Non vi è religione senza devozione. Anche nelle religioni più primitive, anche nelle religioni selvagge la devozione è sempre presente. Come sapete, «devozione» deriva dal latino «devoveo» che vuol dire «io do», «io sacrifico», «io offro». In origine la parola «devoveo» Si usava per designare il sacrificio di una vittima sull'ara di una certa divinità. A noi ciò sembrerà una forma troppo cruda e bassa della devozione, e senza dubbio lo è. Però non dimentichiamo che pure nel sacrificio del selvaggio, v'è un elemento che quasi è un fattore di redenzione; il fatto cioè che egli offre qualcosa di valore a una determinata entità che adora...

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© J. J. VAN DER LEEUW

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Non vi è religione senza devozione. Anche nelle religioni più primitive, anche nelle religioni selvagge la devozione è sempre presente. Come sapete, «devozione» deriva dal latino «devoveo» che vuol dire «io do», «io sacrifico», «io offro». In origine la parola «devoveo» Si usava per designare il sacrificio di una vittima sull'ara di una certa divinità. A noi ciò sembrerà una forma troppo cruda e bassa della devozione, e senza dubbio lo è. Però non dimentichiamo che pure nel sacrificio del selvaggio, v'è un elemento che quasi è un fattore di redenzione; il fatto cioè che egli offre qualcosa di valore a una determinata entità che adora. Può darsi che sacrifichi animali, è pure possibile che pervenga a sacrifici umani. Ma anche in queste manifestazioni cruente e selvagge di devozione, havvi la penombra dell'idea che dobbiamo dare ciò che più apprezziamo alla divinità che adoriamo. Gradatamente, a misura che l'uomo evolve, l'idea della devozione si fa più nobile, ed allora non sacrifica più altri ma sacrifica se stesso. Dà la sua energia, il suo tempo, le sue cose, la vita stessa al servizio della divinità che venera. Cosicché la devozione è sempre l'atto di dare qualcosa al servizio del divino, l'offerta di noi stessi.

Comporta un'attitudine della mente per la quale miriamo al divino come una vita più ampia e concepiamo noi quale parte di essa; un'attitudine per mezzo della quale aspiriamo, cerchiamo di ritornare alla vita dalla quale veniamo, sommergerci in essa, offrirle quanto di più prezioso è in noi. In questo modo, ripetiamo, non vi è religione senza devozione; questa costituisce il vero cuore di tutte le adorazioni religiose che può esprimersi in modi diversi. Vi sono tante forme di devozione quanti distinti tipi umani. Possiamo esprimerla nell'adorazione collettiva o nel cerimoniale. D'altro canto, possiamo esprimerla in silenzio, nella meditazione e nella contemplazione. È prudente pervenire a comprendere che possiamo raggiungere la divinità per tante vie diverse e tutte le vie sono necessarie e buone. Vi sono molti che non condividono queste idee e pensano che il cerimoniale importa uno spreco di tempo, perché non vedono l'utilità che gli uomini si consacrino all'adorazione rituale.

Nel cerimoniale invochiamo poteri dall'alto, usiamo frasi appropriate, incantesimi, musica: tutti gli ausili esterni del linguaggio, del colore e del movimento per ottenere certi effetti. Certamente che se non possiamo vedere il lato interno del cerimoniale, se non possiamo comprendere intuitivamente che vi è in esso qualcosa di più profondo e un determinato aspetto spirituale, ci deve sembrare, naturalmente, che nella sua manifestazione vi sia uno spreco di tempo.

