Tommaso da Kempis


Alla guida della confraternita a Nicola Flamel successe Tommaso da Kempis, nome italianizzato di Thomas Hemerken (Kempen, Colonia 1380 – Agnetenberg 1471), monaco tedesco, universalmente riconosciuto autore del capolavoro della letteratura cristiana “Imitazione di Cristo” che ebbe straordinaria diffusione dal medioevo ad oggi. Studiò a Deventer in Olanda e fu educato alla scuola dei fratelli della Vita Comune. Verso la fine del Medioevo, nel XV secolo, il mondo cristiano viveva una crisi senza precedenti: il papa ed i vertici ecclesiastici, in esilio ad Avignone trascuravano completamente i loro doveri pastorali, anche i francescani si erano divisi in “spirituali” e “conventuali”, la guerra dei cento anni insanguinava le contrade d’Europa e la peste aveva decimato un terzo della popolazione. Anche dopo che il papato tornò a Roma, nel 1377, sull’onda delle pressioni dei più influenti personaggi dell’epoca come Francesco Petrarca, S.Brigida di Svezia e soprattutto S.Caterina da Siena, la situazione non migliorò affatto, la fede veniva inaridita ed il patrimonio spirituale cristiano, copiosamente accumulato nei secoli precedenti, veniva posto nell’oblio da sterili conflitti teologici e dottrinali, e ciò condusse addirittura all’elezione di due o tre papi per volta. Per reazione a questa situazione era nata una corrente spirituale originaria del Nord Europa, esattamente dall’Olanda, che ebbe come capostipite Gerardo Grööte. Tale movimento propugnava il rifiuto della sterile discussione dottrinale e la completa comunione del fedele con Cristo, nel silenzio, nell’umiltà e nella preghiera, nella sapienza pratica più che teologica e nella meditazione continua sui momenti cardinali del messaggio di Gesù: la Sua Umanità, la Sua Sofferenza, la Sua Passione. Fu la fine della Scolastica, ma anche il ritorno ai grandi maestri, come Bernardo di Chiaravalle: la corrente della devozione moderna. Gerardo Grööte sula base di questa esperienza fondò i gruppi di “fratelli e sorelle della vita comune”, stabilitisi a Deventer a partire dal 1383.

Fu il primo esperimento dell’edificazione della “società cristiana” da parte della confraternita; durò solo una cinquantina d’anni, ma lasciò un importante segno in un gruppo di discepoli, tra cui il più universalmente noto fu proprio Tommaso da Kempis. Nel 1407 entrò nel monastero di Agnetenberg (Zolle) dove venne ordinato nel 1412, divenne priore nel 1448 e morì nel 1471. Fu uno straordinario amanuense e passò buona parte della sua vita a copiare manoscritti nel chiostro ed a scrivere testi di mistica cristiana dove venivano esaltate l’ascesi e la preghiera e la centralità dell’esempio morale di Cristo. Oltre alla già citata opera più famosa di Tommaso da Kempis ci sono pervenuti 39 scritti: opuscoli ascetici e mistici, opere storiche, sermoni, lettere. La “Imitazione di Cristo” fu di tale importanza nel basso medioevo da venire utilizzato, come previsto dallo stesso autore, per l’educazione pastorale del clero ed ebbe come estimatrice la mistica carmelitana Santa Teresa di Liseux. Addirittura Voltaire, in quel periodo notoriamente ateo, espresse il suo riconoscimento del valore assoluto dell’opera che ancora oggi è considerata come un capolavoro di meditazione ed ascesi cristiana. Il libro, in realtà colonna del sapere della fratellanza, ha inizio in questo modo: “…quando verrà per noi il giorno dl Giudizio, non ci sarà domandato che cosa avremo letto, ma che cosa avremo fatto, né con quanta dottrina ed eleganza avremo parlato, ma quanto santamente avremo vissuto.” Tommaso indicò il sentiero stretto del Vangelo nel mettere la propria vita in comunione completa con Dio. Egli comprese il vero potere del Pellicano: solo col proprio sangue, cioè col proprio sacrificio si resuscita e si perpetua la vita

