Le corporazioni medioevali di costruttori celebravano i solstizi,  seguendo usi che risalivano ad epoche remote e, allo scopo di poter restare fedeli a tradizioni sospette dal punto di vista cristiano, essi elessero loro patroni i due San Giovanni, le cui feste cadono nei periodi solstiziali [...]

Il documento che segue è  tratto da Hiram, n.2, 2005, Soc. Erasmo,  ed è a firma dell'Architetto Dario Banaudi. Ogni diritto è loro riconosciuto.

© Dario Banaudi

 

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I due Giovanni

Le corporazioni medioevali di costruttori celebravano i solstizi,  seguendo usi che risalivano ad epoche remote e, allo scopo di poter restare fedeli a tradizioni sospette dal punto di vista cristiano, essi elessero loro patroni i due San Giovanni, le cui feste cadono nei periodi solstiziali.

Giovanni Evangelista ha il suo onomastico il 27 di dicembre, nel periodo del solstizio d'inverno, nel quale il sole si trova al suo punto più basso; Giovanni Battista si festeggia il 24 giugno, al solstizio d'estate, il momento in cui il sole tocca il suo punto più alto.

In antichi rituali massonici si legge che il Venerabile poneva ad un affiliato che volesse visitare una loggia la domanda Da dove vieni?; la risposta corretta doveva essere: Da una loggia di San Giovanni.

Nel prologo del Vangelo di San Giovanni le cui parole iniziali sono di evidente, ma insieme oscuro per il profano, significato esoterico:

In principio era il verbo e il verbo era presso Dio e il verbo era Dio [...] in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce risplende tra le tenebre; ma le tenebre non l'hanno ricevuta.

 

La luce chiede chi cerca la verità. La parola perduta, il verbo sono l'oggetto della incessante ricerca dell'iniziato attraverso la via simbolica.

La dottrina del verbo fatto carne, cioè la ragione divina incarnata nell'umanità è un concetto platonico che risale ai più antichi pensatori.

Quale orizzonte immenso – dice Fulcanelli rivela la parabola del grano affidato alla terra, riportata da San Giovanni: «In verità, in verità vi dico, se il granello di frumento, cadendo in terra non muore, esso rimane solo, ma se invece muore, esso porta molti frutti».

 

E ancora Giovanni riporta il racconto della resurrezione di Lazzaro. Morte dunque e rinascita, un tema che nel suo profondo significato ricorre nel lavoro dell'iniziato.

L'Apocalisse di Giovanni è libro simbolico per eccellenza, visione che travalica l'ambito nel quale la successiva tradizione lo ha inserito, e luogo di percorso iniziatico attraverso l'arduo immergersi nella complessità delle immagini simboliche.

Giovanni dunque è figura che si inserisce pienamente nella tradizione massonica.

Giovanni è figura doppia: due sono i santi, due le feste. L'aspetto binario, la duplicità sono concetti principali della simbologia massonica: le due colonne, il pavimento a mosaico, il sole e la luna, etc.

Ancora, il solstizio d'inverno si situa all'inizio del ciclo solare, il sole al punto più basso, il segno del Capricorno, il nord, il punto dal quale inizia l'ascesa, la porta che nell'edificio sacro è opposta a quella cosiddetta "degli uomini", quella del sud, del solstizio d'estate, del punto
più alto, dal quale inizia la discesa: solo l'uomo può discendere, per poi risalire.

La discesa nella terra per risalire verso la luce.

Nel Vangelo di Giovanni è scritto: Io sono la porta.

Etimologicamente Giovanni deriva dall'ebraico Jeho h'annan: colui che Jeho favorisce.

Lo stesso verbo si trova – ci dice Oswald Wirth – in H'anni-Baal o Annibale, che significa "favorito da Baal".

Ma Jeho e Baal non sono che nomi del Sole, il Dio-Luce che illumina le intelligenze. Jeho h'annan, Johannes, diventa il sinonimo di uomo illuminato. Le iniziali di Johannes e di Baptista forse non casualmente evocano le iniziali dei nomi delle due colonne (Jakin e Boaz) poste da Hiram davanti al Tempio di Salomone, così come quelle delle due colonne che stanno all'ingresso del Tempio Massonico.

Gli antichi collegia fabrorum romani, antenati delle corporazioni medievali di costruttori, festeggiavano ai due solstizi il dio Giano. Giano ha più che un'assonanza con Giovanni.

