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Nei mesi immediatamente precedenti l'ingresso in guerra dell'Italia l'opinione pubblica ebbe tutto il tempo per prepararsi psicologicamente alle sollecitazioni e ai disagi che avrebbe dovuto in seguito subire.
Così, mentre nel suo studio di palazzo Venezia Mussolini era tormentato tra la paura di dichiarare guerra e la suggestione di essere tra i protagonisti di un nuovo, radicale capitolo di storia, la gente comune interpretava gli aspetti della vita quotidiana di un Paese in guerra.
Ma se Mussolini era convinto che, per rendere grande un popolo, bisognava costringerlo a combattere, quello stesso popolo si trovava in una fase di inerzia, considerando la guerra e la probabile disfatta come l'ultimo atto inevitabile di una ventennale tragedia, da vivere con apatia e acriticamente.
Ecco allora le vignette che, come questa, trasformano la violenza quotidiana della guerra in occasione per piccoli episodi di vita privata, nella più assoluta noncuranza del fatto che si stesse consumando un orrendo dramma.
Era anche questo, dopotutto, un modo per tirare a campare.


"Marc'Aurelio", 6 dicembre 1939