L’atto della Creazione

Il testo del Genesi nel suo senso essoterico descrive la creazione del mondo e nel suo senso esoterico la manifestazione della Divinità. Il processo della creazione corrisponde, quindi, al processo della manifestazione e lo riflette. La cosmogonia nasconde, e rivela, una teologia.

“In verità, il testo del Genesi parla di mondi inferiori e fa allusione ai mondi superiori” [1].

“L’atto creatore è doppio, si estrinseca su due piani: in alto e in basso. É per questo che il testo del Genesi inizia con la lettera Beth, il cui valore numerico è due. L’atto che si sviluppa in basso corrisponde all’atto che si sviluppa in alto. In alto ha manifestato le sephiroth; in basso ha creato il mondo” [2].

Il processo della manifestazione si rivela nei primi versetti del Genesi, se si riesce scoprire il loro senso segreto. Alla luce dell’interpretazione mistica, che si trova esposta nel libro dello Zohar, il significato di questi primi versetti appare di tutt’altro genere di quello che generalmente gli si attribuisce. Per esempio, ecco la lettura audace dello Zohar dei tre primi versetti del Genesi:

 

“Con il Rèchith (Be-rèchith) il Nascosto che non può essere concettualizzato, crea (bara) il Palazzo; questo Palazzo è chiamato Élohïm. Questo è il significato segreto delle parole: Berèchith bara Élohïm” [3].

 

Cioè: Con l’intermediazione della sephira H’cmâ, che è chiamata Rèchith, perché essa è il principio della manifestazione, la Causa prima, che non può essere nominata talmente essa è nascosta, crea (bara) la sephira Bina, che è come un Palazzo ed è chiamata Élohïm. Ne emerge quindi che l’Élohïm di questo versetto non è il Creatore, ma un essere creato. Ma non si tratta di una vera e propria creazione ex nihilo: bara, nel suo significato esoterico, indica una emanazione, come lo spiega nel seguito del passo lo Zohar:

 

“Bara, sviluppo ad iniziare dal punto in alto”.

 

Brani dello Zohar

Berèchith configura il mistero di H’cmâ; Bara indica l’altezza suprema, velata e impenetrabile chiamata Kether. Élohïm sottintende Bina. Eth abbraccia H’esed e Guebourâ [4]. Ha-chamaim mostra Tiphereth. Ve-eth avviluppa Netzâ e Hod insieme. La Vav della parola ve-eth indica il “Giusto”. Infine ha-aretz designa la “Comunità di Israele” che costituisce “la terra della vita” (eretz ha-hayim). É solo successivamente all’enumerazione di questi gradi che la Scrittura procede nel racconto della creazione operato in ciascun giorno. Berechith indica il Verbo che corrisponde al grado di H’cmâ, ed è chiamato “Principio” (Berechith) [5].

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La lettera Beth ricorda con la sua grafia B la formazione dell’uomo che, per effetto della Saggezza divina, ha luogo in un corpo chiuso da ogni parte e aperto davanti. La lettera Aleph A è aperta anche al di sopra per indicarci che essa riceve la semenza di Kether da una porta e la trasmette agli altri tramite l’altra porta [6].

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Da dove apprendiamo che la parola “chamaim” (cielo) indica il Santo, benedetto egli sia? dalle seguenti parole della Scrittura (I Re, VIII,32): “Esaudiscici, Chamaim”. Ora, possiamo supporre che Salomone invocasse il firmamento? No. Esso invoca Dio che porta il nome di Chamaim. Perché porta questo nome? Perché il firmamento essendo rotondo ha la forma della testa. Da questa denominazione, ne inferiamo, inoltre, che Dio ha l’acqua alla sua destra e il fuoco alla sua sinistra, in maniera tale che egli risieda nel mezzo. La parola “chamaim” si pronuncia “cha maim” (fuoco e acqua). Ora se si inverte l’ordine delle lettere della parola cha, si ottiene “ech maim” (fuoco e acqua). Dio ha così fatto la pace tra il fuoco e l’acqua, e quando il fuoco si avvicina, trova la gradazione del fuoco, e quando è l’acqua ad avvicinarsi, trova la gradazione dell’acqua. É questo il motivo per cui la Scrittura dice (Giobbe XXV,2): “Egli fa regnare la pace nei suoi alti luoghi”. Così, noi concludiamo a proposito della parola “chamaim”, che il Santo, benedetto sia il suo nome, ha unito il fuoco e l’acqua amalgamandoli insieme, facendone il principio delle sue parole, così come è scritto (Salmo CXIX 160): “La verità è il principio delle tue parole”.