Il dio dalla doppia effigie presiedeva all'inaugurazione del cammino ascendente, e poi discendente, del sole, era il dio di tutti gli inizi. Iniziato è colui che inizia il cammino, che entra dalla porta degli uomini. Gennaio è il primo mese, il mese di Giano: Januarius. Janua è la porta. Giano era raffigurato sulle porte delle città.

Le sue insegne erano la chiave e la bacchetta, il baculo. La bacchetta, il baculo, fa pensare alla bacchetta del mago, a quella con la quale Mosè toccò la pietra per farne scaturire l'acqua, al bastone del comando dei sovrani, al baculum che tiene in mano nell'iconografia medievale il maestro d'opera, l'architetto.

È un segno di controllo e di comando, di potere, per ordinare ciò che è sparso.

Il nome di Janus evoca quello di Eanus, una divinità fenicia – dice Eduard Plantagenet – rappresentata da un serpente che si morde la coda, l'uroboros, simboleggiante l'eterno scorrere del tempo, il rinnovo senza fine, il fluido vitale cosmico, il principio universale (su un architrave di porta della Chiesa di S. Maria a Vezzolano, in Piemonte ho visto scolpito un uroborus).

Giano, d'altra parte è il dio dell'inizio e della fine, o meglio di tutti gli inizi e di tutte le fini che compongono questo universo, del ritmo continuo di nascite e morti, che sono il destino dell'uomo e sono caratteri della scena della quale facciamo parte.

 

Tra le due porte è lo spazio del tempio. Tra il principio e la fine è l'eterno presente, l'attimo della creazione, il folgorante istante nel quale tutto è compreso e tutto è.

Una faccia del dio Giano guardava il passato e l'altra l'avvenire, quella invisibile contemplava l'eterno presente. I due Giovanni segnano allora l'inizio e la fine, i continui termini del tempo ciclico. La loro funzione evoca il "potere delle chiavi", legato all'iniziazione ai piccoli misteri, con la chiave d'argento e ai grandi misteri, con la chiave d'oro.

Essi inquadrano il Sole di Giustizia, come i solstizi inquadrano la manifestazione del sole (la nascita di Cristo si situa nel momento della festa del Sol invictus, ciò che lo lega simbolicamente alle antiche divinità solari, come Mitra e Apollo).

Durante le feste di San Giovanni, riprendendo riti antichissimi, legati alla fertilità e ai raccolti delle messi, molti popoli hanno continuato la tradizione di accendere grandi fuochi attorno ai quali vengono compiuti gesti rituali.

Al solstizio d'inverno il sole si trova nel punto più basso, le giornate si sono accorciate, le notti sono più lunghe. Ma il sole non scompare. Toccato il punto più basso, esso rinasce e risale ancora una volta, come sempre. Dicembre è l'ultimo. Nel nome dell'ultimo mese è il dieci; dieci è il numero della Tetraktys pitagorica, il simbolo della totalità, del compimento.

Il dieci chiude la porta, la luce svanisce, ma solo per un istante. Gennaio, il primo, Januarius, apre la porta e la luce torna.

 

L'Architettura e il Sole

I punti solstiziali si spostano nel cielo delle stelle fisse, di cui fanno il giro in 25.920 anni, e determinano le direzioni cardinali, il nord e il sud, e perciò ogni misura costante dello spazio.

Proviamo ora ad entrare nel complesso itinerario simbolico che la mente può percorrere seguendo il modello cosmico che il solstizio porta ad evocare.

La Massoneria nasce dalla tradizione operativa dell'Architettura, e da questa arte l'Ordine trae, nella sua fase speculativa, il materiale simbolico che alimenta il suo lavoro.

Il linguaggio dell'Architettura è il linguaggio della Massoneria. L'Essere Supremo, l'origine di tutte le cose, è chiamato con il nome di Architetto. L'architettura è una forma simbolica che suggerisce significati nascosti, significati che travalicano quelli enunciati dalle sue apparenze. Il luogo di celebrazione dei rituali massonici è detto Tempio, una struttura che dell'Architettura è archetipo e riassunto simbolico.

Quando non furono per lui sufficienti i ripari forniti dalla natura, l'uomo divenne architetto e creò la capanna, origine costruttiva e simbolica dell'architettura: un luogo coperto (nella parola "architettura" è già compreso il termine tetto), un luogo nel quale la copertura richiama l'immagine protettiva della volta della caverna e insieme l'immensità della volta celeste; luogo della manifestazione alla quale noi apparteniamo e oggetto delle nostre domande più profonde.

