LE NOTE

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1 -  In una lettera di Hamann a Jacobi della fine del 1785, poco prima della sua morte; cfr. Hamans Schriften, ed. Gildermeister, vol. V, p. 122, e Rudolf Unger, Hamans Sprachtheorie im Zusammenhange seines Denkens, 1905, p. 226, dove l'autore misconosce completamente l'importanza di questo epigramma nell'ideologia di Hamann.

2 - Molitor, Philosophie der Geschichte oder liber die Tradition, 1834, pp. 73 e 248. L'autore pretende di scoprire nella Qabalah un'altra concezione della Creazione che non sarebbe più la rappresentazione di Dio attraverso se stesso, ma l'ombra da Lui proiettata. Ma interpreta falsamente la fonte di questa tesi (Emek ha-Melech, f. 12b par. 61), dove non si tratta di nulla di simile. Io ho incontrato una volta sola nella letteratura cabalistica, e nel contesto della mistica del linguaggio, una concezione della natura come ombra proiettata dal nome di Dio; nel Kaph ha-Ketoreth commento manoscritto dei Salmi, redatto verso il 1500 a Parigi.

3 - Benno Jakob, lm Namen Cottes. Eine sprachliche und religionsgeschichtliche Untersuchung zum Alten und Neuen Testament, 1903, p. 64.

4 - Gerhard von Rad, Theologie des Alten Testaments, 1957, vol. I, p. 185.

5 - P. e. da S. Mowinckel, Psalmenstudien, 1921, vol. I, p. 50 ss.

6 - G. von Rad, op. cit., p. 183.

7 - Jakob, op. cit., p. 110, sul modo in cui queste idee penetrano nell'ebraismo farisaico.

8 - Ludwig Blau, Das altjudische Zauberwesen, 1898, pp. 119-120, dove si trova anche l'indicazione delle fonti di queste citazioni. Alcune di esse sono state recentemente analizzate, in spirito filosofico, da Emmanuel Levinas, Le Nom de Dieu d'après quelques textes talmudiques, nel convegno L'analyse du langage théologique. Le Nom de Dieu, ed. E. Castelli, Paris 1969, pp. 155‑167.

 9 - Hermann Cohen, Jüdische Schriften, 1924, vol. I. p. 63. Questo passo è ricavato da una delle opere tarde di Cohen.

 10 - La bibliografia su Shem-meforash è ampia. Mi limiterò ad indicare le concezioni completamente opposte di Ludwig Blau nell'opera sopra citata (pp. 123-126) e di Max Grünbaum, Gesammelte Aufsatze zur Sprach und Sagenkunde, 1901, pp. 228-434. I cabalisti ritenevano fondati questi due modi di interpretare meforash (cfr. per es. Moise Cordovero, Pardes Rimonim, cap. 19, par. 1).

 11 - L'antichità di questa tradizione linguistica è una conseguenza del fatto che gli scritti gnostici di lingua copra già l'interpretarono in modo errato. Cfr. le mie argomentazioni nella “Zeitschrift fur die neutestamentliche Wissenschaft” 30 1931, pp. 170-176. Altrettanto spesso si fa riferimento a questa tradizione linguistica negli scritti della mistica della Merkaba, tra il III e il VII secolo.

 12 - L. Blau, op. cit., pp. 137-146. Si trova perfino nei libri dei Magi, e poi, più tardi, nella tradizione cabalistica, un Nome divino di 100 lettere. Cfr. il Commento della Torah di Bachia ben Asher, 3:4, dove si fa risalire tale nome alla tradizione degli Scolastici babilonesi dell'epoca gaonide.

13 - Per es. in Hai Gaon e Rashi (cfr. Blau, op. cit., pp. 125 e 132).

14 - In Makkot, 11a.

15 - Riesser, Altjudisches Schrifttum ausserhalb der Bibel, 1928, p. 346.

16 - Per es. nella versione Wertheimer, cap. 23 par. 2, come nella versione Jellinek, cap. 9.

17 - Pirkei Rabbi Elieger, cap. 3.

18 - Berachot 55a.