 

La Saggezza Mistica

(H’cmâ)

 

1 - Ogni creazione in questo mondo è eseguita tramite H’cmâ, così come è scritto (Salmi CIV,24): “Tu hai tutto creato con H’cmâ”. É H’cmâ che concilia i contrari, che fa la pace tra elementi opposti. Per esempio, il fuoco e l’acqua non potrebbero coesistere nella natura senza la mediazione di H’cmâ, che è l’ayin, il nulla. É perché il fuoco e l’acqua hanno entrambi la loro essenza creatrice nell’ayin, il nulla, che l’uno non può sopraffare e annientare l’altro.

 

2 - H’cmâ è il principio creatore. Ogni atto creatore di esseri e di cose sarebbe impossibile senza H’cmâ, cioè senza ayin, il nulla. L’uovo non può divenire pulcino se non transita per uno stato in cui non è più uovo e non ancora pulcino, cioè in cui non è niente, ayin. H’cmâ, che è ayin, il niente, è la forza creatrice. É ayin, il nulla, cioè H’cmâ, che spoglia gli esseri e le cose di una forma per rivestirle di un altra forma; è ayin, il nulla, che permette la creazione e il rinnovamento, il movimento, la vita.

 

3 - É scritto (Proverbi III,19): “É con H’cmâ che l’Eterno ha creato la terra”. Il Santo, benedetto sia il suo nome, tramite il processo dello tsimsoum risiede in H’cmâ; e Yonathan traduce Berèchith con “bÉhou’h-meta”, cioè: è in, e con H’cmâ, cioè ayin, il nulla, che l’Eterno ha creato.

 

4 - Ciò che distingue la H’cmâ, è il suo carattere dinamico, mobile, dialettico. Essa costruisce, distrugge, ricostruisce; non si attesta mai in una posizione, in uno stato: è sempre in movimento; è tanto rapida che non la si può seguire, non la si può afferrare.

 

5 - In H’cmâ, vi è il nome YHVH.

 

6 - Tutte le vite e tutte le esistenze nascono dalla H’cmâ superiore, che è chiamata Rèchith.

 

7 - Il Santo, benedetto egli sia, risiede in H’cmâ, che è il primo grado della manifestazione della sua essenza.

 

9 - Colui che vive in H’cmâ si distacca naturalmente dai desideri e dalle passioni di questo mondo.

 

10 - H’cmâ è chiamata Kodèch, Santo. Le parole sono il Nephesh, il corpo di H’cmâ: la comprensione è il Roua'h, l’anima; e H’cmâ interiore  è il Neshamah, lo spirito.

 

11 - L’H’cmâ superiore, è la religione e il culto; quella inferiore, sono le scienze profane, come le matematiche e la fisica.

 

12 - Tutto è stato creato a partire da H’cmâ.

 

13 - Ci si deve attaccare sempre alla forza creatrice; perché senza di essa niente esisterebbe.

 

14 - Mangiando, bevendo o compiendo qualsiasi altro atto, ci si deve concentrare su H’cmâ (Rèchith) che è presente in tutti gli oggetti di cui ci si serve.

 

15 - H’cmâ è presente in tutto ciò che esiste; è congiungendoci a H’cmâ, presente in un essere o in una cosa, che noi la sublimiamo.

 

16 - Non si può conseguire l’umiltà se non saldandosi a H’cmâ, cioè alla forza creatrice.

 

17 - Giobbe ha detto (XXVIII,12): “H’cmâ si trova a partire da ayin”. Cioè, per trovare H’cmâ, la Saggezza mistica, occorre essere ayin, niente [7].

18 - Mosé, nostro maestro, ha raggiunto la H’cmâ superiore, la H’cmâ divina, che ingloba tutti gli esseri e tutti i mondi; perché nessuna cosa può manifestarsi senza la H’cmâ, come è detto (Salmi CIV,24): “Tu le hai tutte create con H’cmâ”; conseguentemente, tutto è contenuto in H’cmâ.

 


 

[1] - Ramban, Commentario alla T’ora, Cap.1.

[2] - Zohar I, 240b.

[3] - Zohar I, 15a.

[4] - Perché la parola eth è composta dalle lettere Aleph e Tav per indicare che questo grado supremo racchiude la Clemenza (H’esed) e il Rigore (Guebourâ).

[5] - Zohar I, 263a.

[6] - Zohar I, 266a.

[7] - Il significato nascosto di questo versetto si fonda sul doppio senso di A-Y-N: “nulla” o “dove”: “Dove si trova la Saggezza?” oppure “La Saggezza (H’cmâ) la si trova a partire dal nulla”.

La Saggezza mistica si rivela all’uomo che è cosciente, cosciente di essere niente, che non si identifica in nessuna cosa (neanche al proprio corpo), che non si oggettivizza in dei segni o dei simboli, in titoli o decorazioni. H'cmâ, la Saggezza mistica è esistenziale, interiore; essa non si rivela nell’oggetto, ma nel soggetto; non è una scienza oggettiva, una verità sociale. Essa non è “nulla” del mondo oggettivato; essa si dona a coloro che non sono niente in questo mondo.

 

 

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