È attraverso l'architettura simbolica del tempio, modello del cosmo, che la tradizione iniziatica, e con essa la Massoneria, entra in contatto con l'atto della creazione. Il tempio è il luogo del lavoro e insieme strumento del lavoro stesso.

Il significato primo della simbologia architettonica e cosmica delle due colonne che segnavano l'ingresso del tempio di Salomone, immagini di quelle che sono all'ingresso del Tempio Massonico, il significato primo di quelle colonne, è da mettere in rapporto con l'antica osservazione rituale del sole nel corso dell'anno.

A Tiro, in Fenicia (da quei luoghi, secondo la Bibbia, proveniva Hiram, l'architetto del Tempio di Salomone) vi era (lo abbiamo già detto in un precedente testo qui pubblicato) un tempio dedicato ad Eracle, dice Erodoto, e il tempio era ornato di due colonne, una di oro purissimo, l'altra di pietra di smeraldo. Qui osserviamo che Eracle è ornato emblematicamente di una pelle di leone. Il leone, anche per il suo aspetto, è stato, dai tempi più antichi, considerato un simbolo del sole, e così Eracle è considerato divinità solare.

L'osservatore rituale del sole si situava al centro del luogo sacro, guardando verso oriente, cioè verso il levar del sole, in un luogo preciso e invariabile. Seguiva gli spostamenti progressivi del sorgere del sole all'orizzonte tra i due limiti estremi raggiunti ai solstizi d'estate e d'inverno. Marcava poi sul terreno quei punti essenziali con due elementi verticali: pali di legno, obelischi, piloni o colonne, come quelle appunto del tempio di Gerusalemme.

Questo permetteva di stabilire con esattezza le direzioni cardinali, di indagare i moti dell'universo, di situarsi con precisione all'interno di essi. Per questo le costruzioni furono da sempre orientate, per questo i templi furono da sempre l'immagine del cosmo.

Il leone (e le colonne d'ingresso di templi e cattedrali posano in genere su leoni stilofori) è allora simbolo del sole nel suo corso, nel succedersi delle stagioni, è simbolo di vita e di rinascita, così come la natura, in un processo segnato dal corso del sole, continuamente rinasce. E così il Tempio, innalzato alla gloria dell'Essere Supremo, è la manifestazione simbolica dell'universo. L'ingresso avviene tra due colonne, la deambulazione sul pavimentò a mosaico, che è squadrato perché la terra ha quattro angoli, ha misure finite, mentre in alto è la volta celeste che, nella sua ideale curva riprende l'incommensurabilità del cielo, e per l'occhio centrale passa il filo a piombo del Grande Architetto, l'asse del mondo che unisce ciò che sta in basso con ciò che sta in alto.

 

I Portali dei Maestri

Molti si arrovellano e si sono arrovellati intorno all'origine della Massoneria attraverso la ricerca e lo studio di documenti scritti. Ma per l'essenza stessa del segreto iniziatico, e la Massoneria è un Ordine iniziatico, nessuno scritto può spiegare l'iniziazione né descriverne gli strumenti.

Al di là quindi di alcuni dati riferiti alla fondazione della Massoneria speculativa o a norme di comportamento, non si troverà verosimilmente nulla che testimoni il filo della tradizione più delle opere stesse, delle costruzioni di coloro che furono iniziati dell'Arte.

I Maestri Campionesi, e la più grande compagine dei Comacini, dei quali essi facevano parte, e dei quali stessi non è il caso di porre in dubbio, come è stato fatto, addirittura l'esistenza, poiché sono le opere a parlare per loro, e le opere dicono, a chi sa leggerle, la loro appartenenza alla antica tradizione iniziatica dei costruttori, i Campionesi, dicevo, hanno dato, con l'Architettura, senso profondo all'iniziazione, e con l'Architettura, ne hanno tramandato gli strumenti.

 

Sui Maestri Comacini consultare la sezione dedicata:

I Maestri Comacini

 

Ad una attenta osservazione non può sfuggire il profondo significato simbolico dei portali delle chiese romaniche e gotiche, molti dei quali sono opera di maestri comacini o campionesi.

Voglio ricordare qui come esempi, i portali o protiri, delle Chiese di Santa Maria Maggiore a Bergamo e di quella di San Zeno a Verona o quello della Cattedrale di Ferrara.

Quello di Verona è opera forse di Niccolò e Guglielmo che vi operarono sicuramente con maestri di area comacina intorno alla metà del XIl secolo (San Zeno è tra l'altro patrono di Campione e a San Zeno era dedicata la sua Chiesa più antica). A Ferrara lo stesso Niccolò fu artefice del portale.

