Ernesto Nathan

 

Il Politico

 

 
 

Nel 1910 Nathan, nella sua qualità di Sindaco di Roma, pronuncia il 20 Settembre dinanzi alla breccia di Porta Pia un discorso che crea violenti polemiche. Scriverà a proposito Nathan: Lo sdegno pontificale, misurato o no, calcolato o no (le teste di Turco sono sempre «manichini» pregiati nell'arte diplomatica), ha richiamato sulle mie povere parole l'attenzione di molte persone, in molte parti del mondo; l'appassionato appello alla universalità contro il «blasfema» contro l'usurpazione italiana che ad un cittadino lascia la libertà di pensiero, libertà di parola nella città Eterna, danno alla consueta annua rivendicazione dinnanzi alla breccia di Porta Pia un valore diverso: la importanza di un documento, non utile illustrazione di un dato momento nella storia di Roma e dei poteri che se ne contrastano il possesso. Conoscerlo nella sua integrità, non come fu raffazzonato, riassunto, commentato, è bene; come non è male mettere sott'occhio, a chi voglia serenamente conoscere e giudicare, il testo preciso della unilateralmente appassionata discussione; il discorso originale, la requisitoria solenne e vibrata in nome del Pontificato, l'austera pacifica risposta.
Varranno le brevi pagine a snebbiare la mente di non pochi, tratti in errore; altri illumineranno sull'atteggiamento di chi, ritornando ai tempi classici di Pio IX, in nome del Redentore e della Religione, inutilmente s'affanna a trascinare Stati e Popoli ad insorgere contro l'unità dello Stato e la volontà del Popolo.
Roma, 15 novembre 1910


 

