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Il generale Bava Beccaris, soprannominato dall’opinione pubblica Barba-Beccaio per la durezza con cui aveva represso nel sangue i moti popolari di Milano nel 1898, fu un bersaglio costante della satira scritta e disegnata dell’epoca.
Certamente egli fu, tra i personaggi pubblici, il meno amato dai suoi contemporanei, che non gli perdonavano la troppo rigida e schematica interpretazione delle proprie funzioni di militare. L’occasione che generò questa vignetta fu l’ascesa al trono di Serbia del re Pietro Karadordevid, avvenuta in circostanze degne di un feuilleton truculento. Fino a poche settimane prima, in effetti, sul trono era seduto Alessandro Obrenovic, che lo aveva ereditato nel 1889 e lo esercitava in maniera dispotica ricorrendo spesso e volentieri a sistemi repressivi. Era una situazione insostenibile a gran parte dell’esercito, che nella notte tra il 10 e l’11 giugno 1903 si sbarazzò, per mano di un gruppo di congiurati, dello scomodo sovrano, dei suoi familiari e di molti ministri con una strage che destò vivo scalpore. II 15 giugno Pietro Karadordevic ottenne la corona regale e subito l’opinione pubblica lo indicò come il sanguinario ideatore dello sterminio essendone stato il beneficiario. A sanguinario, sanguinario e mezzo: il governo italiano incaricò proprio Bava Beccaris di recarsi in Serbia per conferire al nuovo re il collare dell’Annunziata.
Da qui la facile ironia dei giornali dell’epoca, che riferirono di questo viaggio del generale italiano come di una visita di cortesia tra professionisti della violenza.


"L’uomo di pietra", 4 luglio 1903