Introduzione

Il sesto capitolo della Lettera sulla santità, splende di rara bellezza quando parla della natura e della qualità dell’atto sessuale medesimo. Ma credo che ogni commento sia inadeguato ed inferiore alle parole stesse del testo che citerò ampiamente:

 

“Perciò, ogni qual volta ti unisci carnalmente alla tua donna, non comportanti con leggerezza, non dire cose futili e illusorie, non essere troppo spensierato con lei e non parlare più di tanto di cose da nulla. … dovrai dapprima invitarla con parole toccanti e distensive, dovrai metterla di buon umore al fine di legare la tua mente alla sua e la tua intenzione alla sua, dirle parole per un verso invitanti al desiderio, all’unione carnale, all’amore, alla voluttà e alla passione, e per un altro che l’attirino verso il timore del cielo, verso la pietà e la condotta pudica. (…) Perciò è opportuno che l’uomo inviti la sua donna con le parole giuste, alcune mosse da passione, altre dal timore di Dio, e che conversi con lei intorno alla mezzanotte, o all’approssimarsi del suo ultimo terzo…. Nel possederla, non farlo contro la volontà di lei, e non usarle violenza, giacché se l’unione carnale avviene senza tanta passione, senza amore né desiderio, la Šhekinah non vi assiste… Conviene invece attrarre il suo cuore con parole di seduzione e di grazia, oltre che con altre degne e compiacenti, affinché l’intenzione di entrambi sia una cosa sola verso il Signore dei cieli… Parimenti non è opportuno possedere una donna mentre questa dorme, perché così non sussisterebbe mutuo accordo, e il pensiero di lei non sarebbe concorde con quello di lui. È bene svegliarla con parole benevole e appassionate, come abbiamo detto”.

Non sfuggirà l’elevatezza e la bellezza di queste affermazioni scritte verso la fine del Trecento. Certamente, la concezione positiva della sessualità come atto teurgico profondamente integrato nella struttura del divino, e nella struttura cosmica del mondo fatto dell’unione di cielo e terra, simboleggiata e realizzata dall’unione dell’uomo e della donna, ha radici antiche nell’ebraismo ed ha visto uno sviluppo particolare nella mistica. “Questa correlazione tra i diversi piani del reale – osserva Idel – ha permesso ai cabalisti di apprendere l’unione sessuale da una parte come una imitatio Dei e d’altra parte come un atto teurgico destinato a produrre uno stato di armonia tra le entità superiori. (…) Le concezioni talora filoniane, talmudiche, midrashiche e cabalistiche della sessualità sono senza ambiguità positive. L’esistenza dei sue dessi è accettata come un fatto che rende l’umanità capace di riprodursi, senza che vi sia la minima insinuazione peggiorativa riguardo alla natura dell’atto sessuale. Il ritorno allo stato androgino originario dell’uomo, comunemente descritto dagli gnostici, o lo sforzo di trascendere la condizione femminile attraverso la trasformazione mistica della femmina in un maschio, ricorrono nell’antico pensiero cristiano e nello gnosticismo, ma sono estranei alla Weltanschauung del Talmud e della cabala teosofica”. I cabalisti hanno integrato la relazione sessuale umana nell’intimo dei processi superiori interni al mondo divino, i quali in qualche modo sono condizionati dall’atto sessuale santo compiuto nel mondo inferiore; avviene esattamente il contrario di quanto si ritiene nella concezione gnostica in cui è il mondo inferiore a doversi adeguare a quello superiore, eliminando le differenze sessuali. Idel ritiene che queste idee cabalistiche abbiano le loro radici più antiche in una percezione sessualmente connotata del Santo dei santi, così come nella identificazione dei Cherubini con le potenze maschili e femminili, concezioni presenti già nel giudaismo antico. L’autore della nostra Lettera mantiene un atteggiamento ambivalente verso la filosofia, come del resto molti cabalisti delle prime generazioni: in un’epoca come i secoli XII e XIII, in cui era quasi impensabile una riflessione che prescindesse dalla filosofia aristotelica, massicciamente introdotta nel giudaismo da Maimonide, i cabalisti percepiscono una tensione insanabile tra filosofia e rivelazione e assumono un atteggiamento critico verso la prima. E ciò avviene soprattutto in un punto specifico: il disprezzo dei sensi e della sessualità: “Se l’autore della nostra Lettera accorda a tale questione una simile importanza, è senza dubbio perché egli ravvisa in essa un punto di divergenza radicale fra la tradizione ebraica e la filosofia del suo tempo”. Maimonide afferma che l’uomo deve compiere l’atto sessuale con vergogna (De‘ot 3,3) e contesta il passo talmudici di Nedarim 20 (= Kallah rabbati) per cui “Tutto quello che l’uomo vuole fare con la sua donna, può farlo” affermando che, nonostante tale permesso, i pii rigetteranno tutte queste cose abominevoli ed animali.

