É noto che secondo le recenti ricerche, più che rappresentare un rapporto religioso, il Totem costituisce una forma sociale di vita, nel senso che il totem, ossia la specie animale, o, meno spesso, vegetale, venerata da una tribù, a cui la specie dà il proprio nome, insieme alla presunzione di essere stata da essa generata - donde la paternità naturale del totem rispetto al gruppo - più che un dio (o meglio, una specie, una collettività divina), è il fulcro intorno a cui la intera vita individuale e sociale si organizza e si concentra, sino al punto di fare di tutte le persone, che si denominano da questo totem, membri di una sola ed unica famiglia discendente da esso, e quindi strettamente consanguinei: ragione precipua della exogamia regnante nelle tribù totemiche e del loro estremo ed assoluto collettivismo.

Questo punto posto in rilievo, quale tratto fondamentale del totemismo, mostra nella maniera più evidente che funzione precipua di esso è non già la spiegazione dei fenomeni naturali, l'orientamento dell'uomo nella natura ostile e la lotta contro di essa per la conquista di una forza vitale sempre più preponderante: bensì, in modo quasi esclusivo, il mantenimento della semplice coesione sociale e la differenziazione fra loro dei singoli gruppi umani [1], in un ambiente naturale che ormai ha quasi perduto la sua importanza suprema per l'uomo e la sua capacità stimolatrice per lo spirito, in seguito ad una conoscenza e ad un adattamento ormai da lungo tempo conseguito.

E di fatti, se noi ci rappresentiamo l'uomo primitivo, che ha raggiunto la sua adeguazione alla realtà naturale circostante, mediante la scoperta e la conquista di quei mezzi rudimentali di vita (pratici e ideologici), che sono ad essi strettamente indispensabili, e che in luogo di potenziare al supremo grado spirituale questo conseguito orientamento nella natura, e di slanciarsi quindi in qualche cosa di superiore; per innata pigrizia spirituale, o per altre circostanze esteriori sfavorevoli, si attarda o si arresta nella posizione raggiunta, è evidente che la religione della natura, non avendo più quella missione conquistatrice di forza, che formava, secondo tutte le indagini migliori, la sua ragion d'essere e la condizione stessa del suo perdurare [2], pian piano forzatamente dovette andar perdendo tutta quella parte di sé, che mirava all'orientamento dell'uomo nella natura, per non rimanere altro che quegli elementi che corrispondevano ad una funzione necessaria e permanente: dico il mantenimento perenne della coesione sociale, mediante sia uno stretto vincolo interno, sia una marcata differenziazione esterna dei singoli gruppi. Ed é questo appunto tutto ciò che costituisce la essenza del totemismo.

Ciò ci rivela come noi abbiamo precisamente a che fare con un rudere, molto prezioso e molto utilizzabile senza dubbio, di quella che fu la primitiva forma di vita umana, ma della quale non é rimasto se non quanto rappresentava ancora appunto un bisogno durevole e persistente. E ciò in armonia della legge fondamentale della vita e dello spirito umano, che non conserva se non le cose che hanno ancora una funzione attiva nello spirito, e corrispondono quindi ad un fine da conseguire, cadendo tutte le altre nella atrofia prima, nel dissolvimento o nell'oblio dopo. Noi stessi siamo testimoni ed attori ogni giorno di questa legge, la quale é così inesorabile e spietata, che spesso stralcia e falcidia quegli stessi acquisti che tanti sudori ci erano costati, e quelle stesse tendenze che tanto feconde avrebbero potuto essere per l'esistenza nostra: gli acquisti perché é venuto a mancare quell'interesse preponderante a cui rispondevano e l'attenzione viva che dall'interesse deriva; le tendenze perché non hanno saputo o potuto avere la forza, di imporsi in modo attivo e vittorioso alla coscienza [3]. Ciò che é il fenomeno giornaliero della piccola esistenza nostra, non é se non la ripetizione in miniatura di ciò che avviene in grande nello spirito della specie e nella dinamica della vita dell'umanità.

