Capitolo I

 

Dove tutte le leggi fatte in nome di Themis debbano rispettare il principio del benessere di coloro per i quali esse vennero promulgate.

 

Perché le leggi differiscono non soltanto a cagione delle loro istituzioni, ma anche a causa della loro accettazione; così, se non vengono imposte tirannicamente, esse sono mirate al pubblico bene, perché è tramite di esse che la società umana si mantiene, la giustizia viene amministrata e la virtù favorita, cosicché nessuno abbia a temere l’insolenza e l’oppressione altrui. Possiamo così concludere che esse beneficiano e causano l’avanzamento della società: se ognuno correttamente riceve ciò che gli è dovuto, allora non avrà causa di lite o di lamentazione, ed ancor meno di porsi in istato di guerra; ma, al contrario (come nei tempi aurei) egli godrà di pace e di prosperità, perché le leggi difenderanno la giustizia, solo per mezzo della quale la pace prevale, il motivo del contendere si esaurisce, Themis sarà venerata e, finalmente, ogni cosa avrà condizione e stato di prosperità. Donde molto saggiamente i poeti descrissero Themis esser figlia dei cieli e della terra, sorella di Saturno e zia di Giove facendole molto onore e celebrandone la fama, a causa della sua costante amministrazione della Giustizia, perché essa gioiva a causa dell’equità e della correttezza, così come di tutte quelle virtù che possan rendere l’uomo ben accetto agli dei, o servizievole con il prossimo suo. Essa quindi insegnò loro a vivere felicemente secondo giustizia e rifuggire la violenza, le ingiurie e la rapina, perché essi nulla abbiano a chieder agli dei (come già osservato da Festo) se non ciò che favorisce onestà e religione, ché altrimenti le preghiere rimangono infruttuose. Essa disse inoltre che il Gran Dio, guardando sulla terra, riconobbe le azioni buone o empie degli uomini, e severamente punì gli iniqui con l’eterno castigo, ricompensando i buoni, a causa della loro integrità, con una vita che non avrà fine o decadenza. Altri, tra i greci, credettero Themis esser una profetessa di futuri avvenimenti, e per tale dono essa guadagnò grande autorità e venne tenuta in gran rispetto e considerata un’entusiasta, essendo in contatto e familiarità con gli spiriti e forse con gli dei medesimi, dai quali essa sorse ed ebbe origine; ed ai quali, dopo la morte, presumibilmente fece ritorno, per far parte del lor Consiglio sui fatti dell’umanità. Nel tempo in cui essa fu considerata dea della Giustizia i Re, per suo tramite, guidarono i loro domini; essa li istruiva nei doveri verso i sudditi, istituendo inoltre la regola che le moltitudini pagar dovessero omaggio e soggezione ai loro legittimi Principi. Essa gettò le fondamenta della magistratura, edificando un’ordinata struttura politica. Per tutto ciò fu tenuta in così grande considerazione tra i pagani da far loro supporre che, sol a causa della di lei divinità il mondo intero si sostenesse e supportasse.

Le si eressero templi, e si istituirono riti e cerimonie divine in suo onore. Il primo tempio a lei dedicato fu in Boezia, sulle rive del Cepisso dove arrivarono, si dice, Deucalione e Pirra dopo il diluvio, per interrogar l’oracolo sul come l’umanità, perita nel diluvio, avesse dovuto esser ristorata; questo a quanto ci narra Ovidio nel primo libro:

 

O Themis, mostraci l’arte riparatrice,

Dell’umanità perduta,

alla vana ricerca del proprio interesse fallace.

 

Su Themis venne inoltre allegoricamente detto che essa, prudente e bella sopra ogni altra, fu oggetto delle mire di Giove, che dopo molto tentare venne alfin respinto; ogni contatto fu allora interrotto finché egli la sorprese in Macedonia, prendendola per sé. Da quell’unione nacquero tre figlie: Equità, Giustizia e Pace. Sempre da Giove ella ebbe un figlio di nome Medio Fidio, o il giusto, Guardiano della fede; Ogni giuramento in suo nome fu sacro ed inalterabile, ed i patriarchi romani arrogarono a sé tale solennità, esecrabile cosa essendo, per un uomo d’ingegno, il mancar di parola. Sebbene convinti dell’inesistenza, sulla terra, di Themis, che mai profferì vaticinio o venne translata ai cieli, come invece ignorantemente immaginato dai pagani, confessiamo, purtuttavia, che l’idea vera di Giustizia o l’universale nozione di virtù debba qui (sebbene occultamente) esser considerata, perché è da essa che sorgono buone leggi, e non come alcuni pensano, dal vizio, che è solo accidentale cosa. Questa equità mantiene saldi i domini, ordinati gli stati e le città e, finalmente, sprona gli umili inizi a raggiunger grande altezza e grado di perfezione. L’Equità è la regola con la quale gli uomini debbono impostare le lor parole ed azioni. Policleto, scultore d’ingegno, descrisse le proporzioni vitali delle membra del corpo umano, acciocché ogni artificiere potesse compararle nel provare l’opera sua; in verità tali regole, o assiomi, sono propri di ogni arte e scienza, per portar l’opra alla giusta conclusione a mezzo del principio deduttivo. L’Equità così bilancia maniere ed azioni, così che esse non vengano influenzate da ingiustizia e cattiveria, evitando molti inconvenienti che facilmente ci condurrebbero a smarrimento. Perché, come lussuria e litigiosità sono causa dei malanni, così l’ingiustizia si accomuna a perdizione e pena quali inseparabili compagne e, al contrario, così come la salute rende l’uomo felice, non in se stessa, ma come portatrice di più grandi benefizi, così per il tramite di equità, leggi salutari vengono promulgate a conforto e vantaggio dell’umanità. Ma è proprio a causa della di ciò chiarezza agli occhi dell’uomo razionale che invano si spendono parole per il ciò dimostrare.