LA PAROLA PERDUTA

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“Quando gli Dèi non esistevano ancora e non si conosceva il nome di nessuna cosa (1) Atum l'Anima delle anime (2) il Divino architetto (3) il Creatore delle stelle (4) volle manifestare l'Universo, starnazzò un grido come l'uccello grande starnazzatore. Egli cominciò a parlare nel grande silenzio (5) e pronunciò delle parole (6) poiché ogni parola divina si forma nel pensiero del cuore, si manifesta nell'emissione della lingua, essa crea le forze vitali benefiche, placa quelle malefiche (7).

Inoltre, essendo ogni parola del Creatore una sostanza (8) anche gli Dèi uscirono dalla bocca di Atum” (9).

Così dal vasto e complesso organismo sacerdotale costituito in Egitto circa 6000 anni or sono, volendo tener conto dell'ipotesi più “corta", da Thaóth, Tahùd, Thoth designato dai Greci con il nome di Ermete Trismegisto (tre volte il più grande) vennero stabiliti i tre momenti essenziali della creazione:

 

I) L'ideazione “in principio", vale a dire "per prima cosa", "innanzi tutto",”in potenza di essere".

II) La Voce, il Verbo che evoca la Vita rompendo l'alto silenzio della Morte.

III) II Nome che determinando una cosa precisa o un essere, legandosi a questi, deve rappresentarne l'essenza, vale a dire: apparire come una sorta di formula dell'essere o della cosa che definisce.

 

Questa credenza costituisce la base di ogni rituale magico e chi, analogamente al Demiurgo, vuole operare mediante le “Parole di Potenza", vale a dire con le parole attive, deve avere il possesso assoluto dei “nomi delle cose e degli esseri” cioè delle loro essenze. In tale modo il cabalista può richiamare alla vita oggetti inanimati; infatti, le rappresentazioni delle offerte nelle tombe dell'antico Egitto divenivano reali per il defunto quando il sacerdote le faceva “uscire con la voce” (per-khru) e inversamente per distruggere un essere qualsiasi era sufficiente cancellarne il nome (10). Ma per disporre delle forze creatrici della Natura e realizzare ciò che ha ideato, il cabalista deve pure avere la “Voce giusta” (ma-khru nella lingua ieratica egizia) cioè essere in piena armonia con le forze costruttive della Natura stessa.

Prestando fede alla Tradizione Iniziatica e alla simbologia della Qabalah Ermetica che essendo basata su principi universali (contrariamente quindi alla Qabalah ebraica limitata alla esegesi esoterica dei soli testi sacri d'Israele) si applica all'esegesi e all'ermeneutica dei testi e documenti delle scienze esoteriche antiche, esiste una Lingua Sacra della quale la tradizione ci ha conservato l'essenziale. Lingua denominata Wattan dagli Indù, “Lingua degli uccelli” o “Lingua ieratica” dai sacerdoti Egizi (11) “Lingua degli Dèi” dai Druidi; fu anche definita come "Gaia scienza", o il Gaio sapere” dagli ermetisti e alchimisti medievali. Lingua segreta e universale, indefinita e indefinibile malgrado l'importanza e la verità delle sue espressioni, foneticamente basata sull'assonanza, chi si esprime con essa non può mai cadere al di sotto delle sue concezioni e la sua conoscenza è quindi indispensabile per esprimere e manifestare - mediante le Parole di Potenza - tutto ciò che lo spirito immagina. "Dato che questo idioma è l'istinto e la voce della Natura - precisa inoltre a questo proposito Cyrano de Bergerac (12) - deve essere intelligibile a tutto ciò che vive nell'ambito della Natura stessa".

I pochissimi autori che ne hanno parlato più o meno velatamente, attribuiscono a questa Lingua un'antichità che risalirebbe alla prima razza umana. Infatti, nella cosmogonia ebraica, Adamo si sarebbe servito di questa Lingua per imporre, secondo l'ordine di Dio, i “Nomi” adatti per definire i rapporti che  scopriva tra lui, gli esseri e le cose, esprimendo in tal modo le loro caratteristiche essenziali (13).

