Per l'immagine ingrandita (1100x850)


 

 


 

Un papa settantottenne: questo Pio IX (la vignetta lo vuole morente: vivrà invece altri otto anni), coriaceo e imprevedibile, così alieno dai compromessi e così poco duttile da sollevare un coro di indignazione col suo Sillabo, un documento che, in piena età liberale, sprofondava la Chiesa nel Medioevo. E non basta: al Concilio Vaticano I aveva fatto proclamare il dogma dell’infallibilità papale anche a costo di perplessità, risentimenti e dure reazioni persino negli ambienti cattolici più ligi: in Germania, in Francia e altrove. L’Italia liberale e massonica detestava lui e la sua Chiesa: Crispi minacciava di buttarlo nel Tevere con tutti i cardinali; Carducci cantò il suo Inno a Satana; Ricasoli aveva fatto sfondare le porte del duomo e arrestare l’arcivescovo di Firenze, reo di non aver voluto officiare un Te Deum. Ma non sempre: per esempio il re, quando nel 1869 si ammalò, si affrettò a sposare la sua amante e a inondare il Vaticano di telegrammi, lettere e messaggi per ottenere una benedizione. E il ministro Pasolini, a commento della Convenzione di settembre, s’era lasciato scappare un «Meno male! Non sentiremo più parlare di Roma».


"Il Fischietto", 3 luglio 1870.