Nella realtà della Massoneria e in quel suo nucleo essenziale che è costituito dal lavoro di Loggia svolto ritualmente, concorrono molti e diversi elementi che si richiamano a una tematica molto estesa: e tali elementi vi concorrono spesso in rapporto dialettico, come simbolismo e chiarezza razionale, richiamo alla perennità della tradizione e proiezione verso il futuro, intima concentrazione e irraggiamento verso l'esterno, insistenza su chiare e semplici verità e scandaglio di profondità inesplorate....

Il documento che presentiamo, ai nostri Ospiti, per lo studio e le considerazioni è opera d'ingegno del carissimo Fratello A.C. ed è stato pubblicato su Hiram n. 11/12 - novembre/dicembre 1990.

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© A. C.

 

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1. La Massoneria e l'Uomo


Nella realtà della Massoneria e in quel suo nucleo essenziale che è costituito dal lavoro di Loggia svolto ritualmente, concorrono molti e diversi elementi che si richiamano a una tematica molto estesa: e tali elementi vi concorrono spesso in rapporto dialettico, come simbolismo e chiarezza razionale, richiamo alla perennità della tradizione e proiezione verso il futuro, intima concentrazione e irraggiamento verso l'esterno, insistenza su chiare e semplici verità e scandaglio di profondità inesplorate. Fra tali coppie di elementi assai importante è anche quella costituita dal legame intimo ed organico che nella Loggia viene istituito fra una pluralità di persone e la valorizzazione del singolo individuo, che sin dall'inizio viene avviato ad adeguarsi ad un modello di uomo senza per questo cessare di concretarsi e identificarsi con una specifica e inconfondibile personalità.
Quest'ultimo elemento è molto importante perché per suo tramite si attua, come vedremo in conclusione, l'aspetto antropologico dell'esperienza massonica e la possibilità per essa di tentare la concreta realizzazione del suddetto modello di uomo, prefigurando in tal modo un originale e inconfondibile apporto alla società del presente e del futuro.
E, infatti, entro la Massoneria vi è sia una concatenazione di eventi, sia una concatenazione di concetti di dimensione individuale. La prima ha il suo preludio nel manifestarsi dell'affinità elettiva che porta il profano ad avvicinarsi all'Istituzione secondo modalità che, di regola, seguono la via inversa e convergente della scelta e dell'avvicinamento da parte di adepti che lo conoscono e ne valutano l'idoneità; e nell'oscuro e meditativo soggiorno nel Gabinetto di Riflessione. L'evento con cui propriamente assume esistenza la suddetta concatenazione è l'Iniziazione, assai fortemente contrassegnata dalla dimensione individuale. In essa infatti l'attenzione dei partecipanti e le vicende prescritte dal rituale si accentrano fortemente su colui che, per essa, entra a far parte dell'Istituzione: tanto che l'evento dell'Iniziazione si proietta su tutto l'iter successivo del massone - e deve proiettarvisi, altrimenti bisogna dire che esso non si è perfettamente realizzato - così sul piano psicologico, della memoria, della coscienza di sé, come sul piano che potremmo chiamare trascendentale, in quanto condizione oggettiva di tutto quanto ad essa consegue.
La concatenazione di concetti che si affianca a quella di eventi è ad essa strettamente collegata, fornisce i termini per identificarla simbolicamente, configura il senso di un certo tipo di sviluppo, al punto che progressivamente l'iniziato è indotto, o comunque dovrebbe trovarsi indotto, a interpretare gli eventi che attraversa nell'ambito istituzionale attraverso tali concetti. La simbologia che vi compare è duplice, e attiene anzitutto alla lavorazione della pietra, compiuta dal lavoratore-scalpellino, che trova la pietra grezza, e dopo averla levigata le dà forma cubica: è chiaro che in tal modo il massone opera su se stesso, mentre tende alla maestria, ma il suo lavoro ha pure una finalità collettiva perché la pietra lavorata è adatta a inserirsi nella costruzione. Ed è alla costruzione che si riferisce la simbologia parallela dell'edificazione del Tempio, che è certamente opera collettiva, ma per la pluralità interpretativa con cui è lecito considerare i simboli può essere riferita alla stessa individualità massonica del singolo, volta a elevarsi al modello ideale proposto dalla Istituzione, e tale da impegnare assiduamente l'attività dell'iniziato.