Quello di Bergamo (portale sud) è opera della metà del XIV secolo di Giovanni da Campione.

Lo schema dei protiri, eseguiti a due secoli di distanza (secoli che videro il massimo splendore operativo dei comacini) è, per alcune parti, che analizzeremo, identico.

Due colonne, sostenute da due leoni, portano, appoggiata alla facciata della chiesa un'edicola che poggia su di un arco.

Il pavimento oltre le colonne, a Bergamo, è a riquadri bianchi e neri, i leoni sono sempre di marmo rosso (rosso è il colore del fuoco, il colore del sole). Le pareti dell'edicola sono in entrambi i monumenti a fasce orizzontali alternate: bianche e nere o rosse e bianche.

Sopra le colonne, nel protiro di San Zeno e anche a Ferrara, agli estremi dell'arco dell'edicola, (si dice "l'arco dell'anno" – in altri portali, sull'arco, ci sono i segni dello zodiaco o i lavori dei mesi), agli estremi dell'arco sono rappresentati i due Giovanni.

I solstizi, abbiamo detto, sono le porte del cielo e i Due Giovanni sono i custodi.

Il Giovanni che viene prima dell'inizio e quello che chiude il libro.

La presenza dei due Santi connota effettivamente la porta come "porta solstiziale".

Prima che San Gerolamo attribuisse a San Giovanni Evangelista il simbolo dell'aquila, Sant'Irnerio, nel Il secolo dopo Cristo, gli aveva attribuito il leone, poiché Giovanni, come abbiamo visto, è un santo segreto, è figura che riprende quella degli antichi numi tutelari delle porte del sole, porte delle quali il leone era considerato simbolo e guardiano.

Ma la complessa simbologia che sottende queste porte non si ferma qui, alla superficie del processo percettivo e conoscitivo.

Il linguaggio simbolico, che è il linguaggio della Massoneria, è una chiave per aprire alla mente le porte successive, che permettono di penetrare sempre più a fondo nel processo della conoscenza.

Proviamo allora ad andare avanti.

Le due colonne, traguardi dell'osservazione rituale del Sole, segni del suo movimento sulla volta celeste, alludono ai poli equinoziali e, insieme al pavimento a mosaico del Tempio Massonico e anche del portale d'ingresso alla Cattedrale, al concetto di polarità.

L'opposizione delle polarità è un concetto primordiale, un polo non può essere derivato né trasposto nell'altro. Essi restano divisi, ma ognuno è presupposto dell'altro.

Le due colonne sono simili, ma diverse. Quelle che vide Erodoto erano una d'oro, l'altra di smeraldo, quelle del Tempio di Salomone, come quelle del Tempio massonico, hanno forma uguale, ma nomi e attributi diversi.

Tra i due poli si crea un campo di equilibrio. Il punto di equilibrio sta su di una linea infinitamente sottile che divide il polo negativo da quello positivo. Così chi entra nel tempio attraverso le due colonne si avvicina e oltrepassa questa linea virtuale che è un limite. Il concetto di limite lo troviamo nella matematica moderna per affrontare lo studio del calcolo infinitesimale, ma esso è un concetto filosofico che l'uomo che pensa e cerca di comprendere si trova ad affrontare da sempre.

Per avvicinarsi all'infinitamente piccolo o all'infinitamente grande la mente deve escludere il puro ragionamento razionale e mettere in atto le facoltà intuitive che entrano in campo attraverso paradossi (scarti trasversali attraverso i quali la mente, disorientata, è avviata a comprendere l'inusuale; così i koan della dottrina Zen).

Il filosofo greco Zenone di Elea, vissuto nel V secolo a.C., e che Aristotile definì l'inventore della dialettica, espose, a questo proposito, alcuni enunciati paradossali, che gettano luce su quanto stiamo dicendo, e che peraltro sono ripresi nella speculazione scientifica moderna quando si tratta di occuparsi della struttura infinitesimale della materia.

Il paradosso di Achille e della tartaruga dice che se una tartaruga ha un passo di vantaggio, non sarà mai raggiunta dal "piè veloce" Achille.

Infatti, prima di raggiungerla, Achille dovrà arrivare alla posizione occupata in precedenza dalla tartaruga, che nel frattempo si sarà spostata di un intervallo, sia pure piccolissimo, di spazio. Così la distanza tra Achille e la tartaruga non si ridurrà mai a zero, pur diventando sempre più piccola.

