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Con il passar del tempo, l’atteggiamento di Giolitti si andava configurando sempre più precisamente come una forma di spregiudicato dirigismo politico, sprezzante delle regole del dibattito parlamentare e della dialettica delle fazioni.
In effetti il capo del governo riteneva altrettanto perniciosi, ai fini della realizzazione dei suoi programmi, tanto l’atteggiamento rigidamente conservatore della destra quanto l’intransigente libertarismo delle sinistre, mentre auspicava un parlamento moderatamente liberale che accogliesse ogni sua nuova iniziativa.
Nel suo atteggiamento convivevano senza stridori radicalismo e conservatorismo, utilizzati elasticamente secondo le esigenze del momento all’insegna del più tipico dei trasformismi.
Nonostante la sua estrema abilità, tuttavia, Giolitti riusciva a fatica a ottenere risultati apprezzabili nel suo programma di riforme, tanto da convincersi ad affrontare una nuova tornata elettorale (che si sarebbe svolta l’anno successivo): contando su un’opportuna manipolazione dei consensi, egli mirava a svuotare di peso effettivo le due ali estreme del parlamento, concentrando sulla fazione a lui favorevole la gran parte del potere.
Era un sogno perché gli esiti elettorali non avrebbero corrisposto alle sue attese; su questo risultato infatti ebbe un grande peso il prestigio degli organi di informazione a lui avversi e un’attenta propaganda della sinistra.
Ne è un buon esempio questa vignetta di Galantara che inquadra crudamente la situazione prima ancora che Giolitti giunga a rendere espliciti i suoi propositi.


L’Asino", 26 luglio 1908