19 - Midrash tadsche, cap. 2: “Il Tabernacolo fu costruito a immagine della Creazione dell'universo”. Questo midrash si ritrova in Bamidbar Rabba, cap. 13.

20 - Cfr. le mie argomentazioni sul libro Yetzirah in Ursprung und Anfange der Kabbala, Bern 1962, pp. 20-28.

21 - Il libro Yetzirah è stato tradotto spesso in lingue europee. Per le grandi difficoltà che parecchi passi presentano, le traduzioni presentano spesso divergenze notevoli. Il cap. I tratta delle sefiroth, i capp. 2-5 delle lettere.

22 - Questi due passi si trovano nei capitoli che trattano delle sefiroth, par. 10-13.

23 - Cfr. Ursprung und Anfange der Kabbala cit., p. 27.

24 - Per es. nel Commento d'Asriel di Gerona, indicato nelle edizioni del libro Yetzirah sotto il nome di Nachmanide.

25 - Cfr. i documenti proposti da Franz Dornseiff in Das Alpnebet in Mystik und Magie, 1925, pp. 69-80, e una mia osservazione nel libro sopra citato, p. 25, nella quale interpreto un amuleto greco-ebraico antico in cui l'alfabeto è utilizzato con una intenzione evidente di magia.

26 - Per es. in Erich Bischoff, Elemente der Kabbala, 1913, I parte, p. 67.

27 - Nel mio libro Zur Kabbala und ihrer Symbolik, 1960, pp. 209-259.

28 - Cfr. Max Grunwald, Bibliomantie, nelle “Mitteilungen fur judische Volkskunde” 10 1902, pp. 80-89.

29 - Sepher ha-Razim. A Newly Recovered Book of Magic from the Talmudic Period, ed. Mordecai Margaliot, 1966.

30 - Una traduzione di questo pezzo si trova in August Wuensche, Aus Israels Lehrhallen. Kleine Midrashim, 1907, vol. I, pp. 127-133, e soprattutto a p. 132.

31 - Affermazione del III secolo, punto di partenza di molte speculazioni dei cabalisti. Cfr. per es. Zur Kabbala und ihrer Symbolik cit., pp. 70-71.

32 - Questa definizione si trova in Ezra ben Salomon, nel suo commento delle Haggadoth talmudiche, ms. del Vatic. Hebr. 294, f. 34a, nel testo rimaneggiato dal suo collega Azriel, Perush Aggadot, ed. Tishby, 1943, p. 76, e anche nel libro, falsamente attribuito al Nachmanide, Emuna u-Bitachon di Jakob ben Sheshath, cap. 19. Tutti questi cabalisti appartengono al cenacolo mistico di Gerona.

33 - Sepher ha-Chajim, ms. Parma de Rossi 1390, f. 135a.

34 - Per es. nello Zohar, III 36a: “Tutta la Torah è un solo e unico Nome mistico e sacro”. Altre definizioni di questo tipo: ivi II 87b; III 80b, 176a.

35 - G. Scholem, Zur Kabbala und ihrer Symbolik cit., p. 59.

36 - Cfr. la mia trattazione sulla creazione e il nulla in occasione dei convegni di Eranos, in “Eranos Jahrbuch” 25 1957, che è stampata in forma più estesa (ed. Suhrkamp 414) a p. 53-89 in Über einige Grundbegriffe des Judentums, 1970.

37 - Per questo schiarimento Isacco il Cieco poteva appellarsi a passi come Isaia XLI,25, dove è usato il plurale othijoth nel senso di cosa ventura o futura. Di questa qualità profetica delle lettere tratta anche David ben Simbra in Magen David (sulla mistica dell'alfabeto) risalente al 1540 circa (ed. Amsterdam 1713).

38 - Ho pubblicato il testo in appendice alla mia trattazione ebraica della Qabalah in Provenza, nel 1963.

39 - G. Scholem, Ursprung und Anfange der Kabbala cit., p. 244.

40 - Così nel commento di Isacco a Yetzirah II 5, A p. 10 alla nota 38 del testo citato.