Questa Lingua ebbe origine da un'unica “Parola”: “la Parola Sacra” che sintetizza e riassume tutte le “Parole di Potenza” conosciute dai Magi Kaldei e dai sacerdoti Egizi. Parola che pronunciata con “Voce Giusta” concede poteri illimitati a chi la “possiede” totalmente poiché essa è la chiave di tutte le scienze divine e umane. Conosciuta soltanto da chi, avendo conseguita la sua Personalità Perfetta, era giunto al sommo della gerarchia Iniziatica veniva trasmessa al suo successore o, solo in casi eccezionali, a chi doveva compiere una particolare missione.

Così, l'Arci mago, il 1° Profeta (Kher-Heb) di Atum prevedendo che sarebbe venuto il tempo in cui  “l'Egitto avrebbe cessato di essere l'immagine del Ciclo... e dell'antico sapere altro non sarebbe rimasto che un fiabesco racconto e mute parole incise sulla pietra...” (14) per non interrompere la catena Iniziatica trasmise la Parola Sacra a Mosè, quando nel tempio di On gli conferì la Suprema Iniziazione, ed essa divenne, per un certo tempo, retaggio del popolo ebraico. Infatti la tradizione esoterica d'Israele: la Qabalah ebraica conferma che, scomparso il Grande Legislatore, la Parola Sacra passò a Giosuè e da questi ai Sommi Sacerdoti successivi scelti tra coloro che, particolarmente dotati e ripetutamente provati, si erano rivelati degni di conoscere e trasmettere in silenzio e nel più inviolabile segreto i supremi insegnamenti magici, e i principi teogonici riguardanti l'essenza stessa della Divinità contenuti sinteticamente nella “Parola". Insegnamenti e principi che Mosè, ritenendoli troppo elevati, non volle far precedere alla cosmogonia che egli scrisse, limitandosi a confidarli oralmente ai pochi in grado di comprenderli e di sicura fede (15).

Il timore di profanare la Parola Sacra fu così radicato (16) che veniva pronunciata a voce bassa soltanto una volta all'anno dal Sommo Sacerdote nel Sancta Sanctorum del Tempio, mentre all'esterno risuonavano alte le grida della folla festante e il suono degli schofar (17).

Ma dopo quattro secoli di lotte, durante le quali il popolo ebraico rivolse la spada anche contro sé stesso e subì fin a sei volte la schiavitù, distrutto e depredato il Tempio, scomparsa l'Arca Santa, la Parola Sacra non fu più conosciuta. Ad essa ed alle lettere morfologiche che la compongono venne sostituito il Tetragrammaton, cioè il Nome proprio che Mosè diede a Dio (18): Jhòah; non più tracciato con i geroglifici ieratici mediante i quali il Profeta lo scrisse, ma con caratteri di origine Caldea che Esdra adottò quando trascrisse il Sépher durante la cattività di Babilonia, caratteri questi ultimi che divennero in seguito l'alfabeto ebraico.

Come il nome di Aura per gli Indù e Atum per gli Egizi vennero attribuiti a “Colui che ha creato tutti gli esseri e tutte le forme da ciò che è uscito dalla sua bocca” (19) fu soltanto la forma esteriore della Parola Sacra per gli Iniziati dell'India e dell'antico Egitto, così il Nome “dell'Essere che è fu e sarà” - tale essendo il significato della parola Jhòah (nome che pur comprendendo nella sua composizione geroglifica e nel valore numerico corrispondente alle quattro lettere che lo compongono, non solo tutti gli attributi che gli uomini hanno sempre riconosciuto a Dio, ma anche le supreme Leggi che reggono l'Universo) è anch'esso soltanto la forma esteriore della Parola andata perduta.

 

É veramente e per sempre andata perduta la “Parola” che rende la potenza e l'atto indivisibile nella volontà di chi la possiede? (20) Poiché - scrive Fabre d'Olivet - “questa verità deve uscire dall'ombra dei santuari: la volontà era creatrice nell'Uomo universale” (21). Ma non per questo Adamo era come Dio, gli mancava quella capacità di espansione non contraddicente al principio di Unità che nella tradizione d'Israele è stata implicitamente affermata con la fissazione dei Sephiroth. L'Essere degli esseri può, nel suo eterno presente, manifestare da Sé stesso e formare le cose molteplici nel mondo del divenire senza frazionare la propria unicità e quindi senza decadere; l'uomo può agire su queste manifestazioni già formate e comporne altre più complicate, ma non formarne a sua volta altre. Con questo non è detto che l'uomo non possa, in un certo senso, creare, ma non può aggiungere nuove fondamenta. Secondo la Qabalah ebraica ventidue sono le fondamenta, simbolicamente rappresentate dai caratteri dell'alfabeto Sacro, poiché tali li ha tracciati Dio, in questi limiti, ma non oltre, può fare tutto colui che sa.