Detto questo però, risulta chiaro che il totemismo; per essere appunto ciò che della religione della natura ha avuto ragione e motivo di sopravvivere, deve contenere senza dubbio in sé elementi caratteristici e preziosi di essa, la cui ricerca é sommamente utile.

Ora, un elemento che certo é stato fecondo come nessun altro di rivelare all'indagine la profonda funzione sociale e biologica che la religione assolve nella storia della umanità, é il carattere strettamente collettivistico che ebbe la fede nelle società primitive [4]. Di contro alla ingenua e semplicistica concezione che una volta si aveva dell'uomo delle origini, come un animale vivente del tutto isolato su gli alberi o in reconditi rifugi, individuo singolo in lotta contro tutto e contro tutti, si é ormai affermato - e precipuamente in virtù dello studio del totemismo - che il bisogno fondamentale che l'uomo dovette sentire per primo, fu quello del collegamento più saldo, più stretto, più omogeneo, quasi per presentare di contro alla natura una forza che della esistenza individuale avesse tutta la coesione, e di quella collettiva tutta la ricchezza e l'intensità [5]: sintesi poderosa, che nella religione, come ancor oggi il totemismo mostra, trovò la sua scaturigine feconda e la sua espressione efficacissima. E in fatti attraverso le cerimonie, le credenze, le istituzioni, le forme di vita totemiche sembra che costantemente una sola finalità si affermi: quella di conseguire una perfetta unità, sia imprimendola nella coscienza del singolo, che non si sente così che una semplice molecola di un blocco infrangibile ed omogeneo, sia attuandola nella realtà collettiva che risulta dalla convergenza perfetta in un tutto unico di queste singole e uniformi consapevolezze individuali [6]. E della suddetta unità  - non vaga ed astratta, ma reale, complessa e collettiva - il totem attuale, ossia la specie venerata, é insieme il simbolo e il mezzo di attuazione e di permanenza nella realtà.

 

 

[1] Ciò ci spiega come lo Spencer e il Lubbok potettero credere che l'origine del totem fosse da ravvisarsi nell'uso di nomi di animali o di piante, fatto dalle tribù per distinguersi fra di loro: nomi che sarebbero quindi rimasti ad esse in qualità di soprannomi. Se questa origine ora non è più creduta, resta però indiscusso che una delle funzioni che il totem assolve, conferendo il proprio nome alla propria tribù, è quella precisamente di dare a essa una individualità precisa e marcata, rispetto alle altre, oltre che l'interna coesione. [Torna al Testo]

[2] È noto che tutte le concezioni più recenti della vita religiosa primitiva, concordano nel ravvisare nel concetto di forza il principio cardine, sia della magia (cfr. Hubert e Mauss, Théorie générale de la magie, in «Année sociologique», VII, p. I08 e segg.), sia del preanimismo (cfr. Mariet, Preanimistic Religion, in «Folklore», 1900, p. 162-187), sia del toteismo (Durkheim) e dello stesso animismo. Per cui é da ritenersi innanzi tutto che il risultato più certo delle indagini su la religione primitiva é che essa corrisponde ad un bisogno fondamentale di forza (cfr. J. Baissac, Les origines de la Religion, Paris, 1899, p. 81-129: «Ex virtute causa»), non solo, ma ancora che é oltremodo vera l'affermazione del Durkheim che: «La nozione di forza é dunque di origine religiosa. È alla religione che la filosofia dapprima e le scienze di poi l'hanno attinta. È ciò che aveva pensato il Comte, ed é perciò che egli faceva della metafisica l'erede della teologia. Solamente egli concludeva che l'idea di forza é destinata a sparire dalla scienza; poiché, in ragione delle sue origini mistiche, egli le negava ogni valore obbiettivo. Noi dimostriamo al contrario che le forze religiose sono reali, per quanto imperfetti possano essere i simboli col cui aiuto esse sono state pensate. Donde seguirà che é lo stesso del concetto di forza in generale» op. cit., p. 292. Ma le forze religiose sono reali non soltanto nel senso in cui le prende l'autore, in quello cioè di forze sociali; esse hanno valore altresì in quanto simboli delle forze naturali e vitali, perseguite dalla religione della natura, e della cui intrinseca fondatezza e consistenza é prova tutta la moderna concezione energetica della natura, ormai vittoriosa nel campo della scienza. [Torna al Testo]

