Il documento che presentiamo ai nostri visitatori esoterici, è una Tavola di grande spessore del carissimo F:. Giacomo Tallone passato all'Oriente Eterno il  10 giugno 1956. Siamo convinti che le considerazioni esposte dal Fratello non possono essere che esperienze vissute e fanno percepire, a chi ha buone orecchie per intendere, il suono della parola perduta che certamente il maestro aveva ritrovato.

Lo scritto ritrae un opera della maestria dell'Autore e non indica di necessità la visione della Loggia o del GOI. Ogni diritto gli è dichiarato.

 

© Giacomo Tallone

 

Esiste oggi nei registri del G:.O:.I:. una Loggia all'Oriente di Messina con il suo nome 

 

Giacomo Tallone

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Le sette Trasformazioni

Un giorno mi risvegliai e mi ritrovai nella bara, coperto delle vesti che mi ero scelte. Sentii allora per la prima volta la bara e le vesti e tentai di togliermi le vesti e aprire la bara: né l’una cosa né l’altra potei fare. Allora corsi alla pura acqua della sorgente e mentre bevevo il fanciullo mi disse: «Non si può salire se prima non si discende. Sono tre le parole: Osare, Volere, Tacere; e tre le lettere: L:. D:. P:.» .
E io osai, volli e tacqui e mi servii delle Lettere.
Ed ecco il mio cuore uscì dal mio petto e io lo vedevo. In questo modo mi accorsi della trasformazione e discesi. Vidi e fui fatto tutto di presente, mentre una nebbia copriva il passato, e il futuro in me non c’era. Dominio di me era una forza che operava dall’interno, alla quale non potevo sottrarmi. Ma io compresi e la sentii, e quando quella forza non ebbe più segreti per me ed io divenni uno con essa, allora mi resi libero.
Questa è la prima trasformazione.
 

Quando fui libero discesi ancora e perdetti tutti i sensi tranne uno. Sentii l’immobilità e la fissità: appresi così un’altra forza. La mia vita fu nel caldo e nel freddo, e solo la luce, che pur non vedevo, mi faceva vivere. Anche il presente era scomparso. Questa nuova vita non era meno interessante dell’altra. Dapprima questa nuova forza l’avvertii come estranea a me, ma poi essa ed io fummo una sola cosa. Allora mi resi libero.
Questa è la seconda trasformazione.
 

Discesi ancora e fui peso tra cose pesanti. Tutto mi era al di sopra e io non l’avvertivo. Anche la sensazione del caldo e del freddo era scomparsa. Mi parve che fosse un regno morto e che morto fossi anch’io. Però mi guardai dentro e vidi la vita nella forza misteriosa che produceva un velocissimo moto nascosto, il quale dal moto universale e con esso si accordava. E quando non vi fu più quella forza, ma divenni uno con essa, allora mi resi libero.
Questa è la terza trasformazione.
 

Allora risalii, e fui sempre nella bara. Così il terzo giorno risuscitai dai morti e sentii la vita di prima e dissi a me stesso: «Io sono stato all’inferno». Però sentii pure che se vita c’era in basso, vita doveva esserci in alto, e che la via percorsa non era stata che un ritorno. Allora volli sentire la vita del presente.
Osai ricercare la vita sospingendo le pareti della bara. Ordinai a me stesso di divenire ritmo. I miei polmoni respirarono ritmicamente, i miei organi conobbero il loro ritmo; infine il mio cervello si fermò, e al posto di esso si pose il cuore, che mi era stato sempre dinanzi agli occhi. E quando tutto me stesso si uniformò al ritmo del cuore, e fui tutto un ritmo, allora le pareti della bara caddero e io mi resi libero.
Questa è la quarta trasformazione.
 

Divenuto ritmo ascesi nel sole. Guardai da lì la terra, la luna e l’inferno e vidi che erano veri. Compresi perché gli uomini stanno tutti nella bara e non se ne accorgono. Vidi che essi sono fatti del presente, del fisso e del mobile e compresi l’unione di queste tre cose. Vidi pure che il sole era come me, e aveva il suo cuore, i suoi organi e soprattutto il suo ritmo. Il mio era diverso: osai allora accordare il mio al suo e quando l’accordo fu completo una veste mi cadde.
Questa è la quinta trasformazione.
 

Allora salii ancora e vidi che la notte non seguiva il giorno, né il giorno la notte. Non c’erano né il bene né il male, né il maschio né la femmina, né l’ascesa né la discesa, né l’ieri né il domani, né il grande né il piccolo, né la terra né il sole; e non c’era neanche il nulla e non c’era il tutto. Queste cose le vedevo, ma non le capivo, finché il mio ritmo non si unì al ritmo universale e non si accordò con esso. Allora sentii la forza eterna; l’altra veste mi cadde, ed io rimasi nudo, rimasi io.
Questa è la sesta trasformazione.
 

Ma la settima non so esprimerla, neanche per allegoria; perché è quella della sublimazione; e non ci si può esprimere che così:
Sublime Architetto dei Mondi, «Tu hai gettato un velo sulla Tua gloria e nelle pieghe di questo velo hai proiettato la tua ombra. Tu hai permesso alla notte di esistere al fine di lasciare apparire le stelle, e hai impresso un’immagine sul velo col quale Tu avevi coperto la tua Gloria; e quest’immagine ti sorrise e hai voluto che quest’immagine fosse la tua per creare l’uomo a rassomiglianza di questa immagine». Così Tu sei Padre, così Tu sei Luce. Tu hai voluto il movimento e nel ritmo perenne hai posto l’onda della vita. La vibrazione è la Tua legge e la creazione l’effetto di questa legge. Il Logos, vibrando, si rende carne. Così conciliando in te Libertà e Necessità hai dato all’universo libertà e necessità. Così vive lo sterminato mondo, i cui confini sono nella tua volontà, così vive l’invisibile atomo la cui forza è nella tua potenza. Perché il basso è come l’alto».
«Tu hai creato la Gerarchia, perché Tu sei Ordine. E gli Angeli salgono e discendono l’infinita scala, e combattono una notte intera con gli uomini. Tu hai accordato i mondi e le gerarchie, e ogni cosa è un mondo e ha una gerarchia. E hai fatto i sentieri per cui ogni cosa creata può giungere a Te. I sentieri sono infiniti, come i raggi della tua luce, e tutti si congiungono in Te».
«Quando Tu hai creato hai posto all’origine una forza, e ogni creazione dura quanto dura l’impulso originario. Questa legge Tu hai posto in ogni cosa. Or vedi oggi, qui adunati, noi ricominciamo il nostro cammino verso di Te. Manda qui l’Angelo Tuo perché accordi le onde che da noi promanano, perché i nostri ritmi congiunga in uno solo e lo diriga dove Tu vuoi; e lo faccia sì potente che questa Camera lavori sempre per l’esaltazione della Tua gloria, o Grande Architetto dell’Universo».

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