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Il Fuoco

(Vendîdâd, XVIII, 33-63)

 

Dimandò Zarathustra: O Creatore

Degli esseri terreni, o puro, o santo,

Ministro oh! chi egli é mai di quel valente

Sraosa puro (1), incarnata sapienza,

Devoto ad Aura Mazda, e fermo e forte?

Disse allora Aura Mazda: Egli è l'augello,

O Zarathustra, che il gallo si noma,

A cui di Kahrkatasa il nome danno

Maledici i mortali (2). Or, la sua voce

Leva cotesto augel della divina

Aurora al tempo, e dice: Or vi levate,

Uomini, e lode a quella ottima in vita

Santità si tributi. I Devi intanto

S'annientino! Busyasta (3), ecco! v'assale

Con le mani sue lunghe, ed ella vuole

Nel sonno ricacciar, da ch'egli é desto

Alla luce del dì, l'intero mondo

Corporeato. A te, o mortale, un sonno

Lungo, oh no! non s'addice. E voi, frattanto,

Non v'opponete a tre ch'ènno supreme

Bontà, o mortali, al buon pensiero, al buono

Parlare, al buono oprar (4); ma sì evitate

Tre che supremi son peccati, il reo

Pensiero, l'atto reo, la rea parola!

Ma, dei tre tempi della notte al primo,

Figliuolo, il Fuoco, d'Aura Mazda, aita

Chiede al sir della casa: O della casa

Sire, lèvati! Cingi le tue vesti

E le mani ti lava e ti procaccia

De' Legni e a me li porta, indi con pure

Mani que' legni puri alla mia vampa

Accendimi. Se no, quello dai Devi

Azi creato (5) a me verranne contro,

Il viver mio per togliermi oppugnando.

Della notte al secondo dei tre tempi,

Figliuolo, il Fuoco, d'Aura Mazda, aita

Chiede al colono intento: Ora ti teva,

Colono intento! Cingiti le vesti

E le mani ti lava e ti procaccia

De' legni e a me li porta, indi con pure

Mani que' legni puri alla mia vampa

Accendimi. Se no, quello dai Devi

Azi creato a me verranne contro

Il viver mio per togliermi oppugnando.

Al terzo poi dei tre tempi alla notte,

Figliuolo, il Fuoco, d'Aura Mazda, chiede

A Sraosa divo aita. O santo, ei dice,

Sraosa di vago aspetto, or fa che alcuno

Con pure mani rechimi de' puri

Legni alquanto, di tanti che qui sono

Nel terren mondo, ché quello dai Devi

Azi creato a me verranne contra,

Il viver mio per togliermi oppugnando.

Sraosa divo, allor, l'augello desta,

O Zarathustra, che il gallo si noma,

A cui di Kahrkatasa il nome danno

Maledici i mortali. Or, la sua voce

Leva cotesto augel della divina

Aurora al tempo, e dice: Or vi levate,

Uomini, e lode a quella ottima in vita

Santità si tributi. I Devi intanto

S'annientino! Busyasta, ecco! v'assale

Con le mani sue lunghe, ed ella vuole

Nel sonno ricacciar, da ch'egli é desto

Alla luce del dì, l'intero mondo

Corporeato. A te, o mortale, un sonno

Lungo, oh no! non s'addice. E voi, frattanto,

Non v'opponete a tre ch'énno supreme

Bontà, o mortali, al buon pensiero, al buono

Parlare, al buono oprar; ma sì evitate

Tre che supremi son peccati, il reo

Pensiero, l'atto reo, la rea parola!

Allora al sozio suo, tra quei che stanno

Su giacigli a posar, così favella

Il sozio: Ora ti leva! Ecco, mi sprona

Del dì la luce! Quello che dei due

Primo si leva, al Paradiso ascende,

E a quel dei due che primo d'Aura Mazda

Apporta al figlio, con pure le mani,

De' legni puri, a lui, come ad amico,

Contento benedice e satisfatto

Di questa guisa il Fuoco: Oh! di giovenche

Tocchi una mandra a te, venga di forti

Figli una schiera! Operante uno spirto,

Operante una mente anche in te sia,

Viver tu possa con animo lieto

Per quanti a viver giorni hai sulla terra!

Tale del Fuoco il benedir per tale

Che aridi e al sol gli apporta disseccati

I legni puri, sempre ad incremento

Del viver santo dei devoti e pii.

 


 

1 - Il Genio dell'obbedienza.

2 –  Il nome sembra una goffa imitazione, e perciò qui biasimato, del canto del gallo.

3 - Il demone femminile del sonno.

4 - Concetti fondamentali della morale zoroastriana.

5 - Il demone della cupidigia.

 

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