 

Concludendo, credo che il grande dilemma di ogni cultura e religione sia quello di come integrare, all’interno di un sistema di pensiero, al tempo stesso la spiritualità dell’uomo e la sua istintualità animale, in particolare l’eros e la sessualità che si manifestano nell’atto sessuale. Anche se si cerca di fare dell’uomo un angelo, egli è e resterà comunque un animale spirituale: a differenza dell’antropologia greca e gnostica, che dissocia l’uomo in un radicale dualismo fra anima e corpo, in lotta e opposti fra loro, nella visione antropologica della Bibbia ebraica l’uomo è un corpo ed è uno spirito inscindibilmente uniti fra loro in profonda unità. In quanto realtà dotata di una potenza, la sessualità è stata di volta in volta divinizzata e demonizzata, esaltata e disprezzata, destino toccato spesso anche alla donna, in quanto incarnazione di questa realtà, invero grazie ad una proiezione maschilista su di lei dei conflitti sessuali dell’uomo. Il pensiero ebraico del periodo biblico riesce indubbiamente a mantenere un equilibrio nel considerare la sessualità come una dimensione essenziale, positiva e normale dell’essere uomo, considerata, in maniera disinibita e naturale, come intrinsecamente buona in quanto derivante direttamente dal Creatore che ha fatto l’uomo maschio e femmina. Queste due sono le caratterizzazioni fondamentali e ineliminabili dell’essere uomo, un uomo che nella sua unione di maschio e femmina realizza in maniera piena l’immagine di Dio che reca in sé. Nel giudaismo del I secolo si insinua una linea di pensiero con qualche aspetto di misoginia, mentre entra nel pensiero rabbinico il mito greco dell’androgino originario, ossia di un essere al tempo stesso maschio e femmina, in cui le due parti sono unite per la schiena; ma forse questo ai rabbi serve prevalentemente a spiegare l’attrazione fra i sessi dopo la separazione della parte maschile da quella femminile, e il fatto che dopo tale separazione, finalmente maschio e femmina possono guardarsi in faccia in maniera frontale, alla pari, come appare chiaro quando Dio, creando la donna, dice che vuole fare all’uomo un aiuto ke-negdo, ossia come di fronte a lui, non simile a lui come spesso si traduce sulla scorta di Gerolamo.

 

Il concetto di porneia subisce un’evoluzione radicale nel giudaismo degli ultimi secoli prima di Cristo, passando dall’ambito del puro-impuro come fenomeno fisico senza alcuna connotazione morale, a fatto sempre più connotato in senso etico, parallelamente ad un irrigidimento della morale sessuale divenuto ormai comune al tempo di Gesù. Il peccato di porneia diviene il più grande male dell’uomo e la sessualità stessa l’essenza del peccato. In alcune tendenze apocalittiche del giudaismo, l’essere sessuato dell’uomo sembra gravare su di lui come una pesante ipoteca26. Il giudaismo rabbinico si mostra più liberale rispetto a queste tendenze apocalittico-messianiche, non giungendo né ad un disprezzo della corporeità, né ad un rigetto della sessualità. Con alcune oscillazioni, questa posizione, sarà mantenuta nel giudaismo fino a Medioevo inoltrato, quando l’impatto della filosofia Aristotelica diffonderà una visione negativa del corpo. Sarà l’esoterismo mistico a contrastare l’ideale dei filosofi di un uomo de-corporeizzato e de-sessualizzato, affermando con forza la bontà di queste dimensioni inalienabili e indelebili del suo essere uomo, anzi esaltandone la capacità di metterlo in contatto col divino e di esprimere non la sua parte più bassa e animale, ma la scintilla divina che porta in sé grazie all’immagine di Dio impressa su di lui dal Creatore. Abbiamo visto che, come ci sono dei rischi nell’emarginazione della sessualità e nella sua negazione sessuofobica, non mancano rischi anche nella sua integrazione a pieno titolo nel sistema spirituale della mistica. Lo testimoniano le deviazioni di certe tendenze settarie della Qabalah alle quali abbiamo accennato.

