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Dopo il discorso storico del 3 gennaio 1925 il governo Mussolini si era trasformato in ciò che il leader fascista si proponeva da tempo: un regime autoritario, fondato sulla discrezionalità di una sola persona. Uno degli effetti più evidenti di tale brusca sterzata dittatoriale fu la soppressione di ogni voce dissenziente, in primo luogo quella della stampa democratica.
Scomparsa come strumento di critica e stimolo al potere, la satira sopravviveva solo in forme ritenute utili alla propaganda di regime: messi a tacere i Galantara e gli Scalarini, si affermavano disegnatori più conformi alla nuova situazione politica. Nella moria generale di testate umoristiche si consolidò come valletto del fascismo il "Guerin Meschino", lanciando fiondate polemiche contro gli oppositori o i troppo tiepidi fautori.
In questa vignetta è preso di mira l'atteggiamento opportunistico dei superstiti rappresentanti del liberalismo più conservatore di fronte alla prospettiva di una riforma del Senato che, dalla fine del 1924, si andava progettando all'interno del movimento fascista. Nei nebulosi programmi del regime, i senatori vitalizi di nomina regia avrebbero dovuto essere affiancati dai rappresentanti pro tempore delle grandi corporazioni nazionali: scopo dell'operazione voleva essere un'accentuata caratterizzazione sindacai-corporativa dello Stato. Inutile aggiungere che, davanti alla doppia possibilità, la preferenza dei pavidi parlamentari di non diretta estrazione fascista andasse alla prima soluzione, più sicura e assai meno compromettente.


"Guerin Meschino", 11 aprile 1926