I testi magici, ermetici, alchemici per chi sappia esattamente interpretarli concordano nell'affermare che il possesso della Parola Sacra è il coronamento della Grande Opera, lo scopo ultimo al quale tende chi vuole realizzare la propria Personalità Perfetta che, conferita in potenza da Dio all'Uomo universale plasmato dagli Dèi, non fu più tale dopo la “caduta” di Adamo.

É possibile elevarsi a così sublime altezza?

Ecco quanto i più famosi Rabbi, i Maestri della Qabalah ci hanno tramandato: Chi si dedica allo studio dell'alta Magia, cioè all'Arte Regale e Sacerdotale e cerca di approssimarsi alla sorgente di ogni Luce per compiere la propria evoluzione, deve armonizzare in sé medesimo le due vie della scienza e della religione. Come vengono definite con immagine orientale dai saggi di Israele, il cabalista sorpassando le cinquanta Porte della Ragione dovrà percorrere le trentadue Vie della Sapienza. Aprendo successivamente le cinquanta Porte della Ragione, chi intende realizzare la Grande Opera, compirà un'ascesa verso le regioni superiori; in altre parole: partendo dal dubbio nell'esaminare i fenomeni della Natura procederà verso la certezza e la fede. É il lavoro del Sapiente che diviene credente. Inversamente, la discesa lungo le 32 Vie è un lavoro che si esegue dall'alto verso il basso: procedendo dalla Fede si perviene alla Conoscenza. É il Sacerdote che diviene Sapiente. Questi due movimenti sono coordinati e formano il ciclo della Vita che presenta un continuo scambio tra il principio e la realizzazione o simbolicamente tra Aleph e la lettera Taw (22) attraverso le 22 manifestazioni espresse dai 22 segni che compongono l'Alfabeto Sacro (23) poiché nella struttura stessa dei geroglifici che lo compongono sono conservate tutte le leggi che reggono l'Universo: l'Unità, la sua divisione primordiale, l'affermazione e la negazione equilibrate che rappresentano il ternario, la gamma universale - Legge dei Sette - il quadro in cui si svolge ogni forma di vita nella creazione - Legge dei Dodici e infine la legge Decimale: i Sephiroth.

Tutto ciò è contenuto nelle 22 lettere, ma se consideriamo la numerazione come un elemento separato otteniamo il numero 32 (22 [le lettere ebraiche] + 10 [i Sephiroth]) che rappresenta le 32 Vie della Sapienza.

Questo metodo induttivo - come si è detto - si completa con l'altro deduttivo che procedendo dai fenomeni naturali perviene, analogicamente, alla comprensione di Dio. Sono le 50 Porte della Ragione.

Il primo sistema basato sulla Fede determina l'evoluzione religiosa; mentre il secondo, che si vale dell'osservazione dell'uomo dei fenomeni della natura, rappresenta l'evoluzione che si basa sulla scienza. Queste due vie si completano l’una con l'altra ed ecco perché anticamente la Sapienza era un retaggio sacerdotale.

Secondo la Qabalah ebraica i due sistemi si riferiscono alle due Sephiroth del triangolo superiore. Le 32 Vie emanano dalla Sephirâ H’cmâ (24) mentre le 50 Porte dipendono dalla Sephirâ Binâ (25).

 

Così inizia il Sepher Yetzirah, o Libro della Creazione:

 

É con 32 vie, belle, sagge che Jah, Jhóah Sabaoth, Dio d'Israele, Dio vivente e Re eterno, El-Schaddai, Misericordioso e Altissimo, soggiornante nell'Eternità, il cui Nome è ineffabile e Santo, tracciò (creò) il Suo universo, con tre numerazioni Sépher, Séphor e Siphur (26).

