Consideriamo ancora il passo di Ezechiele, quale è l’elemento che immediatamente dopo ci si presenta… una grande nube… la seconda barriera che il cabalista deve superare è una nube.

In ebraico la parola nube si scrive da ED.

Ora commentando il passo scritturale una grande nube (Ed) ricoprirà la terra lo Zohar al foglio 22b dei Preliminari così ci informa… "con queste parole la Scrittura vuole intendere che Ed (nuvolada) sarà tolta dal nome Adonaï (ynda) e vi si unirà una vav e la nun (lettera che… non dimentichiamolo indica sempre l’uomo) ottenendo la parola Adon (nwda) che significa maestro di tutta la terra

Ma cosa si intende con Terra? Se accettiamo l’ipotesi di questo lavoro, e che stiamo trattando di una tecnica realizzativa, con quel termine non possiamo disconoscere l’uomo signore delle proprie attività del pensiero, che ha già trasformato la prima fase della tecnica in attitudine, in modalità di essere naturale.

Vi siete mai chiesti cosa può fare una nuvola?… è semplice! ostacola il guardare (Vaerè), ed essa è usata in questo contesto proprio con questa accezione… opacizza il nostro spirito rappresentando l’ottundimento, la chiusura all’osservazione.

In questa seconda fase non esiste una possibilità di transito, di passaggio, di attraversamento, c’è il fondato rischio di smarrirsi… Ezechiele riferisce, del resto, di una grande nuvola… grande quanto l’intera nostra spazialità psichica, grande quanto lo Shiour Qomah (la misura del corpo), e tanto vasta da non poter non poter essere superata… la nube va disintegrata.

Se nella prima fase era necessaria la pura osservazione senza nulla fare, in questa seconda… allo stato di centralità conseguito va aggiunta l’azione catartica.

Quando è stabilizzato quel famoso nucleo focale di coscienza risolutivo, allora possiamo, essere pronti per questa seconda fase del processo.

Per attuarla al meglio occorre, come sempre, comprendere ciò che dobbiamo fare e su cosa dobbiamo operare.

Nel tentativo di stabilizzare quel Centro Punto Forza (prima fase) il ricercatore, nella sua sperimentazione, scopre che ci sono molti contenuti conflittuali nel campo della propria spazialità psichica e che il Centro, essendo instabile e debole, viene continuamente trascinato dall'ingorgo pensativo immaginativo.

Per attuare uno stato di quiete o silenzio sonoro mentale occorrono quindi tre cose.

  1. Comprendere la natura degli oggetti-eventi psichici, causa di conflitto e di sfaldamento del centro (prima fase).

  2. Trovare il mezzo adeguato per risolvere questo dinamismo subconscio e proiettivo imprigionante (fase intermedia).

  3. Disintegrare le varie cristallizzazioni subconsce, disintegrare in altri termini la Nube (terza fase).

È concetto accettato che un immagine mentale non è altro che uno stato vibratorio che assume una certa forma. Del resto è innegabile che tutto è vibrazione nella vita, e la nostra sostanza mentale stessa non è altro che movimento, ritmo che può assumere indefiniti accordi formali. Così ogni contenuto psichico, essendo una modalità vibratoria, può essere risolto con altre modalità vibratorie. In altri termini, una vibrazione può essere modificata, trasformata o annullata con un altra vibrazione.

La teoria del Mantra (suono-vibrazione) poggia su questo fatto scientifico.

Se vogliamo dunque rettificare e persino annullare le cristallizzazioni vibratorie, che si trovano nel nostro campo psichico, dobbiamo contrapporre, come mezzo strumento, una combinazione particolare di vibrazione, una rapida ed intensa vibrazione suono, ritmato sul giusto tono.

Qui entriamo in quegli aspetti operativi che investono il personale e di cui accennavo nell’introduzione.

La mia sperimentazione si esplica sull’utilizzo come Mantra della parola shin, che è poi una delle tre lettere madri.

Non starò a tediarvi esponendo quali sono state le motivazioni all’origine della scelta, pellegrine non sono comunque la semplicità di pronuncia, l’armonia sonora, l’eco di propagazione, le analogie con il fuoco e una particolare vibrazione che epidermicamente percepisco durante la tecnica, che mi da la sensazione di un infrangersi su qualcosa di metallico con effetti dirompenti.