2. I "Dialoghi" di Lessing


I dialoghi di Lessing sono presenti nel sito:

I Dialoghi di Lessing

 

Sin dai primi lustri di vita della moderna Massoneria speculativa, a partire dalle Costituzioni di Anderson, le Grandi Logge hanno emesso vari, seppur non frequenti, documenti normativi; inoltre nelle Massonerie continentali è invalso e si è perpetuato il costume di tenere in Loggia, e talvolta pubblicare, discorsi interpretativi sui fini dell'Istituzione e la loro esplicazione.
In queste ed altre espressioni di pensiero si può vedere "in nuce" lo sviluppo di una filosofia massonica, ma in realtà esso si è verificato in stretta connessione con gli studi, le capacità e le esigenze di singoli individui formati filosoficamente, che hanno sentito l'impulso di organizzare in esposizioni complessive, dotate di un significato valido nel contesto degli indirizzi speculativi prevalenti all'epoca, le loro interpretazioni.
Nel Settecento illuminista, il nome più noto di filosofo massone che ha espresso in un'apposita opera una concezione complessiva dell'Istituzione è quello di Gotthold Ephraim Lessing (1729 - 1781). Ingegno multiforme, si fece notare con la sua fecondissima attività di autore di teatro, di erudito, di critico, di polemista. Se come autore di teatro conquistò un posto preminente nella letteratura teatrale di ogni paese; se con l'insieme della sua opera letteraria si può dire l'iniziatore della moderna letteratura tedesca; non meno cospicua, e sempre più rilevante col maturare del suo ingegno, fu la sua produzione filosofica, che fa di lui la più geniale figura dell'illuminismo tedesco" (De Ruggiero).
Nell'ultimo decennio della sua esistenza, Lessing si dedica alla stesura del suo trattato sulla Educazione del Genere umano (Erziehung des Menschensgeschlechts) (1710 - 1780) che bene si integra con lo scritto da lui dedicato "ex-professo" alla filosofia della Massoneria, i Dialoghi per Massoni (Gespräche für Freimaurer) (1778 -1780).
"Quello che è l'educazione per il singolo, lo è la Rivelazione per l'intero genere umano": così suona il primo dei cento brevi paragrafi, preceduti da una pagina di introduzione, in cui consiste l'Erziehung. E il secondo paragrafo subito chiarisce: "l’educazione è come una rivelazione per il singolo uomo; e la rivelazione è un'educazione che è stata e ancor ora continua ad essere impartita al genere umano". Su queste premesse il filosofo disegna una storia religiosa dell'umanità, che partendo dall'Antico Testamento e passando per il Nuovo è destinata a culminare nel nuovo Evangelo eterno, nella rivelazione dello Spirito, quale la profetò Gioacchino da Fiore: l'illuminazione (Erleuchtung) caratterizza il conseguimento delle mete del progresso.
In questo e in genere nei suoi scritti filosofici, Lessing esprime, più volte, punti di vista caratteristici di chi ha intensamente meditato la propria appartenenza a un'istituzione iniziatica. Tale, per esempio, il suo attaccamento a dottrine pitagoriche, sostenute in pieno clima illuministico; tale il costante presupposto di un senso esoterico e di un senso exoterico delle dottrine religiose; tale la tendenza a svelare solo uno strato superficiale del suo pensiero, talora in apparente contraddizione con le sue convinzioni più intime; alle quali peraltro riesce a introdurre, per via indiretta, nella sua conversazione scintillante di ironia, gli interlocutori più degni. "Non è vero che la linea più breve sia sempre la retta": così scrive avvicinandosi alla conclusione del trattato sull'educazione del genere umano.

