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Ermete Trismegisto a Tat: dell'Intelligenza comune


L'Intelligenza, o Tat, appartiene all'essenza stessa di Dio, se pure Dio ha un'essenza, ciò che lui solo può sapere esattamente. L'Intelligenza non è dunque separata dalla natura di Dio: essa le è unita come luce al sole. Questa intelligenza è il Dio che è in noi: è per questo che alcuni uomini sono Dei e che la loro umanità è vicina alla divinità. Il buon dèmone disse che gli Dei sono uomini immortali e che gli uomini sono Dei mortali. Negli animali irragionevoli l'intelligenza è la natura, poiché dove c'è anima c'è intelligenza, allo stesso modo che dove c'è la vita c'è pure un'anima.
Ma negli animali irragionevoli l'anima è una vita priva d'intelligenza. L'intelligenza è la guida benefica delle anime umane: essa la conduce verso il loro bene. Presso gli animali, essa agisce nel senso della loro natura; presso l'uomo, in senso contrario. Poiché, da quando l'anima penetra nel corpo, è vivificata dal dolore e dal piacere che sono come effluvii emananti dal corpo e dove l'anima discende e vi si tuffa. L'Intelligenza, scoprendo il suo splendore alle anime che governa, lotta contro le loro tendenze, allo stesso modo che un buon medico usa il fuoco e il ferro per combattere le malattie e risanare il corpo. É così che l'intelligenza affligge l'anima, togliendola dal piacere che è la sorgente di tutte le sue malattie. La gran malattia dell'anima è l'allontanamento da Dio; è l'errore che trascina tutti i mali senza alcun bene. L'intelligenza la combatte e riavvicina l'anima a Dio, come il medico rende la salute ai corpi. Le anime umane, che non hanno l'intelligenza per guida, sono nello stesso stato degli animali irragionevoli. L'intelligenza le abbandona alle passioni che le trascinano con l'esca del desiderio verso l'irragionevole, come l'istinto irriflessivo degli animali. Le loro collere e i loro appetiti, egualmente ciechi, le stringono verso il male senza che esse siano mai sazie. Contro questo straripare del male, Dio ha posto una diga, un freno che è la Legge.
Tat: Questo, padre mio, sembra contraddire quello che tu mi hai detto prima, parlando del destino. Se questi o quegli è fatalmente destinato a commettere un adulterio, un sacrilegio o qualche altro delitto, perché è punito una volta che agisce per necessità fatale?
Ermete: Tutto è sottomesso al destino, o figlio mio, e nelle cose corporee nulla accade al di fuori di esso, né di bene né di male. É fatale che colui che ha mal fatto sia punito; ed egli agisce per subire la punizione del suo atto. Ma lasciamo la questione del male e del destino che abbiamo trattato altrove. Noi parliamo ora dell'intelligenza, della sua potenza, dei suoi effetti, differenti nell'uomo e negli altri animali irragionevoli sui quali la sua azione benefica non si esercita, mentre che nell'uomo essa smorza le passioni e i desideri. Ma, tra gli uomini, bisogna distinguere i ragionevoli dagli irragionevoli. Tutti gli uomini, son sottomessi al destino, nella generazione e nella trasformazione che sono il principio e la fine del destino; e tutti gli uomini sopportano quello che è loro destinato. Ma i ragionevoli che sono - come abbiamo detto - guidati dall'intelligenza, non soffrono quello che soffrono gli altri: essi sono estranei al male e, non essendo cattivi, non soffrono il male.
Tat: Che vuoi dire, o padre? L'adultero non è cattivo, l'assassino non è cattivo, e gli altri non sono cattivi?
Ermete: Ma il saggio, o figlio, non avendo commesso adulterio, soffrirà, ma [non] come assassino. É impossibile sfuggire alle condizioni del cangiamento come a quelle della nascita, ma colui che ha l'intelligenza può evitare il vizio. Così, o figlio mio, io ho spesso udito dire da un buon Dèmone; e se egli avesse scritto avrebbe reso gran servigio agli uomini, poiché lui solo, figlio mio, come il Dio primo nato, sapeva tutto e pronunciava le parole divine. Egli diceva dunque che tutto è uno e soprattutto i corpi intelligibili; che noi viviamo in potenza, in atto e in eternità. Così la buona intelligenza [ rassomiglia ] alla propria anima. Così essendo, nulla è separato dagli intelligibili; così l'intelligenza, principio di tutte le cose e anima di Dio, può far tutto ciò che vuole. Rifletti dunque e metti in relazione questo con la questione che tu mi ponevi riguardo alla fatalità e all'intelligenza. Poiché, mettendo da parte le parole che si prestano alla discussione, tu troverai, figlio mio, che l'intelligenza, anima di Dio, domina veramente tutte le cose: il destino, la legge e il resto. Nulla le è impossibile, né di sottometterla ad esso, rendendola indifferente agli accidenti. Così parlava il buon dèmone.