41 - Molitor, Philosophie der Geschichte oder über die Tradition, I, 18572, p. 553.

42 - Bet ha-Midrash, ed. Jellinek, III, 1855, p. 25.

43 - Così in Perush Shem ben 'arba Othijoth, Firenze, Plut. II, cod. 41 (del 1328).

44 - Così in un trattato sul Nome di 42 lettere, che reca il nome dello Haj Gaon; cfr. il mio catalogo dei ms. Cabalistici a Gerusalemme Kithvei Jad be-Kabbala, 1930, p. 217. La concezione si fonda su un passo del Midrash, Pessikta rabbati, ed. Friedmann 104a, dove nella spiegazione del nome Zebaoth si dice: “Ogni lettera 'oth, del Tetragramma costituisce un esercito, una schiera, zaba [vale a dire, esplica una dinamica] corrispondente a quella dell'intero Nome”.

45 - Il Ma'jan Chochma è stato spesso ristampato dopo il 1651, ma il contenuto diventa un po' intelligibile soltanto a partire dal testo dei manoscritti antichi.

46 - Perush Shem ha-meforash, ed. Chassida 1934, p. 4.

47 - Così nel Ma'jan Chochma, in fine. Nel ms. di Monaco Hebr. 408, 124-125 è data una giustificazione più strettamente mistica di questi Nomi di Dio.

48 - Questo è ribadito costantemente nei testi concernenti questo Nome, ad es. nella trattazione di Elchaman ben Jakar di Londra (metà del XIII se-colo), ms. New York 838 (secondo la vecchia numerazione del catalogo non a stampa di Alexander Marx) Bu. 98a, e nel frammento di Josef Gikatilla Ginnath Eges, Hanau 1615, 53b.

49 - Abulafia qui impiega la spiegazione talmudica (Kiddushim 71a) per cui s'interpreta, grazie ad un gioco di parole, Ez. 3,15, nel senso che Dio volle tener celato il Suo Nome. Invece di shmi le'olam si dovrebbe leggere shmi lo'alloma.

50 - Nel testo ebraico questo è un bisticcio: le due parole si distinguono soltanto dalla grafia della s in sechalim, che può essere una shin e allora la parola significa “intelligenze”, o con una samech e allora significa invece gli “ignoranti”. Anche nella frase successiva la parola per “sciocchi”, kossilim è, quanto a consonanti, identica a “ignoranti” sechalim.

51 - Abraham Abulafia, Or ha-sechel, ms. Monaco Hebr. 92, 54a-b, dove il testo è corrotto in due passi, che ho emendato.

52 - Moïse Cordovero, Pardes Rimmonim, c. 21 § 3.

53 - Nella spiegazione del Nome di 72 lettere che fu compilata nella cerchia incentrata sul Temuna (1260 circa), come una specie di prefazione al medesimo, e che è svolta più strettamente nei marginalia, cfr. ms. Parigi 775, 10a.

54 - Così ad es. nell'Or ha-sechel, ms. Monaco 92, 66a, e in Cordovero, Pardes, c. 19, § 1. Cordovero dice che il Tetragramma agirà come forza nel mondo soltanto rivestendosi d'uno degli altri Nomi, perché soltanto così queste lettere spirituali possono rivestirsi dell'etere terrestre e operarvi, il che non sarebbe possibile, data la sua alta dignità e santità, fuori del recinto templare.

55 - Il commento è anonimo in tutti i manoscritti finora noti. Ma l'autore è certo poiché Mosè Zinfa di Burgos lo cita per disteso come del suo maestro Jakob Kohen.

56 - Cfr. il testo ebraico nel mio catalogo dei ms. Cabalistici di Gerusalemme 1930, pp. 208-209. In un punto ha riferito in base ai ms. una lettura errata che altera il senso.

57 - Questa sorprendente partitura per meditazioni mistiche, il cosiddetto Siddur di Shalom Shar'abi fu stampata a Gerusalemme nel 1916.

58 - Gikatilla, Sha'arei Ora, Offenbach 1715, 2b e 4b.