I Dialoghi per Massoni sono intitolati ai personaggi che vi compaiono, Ernst e Falk; all'inizio della prima di cinque brevi conversazioni, l'iniziato Falk fa intuire al profano Ernst che cosa può essere il vero significato della istituzione massonica; in seguito, allorché Ernst è entrato a farne parte, gli fa comprendere che la via intrapresa è una via di scoperta e approfondimento che cela sempre nuove sorprese.
L'avvio del colloquio è una tipica "tegolatura" che può ancor oggi servirci da esempio. Ernst conosce varie cose sull'attività esterna dei Massoni, sulle iniziative culturali e filantropiche da loro promosse. Si tratta di condurlo a intuire che queste "buone azioni" "ad extra" non sono le "vere azioni": "le vere azioni sono il loro segreto".
A intuirlo Ernst è condotto attraverso il secondo dialogo: dopo aver descritto la struttura che costituisce la società umana e dovrebbe unirla, ma invece la divide in diverse classi, Falk gli spiega la necessità che un consorzio di uomini tesi a superare, dall'interno, le barriere fra le strutture esistenti, costituisca la Massoneria come una forza unificatrice, quasi una "chiesa invisibile" volta alla futura società ideale. Tuttavia la realizzazione pratica di questo schema è secondaria rispetto alla sua essenza ideale: poiché questo schema "è sempre esistito". Ciò nel senso, chiarito nel quarto e nel quinto dialogo, che in tutti i tempi sono esistite società iniziatiche, in correlazione al costituirsi di qualsiasi società civile, e ciò al fine di guidare l'Umanità verso la sua forma ideale.
Ecco dunque che il significato della Libera Muratoria si inserisce nella visione della storia come progresso; mentre l'analisi della situazione religiosa dell'umanità, divisa fra opposti dogmatismi, la quale dimostra la necessità di questa "chiesa invisibile", spiega quali risultati deve dare l'Erleuchtung , cui tende l'Educazione del Genere umano.
A questo punto ci interessa sottolineare, in questi Dialoghi a cui Lessing ha consegnato la propria filosofia della Massoneria, il fatto che la forma scelta per l'esposizione indica di per se stessa come l'istanza che abbiamo segnalato alle origini delle ricerche filosofiche dedicate all'Istituzione, cioè lo sforzo di integrazione della realtà individuale in un principio oggettivo, tenda a conservare una sua specifica presenza: sotto la guida di Falck, Ernst passa dall'ignoranza alla conoscenza, dalla profanità alla iniziazione, e ciò non avviene in un contesto puramente pragmatico o particolare, ma in una visione generale che si salda con l'indirizzo filosofico del pensatore. Il quale infatti, in pari tempo, pone in parallelo nell'Erziehung l'educazione per il singolo" con la Rivelazione per l'intero genere umano", postulando così che l’"Erleuchtung", da lui indicata come mèta dell'umanità non possa attuarsi laddove non venga perseguito di pari passo il fine della costruzione dell'uomo.