Spesso la gente pensa: Perché quest'uomo non percorre il mondo per aiutare i suoi simili invece di andare in chiesa a celebrare cerimoniali? Però ricordate che questo mondo fisico, il quale per la maggior parte è il mondo delle realtà, non è che uno dei molti mondi; che pure viviamo in un mondo di sentimenti, in un mondo di pensieri e in un mondo di realizzazione spirituale. E che tutti questi mondi vanno aumentando per noi la loro esistenza a misura che evolviamo e cresciamo spiritualmente. Questo mondo fisico è un mondo di effetti. Il nostro mondo è determinato dai mondi dell'al di là nella stessa forma che le nostre azioni si producono per opera dei nostri pensieri e delle nostre sensazioni. Mai abbiamo realizzato azione alcuna senza averla dapprima pensata. È probabile che non ci siamo mai resi conto di queste funzioni della nostra coscienza, perché esse si succedono con tal rapidità da non permetterci di notarle quantunque così accada. Dobbiamo pensare ed amare prima di poter operare. La nostra vita nel mondo fisico si trova sempre determinata dall'al di là; e a seconda di quanto possiamo renderci conto della verità che il mondo dell'al di là è il mondo della realtà, maggiormente potremo ivi determinare la nostra vita e cominciare a vedere le cose da un differente punto di vista. Allora cominceremo a comprendere che ciò che fa gli uomini quali essi sono nel mondo della materia, non sono le loro azioni, ma prima di esse i loro pensieri, i loro ideali e le loro aspirazioni. Allora comprendiamo anche come un gran Maestro religioso, un poeta, un pittore, un musicista potrà risvegliare grandi ideali in un'intera nazione ed anche in varie generazioni, ideali che senza di essi non avrebbero mai raggiunto. Così accade come dall'interno il mondo sempre si rinnovelli. Nello stesso modo, nel nostro intimo, creiamo continuamente le nostre proprie vite.

Quando riusciamo a comprendere ciò, possiamo vedere come operino gli atti del cerimoniale. Ogni volta che celebriamo il cerimoniale, chiamiamo le eterne forze creatrici dell'universo e le spargiamo sul mondo. In virtù della nostra devozione collettiva, attiriamo la benedizione divina, e per nostro tramite, come per mezzo di un canale, essa si sparge sul mondo che ci circonda. Questa è una sublime realtà, una realtà tanto grande che se il mondo non avesse l'aiuto della devozione cerimoniale, esso sarebbe molto differente da quello che è. Possiamo paragonare il cerimoniale ad una divina luce solare che illumina il mondo tutto. Così come il sole fisico fa crescere e dà vita a tutte le cose, il sole spirituale che invochiamo nel nostro cerimoniale è la grazia dall'alto, il potere, la benedizione e la vita del Cristo medesimo che si sparge sul mondo e la sua luce fa crescere la vita interna dell'uomo. In questo modo, quantunque fisicamente non ci sia dato di vedere, Egli si propaga nel mondo intero; per mezzo del cerimoniale che si celebra nelle distinte religioni, una luce divina irradia sul mondo e aiuta gli uomini a vivere più nobilmente ed a far tesoro di più nobili aspirazioni. Milioni e milioni di nobili azioni e di elevati pensieri e sentimenti hanno la loro origine dall'aiuto di questa divina luce solare irradiata sul mondo per tramite del cerimoniale e del rituale. In queste condizioni il cerimoniale è uno dei più grandi aiuti dati al mondo. Se potessimo contemplare con la visione spirituale, vedremmo che attorno a tutto il mondo v'è una specie di rete di chiese e templi che distribuiscono forza e luce spirituale in ogni dove. Ma la luce solare non è sufficiente, se pur senza di essa la vita, sarebbe impossibile. L'uomo che vuole essere forte deve esercitare i suoi muscoli e svilupparsi; deve adempiere un determinato compito, che farà del suo corpo uno strumento efficace che egli potrà usare durante la vita. Immaginate un essere umano che avesse sufficiente luce e alimento ma che mai avesse sviluppato attività alcuna. Questo essere, a lungo andare, sarebbe incapace di azione. Non credete che se durante venti anni dovessimo rimanere quieti e senza movimento, giungeremmo ad essere incapaci di usare del nostro corpo fisico? Un tale essere sarebbe incapace di qualsiasi movimento e tutta la luce o alimento che potessimo dargli, sarebbero insufficienti per ottenere il risultato che unicamente l'esercizio può produrre.