Devo riferire che la cosa funziona, ma questo non significa che la scelta sia condizione sine qua non, suppongo, anzi invito alla verifica, che la scelta di una qualsiasi altra parola ebraica che presenti gli stessi requisiti, armonia sonora, eco di propagazione, facilità di pronuncia, ottenga gli stessi risultati.

Del resto è da sottolineare che se la vibrazione suono in sé, è l’elemento portante di questa seconda fase, la condizione interiore dell’operatore, quale campo in cui si combatte questa battaglia, sia di primaria importanza, perché sarà soltanto questa condizione che permetterà il propagarsi al suono con onde vibrazioni concentriche fino alla estrema periferia.

In questo movimento ritmico e lungo la sua traiettoria ogni contenuto forma cristallizzato si vedrà sgretolare, disintegrare, proprio come avviene a livello oggettivo fisico, quando un ultrasuono disintegra una forma grossolana materiale.

Anche la modalità di pronuncia investe il personale. Il soggettivo è una modalità a livello mentale (suono pensato) molto prolungato, ma credo possa essere ripetuto ad alta voce (suono parlato) o anche realizzato come coscienza, ottenendone gli stessi effetti.

La posizione coscienziale di preparazione, per eseguire tale tecnica ci è fornita da uno scritto di Tommaso Campanella, Estasi Filosofica, che è un testo sulla meditazione; non che il testo dia istruzioni sul come eseguire questa seconda fase della Bittul ha Yesch, ma da istruzione sulla posizione dell’operatore per tutte le forme meditative, dice: L’animo sia spogliato d’ogni minima passione o pensiero, non sia occupato né di mestizia o dolore, o allegrezza o timore, o speranza; non pensieri amorosi, o cure famigliari, o di cose proprie o d’altri; non di memoria di cose passate o di oggetti presenti, et che si resti del tutto insensato interiormente et esteriormente, et diventi immobile come se fussi una pianta o una pietra naturale: et così l’anima, non essendo occupata in alcuna azione, né vegetale, né animale si ritira in se stessa .

 

Il testo completo si trova nella sezione "Contributi Esterni"

Estasi Filosofica

 

Quindi: è necessario un ritiro al centro, attuando un momento di silenzio mentale, e poi iniziare a risuonare il Mantra. Il suono deve propagarsi, con onde vibrazioni concentriche, fino alla periferia o orizzonte psichico.

Quando, durante la tecnica, si vedono cessare le onde suono, con la loro frequenza, allora si ripete nuovamente il Mantra; e cosi di seguito.

L'attenzione deve essere rivolta esclusivamente all'evento risolutore, diversamente il Mantra perde di potenza e di ritmo.

La tecnica richiede la totale concentrazione sull'evento, per cui la coscienza stessa rimane sempre impegnata nel processo. Non bisogna imprimere volontà al Mantra, ciò che conta è solo di essere compenetrati dell'evento e osservare con quella certezza, che ci viene dalla conoscenza della legge sul ritmo, che il mondo cristallizzato si risolve, rendendo finalmente la mente libera di ogni contenuto imprigionante.

Sapete come fini il terzo saggio che penetrò nel Pardés? Il terzo, ci informa lo Zohar, è giunto fino al fiume chiamato Hideqel, che vuol dire Had qal (suono facile), è forse sconveniente tale maestria per valicare la seconda barriera?

E il quarto infine, raggiunse il fiume chiamato Perath, vi entrò in pace e vi uscì in pace.

Ben inteso, non si supponga che il racconto dello Zohar si discosti da quello ortodosso del Talmud, alla sezione Haggadah 14B si legge: Il loro fatto dimostra che ci troviamo di fronte ad esperienze spirituali raggiunte mediante la contemplazione e l’estasi. Shimon Ben Azzai guardò e morì, Ben Zoma guardò e fu colpito mentalmente, Elischà Ben Avuyah dimenticò, Rabbi Akiba entrò in pace e discese in pace.

Come si intuisce è la stessa cosa.

 

 

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