Il disagio dell’assenza di limiti

(Meditazione sul deserto) 

Caro Signore,

    

Dal fondo del deserto vi giunga la mia voce, porgendovi il mio fraterno Chalom.

 

É curioso vedere come questo deserto, che è stato il testimone e persino il catalizzatore della Rivelazione, sia a mala pena sopportato; trascinando alcuni verso una crisi comportamentale che rasenta la nevrosi e, per la maggioranza, manifestando un bisogno d’istinto gregario di ripiegamento collettivo. Qui si percepisce come l’individuo abbia paura di isolarsi e lotta costantemente per sopravvivere, cioè vivere con gli altri.

 

Noi non sopportiamo o, meglio, sopportiamo male il deserto. Scopo della Rivelazione o epilogo dell’Uomo. Io credo che non ci si renda bene conto di ciò che esso rappresenti. Malgrado ciò si può, in un Europa moderna, dissertare in cattedra sul deserto. Ma occorre toccarlo con mano per comprendere in quale maniera sia generatore d’angoscia, in quanto senza limiti; distruttore di vita in quanto tutto vi è fossilizzato, simbolo di morte e di dissezione. Così come un paesaggio di montagna può essere sedativo, perché sovrastante l’uomo e limitante l’orizzonte, il deserto può, al contrario, con la sua tetra piattezza essere angosciante.

 

Qui si evita la solitudine, la meditazione. Si comprende quanto sia difficoltoso guidare degli uomini nel deserto, si comprende, allora bene, il successo del vitello d’oro, che rappresenta con la sua materialità un elemento di sicurezza. Si comprende come l’albero, essendo il dattero l’unica sorgente alimentare, sia re, perché sia simbolo di vita e contemporaneamente di conoscenza. Si comprende perché il paradiso sia GaN  NG (giardino).

 

In definitiva il deserto è innanzi tutto ricerca del Logos per soffocare la solitudine. (In ebraico la parola “deserto” Mi-D-Ba-R  RBDM, proviene dalla radice D-B-R RBD, che significa “morte”, ma anche “parola”.) Là vi ritroviamo ancora il M-Y YM, l’eterna domanda dinanzi la natura silenziosa, la quale ci sovrasta senza mai rivelarci il suo segreto. É qui che si è in diritto di dire: Ma Haadam, Chi è questo uomo?

 

Abraham COHEN, medico.

 

La limitazione dell’Infinito:

Condizione della Creazione

 

Mio caro Choen,

 

Siamo felici di ricevere vostre notizie. La vostra meditazione sul deserto è molto intensa. Essa pone il problema essenziale dei rapporti tra Infinito e il finito, sia sul piano psicologico sia su quello fisico. Madaule, qualche tempo prima di voi, mi aveva ugualmente inoltrato delle riflessioni su tale argomento. A seguito della lettura di un libro di Alexandre Koyré “Dal mondo chiuso all’universo infinito”, mi scriveva: “Per me, in verità, ogni cosa cambia in quel momento (la rivoluzione cosmologica del 16o secolo). Prima, non si può parlare di “coscienza storica” nel significato moderno dell’espressione, tale come è stata puntualizzata da Hegel, meditando sulla rivoluzione francese. Credo che si sia palesata solo allora, nel 16o secolo, una scissura nell’uomo, la quale, pur potendo, in verità, esistere da sempre, solo in quel momento si manifestò con il suo vero aspetto di frattura che apre sull’abisso. La dolcezza del mondo chiuso senza la sfera dei fissi, con l’uomo al centro, si è dileguata per sempre. Tento di pensare alle conseguenze di un tale avvenimento e vorrei limitare i danni, perché in ogni caso, il mondo sensibile si mostra sempre sotto le medesime apparenze”.

 

La creazione, è la Beth di Berèchith. Senza limitazione dell’Infinito, non può esservi creazione. Voi conoscete il significato del nome divino CHa-Da-Y YD$: Chémar Da-Y, cioè, che si stabilisca un limite all’espansione delle forze e degli esseri della natura, che gli siano date delle limitazioni. Quando la Beth è frantumata, quando esplode, vi è squilibrio, catastrofe, annientamento, sia nella natura sia nell’uomo. Ora nel mondo moderno, tutte le barriere, tutti i limiti, tutte le dighe saltano: la creazione e lo stesso uomo sono dunque gravemente minacciati. Non è affatto stupefacente che il deserto sia un fattore di nevrosi, perché la terra è senza limiti, senza Beth. La coscienza d’essere implica il limite: l’Infinito è il nulla, dunque la sorgente dell’angoscia. La terra umana, è quella con gli alberi, vegetazione abbondante e case. Ancora una volta, la Beth è la lettera della creazione divina, la sua distruzione è la causa di tutti i mali. Ma essa deve contenere l’Infinito. Del resto, la vita è il gioco tra l'Infinito e il finito, e in questa relazione non può esserci né vinto né vincitore, ciascuna di queste due forze non può trionfare sull’altra senza essere, a sua volta, sconfitta. Nel nostro mondo moderno, l’Infinito trionfa, non si vede ancora Giacobbe che lotterà con lui (che lo limiterà) meritando così la sua benedizione, in quanto essendo limitato, l’Infinito, se è consentito esprimerci in tale maniera, diviene cosciente, esiste, nasce. La T’ora con le sue mitsvoth è, al contempo, la dottrina e la scienza della limitazione delle forze infinite, espansive, che fanno esplodere i mondi. La bomba atomica è nata dall’ignoranza dell’uomo e non dalla sua scienza. Se Einstein, e la cricca dei saggi atomisti giudei, avesse dimorato nel Ghetto rinchiudendosi  in una Yechiva per studiarvi solamente la T’ora e il Talmud, l’idea della disintegrazione nucleare non sarebbe germogliata nei loro cervelli. Soltanto dei giudei che non studiano la T’ora e non pratichino le mitsvoth, avrebbero potuto produrre forze e strumenti di distruzione. Il Talmud dice:

 

“Se adopero la spada, non posso dedicarmi alla T’ora; e se mi occupo della T’ora non posso impugnare la spada” [1].