Soltanto questo esercizio può renderci forti ed è precisamente ciò che accade con l’esercizio della nostra devozione.

È curioso come molta gente non apprezzi questo fatto. È comprensibile per noi, dal punto di vista fisico, che l'alimento e la luce solare non sono sufficienti, ma che anche necessitiamo di attività, a tal punto che senza di essa non si può ottenere alcuna forza. Credete che le cose vadano altrimenti nel monda spirituale? Credete che la forza e la conoscenza possano essere acquisite senza previo esercizio? No, così non è. Dobbiamo fare esercizio spirituale se vogliamo pervenire ad essere spiritualmente forti, se vogliamo raggiungere la conoscenza senza intermediari. In questo modo la devozione presenta un secondo aspetto, non come adorarazione collettiva, né come cerimoniale, ma come introispezione, in ciò che noi chiamiamo meditazione. Nella meditazione facciamo esattamente l'opposto di ciò che si compie nel cerimoniale. Qui non lavoriamo d'azione, non parliamo, non invochiamo; però andiamo verso l'interno ed il potere della nostra devozione, in luogo di essere diretto verso l'esterno, ritorna verso l'interno per cercare di scoprire noi stessi. È assai utile a noi (anche se non perveniamo a realizzare la meditazione o la contemplazione) di avere nella nostra vita periodi di silenzio e momenti di solitudine. Le nostre vite si trovano dirette sempre verso l'esterno; sempre siamo occupati ,parlando od operando, contemplando il mondo che ci circonda. L'incessante corrente dell'attività ci spinge in avanti. Ricordate però che la forza non deriva da questa specie di vita. L'energia nasce nel silenzio e nella solitudine. Soltanto quando possiamo essere soli in assoluto silenzio ci è dato poter raggiungere la vera forza spirituale. Molti temono il silenzio tanto quanto temono di trovarsi soli. Perché? Perché la loro vita interna è un libro chiuso per essi, perché non conoscono se stessi. Questa gente è tanto abituata a vivere in questo mondo di sensazioni che variano continuamente, da temere persino la sola idea di paralizzarle, foss'anche per brevi momenti. Si sentono terrorizzati al pensiero della solitudine. Noi invece abbiamo bisogno di questi momenti di silenzioso raccoglimento e di solitudine, tanto più necessari quanto più attivi siamo. Cercate di dividere il vostro tempo, di crearvi momenti in cui possiate isolarvi dai vostri simili. Sedete in silenzio, soli, affinché il corpo fisico riposi e del pari riposino i vostri desideri, i vostri pensieri e la vostra immaginazione. Dapprima ciò vi sembrerà assai difficile e quasi impossibile. I pensieri tenteranno di sfuggire dall'obiettivo sul quale tentate di concentrarli e la mente andrà creando immagini delle differenti cose o fatti che vi sono occorsi durante il giorno. Penserete ai vostri doveri, ai vostri amici. Ma a poco a poco imparerete a dominare questo strumento dei pensieri ed a rimanere assolutamente quieti. Allora, molto graduatamente, qualcosa dal vostro intimo comincerà ad affacciarsi; allora imparerete a conoscere voi stessi. Questa è l'ultima scoperta dell'uomo. Ciò che prima scopre sono le stelle ed in ultimo perviene a scoprire la sua propria vita interiore. Cosa v'è più vicino a questa scoperta e più semplice di essa?