“E come le 32 vie della Sapienza iniziando da H’cmâ si inoltrano nel cerchio delle cose create, così da Binâ, vale a dire dalla Ragione, si aprono le 50 Porte che conducono alle dette Vie e il loro scopo consiste nell'indirizzare all'uso pratico delle 32 Vie della Sapienza e della Potenza. Sono chiamate Porte poiché nessuno può - secondo i Maestri della Qabalah - pervenire a una nozione perfetta delle suddette Vie se non ha in precedenza varcato la soglia di tali Porte” (27).

 

 

 

1 -  Inno  ad Amon-Rà.

2 - Pap.  Mut.-Hotep.

3 - Sarcofago di Panehem Ast.

4 - Pap. Hunefer.

5 - Pap. di Leyda. Il «Grande Starnazzatore» è anche un epiteto di Atum che si trova nei testi.

6 - Inni della XVIII Dinastia.

7 -  Erman.  Dcuk,  Memph.  Thèol.

8 - Inno ad Amon-Rà.

9 - Pap.  Nesiamsu. Prima che si manifestasse il potere creativo vi era l'Abisso, Nun, sopra il quale alitava lo Spirilo di Dio: Atum. Egli disse a sé stesso (iscrizione tracciata sopra un sarcofago Tebano): «Vieni verso di me» e «Uno divenne due». Dal Principio dell'Unità emanò quello della Dualità, l'affermazione e la negazione, l'attrazione e la repulsione, il maschile e il femminile, ecc. Così la prima manifestazione fu la divisione dell'unità in due poli opposti: il Binario. «Ed egli (questi due poli opposti dell'Unico Dio creatore) crearono Rà». Nel Genesi ebraico, Dio nel suo atto creatore è chiamato Élohïm (Lui-gli-Dèi). Lo Spirito primordiale che esisteva «prima del tempo»: Atum, corrisponde all'Ain Suph (senza limiti) ebraico, al Parabrahman degli Indù. La composizione del nome Atum non è meno straordinaria e profonda di quella del nome Jhóah. É l’Aleph unito al Taw, la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto Sacro. L'Alfa e l'Omega dell'Apocalisse. A e T sono uniti mediante la lettera Vav (u), che esprime il legame e la separazione delle cose, alla lettera Mem: la madre fisica di ogni forma creata (Ma: la madre in tutte le lingue). Un altro nome. AUM espresso simbolicamente nel segno riprodotto in apertura di questo studio, segna che ci è pervenuto dalla tradizione orientale, non è estraneo all'esoterismo cristiano. Nell'antico monastero di Loudun, che i Carmelitani provenendo dall'oriente costruirono versa la metà del XV secolo, sono riprodotti molti simboli curiosi e tra questi il monogramma di Aum con lo Svastica occupano i posti più importanti. Il segno Aum che servì a rappresentare il Cristo e successivamente venne considerato come una abbreviazione di «Ave Maria», mentre esso è un equivalente di quello che riunisce le due lettere estreme dell'alfabeto greco: alpha e omega, per significare che il Logos è principio e fine di ogni cosa. In realtà il simbolo è ancora più completo poiché significa principio, mezzo e fine. Questo segno si scompone in A U M, vale a dire nelle tre lettere latine che equivalgono esattamente al monosillabo OM (la vocale O in sanscrito è formata dall'unione di A e di U). AUM è quindi in realtà un Nome che gli Indù attribuirono a «Colui che sussiste per sé stesso» Swayambhu (dal quale deriva Swayumbhuva) e si avvicina a quello che gli Egizi diedero al Demiurgo: Atum.

Pur non essendo nel nome Aum foneticamente espressa la lettera Taw - che rappresenta il librare della «bilancia» che è il corpo dell'Antico dei Giorni ( Siphra de-Tzeniutha C. I s 1) il geroglifico che ad essa corrisponde - «il perfetto equilibrio», «il segno dei segni» che gli Egizi consacrarono a Thaóth (Thoth) quale emblema dell'anima universale, è simbolicamente rappresentato nella composizione grafica del Nome stesso dai due triangoli opposti e mantenuti in equilibrio - come piattelli di una bilancia - agli estremi della diagonale del quadrato posto al centro del crittogramma.

10 - L'incantesimo contro il serpente Apep (Apop, Apopi) inizia con le parole: «Che il suo nome più non esista» Pap. Nesiamsu 544. [È proprio in tale maniera che il rito di  Bruciatura fra le Colonne” agisce,  il nome iniziatico del soggetto viene cancellato. N.d.T.]

