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Mai nella storia vi fu Ordine cavalleresco di tanta rinomanza, potenza e ricchezza quale l'Ordine del Tempio (Militia Templi) sicché, ancor oggi, a 650 anni dalla sua soppressione, esistono in Europa e in America Ordini e associazioni che rivendicano la loro discendenza diretta dai Templari di Gerusalemme e si richiamano, nei loro riti e nelle loro opere, al famosissimo Ordine.

Si tratta di un fenomeno che ha provocato dal XIV secolo in poi un fiorire di leggende, di pseudo discendenze, di conventicole, anche potenti, che nella loro continua degenerescenza hanno creato un'atmosfera spesso occulta intorno a questo Ordine nobilissimo, favorendo le speculazioni di molta gente, e provocando da parte di megalomani in buona o cattiva fede, di agenti politici foraggiati da fazioni dinastiche, religiose e talvolta sovversive, la costituzione di gruppi più o meno segreti che furono il focolaio di rivolgimenti anche di notevole importanza, basando la loro azione e la loro propaganda su di una pretesa « Vendetta Templare », lasciata in eredità da Giacomo de Molay, l'ultimo Gran Maestro dei Templari, contro i regnanti ed il Vaticano.

Tale è appunto il fenomeno del « templarismo » e dei « templaristi », dà non confondersi con i Templari, fenomeno non ancora del tutto sopito, sul quale ci intratteremo per quanto ciò sia possibile in un breve riassunto storico e documentato.

Sorse ufficialmente l'Ordine del Tempio nel 1119, dopo che un Cavaliere Crociato, Ugone dei Pagani, dell'omonima famiglia di Nocera dei Pagani in Terra di Basilicata, unitamente al Cavaliere francese Goffredo de Saint-Omer aveva raccolto una squadra armata di nove cavalieri, ottenendo dal Patriarca Wormondo di Gerusalemme e dal Re Baldovino l'autorizzazione di purgare la Terra Santa dal banditismo che vi imperversava, e difendere la fede di Cristo. Adottarono la regola di Sant'Agostino facendo solenne promissione di castità coniugale, povertà ed obbedienza, assumendo l'onore e l'onere di difendere i pellegrini. Re Baldovino concesse ai nove Cavalieri ed ai loro serventi e clientele l'uso di un edificio detto « Il Palazzo », nelle immediate vicinanze del luogo ove si riteneva fosse sorto il Tempio di Salomone.

Nel 1128 il Pontefice Onorio II° ricevette in Roma Ugone dei Pagani con altri Cavalieri, inviatigli dall'allora Patriarca Stefano di Gerusalemme per implorare il riconoscimento dell'Ordine e la concessione di guarentigie, e con suo Breve speciale li rinviò al Concilio di Troies, in Francia, dove il Cardinale Legato Matteo Albanese incaricò il Santo abate di Chiaravalle, Bernardo, di modificare la Regola dell'Ordine.

Secondo Francesco Menneno, la Milizia fu riconosciuta ed i suoi Statuti promulgati « tenendo il dominio del Vaticano Honorio II; l'imperio d'Oriente Giovanni Angelo Flavio Comneno; d'Occidente Enrico V; regnando in Gerusalemme Baldovino II; Re di Castiglia e Leon Alfonso VII; di Aragona e Navarra Alfonso; Enrico in Portogallo; Ludovico il Grasso sulla Francia; governando la Veneta Repubblica Dominico Michiel; la Polonia Boleslav II; la Svezia Ingeldo IV; l'Inghilterra Enrico I; Nicolò la Dania e Alessandro I la Scozia".

Il Sommo Pontefice assegnò ai Cavalieri un abito: veste bianca di lana in forma di manto, ricoprente l'armatura, ed il Patriarca Stefano di Gerusalemme li autorizzò a fregiarsi d'una croce doppia alla patriarcale di color vermiglio, poi modificata, nel 1163 (quando l'Ordine divenne indipendente e Sovrano in seguito alla Bolla Papale concedente numerosi privilegi) in una croce rossa patente, che i Cavalieri portavano ricamata sul mantello all'altezza della spalla sinistra.