Tat: Erano parole divine, vere e utili; ma ancora una spiegazione. Tu hai detto che negli animali irragionevoli l'intelligenza agisce conforme a natura e nel senso dei loro appetiti. Ma gli appetiti degli animali irragionevoli sono, mi sembra, passioni; l'intelligenza è dunque una passione se si confonde con esse?
Ermete: Bene, o figlio. La tua obiezione è seria e io devo rispondere. Tutto ciò che vi è di incorporeo nel corpo è passivo ed è questo che si dice propriamente " passione". Poiché ogni motore è incorporeo e ogni mobile è corporeo. L'incorporeo è mosso dall'Intelligenza, e il movimento è una passione. Il mobile, quello che comanda e quello che obbedisce, sono dunque egualmente passivi. Ma, separandosi dal corpo, l'intelligenza sfugge alla passione. O piuttosto, figlio mio, nulla vi è d'impossibile, tutto è possibile. Ma la passione differisce dal passivo: l'una agisce, l'altra subisce. I corpi stessi hanno un'energia propria: siano mobili o immobili, è sempre una passione. Ma l'incorporeo è sempre agitato e di conseguenza, passivo. Non lasciarti dunque impressionare dalle parole: azione o passione, è tutt'una cosa. Ma non è male servirsi dell'espressione più nobile.
Tat: Questa spiegazione è chiarissima, padre.
Ermete: Rifletti inoltre, figlio mio, che l'uomo ha ricevuto da Dio, più di tutti gli animali mortali, due doni eguali all'immortalità cioè l'intelligenza e la ragione; ed oltre a ciò egli possiede la ragione enunciativa [il linguaggio]. Se di questi fa un uso conveniente, non differirà in nulla dagli immortali; uscendo dal corpo, s'innalzerà, guidato dall'Intelligenza e dal Verbo, verso il coro dei felici e degli Dei.
Tat: Gli altri animali, o padre, non hanno dunque l'uso della parola?
Ermete: No, figlio mio, essi hanno soltanto la voce. La parola e la voce sono due cose differentissime. La parola è comune a tutti gli uomini, la voce è differente in ciascun genere d'animali.
Tat: Ma, padre mio, il linguaggio differisce pure tra gli uomini, da una nazione all'altra.
Ermete: Il linguaggio è diverso, ma l'uomo è lo stesso perché la ragione parlata è una, e, con la traduzione, si vede che è la stessa, in Egitto, in Persia, in Grecia. Mi sembra, figlio, che tu non conosca la virtù e la grandezza della parola. Il Dio felice, il Dèmone, ha detto che l'anima è nel corpo, l'intelligenza nell'anima, il verbo nell'intelligenza, e che Dio è il padre di tutto ciò. Il Verbo è, dunque, l'immagine dell'Intelligenza, l'Intelligenza è l'immagine di Dio, il corpo è l'immagine dell'idea, l'idea è l'immagine dell'anima. La parte più sottile della materia è l'aria, dell'aria l'anima, dell'anima l'intelligenza, dell'intelligenza Iddio. Dio avvolge e penetra tutto; l'intelligenza avvolge l'anima; l'anima avvolge l'aria; l'aria avvolge la materia. La necessità, la provvidenza e la natura sono gli strumenti del mondo e dell'ordine materiale. Ciascuno degl'intelligibili è una essenza, e la loro essenza è l'identità. Ogni corpo che compone l'universo è multiplo, poiché i corpi composti, avendo in sé l'identità e trasformandosi gli uni negli altri, conservano intatta l'identità. In tutti gli altri corpi composti è il numero di ciascuno, perché, senza numero, non può esserci né composizione né combinazione né dissoluzione. Le unità generano i numeri e li aumentano e separandosi, rientrano in sé stesse. La materia è una, e il mondo intero, questo gran dio, immagine del Dio supremo unito a lui, guardiano dell'ordine stabilito dalla volontà del padre, è la pienezza di vita. E non v'è nulla, in tutta l'eternità della costituzione che ha ricevuto dal padre, non v'è nulla, nell'insieme o nelle parti, che non sia vivente. Nulla è stato mai morto nel mondo, e non è e non sarà mai tale. Il padre ha voluto che fosse vivo per tutta la sua esistenza. É dunque, necessariamente, un Dio. E come in Dio, nell'immagine dell'universo, nella pienezza della vita, potrebbero esserci delle cose morte? Cadavere è ciò che si decompone e si distrugge; e come mai una parte dell'incorruttibile potrebbe corrompersi, e come qualche cosa di Dio potrebbe perire?