«Cittadini,
Non parlo in nome della sola Roma, ne è segno la corona or ora presentatami, la presenza del Consiglio provinciale, presieduto dall'illustre suo vice-presidente. È tutta la plaga intorno a noi, è tutta la provincia che s'unisce alla città, solidale con essa nelle libere affermazioni, nelle popolari aspirazioni.
E, se di nuovo io m'indirizzo a Voi da questo storico luogo, è per volontà vostra, da poco manifestata col vostro suffragio; voleste che la voce dell'Amministrazione popolare risonasse di nuovo qui, e questa rappresentanza voleste nell'anno quando da ogni lato d'Italia e da fuori, dai due emisferi, connazionali e stranieri si recheranno qui in pellegrinaggio per rammemorare il giorno in cui, mezzo secolo fa, il Parlamento subalpino, nella certa visione dei destini nazionali, Roma rivendicò Capitale dell'Italia nuova.
Dinanzi alla volontà del popolo, all'opera dei grandi fattori, l'Apostolo, il Guerriero, il Re, lo Statista, dinanzi al prode esercito, ai valorosi volontari, ai cittadini, quanti oprarono, soffrirono, morirono, per la prescienza che talvolta illumina uomini ed assemblee, così allora statuì quell'illustre patriottico consesso, e così, nella maturità degli eventi, fu! Conferma di quel voto solenne, noi siamo qui oggi; e domani il mondo intero nelle molteplici sue rappresentanze qui converrà per constatare come la Roma dell'oggi, la Roma della Terza Italia, riprenda il cammino dal destino assegnatole, riassuma in sé la volontà e le aspirazioni di un grande popolo, varchi le frontiere, e nelle estrinsecazioni della vita, nelle manifestazioni del pensiero, attraverso i monti, attraverso i mari, s'affratelli con gli altri popoli.
Tale la Roma ch'è onorato mio ufficio qui rappresentare, vindice della libertà del pensiero, entrata in un con la bandiera tricolore, attraverso questa breccia; un'altra Roma, prototipo del passato, si rinchiude entro un perimetro più ristretto delle mura di Belisario, intesa a comprimere nel brevissimo circuito il pensiero, nella tema che, come gli imbalsamati cadaveri del vecchio Egitto, il contatto con l'aria libera abbia a risolverla in polvere. Da lì, dal fortilizio del dogma, ultimo disperato sforzo per eternare il regno dell'ignoranza, scende, da un lato, l'ordine ai fedeli di bandire dalle scuole la stampa periodica, quella che narra della vita e del pensiero odierno; dall'altro risuona tonante — elettricità negativa senza contatto con la positiva — la proscrizione contro gli uomini e le associazioni desiderosi di conciliare le pratiche e i dettati della loro fede, con gl'insegnamenti dell'intelletto, della vita vissuta, delle aspirazioni morali e sociali della civiltà...
Ritornate, o cittadini, alla Roma di un anno prima della breccia; nel 1869. Convennero allora in pellegrinaggio i fedeli da tutte le parti del mondo, qui chiamati per una grande solenne affermazione della cattolicità regnante. S. Pietro, nella monumentale sua maestosità, raccoglieva nell'ampio grembo i rappresentanti del dogma, in Eucumenico Concilio; vennero per sancire che il Pontefice, in diretta rappresentanza e successione di Gesù, dovesse, come il Figlio, ereditare onnisciente illimitato potere sugli uomini, e da ogni giudizio umano i decreti suoi sottrarre, in virtù della infallibilità proclamata, riconosciuta, accettata. Era l'inverso della rivelazione biblica del Figlio di Dio fattosi uomo in terra; era il figlio dell'uomo fattosi Dio in terra! Vi fu chi, forte nella storia dei Pontefici attraverso i secoli, reagì alla bestemmia rivolta a Dio e agli uomini, Doellinger. Rimase solo! Revocare in dubbio, discutere i decreti del Capo della Chiesa per la gerarchia era il primo passo per sottometterli al libero esame; era il forellino attraverso cui passava l'aria ossigenata della scienza, del progresso civile. E però sulle vecchie mura del dogma si sovrappose l'intonaco dell'infallibilità per unanime consenso. Fu l'ultima grande affermazione dinanzi al mondo della Roma prima della breccia, era l'ultimo pellegrinaggio al Pontefice-Re.
Confrontate il fatto di allora con quello che ora si prepara, e misurate il cammino percorso in quarant'anni, un giorno nella vita della città eterna?
Guardatela nelle nuove forme, nei nuovi atteggiamenti! Le mura di Belisario trapassate da ogni lato, come le mura di Servio Tullio, stanno là a determinare il circuito della vecchia Roma, coi suoi orti, con le sue ville, con le sue straducole inondate dal Tevere; oggi le ville e gli orti si protendono verso il colle e il mare, senza soluzioni di continuità, e appena qualche albero, tra le nuove, larghe, illuminate vie, fra le case moderne, delle altre ricorda l'esistenza. Il Gesù è divenuto un archivio nazionale, archivio anche di tristi memorie; Castel S. Angelo, la tomba del morto imperatore romano, ridotta poi a tomba dei viventi sudditi papali, è un museo di ricordi e d'arte medioevale, per insegnamento ed affinamento dei cittadini; l'insigne e colossale monumento della grandezza romana, le Terme Diocleziane, ridotte a fienili, magazzini e sconci abituri, ora si circonda di giardini e ritorna in vita, degna vita, grande, impareggiabile museo nazionale di arte antica.
E potrei continuare; mostrarvi la scuola elementare, il Lungo Tevere, là dove si ergeva, monumento di stolta intolleranza, il Ghetto; i bagni pubblici in recinti ove la tolleranza consentiva la corruzione dei costumi: riassumo. Nella Roma di un tempo non bastavano mai le chiese per pregare, mentre invano si chiedevano le scuole; oggi le chiese sovrabbondano, esuberano; le scuole, non bastano mai! Ecco il significato della breccia, o cittadini! Nessuna chiesa senza scuola! Illuminata coscienza per ogni fede, ecco il significato della Roma d'oggi...».
«Cittadini,
Ovunque, da Torino a Marsala e Palermo, da Napoli a Perugia, ai campi di Castelfidardo, l'Italia ha celebrato la ricorrenza cinquantenaria dei fasti della sua ricomposizione ad unità, ed ovunque fu presente Roma nel cuore della sua cittadinanza nella parola dei rappresentanti suoi. Oggi alla quarantenaria ricorrenza del giorno fatidico, che ha sacrato l'unità patria, il Paese tutto è qui presente, nella sua più Augusta Rappresentanza; con noi ricorda il passato, con noi fraternamente opra il presente, con noi prepara nella coscienza del comune dovere l'avvenire. Un solo grido prorompa dai vostri petti dinanzi a questa breccia: evviva la Terza Italia».

 

    

  

Indice: Ernesto Nathan


Antonio De Curtis Rudyard Kipling G.B. Amendola Giovanni Bovio Ernesto Nathan

Tommaso Crudeli C.A. Salustri (Trilussa) Agostino De Pretis Emilio Servadio Giovanni Mosca


Uno di Noi... Uno dei tanti

Musica: Vino veritas - Carmina Burana secolo XIII