L'Ordine, che aveva ottenuto diritti sovrani, tanto da amministrare direttamente i territori conquistati, capacità di eleggere i propri dignitari e sacerdoti, arricchitosi con i larghi privilegi e guarantegie accordati oltre che dalla Santa Sede e dal Re di Gerusalemme, dai Signori Crociati, da Sovrani e Principi cristiani, fu allora articolato in Province di varie lingue con Gran Priori a capodi ogni Lingua; le province furono suddivise in Regioni governate da Precettori e in fortezze con Torri (Conventi o Templi) rette da Commendatori e da Priori. La lingua ufficiale dell'Ordine fu il latino.

Suggestive le parole con le quali si inizia la Regola dell'Ordine: "Omnibus in primis sermo noster dirigitur, quicumque proprias voluntates sequi contemnunt, e summo ac vero Regi militare animi puritate cupiunt, ut obedientiae armaturam praeclaram assumere intensissima cura implendo praeptent, e perseverando impleant".

La nomenclatura dei gradi dell'Ordine, similmente a quelle adottate dai Cavalieri costantiniani di San Giorgio e dagli Ospitalieri di San Giovanni (poi Ordine di Malta), fu stabilita in Gran Croci, Cavalieri, Cappellani e Serventi d'arma e di ufficio, e con incarichi di Priori, Commendatori, Precettori, affidati a Cavalieri professi.

Motto dell'Ordine fu "Non Nobis Domine, sed Nomini tuo dà gloriam", riportato sul vessillo che, in campo diviso di nero e di bianco, portava la croce patente vermiglia. Altri motti furono in seguito adottati; per i Cavalieri armati, che avevano l'obbligo di combattere contro tre nemici, "Vincere aut mori"; per le investiture superiori, "Nemo me impune Lacessit", "Nec proditor nec proditus impune foret", "Iustitia et veritas in corde tuo", "Deus vult".

Dei 23 Maestri dell'Ordine regolare (diciamo così per distinguere i Templari dal Templarismo), sette perirono in combattimento, cinque in seguito a ferite, uno nella cattività degli infedeli. Cinque furono le grandi battaglie storiche che rappresentano le pietre miliari della gloria dei Templari: La difesa di Gaza (1171); la battaglia di Tiberiade (1187); il sacrificio di Damietta (1219); l'epopea di Mansourah (1250); il martirio di Sephet (1262).

Dopo la ritirata dei Crociati a San Giovanni d'Acri, i Templari spostarono il loro Gran magistero a Cipro, e ancor più tardi a Parigi, dove la loro potenza, le immense ricchezze accumulate, le sovranità su terre e castelli, le guarentigie, i commerci con il Levante (furono i primi ad usare le lettere di credito), stimolarono l'odio e la cupidigia di Filippo il Bello, Re di Francia, il quale, avendo fatto elevare al Soglio Pontificio l'arcivescovo di Bordeaux, Bertrando de Goth, e sperando nel suo appoggio, iniziò una campagna denigratoria contro i Templari ed applicò sui loro beni in Francia imponenti balzelli, violando le immunità concesse.

Il Gran Maestro protestò; ma il Re tenne duro. Il suo gioco tendeva a spingere i Templari francesi a ribellarsi, ciò che infatti si verificò. Una grande manifestazione, probabilmente organizzata dagli agenti provocatori del Sovrano ed alla quale, per scarsa prudenza, parteciparono alcuni Cavalieri, dette a Filippo la possibilità di accusare i Templari di lesa Maestà. A nulla valsero le proteste e le scuse del Gran Maestro. Due Templari accettarono la parte dei delatori, ed accusarono i loro fratelli di eresia, odio contro i poteri costituiti, usura, sodomia, accordi con gl'infedeli.

Circa settanta Cavalieri col Gran Maestro furono imprigionati e sottoposti alle più abominevoli torture, strappando loro mostruose confessioni, che poi ritrattarono nel corso del supplizio finale quando furono bruciati vivi. Filippo il Bello voleva crearsi un alibi per liberarsi dei potentissimi e pericolosi sudditi, che rappresentavano uno Stato nelle Stato, ed appropriarsi delle loro ricchezze.