59 - Questa chiusa dello Sha arei Zadek fu stampata da E. Gottlieb, Tarbiz 39, 1970, cfr. specie pp. 382-383.

60 - G. Scholem, Zur Kabbala und ihrer Symbolik cit., p. 63.

61 - Ivi, pp. 91-92, e a p. 27, per l'indicazione delle fonti.

62 - Questa dottrina fu innanzitutto sviluppata nel Limudei aziluth, Munkaes, 1867, 3a, 15a-b e 21d-22a, che fu pubblicato col nome di Chajim Vitale, ma il cui autore è senza dubbio Israel Saruk. È notevole che uno dei manoscritti più antichi, fra quelli che contengono i discorsi tenuti da Saruk in Italia, ms. Gerusalemme 4°, 612 (scritto ad Asti nel 1602) omette del tutto questa nuova dottrina dell'abito originario dell'En Soph come Torah primordiale. Leone Modena, che conobbe Saruk ed era convinto che i suoi discorsi tendessero a cambiare la Qabalah luriana con la filosofia platonica, probabilmente ha pensato a queste idee: quello che per Platone è il mondo delle idee archetipiche, qui è il mondo dei Nomi di Dio che costituiscono il malbush. L'idea del shi'ashu'a di Dio deriva dagli scritti tardi di Mosè Cordovero (fra il 1560 e il 1570), cfr. Joseph ben Shlomo, The Mystical Theology of Moses Cordovero (in ebraico), Gerusalemme 1965, p. 60-61. Cordovero però non ha tratto le conseguenze circa la nascita del processo linguistico da questo movimento intimo dell'En Soph. La teoria di Saruk fu sviluppata per esteso in molte opere tarde, come in Menachem Asarija Fano, Shiw im u-shtajim jedi'oth, 1867; Naftali Basharach, Emek ha-melech, 1648, c. 4, § 1-61 (sulle varie letture della Torah nei quattro mondi, ivi, ad finem § 4); Moses Graf da Praga, Wajakhel Moshe, Dessau 1699, 1-10.

63 - Queste esposizioni risalgono a Jesaja Horowitz, Sehnei lueboth habrith, ad esse fu attratta la mia attenzione da un ragguaglio delle sue idee di Benjamin Cohen, apparso sul settimanale “Der Israelit” 44 1933, p. 4.

64 - Zohar, I 16b. L'idea della voce senza suono e udibile è sviluppata in rapporto alla simbologia dello shofar, in molti passi dello Zohar, in Mosè da Leon e in Gikatilla. I suoni primordiali non articolati che risuonano dal corno d'ariete il primo dell'anno contengono potenzialmente tutte le manifestazioni del linguaggio. Secondo i cabalisti più tardi la voce dello shofar comprende tutte le preghiere dell'anno (cfr. H. Leiner, Sod Jesharim I (le trattazioni Cabalistiche della festa del nuovo anno), 1902, 2d-3c.

65 - Abulafia, che studiò le opere di Aristotele e che vi si attiene di preferenza nelle esposizioni filosofiche, non ha letto a quanto sembra Platone, anche se M. H. Landauer, che ha esaminato gli scritti di Abulafia per primo, sostiene il contrario, cfr. “Literaturblatt des Orients” VI 1845, col. 488. Steinschneider nel suo libro su Alfarabi, 1869, p. 249, ha dimostrato che l'unica citazione di Platone in Abulafia proviene in realtà dal Liber de causis, un'epitome dell'Institutio theologica di Proclo.

66 - Una caratterizzazione generale di Abulafia si trova al c. 4 del mio trattato sulla mistica ebraica.

67 - Così ad es. nell'Or ha-sechel, c. 8 § 5, che è stampato in A. Jellinek, Philosophie und Kabbala, I, 1854, p. 39-40, come anche nel suo commento allo Yetzirah: Gan ma'al, ms. Monaco, Hebr. 58, 320b.

68 - Nor Elohim, ms. Monaco 10, 164b. Sono indeciso sul giudizio intorno alla questione, se il libro sia di Abulafia stesso o d'un suo discepolo.