Nessuno può ostruire la nostra entrata alla vita interiore; essa è sempre con noi. È l'unica conquista degna del mondo, l'unica realtà degna di conoscenza. E ciò malgrado, molti di noi la disdegnano. Sono tanto assorbiti dal mondo esterno che nulla conta per essi il mondo che portano in se medesimi; anzi ne ignorano praticamente l'esistenza. Perché dunque lamentarsi della mancanza di forza e di conoscenza? Come potrebbero le cose andare diversamente se non si può far tacere per brevi istanti il mondo che ci circonda, affinché, e solo allora, passa parlare ciò che esiste in noi medesimi? Come potrebbe farsi udire quando la sua voce silenziosa è soffocata dai vari rumori del mondo esterno? Come potrebbe parlare, se la nostra attenzione si dirige con tale intensità verso l'esterno da impedirci di renderci conto di ciò che accade dentro di noi? Abbiamo d'uopo di silenzio e di solitudine, dobbiamo entrare nella nostra propria coscienza se vogliamo guadagnare forza e conoscenza; ciò costituisce pure un sentiero di devozione. Ed a questo sentiero dobbiamo pure assolutamente consacrarci, sommergerci con piena volontà in quella grande vita, la Vita Divina che siamo noi stessi. Soltanto a misura che effettueremo questo trapasso, dalla offuscatrice varietà del mondo esterno al silenzio ed alla solitudine della vita interiore, potremo raggiungere la forza spirituale. Allora ci assideremo su quella rocca della vita che nulla può scuotere, perverremo alla conoscenza che nessuno potrà toglierci. La conoscenza che non provenga dal nostro «io» interiore può essere costituita da fatti che sappiamo o che abbiamo letto ma che non costituiscono quella conoscenza vivente e grandiosa che chiamiamo sapienza. La sapienza deriva unicamente dalla realizzazione, mai viene insegnata da alcuno ad alcuno. Si trova dentro di noi stessi, quasi una parte di noi stessi; viene a noi quando entriamo nel regno interiore poiché ivi è l'unico luogo dove ci è possibile acquistare la conoscenza diretta. Conoscenze che non si accettano dalla autorità di nessuna persona ma soltanto per la verità che sboccia in noi dall'autorità della vita interiore. Tanto nel mondo fisico quanto nei mondi superiori nulla si ottiene senza sforzo. Dobbiamo quindi sforzarci di raggiungere la conoscenza e la vera sapienza, affinché ci sia dato di andare verso i nostri simili con insegnamenti degni d'essere impartiti. Fintanto che il nostro conoscere è acquistato meramente dai libri, finché soltanto l'abbiamo udito dai nostri professori, accettandolo perché essi lo dicono e perché ci sembra ragionevole, non avremo mai la vera conoscenza. Tutto ciò che abbiamo udito, quando anche sia verità, deve convertirsi in una realtà interiore: unicamente potrà essere tale soltanto quando andremo verso l'interiore per ivi incontrarla. Non pensate che stando nella valle possiate raggiungere la vetta. Dovete ascendere la montagna, dovete fare il sacrificio di arrampicarvi sino alla cima; e soltanto colà avrete la visione, poiché nessuno può fare per noi l'ascensione. Gli uomini possono riferirci le loro esperienze e come ad essi sia stato dischiuso un più vasto orizzonte dalla vetta, ma non possono darcene la visione. Ogni anima deve andare sola e nel silenzio in questa giornata interiore al fine di poter spaziare dalla vetta eccelsa. Allora avremo la diretta conoscenza acquisita da noi stessi e la forza interiore che giammai alcuno potrà toglierci, perché è forza dell'al di là.

In questo modo deve andare unita la devozione nel cerimoniale e la devozione nella meditazione. La prima, perché dà luce ed alimento spirituale agli esseri umani e la seconda, perché proporziona ad ogni essere in particolare l'esercizio che irrobustirà e svilupperà i suoi muscoli ed il corpo spirituale in modo tale che gli sia possibile di raggiungere quella forza e quella sapienza nei mondi interiori che sono così necessarie per lui come i benefici che potrebbe ricevere dal cerimoniale.

 

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