 

È probabilmente più facile reprimere e sublimare questa dimensione umana, adottando una strategia impaurita di contenimento o di ascetica rinuncia, piuttosto che integrarla in una visione positiva che dia alla sessualità il suo giusto posto anche nella relazione con Dio, adottando, al contrario, una strategia di corretto uso e pratica di essa. Se nelle varie correnti e tendenze dell’ebraismo non sempre l’equilibrio della seconda soluzione è risultato facile da raggiungere, ciò nulla toglie e, anzi, esalta, la bellezza di una visione positiva, come si esprime nella simbolica cabalistica dell’unione sessuale quale emerge da questo documento, unico nel suo genere, che è la Lettera sulla santità. (Mauro Perani)

 

 

Il Testo

La quinta via riguarda l'unione carnale. In questi capitoli ti ho già fatto notare molte cose di cui dovrai tenere conto in merito a quanto si dirà qui: ponile come un sigillo sopra il tuo cuore (Cantico VIII,6).

Comincio subito dicendo che si sa che ogni uomo devoto e modesto, quando parla, non lo fa se non con dolcezza, gentilezza e tranquillità, senza usare parole superbe. Quando cammina, poi, procede curvo, a testa bassa, con gli occhi rivolti a terra. Lo stesso vale per ogni altro suo comportamento. Quanto all'empio, è tutto l'opposto.

Ora, se hai occhi per vedere, tocca a te osservare che, poiché anche nell'attività che non riguarda parti del corpo comunemente considerate oscene si può intravedere un che di osceno, conviene usare un comportamento modesto in ciò che riguarda le parti del corpo che tutti ritengono oscene, e a maggior ragione conviene comportarsi con serietà nell'attività che le coinvolge. Perciò, ogni qual volta ti unisci carnalmente alla tua donna, non comportarti con leggerezza, non dire cose futili e illusorie, non essere troppo spensierato con lei e non parlare più di tanto di cose da nulla.

Già sai quel che hanno detto i nostri maestri di benedetta memoria nel trattato Pesahim a proposito del versetto: Rivela all'uomo il suo discorrere (Amos IV,13) e cioè che si dovrà rendere conto persino della futile conversazione fra l'uomo e la donna durante l'amore. Perciò dovrai dapprima invitarla con parole toccanti e distensive, dovrai metterla di buon umore al fine di legare la tua mente alla sua e la tua intenzione alla sua, dirle parole per un verso invitanti al desiderio, all'unione carnale, all'amore, alla voluttà e alla passione, e per un altro che l'attirino verso il timor del cielo, verso la pietà e la condotta pudica. Parlale della condotta delle donne pie e pudiche, di come ne siano usciti figli rispettabili, retti e puri, degni della corona suprema, capaci di intendere la Torah e colmi di timor di Dio, grandi, santi, operosi, come Qimbit, la quale si meritò sette figli, che tutti furono sommi sacerdoti. Alcuni sapienti vennero a chiederle come si fosse meritata tutto ciò. Lei disse loro: Le pareti di casa mia non hanno mai visto i miei capelli. Questa espressione enfatica indica la pudicizia, la pietà e la dirittura che c'erano in lei.

Perciò è opportuno che l'uomo inviti la sua donna con le parole giuste, alcune mosse da passione, altre dal timor di Dio, e che conversi con lei intorno alla mezzanotte, o all'approssimarsi del suo ultimo terzo, come viene detto in Berakot: Nella terza porzione della notte, la donna conversa con il proprio marito e il poppante succhia al seno di sua madre. Nel possederla, non farlo contro la volontà di lei, e non usarle violenza, giacché se l'unione carnale avviene senza tanta passione, senza amore né desiderio, la Šekinah non vi assiste, questo perché la tua intenzione sarebbe opposta a quella di lei e la tua mente non concorderebbe con la sua. Non bisogna quindi litigare, né picchiare la donna per quanto riguarda l'amplesso, come si trova detto in Yoma: Come il leone ruggisce e divora senza vergogna, così l'uomo incolto picchia e possiede senza vergogna. Conviene invece attrarre il suo cuore con parole di seduzione e di grazia, oltre che con altre degne e compiacenti, affinché l'intenzione di entrambi sia una cosa sola verso il Signore dei cieli. Parimenti non è opportuno possedere una donna mentre questa dorme, perché così non sussisterebbe mutuo accordo, e il pensiero di lei non sarebbe concorde con quello di lui. È bene svegliarla con parole benevole e appassionate, come abbiamo già detto.

In sostanza, quando ti accorgerai di essere ben disposto ad accoppiarti, opera in modo che la mente della tua donna sia concorde con la tua, e non aver fretta di soddisfare la tua voglia e di eccitare l'energia, affinché la mente della tua donna si disponga. Introduciti per la via dell'amore e del desiderio, di modo che ella fecondi per prima, affinché il suo seme sia come la materia, e il tuo come la forma, come è detto: Se una donna ha fecondato, partorirà un maschio (Levitico XII,2).