69 - Philosophie und Kabbala, p. 17. L'Epistola 11 riprodotta sulle “sette vie” che danno accesso alla comprensione della Torah, contiene una epitome ristretta degl'indirizzi speculativi di Abulafia, sviluppati estesamente nei suoi scritti.

70 - Or ha-sechel, ms. Monaco 92, 43b.

71 - Philosophie und Kabbala, p. 8.

72 - Ivi, p. 4. Abulafia si appoggia al capitolo II 36 della Guida degli smarriti intorno all'essenza della profezia, dove però non c'è il momento, decisivo per Abulafia, dell'essenza linguistica della profezia. Maimonide, come dimostrano le sue spiegazioni I 65, ha tenuto fermo il rifiuto di un vero e proprio “discorso di Dio”, svalutandolo come metaforico.

73 - Or ha-sechel, 66b.

74 - Nel progresso del linguaggio che si forma a partire dai Nomi e dalle lettere, entrano in gioco, per Abulafia, i metodi della gimatreya, dell'acrostico, dello scambio di lettere secondo certe leggi e così gli equivoci che ne nascono possono esser eliminati da altri punti di vista. Grazie a questi metodi ogni lingua si può spiegare come sviluppo del Nome di Dio nella combinatoria alfabetica. Quando Abulafia parla di decine di trasmutazioni che gli elementi del linguaggio subiscono, egli attribuisce questa limitazione soltanto alla debolezza dell'umana comprensione. Per principio questo pro-cesso dello scambio delle lettere può procedere all'infinito, cfr. Philosophie und Kabbala cit., p. 4, prima del passo citato nell'Osservazione 72.

75 - vi, p. 15.

76 - Chajim ha-nef esh, ms. Monaco 498, 71b-72a; cfr. Al. Altmann nel «Monatsschrift für Geschichte und Wissenschaf t des Judentums» 89 1936, p. 311.

77 - Philosophie und Kabbala cit., p. 6.

78 - Questo contrasta con la concezione dello Zohar che riconosce un significato mistico alla lingua sacra, ma non alle lingue degli altri popoli.

79 - Sepher ha-'oth, ed. Jellinek in Jubelschrift zum 70. Geburtstag von H. Graetz, 1887, p. 71.

80 - Così espressamente nella prefazione al Mafteach ha-chochmoth, ms. Parma de Rossi 140, 30.

81-  Philosophie und Kabbala cit., p. 20.

82 - Ivi e nel suo Chajjei ha'olam ha-ba, cfr. i passi decisivi del mio catalogo dei ms. Cabalistici a Gerusalemme, 1930, p. 25-26.

83 - Imrei Shefer, ms. Monaco 285, 75b.

84 - Sepher ha-melis, ms. Monaco 285; 1:10a. Anche nello Zohar, I 4b a conclusione di Isaia 51,16: “Io faccio le mie parole nella tua bocca”, è detto che ogni parola nuova ed autentica pronunciata dall'uomo nella Torah, sta dinanzi a Dio che la bacia e incorona di 70 corone mistiche. E questa parola si estende fino a formare un mondo nuovo, “un cielo nuovo e una terra nuova”.

85 - Philosophie und Kabbala cit., p. 21.

86 - Nell'epistola indirizzata a Barcellona da Abulafia, trascritta da Jellinek in Auswahl kabbalistischer Mystik, vol. I, 1853, pp. 16-17.

87 - Questo pensiero è sviluppato soprattutto alla fine di Or ha-sechel, 67b.

88 - Così in Ner Elohim, ms. Monaco 10, 141b. Vi corrisponde la polemica contro la confezione del Golem, 172b.

89 - Chajjei `olam ha-ba, ms. Oxford, Neubauer 1646, 235b.

90 - Chajjiei ha-nefesh, ms. Monaco 408, 53b.

91 - Cfr. il passo del Chajjiei 'olam ne-ne nel mio catalogo degli scritti Cabalistici a p. 29.

92 - Or ha-sechel, 42b.

93 - Ho adoperato la formulazione del Cordovero (Pardes 19, § 1).