Questo non nega l'apparenza sensibile del movimento, ma ne mette in dubbio la razionalità che è messa in crisi da un diverso criterio di osservazione. Saltando ora ai giorni nostri troviamo uno dei princìpi attualmente più noti della fisica moderna.

È il principio di indeterminazione di Heisemberg, il quale definisce l'impossibilità concettuale di eseguire determinate misure in date condizioni, per esempio che di un corpo, in determinate condizioni di altissima accelerazione, non è dato conoscere la posizione, data la velocità e viceversa.

Ora se consideriamo l'ingresso tra le colonne che introducono al Tempio, attraverso la soglia, che divide il tempo finito, misurabile, da quello infinito, incommensurabile, ecco che il principio appena enunciato si applica perfettamente a questa esperienza.

Per avvicinare il limite, l'intervallo sempre più piccolo, che divide dalla linea infinitamente sottile della soglia, è infinitamente piccolo, come infinitamente piccolo è quello che si supera al di là della soglia, per trovarsi dall'altra parte.

In questo luogo di transizione, in questo luogo intermedio, che sta tra il "fuori" e il "dentro", il rapporto tra Io spazio e il tempo, quindi la velocità, è infinito. Così è impossibile, in queste condizioni concettuali, la definizione della massa, ossia del corpo fisico di chi sta varcando il limite.

Ciò è vero perché, in quell'infinitamente piccolo istante, avviene simbolicamente una trasmutazione: da una realtà fisica, l'iniziato, colui che entra, è proiettato in una realtà spirituale.

In quell'infinitesimo istante, il tempo si contrae e si dilata contemporaneamente e l'infinito si congiunge con se stesso; il serpente ingoia la propria coda.

Così si comprende che l'ingresso in una Chiesa o in un Tempio attraverso due colonne può essere vissuto attraverso facoltà della mente che non sono quelle della pura realtà sensibile.

Questo fa parte del sapere tradizionale, che l'architettura dei Maestri ci ha tramandato e che essi hanno ripreso da chi venne prima di loro. È un sapere che troviamo sotto forme, vorrei dire, sotto veli diversi, nella scienza antica e in quella moderna, intendendo come scienza la forma più ampia e profonda che l'uomo ha dato alla propria ricerca.

Possiamo trovarlo ancora, questo sapere, nei portali di cui stiamo parlando.

E allora torniamo ai leoni che sostengono le colonne: colonne e leoni ci parlano dello spazio e del tempo, o meglio, dello spazio-tempo.

Un geroglifico del papiro egiziano di Ani (facciamo queste osservazione grazie a Schwaller de Lubikz) rappresenta l'apparizione del sole all'orizzonte tra due leoni, chiamati Ieri e Domani, così commentata: A me appartiene ieri e io conosco il domani: che cos'é ?

In un'altra tipica immagine, tra i due leoni, il disco solare è circondato dall'uroboros, il serpente che si morde la coda, simbolo dell'eternità, stretto tra due braccia che scendono dal cielo.

Tra le zampe della Sfinge, a Giza, su una stele, con l'immagine dei due leoni e del sole, è scritto che la Sfinge (con il corpo di leone) segna lo splendido luogo del Primo Tempo.

Al centro dell'edicola del portale di Verona, in alto, sopra i leoni, sopra le colonne, una mano inscritta in un cerchio, indica verso l'alto.

 

Chi attraversa uno di questi portali, come a Bergamo, come a Verona, entra per la Porta del Tempo.

Tra le due colonne, tra i due leoni, attraversa la soglia del tempo, il limite tra il tempo umano e il Gran Tempo, tra il tempo profano e quello eterno nel quale si vive all'interno del Tempio. È l'eterno presente, che l'iniziato incontra attraversando il limite infinito della soglia, lo spazio-tempo segnato dall'eterno movimento del sole, il limite tra il tempo e il non tempo, il confine tra lo spazio profano e quello sacro, il luogo dove chi cerca la conoscenza può trovare la strada che unisce la terra al cosmo.

Sulla porta della Chiesa di Verona, in un pannello, è rappresentato, tra due colonne e sotto un arco, il lapicida intento a lavorare la pietra cubica.

Per concludere, a Bergamo, Giovanni da Campione scolpisce, sul lato orientale dell'edicola, i Quattro Coronati, Santi protettori dei lapicidi, e dà con la sua opera, per chi sa intendere, un senso illuminante al passaggio tra le colonne.

 

 

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