[3] È così che il Bergson ha potuto dire: «Ciascuno di noi, gettando uno sguardo retrospettivo su la sua storia, constaterà che la sua personalità di fanciullo, benché indivisibile, riuniva in sé delle persone diverse, che potevano restare fuse insieme perché esse erano allo stato nascente: questa indecisione, piena di pro-messe é anche uno dei più grandi incanti dell'infanzia. Ma le personalità che si compenetrano divengono incompatibili crescendo, e siccome ciascuno di noi non vive che una sola vita, é forzato a fare una scelta. Noi scegliamo in realtà incessantemente, e incessante-mente abbandoniamo molte cose. La strada che percorriamo nel tempo é disseminata degli avanzi di tutto ciò che noi cominciammo ad essere, di tutto ciò che avremmo potuto divenire». L'évolution créatrice, 5a ed., Paris, 1914, p. 109.     [Torna al Testo]

[4] «È un errore grave credere che la religione abbia cominciato come un fatto individuale e con l'adorazione di esseri divini appartenenti ad individui. Dappertutto nella storia umana si ha per prima la naturale comunità basata sul vincolo consanguineo e gli individui si confondono senza distinzione in questo tutto. Solo poco alla volta e molto adagio si resero conto della loro propria individualità e del loro proprio diritto». O. Pfleiderer, Religione e religioni, trad. ital., Torino, p. 68.       [Torna al Testo]

[5] Lo stesso bisogno della difesa personale contro gli animali, contro l'ostilità della natura e contro gli avversari, poneva l'uomo nella necessità di unirsi ad altri uomini e a formare con essi un saldo gruppo umano. Ciò è costretto a riconoscere anche Mons. Le Roy, per quanto egli cerchi di individuare il nucleo sociale primitivo non nella tribù, come fanno la scuola sociologica e i sostenitori del totemismo, ma nella famiglia: «Ciò che l'uomo sembra temere di più, di fronte alla natura materiale e al mondo degli invisibili che la dominano, é l'isolamento. In questo ambiente selvaggio, spietato per la debolezza, l'uomo isolato é un uomo perduto: Vae soli! Appena sarà trovato senza difesa da uno più forte di lui, egli sarà preso, ridotto in schiavitù, forse mangiato, e, sotto questo punto di vista, l'incontro degli uomini é per lui più dannoso ancora di quello delle belve. Il suo istinto, la cura ch'egli ha della sua conservazione, senza parlare delle altre sue aspirazioni, lo spingono dunque a cercare delle alleanze nel mondo che lo circonda: non v'é nulla di più sicuro, di più durevole e di più dolce di quella della famiglia, perché nulla v'é di più naturale. Così, nei paesi di civiltà primitiva, più la vita é difficile in ragione dei danni che la minacciano, più la famiglia si rinserra; e più la vita diviene facile, più la famiglia si dissolve». La religion des primitifs, Paris, 1909, p. 95-96. É curioso come il Le Roy non si avvegga che la famiglia, composta per sua natura di donne e di bambini, non può rappresentare affatto per l'uomo una forza e un mezzo di difesa contro la natura e gli altri uomini; e che per contro ciò egli lo può conseguire solo nel clan. [Torna al Testo]

[6] Così dice molto bene Léon Marillier: «La nozione della individualità degli esseri, non meno di quella della loro specificità... non é una nozione di antichissima data. Tutti i membri di uno stesso clan formavano in realtà un solo essere multiplo, che una sola anima, incarnata in uno stesso sangue, faceva muovere e vivere». La place du totémisme dans l'évolution religieuse, in « Revue de l'hist, des religions » 1897, p. 236. [Torna al Testo]

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