Sai già anche quello che è detto a proposito di quell'uomo devoto che, durante l'unione carnale, scopriva un palmo e ne ricopriva due e la cui moglie diceva che sembrava spinto da un dèmone, il che significa che la sua intenzione non era solo per il godimento carnale, ma piuttosto gli pareva di doversi occupare di qualcosa che non faceva parte delle sue mansioni, che aveva il dovere di terminare per via del diritto coniugale prescritto nella Torah. Rifletti su questa grandiosa immagine e osserva come quest'uomo devoto nutrisse un'intenzione suprema e tutta l'opera sua fosse in nome del cielo e verso un precetto da compiere con integrità.

Perciò, da tutto ciò che ti è stato insegnato nei capitoli precedenti e in quest'ultimo, dovrai ricavare per analogia alcune cose che non sono state qui menzionate, e studiarle sulla base di ciò che invece è stato qui detto, poi valuterai il tutto nel suo insieme e per tuo conto arriverai alla condotta che l'uomo deve mantenere durante l'amplesso: una condotta ancora più modesta di quella che di norma adoperi nel mangiare e nel bere e in ogni cosa del mondo. E questo perché a seconda della disposizione di pensiero che adotterai nell'ora dell'unione carnale, la forma agirà sulla goccia di seme. Questo è il segreto del versetto: Generazioni di Isacco, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco (Genesi XXV,19). Infatti, dopo che il Signore benedetto gli ebbe dato la buona novella: Sara, tua moglie ti genererà un figlio [...] e io stabilirò il mio patto con lui (Genesi XVII,19), Abramo si dispose per il momento dell'unione carnale e fece aderire il suo pensiero ai mondi superni. E fu così che generò un figlio degno di ciò che il Signore benedetto gli aveva promesso, questo significa Abramo generò Isacco e Generazioni di Isacco figlio di Abramo. I nostri maestri di benedetta memoria lo hanno definito: «Giusto figlio di giusto», e la sua giustizia arrivò al punto che il Signore benedetto gli fu testimone che non aveva difetto alcuno, ne dentro né fuori, per questo era un olocausto perfetto. Questo è il segreto del versetto: Offrilo in olocausto (Genesi XXII,22). Sai bene che nulla che abbia difetto viene portato sull'altare. Ordunque vedi di comprendere questa immagine meravigliosa, perché l’olocausto è il Santo dei Santi, ed esso viene offerto a causa dei pensieri del cuore e d'ogni peccato di cui si abbia coscienza. Per questo bisogna spellarlo, tagliarlo e consumarlo nel fuoco. Ecco che Isacco è chiamato «olocausto perfetto». Tutto ciò fu determinato dal pensiero puro e santo che Abramo nostro padre, la pace sia su di lui, concepì durante l'unione carnale rivolgendo la propria intenzione verso i mondi superiori, e legandola a essi.

E così usano fare tutti gli altri uomini devoti, uomini di senno(Giobbe XXXIV,10 e XXXIV,34) quando la loro intenzione è verso il precetto, e quando fanno aderire la loro mente e il loro pensiero alle realtà superne, durante l'unione carnale: è così che genereranno figli probi, degni della santità, della purezza e della prudenza. Per questo alla fine del libro di Rut si dice: Generazioni di Peres: Peres generò Ezron (Rut IV,18) e così fino a Davide, poiché tutti erano giusti, «giusto figlio di giusto», perché tutti avevano un pensiero puro e santo. Il Signore scelse Davide suo servo proprio perché era parte di una concatenazione di dieci giusti perfetti, uno di seguito all'altro, e uno più in alto dell'altro, a immagine dei dieci ordini del mondo, nel segreto della misura della statura, nel segreto della yud che contiene tutto: essa allude alla decima Sephirâ, chiamata regno, che si meritò Davide, la pace sia su di lui, il quale la lasciò in eredità a suo figlio Salomone, il quale, a sua volta, si meritò ciò che è scritto: Allora Salomone sedette sul trono del Signore (1 Cronache XXIX,23), nei mondi superiori e in quelli inferiori. Perciò il nome di Davide compare più volte con scrittura piena cioè con la yud, poiché in lui erano inclusi dieci gradi: infatti da Peres a Davide sono compresi dieci gradi, di «giusto figlio di giusto».

Dunque rifletti sul segreto di cui si è trattato in questi capitoli e quando ti comporterai come ti è stato insegnato, ti garantisco che genererai un figlio giusto e devoto, che santificherà il Signore.

Dio, nella sua misericordia, aprirà i nostri occhi con la luce della sua Torah, ci renderà degni di raggiungerlo attraverso i segreti della sua Torah, e di generare figli pronti a temerlo e a servirlo.

Amen. Amen.

 

 

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