3. L'interpretazione di Fichte


Numerosi e ben noti sono, nel corso del Settecento francese e tedesco, i filosofi di grande e duratura notorietà che hanno appartenuto a Logge massoniche. Non stiamo ad elencarli. Vogliamo tuttavia ricordare che, a cavallo col secolo seguente, il savoiardo Joseph de Maistre (1753-1821), si fece notare per le sue polemiche in difesa della Massoneria, pur mantenendo coerentemente le sue posizioni di conservatore monarchico e cattolico, ed espresse la sua interpretazione dell'Ordine in un Mémoire al duca di Brunswick (1782); alla stessa epoca appartiene François-Pierre Maine de Biran (1766 - 1824), anch'egli massone cattolico, di cui ci sono pervenuti scritti massonici e nella cui riflessione filosofica ha larga parte l'antropologia. Fra i filosofi tedeschi ascritti alla Massoneria, Moses Mendelssohn (1729-1786), grande amico di Lessing, "contrappose all'idea lessinghiana di progresso dell'umanità quello di progresso del singolo individuo sulla via della perfezione" (Moramarco); Johann Gottfried Herder (1744-1803) scrisse dialoghi massonici; Karl Christian Friedrich Krause (1781-1832), allievo di quel Fichte di cui parleremo nel seguito di questo paragrafo, pubblicò un consistente corpus di testi di filosofia massonica; quasi dimenticato in patria, Krause ha avuto curiosamente seguito ampio e duraturo, fino ai giorni nostri, nella cultura di lingua spagnola; in Italia è praticamente ignoto e sarà certo opportuno ristudiarlo.
Nell'opinione corrente, che tende a fissare in cliché immutabili le istituzioni e i movimenti spirituali, il messaggio della Massoneria è stato incasellato una volta per sempre nell'ambito del "razionalismo illuministico".
Ora, è certo in quest'ambito storico e culturale che la Massoneria è sbocciata ed è apparsa rigogliosa alla riflessione della filosofia europea.
Ma già dianzi abbiamo fatto vari nomi di pensatori che esorbitano cronologicamente dal Settecento e speculativamente dall'Illuminismo. Con Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) la filosofia europea entra ormai in pieno nella sua fase romantica; anzi egli stesso rappresenta il punto di passaggio dall'ultimo Kant a questa fase. La sua Filosofia della Massoneria (Philosophie der Maurerei) raccoglie il testo di "lezioni" tenute, durante la primavera dell'anno 1800, nella Loggia "Royal York dell'Amicizia" di Berlino e pubblicate nel 1802-3 in una rivista massonica; è rimasta a lungo pressoché ignorata, fino al 1923, allorché ne è stata curata a Lipsia una ristampa da W. Flitner; il nostro Santino Caramella ne ha dato prontamente una pregevole edizione italiana (Genova, 1924), osservando nell'introduzione: "interessante... libretto.... invero, per la novità che offre di un Fichte ancor più decisamente democratico di quanto non appaia nei sincroni suoi scritti socialisti e quindi molto lontano da quel nazionalismo filosofico a cui si volse nel seguito; prezioso per la storia del movimento romantico, la cui relazione con la Massoneria del tempo aspetta tuttavia chi la illustri".
Le lezioni di Fichte destinate ai componenti della Loggia "Royal York dell'Amicizia" vennero, come già detto, pubblicate fra il 1802 e il 1803 a cura del confratello J. C. Chr. Fischer nella rivista "Eleusinien des XIX Jahrhunderts" sotto forma di lettere dirette a un profano, quindi con la corrispondente modifica della forma letteraria; la coerenza e la sottigliezza del discorso che vi viene svolto tuttavia garantiscono che il testo esprime il pensiero dell'autore. Per quanto riguarda la specificità e la finalità della Massoneria, Fichte riprende, nell'insieme, il concetto di Lessing: in una società dominata dalla divisione del lavoro, essa svolge il compito di operare nella direzione di una cultura umana universale. Questa concezione di Lessing poteva in particolare essergli stata comunicata da Ignaz Fessler, l'erudito e influente massone che si era adoperato a introdurlo e a conferirgli autorità nella Loggia "Royal York".
Ma, d'altra parte, esigenze affini erano state sviluppate dallo stesso Fichte nel suo celebre corso di lezioni del 1794 sulla Missione del dotto, la quale "è come l'anticipazione essoterica delle idee espresse a Berlino sei anni più tardi: c'è la medesima dottrina sul fine universale dell'uomo, la medesima delineazione della società e delle sue classi nel loro ufficio positivo e negativo, c'è un identico superamento morale, nella personalità del saggio, dei vincoli empirici e dei contrasti contingenti" (S. Caramella).