 

Emmanuel LEVYNE

 

L’Infinito causa della distruzione

 

Al Signor Pierre MADAULE

d’Issy-les-Moulineaux

 

Caro amico

Quello che mi dite dell’opera “Dal mondo chiuso all’universo infinito” è appassionante. Io condivido pienamente le vostre idee. Un punto essenziale della Qabalah ebraica è la sua avversione per l’infinito. Il male deriva dall’infinito. Il Dio d’Israele è un essere relativamente finito, è delimitato, ha delle misure. L’infinito è incoscienza e nulla. L’infinito provoca la chiusura a cerniera e la disintegrazione della creazione; è per essenza esplosivo. Creare, significa dare dei limiti all’infinito, restringerlo e contenerlo (Tsimsoum): Giacobbe ha ricevuto il nome di Israele perché ha sconfitto Dio (l’Infinito). L’universo perdendo il suo carattere finito non può che esplodere (La Beth della prima parola del Genesi: Be-Rè (A)-CH-Y-TH TY$ARB, che contiene il fuoco dell’infinito: (A)è-CH $A; Be-Rè-(A)-CH-Y-TH può leggersi Be-R-Y-TH (A)è-CH $ATYRB: Il patto del Fuoco: cioè il Fuoco dell’Infinito accetta di essere contenuto nel Be-Y-TH TYB, la Casa della creazione). Ma è la coscienza che determina e informa l’essere cosmico. A tale coscienza corrisponde tale universo. Non esiste mondo oggettivo. Il mondo infinito non è stato scoperto; è stato inventato, fabbricato da una coscienza metafisica di cui la Qabalah ebraica conosce bene l’origine e peraltro identifica con precisione. Per me l’universo scientifico non ha nessuna realtà e nessun valore; non significa altro che il niente e l’assurdo; è il mondo deluso delle coscienze che hanno perduto il contatto con il divino e l’umano; è un mondo di natura angelica e demoniaca (Yetsirah e Assiya), che non conosce altro che la costruzione e la produzione, che non possono ottenersi e svilupparsi che tramite la sottomissione, ignorando la creazione, e la libertà che ne è la condizione.

                                                                                                      Emmanuel LEVYNE

 

Il Nulla Creatore

Attenzione: Quando si parla dell’Infinito, occorre fare distinzione fra l’infinito negativo e quello positivo. L’infinito negativo, è l’infinito fisico, quantitativo (lo spazio e il tempo); il positivo, è l’infinito spirituale qualitativo, che non ha nessuna rappresentazione materiale,è il Nulla, A-Yi-N NYA, in rapporto a questo mondo. É questo infinito spirituale che limita l’infinito fisico, che lo nega, rendendolo, dunque, più leggero e meno oppressivo, che gli dona l’apparenza e le qualità del finito. Nella misura in cui lo spirito si ritira, l’infinito del mondo si fa udire in tutta la sua massa e schiaccia l’uomo. É il niente, l’infinito spirituale, l’A-Yi-N NYA, che umanizza l’universo rendendolo relativamente finito, donandogli delle dimensioni umane. La scienza tecnica disumanizzante non sarebbe potuta emergere e svilupparsi se non tramite la costruzione di un universo oggettivo e infinito; cosa che esigeva di fugare lo spirito e di farlo allontanare da mezzo gli uomini.

 

Paradossalmente, negare il mondo (tendenza spiritualista) è crearlo; affermare il mondo (predisposizione materialista), è annichilirlo. Nella Qabalah, il niente, l’A-Yi-N NYA, è il nome della sephira H’ocmâ tramite la quale Dio ha creato l’universo dell’uomo, così come è scritto: “Con la Saggezza tu le hai tutte create” (Salmo CIV,24). E ancora: “É con la Saggezza che l’Eterno ha fondato la terra” (Proverbi III,19).

 

I numeri della parola “nulla” in ebraico, esprimono l’atto puro della creazione: A-Yi-N NYA = 1 - 1(0) - 7(00). Ugualmente le parole della negazione: L-Ao  AL= 3(0) - 1, A-L  LA= 1 - 3(0), che sono poi le lettere della parola Dio:  Aè-L LA, i cui numeri significano il movimento creatore.

 

Dire NON, è pronunciare il nome di DIO

NON è la PAROLA CREATRICE

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I ricercatori russi hanno percepito il segreto dei rapporti tra l’infinito e il finito, cosa che detiene la tradizione ebraica, la quale ne possiede anche la scienza perfetta. Ecco a titolo di esempio, alcune citazioni di uno di essi: Nicanor:

 

- L’essere visibile è una coesione insondabile dell’essere assoluto con il niente originato da un atto creatore di Dio.

 

- L’essenza elementare è identica in tutte le cose: è l’essere illimitato che si limita con il non essere assoluto.

 

- L’essenza individuale è una unità particolare, individuale dell’essere e del non essere, eidos.

 

- Ogni eidos limitato si mantiene tra due assoluti: tra l’essere e il non essere, e gli deriva dalla limitazione in lui dell’essenza elementare, dell’essere assoluto, tramite il non essere assoluto.

 

- L’essere concreto nella sua individualità è una limitazione misteriosa che l’essere assoluto si autoimpone.

 

La limitazione che l’Infinito impone a se stesso, nel suo atto creatore è un concetto essenziale della Qabalah; lo si chiama Tzimtzum.

 


[1] - Avoda Zara 17b.

 

 

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