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Il Re Yima

(Vendîdâd, II, 1-41).

 

Così allora ad inchiedere si fea

Zarathustra Aura Mazda (1): O santo Spirto,

Aura Mazda, che gli esseri terreni

Creasti, o puro, a chi mai tu primiero

Fra i mortali volgesti una parola,

Tu che Aura Mazda sei? A chi primiero,

Oltre di me che Zarathustra sono,

Questa religion manifestasti

Che è tua, che è mia? - Questa risposta allora

Aura Mazda rendeva: A Yima, al bello,

A quel d'inclito popolo signore,

O santo Zarathustra! A lui primiero

Fra i mortali io rivolsi una parola

Io che Aura Mazda sono, e a lui primiero,

Oltre di te che Zarathustra sei,

Questa religion manifestai

Che è mia, che é tua. Per che così gli dissi

Io che Aura Mazda sono, o Zarathustra:

"O Yima, o bello, o figlio a Vivahvante (2)

Vieni a me qual maestro alla mia fede,

D'essa propagator!". Ma Yima il bello,

O Zarathustra, così allor mi disse:

“Non a cotesto atto son io. Non io

Ebbi dottrina perché alla tua fede

Maestro fossi e banditor”. “Se adunque

(Io che Aura Mazda son, così gli dissi)

Se per me adunque né maestro vieni

Né banditor della mia fede, oh! questi

Terreni esseri miei (3) tu mi sostenta,

O Yima, e tu gli accresci, e a me sottentra

Guardiano degli esseri terreni,

D'essi proteggitor vienmi e custode!”.

E Yima il bello, o Zarathustra, allora

Così mi rispondea: "Gli esseri tuoi

Terreni prosperar ti farò io,

Crescere io ti farò questi terreni

Esseri. A te sottentrerò di questi

Esseri tuoi custode e protettore.

Oh! fin ch'io regni, mai non sia che ardori

Sopravvengano estivi e nembi algenti,

Non tabe alcuna esizial, non morte!".

Io che Aura Mazda son, gli porsi allora

Un'arma, ed era un pungolo dorato,

Tutto d'oro un aratro. Ebbesi Yima

In man la regia potestà. Ma intanto,

Yima regnando, ben trecento inverni (4)

Trapassaron così quando era ingombra

Tutta d'armenti e bovi ampia la terra,

Di cani ingombra e d'uomini e d'augelli,

Di fuochi rossi e ardenti. In essa ornai

Loco più non potean bovi od armenti,

Non uomini trovar, perch'io consiglio

A Yima così porsi: "O Yima, o bello,

O figlio a Vivahvante, ingombra ornai

Si fe' la terra e d'armenti e di bovi,

Di cani ingombra e d'uomini e d'augelli,

Di fuochi rossi e ardenti. Un loco in essa

Non han bovi, non l'hanno uomini e armenti”.

Yima allora degli astri ver la via,

Del mezzodì verso le plaghe, al corso

Del sol conforme, si movea. Con quello

Aratro d'oro il suol rompendo ei venne,

Fendendo il venne con quell'arma, e intanto

Così dicea: "Deh! cara e santa Armaiti (5)

Al pregar mio diròmpiti, ti fendi,

Nutrice sii di buoi, d'uomini e armenti!”.

Così d'un terzo ancor, più che non era

Vasta dapprima, egli aggrandì la terra,

Sì che ivi si aggirar bovi ed armenti

Ed uomini conforme a lor desio,

A lor voglia così, come pur era.

 

A questo punto si rifà, con le stesse parole, la narrazione di sopra per dire che passarono ugualmente sotto il regno di Yima altri trecento anni e poi altri trecento ancora, e come, alla fine di ciascuno di questi periodi, egli ampliò d'un terzo la terra, cioè ne rese abitabile un'altra parte introducendovi l'agricoltura.

 


 

1 - Così per il metro. Nella Introduzione e nelle note, per maggiore esattezza, abbiam scritto Ahura Mazdao.

2 - Cioè il Lucente (in sanscrito Vivasvant), antica personificazione del sole.

3 - Gli uomini e tutti gli animali buoni e utili all'uomo, che sono le creature di Ahura Mazdao.

4 - Cioè trecento anni.

5 - Genio femminile della terra.

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