Da questo precedente deriva una conseguenza importante nella Filosofia della Massoneria di Fichte: cioè che, a differenza di quanto accade in Lessing, la specificità dell'Istituzione è vista, in gran parte, nella sua trattazione, attraverso la lente costituita dal problema della costruzione dell'uomo. Come è possibile sottolineare in un'esposizione complessiva del suo saggio.
Il quale esordisce facendo constatare all'interlocutore profano, anzitutto, che L'Ordine massonico esiste, malgrado i contrasti e le repressioni che ha dovuto subire da quando si è manifestato, all'inizio del Settecento a Londra, diffondendosi ovunque rapidamente, e continuando a diffondersi malgrado gli ostacoli. Dovunque si specula su quale sia il suo segreto, al punto ormai che "si può dire a buon diritto: "Il segreto più divulgato e tuttavia più nascosto dei frammassoni è che essi sono e continuano ad esistere". E ci si domanda allora: che cosa lega insieme tutti questi uomini di pensiero, vita e cultura quanto mai diversi, e li tiene vicini fra mille difficoltà ...?" E il punto è che fra questi uomini sono numerosi quelli saggi e onesti, che da tempo perseverano nel dare opera alla Massoneria. Un fatto quindi risulta evidente: "Quanto è vero che anche soltanto un uomo indiscutibilmente saggio e virtuoso si occupa dell'Ordine frammassonico, di tanto è vero ch' esso non è un giuoco, di tanto è certo ch'esso ha uno scopo, anzi uno scopo serio e sublime". Da ciò risulta che la via per intendere l'essenza dell'Ordine passa attraverso l'indagine rivolta verso l'uomo che ne fa parte, per capire "che cosa possa proporsi come scopo l'uomo saggio e buono in tal colleganza".
Ecco trovato il bandolo per arrivare alla "deduzione dello scopo di una società particolare, dallo scopo finale dell'uomo", che è il tema della prima lezione. Scopo dell'uomo saggio e buono è lo scopo finale dell'umanità, che quaggiù portiamo in noi, e la sua massima possibile perfezione. L'individuo cosciente lo pensa chiaramente, e tale scopo egli si pone come meta cosciente di tutto il suo agire.
Come viene perseguito dalla grande società umana (detta "grande" in contrapposto alla "società particolare" su cui verte l’indagine)? Essa deve lottare per la sopravvivenza contro la natura e il tempo che la condizionano; perciò ha diviso in parti l'insieme dell'evoluzione umana, se ne è distribuite le varie branche e attività, e a ciascuna condizione sociale ha assegnato il suo campo speciale di collaborazione: gli uomini si dividono, secondo i loro compiti, in contadini, operai, amministratori, guerrieri, studiosi. E’ bene che sia così, perché vengano fronteggiate le condizioni materiali dell'esistenza della società. Sennonché, ciascun singolo si forma in grado eminente soltanto per la condizione che ha scelto. E da ciò sorge in tutti una certa incompiutezza e unilateralità, che abitualmente si trasforma in pedanteria; e in tale situazione si impedisce, con la più alta possibile educazione di classe, la più alta possibile evoluzione dell'umanità.
Ed ecco tornare nel discorso la Massoneria. Essa non può usurpare le finalità di una qualche classe esistente, neppure quella di riformare lo Stato. Ma se deve scegliersi un compito non riducibile ad altri, questo può essere soltanto di risollevare a cultura umana universale l'unilateralità delle classi sociali: uno scopo grande, razionale, possibile; uno scopo quasi impossibile a conseguirsi nella "grande società" che tende a imporre la logica della specializzazione, uno scopo che esige dunque una separazione certo non perpetua dalla grande società stessa." Il massone, nato uomo e passato attraverso l'educazione della sua classe, dev'essere su questo terreno nuovamente educato da capo, a fondo, per essere uomo."
Attenzione: non si tratta, secondo Fichte, di un'educazione alla libertà etica, che non può essere oggetto di comunicazione senza diventare ipocrisia; bensì alla sensibilità morale, che si realizza attraverso lo scambio continuo delle qualità individuali. E in generale, che cosa opera l'Ordine nel massone? Contribuisce potentemente ad avvicinarlo alla maturità, cioè alla pienezza di cultura universalmente umana, al modello dell'uomo perfetto, ideale del massone (e dei caratteri di tale uomo il filosofo fa una specifica ed eloquente descrizione). A sua volta la cultura massonica, diventata ora parte costitutiva del nuovo uomo, non lo disinserisce certo dal suo posto nel mondo - dalla famiglia, dall'ambiente umano, da quello di lavoro - e ciò comporta quindi per lui e per i confratelli la capacità di operare per il mutuo influsso dei diversi settori della società, e di promuoverne così il progresso.