I processi, in Francia, proseguirono senza l'autorizzazione del Papato, che non aveva alcun interesse a condannare un Ordine glorioso che aveva protetto, reso Sovrano, potenziato e difese, Clemente V, pur francese e legato a Filippo da riconoscenza, tanto che gli aveva ceduto - dopo la sua elevazione al Papato - tutte le decime del reame per un periodo di cinque anni, ed aveva portato la Santa Sede ad Avignone, non ebbe il coraggio di sottoscriverli.

Successivamente, però, anche Avignone, visto l'interesse generale suscitato dai processi di Francia, ordinò che i Templari fossero sottoposti ad inquisizione in tutte le Province dell'Ordine. Ma i processi celebrati dalle Commissioni pontificie fuori di Francia dimostrarono che i Cavalieri erano innocenti dalle mostruose accuse; l'adorazione che essi - secondo Filippo il Bello - avrebbero rivolto all'idolo Baphomet si rivelò un'invenzione: nessun Cavaliere fu condannato.

Ciò nonostante il Re di Francia, che ormai si era impossessato del tesoro dei Templari e dei loro beni privati, e non intendeva restituirli e tanto meno recedere dalle condanne inflitte riconoscendo false le sue accuse, riuscì a convincere il Papa a dichiarare l'Ordine decaduto.

Il 22 marzo 1312 con la Bolla papale "Vox in Excelsis", poi confermata con quella "Considerantes dudum", il primo Pontefice d'Avignone, che fin'allora non aveva avuto il cuore di agire direttamente rimettendo al Concilio di Vienne il giudizio dei Templari, scioglieva l'Ordine con la seguente decisione:

"Cum gravi cordis amaritudine et dolore, non per motum definitive sentenzia; cum eam super hoc secundum inquisitiones, e processus praedictus non possemus fere de iure, sed per viam provisionis, e Ordinationis Apostolicae praefatum quondam Templi Ordinem, ac eius statum, habitum atque nomen sustulimus, removimus, e cassavimus, ac perpetaue prohibitioni subiecimus, Sacro Concilio aprobante, personas et bona eiusdem Ordinis ordinationi, et dispositioni, Sedi Apostolicae reservantes. Dat. Viennae II nom. Mai/

an VII Pont.".

Gli appartenenti all'Ordine - salvo i francesi, molti dei quali fuggirono in altri Stati per non cadere nelle mani degli scherani di Filippo e dei tribunali a lui asserviti - non ebbero noia alcuna e poterono riunirsi in nuove Confraternite come, ad esempio in Spagna dove si associarono nel 1317 con l'Ordine del Cristo, e fondarono, nel 1319, quello di Montisco. Altri passarono agli ospitalieri di San Giovanni. Altri ancora, e particolarmente gli inglesi continuarono a riunirsi, alcuni passando in Scozia. Di qui sarebbe sorta una delle principali branche del Templarismo, il fenomeno dello Scozzesismo, di cui parleremo più avanti.

Il Gran Maestro Giacomo de Molay, graziato, fu posto in libertà, ma durante una pubblica funzione, alla quale dovette assistere, furono lette le sue pretese confessioni. Allora si ribellò. Sentendo quali mostruosità gli erano state strappate con la tortura, gridò pubblicamente che si trattava di un'infamia, che mai l'Ordine si era macchiato di tali orrori, che egli ritrattava se mai aveva detto cose simili strappategli con le torture più abbiette, che i Templari erano sempre stati fedeli alla Regola, a Cristo e alla Religione Cattolica. Nuovamente arrestato fu dato al rogo come eretico e sospetto di patti col demonio il 28 marzo 1312. Durante il supplizio continuò ad accusare i suoi aguzzini di mendacio ed a pregare, invocando Nostro Signore, la Vergine e la giustizia divina.

 

Indice

 L'Ordine del Tempio L'ordine del Tempio e la Massoneria Gli Ordini Cavallereschi del Templarismo

  Cronologia processo Templare Riflessioni Conclusive

La Tragedia del Tempio