11 - «Io ti invoco, tu, il più possente degli Dèi, che tutto hai creato, tu, nato da te stesso, che tutto vedi senza essere scorto... Io ti invoco sotto il nome che tu possiedi nella Lingua degli Uccelli, in quella geroglifica, in quella degli Ebrei, in quella degli Egizi, in quella dei cinocefali... in quella degli Sparvieri, nella Lingua jeratica» Pap. di Leyda.

12 - Aut. cit. L'autre Monde - Histoire comique des Etats et Empires du Soleil - Paris Bauche 1910.

13 - Genesi II v.  19.

14 - Ermete Trismegisto - Profezie.

15 - Vedi a questo proposito la spiegazione data da Fabre d'Olivet nella sua opera: La langue Hébraique Restiluée Vol. II pag. 301 e seg. Paris 1816.

16 - Gli iniziati ebrei ammettevano il pericolo di un abuso magico dei segreti della «Parola Sacra» e accusavano gli empi giganti delle generazioni antidiluviane di essersi «esercitati nel Nome Santo, ma nel Nome soltanto» e «non nella Sua Santità» e di avere, con tale mezzo, operato prodigi. Siphra de-Tzeniutha Cap. V s 22, 23, 24.

17 - Trombe fatte con corna di ariete.

18 - Genesi II v. 4.

19 - Pap. Nebseni.

20 - La Tradizione Iniziatica afferma che la «Parola Sacra» passò dal Sommo Sacerdote Ebraico ai Maestri di Verità-Giustizia Esseni. La «Parola» fu conosciuta da Gesù, Apollonio di Tiana, Ammonio Sacca ecc. In tempi a noi più prossimi, dopo che l'Ordine del Tempio fu distrutto e i Rosa Croce che conservarono il loro segreto, al concludersi della guerra dei Trent'anni (con i trattati di Westfalia nel 1648) abbandonarono l'Europa per ritirarsi in Asia nel Centro Spirituale, immagine misteriosa del vero Centro del Mondo, nella «inaccessibile», «inviolabile» tale essendo il significato del nome della città sotterranea: Agarttha «A partire da quest'ultima epoca - scrive Réne Guénon - il deposito della conoscenza Iniziatica non è più custodito realmente da alcuna organizzazione occidentale; così Swedenborg dichiara che ormai è tra i Savi del Thibet e della Tarlarla che bisogna cercare la «Parola Perduta» e, dal suo lato, Anna Caterina Emmerich ha la visione di un luogo misterioso che essa chiama la «Montagna dei Profeti» situata nelle medesime regioni. Aggiungiamo che è dalle informazioni frammentarie che la signora Blavatsky potè raccogliere su questo argomento, senza d'altronde comprenderne veramente il significato, che nacque in essa l'idea della «Grande Loggia Bianca» che potremo chiamare, non più l'immagine, ma semplicemente una caricatura od una parodia immaginaria dell’Agarttha. (Il Re del Mondo pag. 63).

21 -  Opera e autore citati - Voi. II, pag. 92.

22 - «lo sono l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine, dice il Signore Iddio» Apocalisse I v. 8.

23 - Vedi «Architettura delle lettere ebraiche».

24 - H’ocmâ è l'inizio dell'idealità protesa in atto. La chiamano La Sapienza Orientale, per indicare l'anteriorità della nozione che la riguarda; molto prossima a Kether (la prima Sephirâ: la Corona - Principio di tutti i principi - la Sapienza Misteriosa) uno dei soprannomi è quello di Anteriore, poiché nella Qabalah vi è analogia tra oriente e anteriore.

25 - Binâ - l'intelligenza o più esattamente ciò che significa la parola latina prudentia; vale a dire il pensiero consolidato, maturo, pronto alla realizzazione di cui sono ad essa note le difficoltà, qualcosa di simile all’Athene dei Greci.

26 - Vale a dire: il numero, il numerante e il numerato. Abendana traduce questi tre termini con Scrittura, Numeri e  Verbo. (Cuzari - Libro de grande sciencia y mucha doctrina traducido por Abendana - Amsterdam 1523).

27 - Atanasio Kircher - Oedipus Aegyptiacus (Cabala Hebreorum v. 11) Roma 1623.

 

Indice

La Parola Perduta Le Cinquanta Porte della Ragione

Le Trentadue vie della Sapienza