Svolto così il tema della prima lezione (che, ricordiamolo, è la "deduzione dello scopo di una società particolare dallo scopo finale dell'uomo"), Fichte passa alla seconda lezione, divisa in due parti ben distinte, quindi praticamente alle due lezioni successive e conclusive; il loro tema è costituito rispettivamente dalla "deduzione e contenuto dell'insegnamento massonico" e dalla "deduzione della storia e della forma dell'istruzione massonica".
In questi ambiti il filosofo procede a una sottile analisi, in primo luogo, dei caratteri che acquista il problema religioso, quello politico e quello del lavoro alla luce delle precedenti acquisizioni. Per quanto riguarda la religione, l'istruzione massonica determina il formarsi nell'adepto di una concezione universalmente umana di essa, nella quale rimangono accantonati gli elementi accidentali e unilaterali, per cui il massone tende a diventare, "assolutamente, un uomo, che pure ha la sua religione." Per quanto riguarda la politica, la stessa ispirazione "universalmente umana" dell'istruzione massonica fa sì che nell'animo dell'adepto "amor di patria e sentimento cosmopolita sono intimamente congiunti, anzi stanno entrambi in questo preciso rapporto: l'amor di patria è in lui l'azione, il sentimento cosmopolita è il pensiero; il primo è il fenomeno, il secondo è l'interno spirito di questo fenomeno, l'invisibile nel visibile".
Infine, quanto al lavoro, cioè a quella parte del fine complessivo dell'umanità, inteso a far sì "che la natura priva di ragione venga interamente sottoposta al volere razionale, e l'essere razionale domini sul morto meccanismo", l'istruzione massonica comporta che esso non sia valutato secondo estrinseche categorie economiche o sociali, bensì "secondo la fedeltà" con cui è compiuto: così da apprezzare di più un contadino che lavora bene la terra, che un filosofo inetto. Vogliamo dire, con espressione oggi in voga, secondo un criterio di "qualità totale" ... ?
La seconda parte della seconda lezione (originariamente, forse, era una terza lezione) conclude in certo modo relativizzando l'intera "Filosofia della Massoneria" di per sé presa. Infatti, dopo aver dimostrato che le istituzioni segrete di cultura sono altrettanto antiche quanto la divisione delle classi, e costituiscono sicuramente una tradizione continua attraverso tutta la storia, si sostiene che la forma didattica di queste istituzioni deve essere metaforica, e quindi segreta; pertanto non può usare altro che la comunicazione orale.
Risulta chiaro, in tal modo, che il testo stesso in cui queste cose vengono esposte non va confuso con la concretezza del sapere che è proprio ed essenziale della Massoneria. "Nulla impedisce che si divulghino in questa forma i misteri; si divulga soltanto il discorso o lo scritto": Ricordiamo: chi non ha già in sé i misteri, non può afferrarli.
Tali misteri, poi, vanno riscoperti col mutare dei tempi, poiché la cultura segreta deve procedere con quella pubblica nel perseguire il fine di attuarsi come cultura universalmente umana: il sapere - è questa la conclusione finale, che torna a rivolgersi all'uomo non può dunque non tradursi nel fare. "Rallegrati che non tutto sia come dovrebbe essere, sì che tu abbia da lavorare": il residuo oggettivo dell'intera meditazione è costituito da quel lavoro", con cui il massone costruisce se stesso.
4. Filosofia e Massoneria nel Novecento italiano
Fichte stesso, dunque, non manca di distinguere, fra la "Filosofia della Massoneria", quale è stata da lui disegnata, e la realtà in atto che costituisce la Massoneria stessa. Ciò non toglie, tuttavia, che nel suo caso, come in ogni caso analogo di riflessione filosofica sull'Istituzione, si determini un fecondo scambio di influssi fra la realtà che si offre all'interpretazione e lo sforzo di definizione teoretica che vien compiuto volta per volta dai filosofi. E ciò avviene necessariamente e in modo particolare per quanto riguarda il tema, centrale in tale sforzo di definizione, della costruzione dell'uomo. Vedremo fra poco come ciò si verifichi anche in un recente e rigoroso disegno di "Filosofia della Massoneria" che è stato offerto da un pensatore italiano. Ma prima ancora riteniamo che questo discorso, che accosta Massoneria e filosofia, possa essere arricchito da un accenno ad alcuni dei principali personaggi che nell'Italia di questo secolo sono stati filosofi e massoni, e dall'esame comparato fra i loro indirizzi speculativi e il loro comportamento esistenziale da un lato e l'ideale di uomo che specialmente attraverso gli scritti di Fichte è stato abbozzato nelle pagine precedenti.