Tat: Gli esseri viventi che sono in lui e che sono parti di lui non muoiono dunque, o padre?
Ermete: Non dir questo, figlio mio: è una falsa espressione: nulla muore, ma soltanto ciò che era composto si divide. Questa divisione non è una morte: è l'analisi di una combinazione; ma lo scopo di quest'analisi non è la distruzione, è la rinascita. Qual è, in fondo, l'energia della vita? Non è il movimento? E che cosa c'è di immobile nel mondo? Nulla, figlio mio.
Tat: La terra non ti sembra immobile, padre?
Ermete: No, figlio; essa ha molti movimenti nel mentre che è stabile. Non sarebbe assurdo supporla immobile, essa, la nutrice universale che fa nascere e crescere tutto. Non c'è produzione senza movimento. É questione ridicola domandare se la quarta parte del mondo sia inerte, poiché un corpo immobile non significa altro che inerzia. Sappi dunque, figlio mio, che tutto ciò che è nel mondo, senza eccezione è la sede di un movimento, di accrescimento o di diminuzione. Ora tutto quel che si muove è vivente e la vita universale è una trasformazione necessaria. Nel suo insieme, il mondo non cambia, ma tutte le sue parti si trasformano. Nulla si perde o si distrugge, ma vi è una confusione nelle parole: non la nascita è vita, ma la sensazione; non il cambiamento è morte, ma la vita, l'intelligenza, il soffio, l'anima, tutto ciò che forma l'essere vivente. Ogni animale è, dunque, immortale per l'intelligenza e, soprattutto, l'uomo che è capace di ricevere Iddio e che partecipa della sua essenza. Poiché è il solo animale che si trovi in comunicazione con Dio, di notte mediante i sogni, di giorno mediante i presagi. Dio gli fa conoscere l'avvenire con ogni sorta di mezzi; con gli uccelli, con le viscere, col soffio, con le querce. L'uomo può dunque dire che conosce il passato, il presente e il futuro. Considera inoltre che ciascuno degli altri animali vive solo in una parte del mondo: gli animali acquatici nell'acqua, quelli terrestri sulla terra, quelli volatili nell'aria; l'uomo invece si serve di tutti gli elementi: la terra, l'acqua, l'aria, il fuoco. Egli vede anche il cielo e lo tocca con questa sensazione. Dio avvolge e penetra tutto poiché egli è l'azione e la potenza; non è difficile concepire Iddio, figlio mio. Ma se tu vuoi anche contemplarlo, osserva l'ordine e la bellezza del mondo, la necessità che presiede alle sue manifestazioni, la provvidenza che regola ciò che è stato e ciò che diviene; vedi la vita che riempie la materia e il movimento di questo gran Dio con tutti gli altri Dei buoni e belli e con i dèmoni e gli uomini.
Tat: Ma queste sono pure energie, padre?
Ermete: Se sono energie, chi le fa agire se non Dio? Non sai tu che se il cielo, la terra, l'acqua, l'aria fanno parte del mondo, fanno parte di Dio la vita e l'immortalità e l'energia e il soffio e la necessità e la provvidenza e la natura e l'anima e l'intelligenza e la permanenza di tutte le cose che si chiamano " il bene"? In tutto ciò che è o si produce, vi è Dio.
Tat: C'è dunque nella materia, o padre?
Ermete: La materia, figlio mio, è fuori di Dio se tu vuoi attribuirle un luogo speciale: ma la materia non messa in opera, che cos'altro è se non una massa confusa? E se è messa in opera, ciò avviene per le energie, ed abbiamo detto che le energie son parti di Dio. Da chi i viventi ricevono la vita e gli immortali l'immortalità? Chi produce le trasformazioni? Sia materia, corpo, essenza, sappi che sono là le energie di Dio: energia materiale nella materia, corporale nel corpo, essenziale nell'essenza. Tutto quest'insieme è Dio, e nell'universo non c'è nulla che non sia Dio. Così non c'è né grandezza né luogo, né qualità né forma né tempo al di là di Dio, poiché egli è tutto, egli penetra tutto, egli avvolge tutto. Adora questa parola e inchinati, o figlio, e rendi a Dio il solo culto che gli conviene, cioè di non esser cattivo.
 

 

Indice

Introduzione Ermete Trismegisto Il Discorso Universale Il discorso Sacro Della Monade

Il Dio invisibile è visibile Il Bene è solo in Dio Il Male Nulla muore Il Pensiero

  La Chiave   Dell'Intelligenza comune Dell'Ordine e del Silenzio Della Saggezza