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Il 1913 fu per molti versi un anno di grande crisi per l'Italia e per l'Europa intera: il nostro Paese, indebolito dalla lunga e onerosa guerra di espansione coloniale, attraversava una fase di pesante ristagno economico, non certo favorito dalle precarie condizioni delle sue relazioni internazionali. I rapporti con Francia, Germania e Austria si erano progressivamente deteriorati, rendendo arduo il compito di sorreggere un'economia basata prevalentemente sulle importazioni di materie prime: perciò la stampa e l'opinione pubblica vedevano di buon occhio ogni iniziativa tendente a ristabilire solidi vincoli con i Paesi d'oltralpe, tali da garantire una rapida ripresa della situazione italiana. In più, giocava a favore di accordi immediati lo spauracchio di un conflitto di vaste proporzioni che più volte, nelle recenti controversie militari e diplomatiche, aveva fatto capolino. IL concerto europeo sembrava sul punto di poter ristabilire un'equa situazione internazionale, quando un nuovo elemento di disturbo si manifestò sulla scena politica: l'inizio delle manovre austriache contro gli Stati balcanici, vera e propria miccia della prima guerra mondiale. L'occasione iniziale fu l'occupazione da parte dei Montenegrini della città di Scutari (nella vignetta l'acqua del catino), che accordi internazionali avevano invece assegnato all'Albania. L'Austria reagì all'operazione minacciando il proprio intervento armato diretto, contro il quale si dichiararono molti Stati europei, tra cui l'Italia. Agli inizi di maggio fu ristabilita la calma grazie a un prestito internazionale concesso al Montenegro in cambio dello sgombero di Scutari: l'opinione pubblica tirò un sospiro di sollievo, ma l'Italia ancora una volta aveva manifestato la propria divergenza di indirizzi rispetto alla politica degli imperi centrali. Un motivo, questo, di ulteriore tensione internazionale.


"L'uomo di pietra", 3 maggio 1913