Ricorderemo anzitutto Giuseppe Rensi (1871 1941), figura tormentata di pensatore e di uomo, che, malgrado la simpatia personale di Mussolini, da lui aiutato allorché erano entrambi esuli in Svizzera, fu costretto nel 1934 ad abbandonare la cattedra per il suo coraggioso antifascismo.
Si fece banditore, nei suoi scritti, dello scetticismo e delle più radicali negazioni, ma meritò di essere definito dal suo amicissimo Buonaiuti "lo scettico credente", in quanto "uomo che anelava alla perfezione morale... alla via 'stretta'... a Dio e alla relativizzazione dei modelli noetici umani.... valori che collimano perfettamente con quelli magnificati dalla tradizione massonica" (Moramarco).
Ricorderemo poi Ugo Della Seta (1879 1958), oltre che filosofo e docente anche dirigente massonico (G.M. Aggiunto del G.O. d'Italia nel 1946; dal 1950 G.M. Onorario ad vitam) e uomo politico: fu deputato all'Assemblea Costituente, senatore nella 14 e deputato nella 22 legislatura repubblicana. Nelle discussioni che alla Costituente si conclusero con la formulazione dell'art. 18 della Carta Costituzionale (riguardante fra l'altro le associazioni segrete, quindi, nella mente dei nostri avversari, tale da interessare la Massoneria) Della Seta propose inutilmente una formula che, accettata, avrebbe prevenuto e impedito le vicende della P2, determinando adeguatamente i caratteri delle associazioni lecite. Sul tema trattato in queste pagine è interessante ricordare uno dei suoi libri più diffusi, intitolato I valori morali, pubblicato per la prima volta nel 1908 e la cui 3a edizione, largamente ampliata e riveduta, uscita nel 1925, è fra l'altro, in molte sue pagine, una coraggiosa sfida al fascismo. Ma è pure un'avvincente esplicazione ed esemplificazione di quell'ideale di "sensibilità morale" cui tendeva, secondo Fichte, l'educazione massonica.
Non possiamo infine non citare Guido Calogero (1904 -1986),uno dei più illustri filosofi italiani contemporanei, anch'egli antifascista, privato della cattedra e arrestato, poi attivo nella lotta di liberazione; non massone, ma vicino alla nostra Istituzione. Nella sua ampia produzione di scritti spiccano quelli dedicati alla sua filosofia del dialogo, processo di comunicazione in cui ciascuno comprende le ragioni altrui e spiega le proprie. Del dovere del dialogo, Calogero fa il supremo principio etico, base della coesistenza delle filosofie e delle religioni, ma anche della convivenza civile. Alla rigorosa formulazione di tali idee, espressione dell'ideale di tolleranza fondamentale per la nostra Istituzione, si ispira la linea seguita dalla rivista "La Cultura", di cui, come è stato riferito nell'articolo di R. Sacco, comparso nel numero precedente di "HIRAM", venne ripresa la pubblicazione e prodotta una serie, dall'inizio del 1963, a cura della Massoneria di Palazzo Giustiniani come specifico contributo alla vita nazionale, sotto la direzione appunto di Guido Calogero. La significativa contiguità fra il messaggio della rivista e quello rivolto alla società dalla nostra Istituzione risulta evidente sin dal primo numero in cui si rilegga la Premessa (non firmata, quindi ovviamente del Direttore) in cui si dice fra l'altro: "Oggi... il maggiore dei problemi è quello della convivenza delle ideologie, del pluralistico coesistere dei diversamente pensanti... Mezzo secolo fa si poteva ancora irridere allo spirito della tolleranza, alla libertà di pensiero...
Oggi la guerra è diventata troppo costosa E vi si rilegga anche l'articolo La professione di fede di Giordano Bruno in cui Calogero riesuma e valorizza, come testo fondamentale e rivelatore delle più alte acquisizioni bruniane, l'epistola dedicatoria all'imperatore, dei suoi Articuli centum et sexaginta... (Pragae, 1588), in cui il nolano proclamava nella maniera più esplicita la " sua religione dell'universale benevolenza e tolleranza, e della libertà della critica e del dubbio".
 

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