, per aprire il libro e rompere i sette sigilli.