Le parole della “Imitazione di Cristo” sono la guida di ogni autentico cristiano: “Chi segue Me non cammina nelle tenebre, dice il Signore. Queste sono parole di Cristo, con le quali Egli ci esorta ad imitare la Sua Vita ed i Suoi Costumi, se vogliamo veramente essere illuminati e liberati da ogni cecità di cuore. Perciò il nostro più ardente desiderio deve essere quello di meditare la vita di Gesù Cristo… Che giova a te, discutere profondamente sulla Trinità, se poi non sei umile, e finisci così col dispiacere alla Trinità? Non i profondi discorsi, ma la vita virtuosa, ci rende santi, giusti e cari a Dio. Perciò io desidero più sentire in me la compunzione che saperne la definizione. E se tu sapessi a mente, lettera per lettera, anche tutta la Bibbia e gli scritti di tutti i filosofi, che vantaggio potresti trarne, senza la carità e la grazia di Dio? Oh, vanità delle vanità! È tutto vanità, fuorché amare Dio, e servire Lui da solo. Ed è questa, dunque, la più alta sapienza: avvicinarsi a Dio disprezzando il mondo.” Nel Libro II, capitoli 11 e 12, viene sottolineato il significato della Croce: “Gesù ha, in questo mondo, molti che amano il Suo Regno celeste, ma pochi pronti a portare la Sua Croce. Ha insomma molti amanti della Sua Consolazione, ma poche della Sua Tribolazione….Non c’è speranza della vita eterna per la nostra anima, senza la Croce. Prendi la tua croce, dunque e segui Gesù:entrerai nella vita eterna. Vedi dunque tutto sta nella Croce…Non c’è altra via che questa…per arrivare alla vita ed alla vera pace dell’anima. Portati dove vuoi, cerca tutto ciò che desideri: non troverai nessuna strada più alta e insieme più sicura di questa della Santa Croce. Disponi e ordina ogni tua cosa secondo la tua volontà ed il tuo gusto; non troverai che da soffrire in tutti i modi, o spontaneamente tuo malgrado: e così ti troverai sempre dinanzi la Croce, perché o avrai qualche dolore fisico o ti tormenterà qualche sofferenza morale. Talvolta subirai l’abbandono di Dio, talvolta dovrai sopportare il tuo prossimo e, peggio ancora, spesso sentirai il peso di te stesso, senza che tu possa a tutto questo trovare un rimedio o una mitigazione o una consolazione…La Croce, insomma è pronta… Dovunque tu vada, non puoi sfuggirle, perché avrai sempre te stesso con te…… A molti riesce duro il sentirsi chiedere di rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguire Gesù…ma, se tu porti la croce volentieri, essa porterà te e ti condurrà alla meta desiderata….se invece porti la croce controvoglia, ti creerai un peso superiore alle tue forze, che dovrai sostenere lo stesso. Se tu getti via una croce, subito ne troverai un’altra, forse più pesante. Speri infatti di evitare ciò che nessun mortale ha mai potuto evitare?...Ma, se tu tieni gli occhi sempre su te stesso, non potrai mai arrivare a capire tutto ciò…….. Fortunato chi comprende che cosa sia amare Gesù e per Lui disprezzare se stessi…L’amore della creatura è ingannevole e malsicuro; l’amore di Gesù è fermo e costante. E perciò chi si fa creatura, che ha fine, avrà fine con essa; ma chi abbraccia Gesù, non potrà più essere scosso per tutta la vita. Ama Lui, dunque, e tientelo sempre amico: quando tutti ti abbandoneranno, Lui solo non ti abbandonerà, e sarà lui a salvarti dalla rovina……Se tu guarderai soltanto alle apparenze esteriori, proverai presto la tua delusione: potrà infatti capitarti di cercare nei tuoi simili consolazione o guadagno, e ritrarne invece un danno. Ma se in ogni cosa tu cerchi Gesù, non potrai trovare che Gesù, così come, cercando in ogni cosa te stesso, troverai sempre te stesso, con tuo grande discapito: perché, quando non cerca Gesù, l’uomo è a se stesso più dannoso che tutto il mondo e tutti i nemici messi insieme.”

Ho riportato questi brani che non hanno bisogno di commento alcuno, perché si possa meditare profondamente su queste parole e capire che non si deve cercare il segreto della confraternita come fine a se stesso, perché il centro di fuoco della vita di ogni confratello è stato l’amore per Gesù Cristo in tutti i suoi infiniti effetti e conseguenze: scienza, conoscenza, amore, ascesi, preghiera, sacrificio per il prossimo. Concludo questi cenni sul monaco di Kempis con le parole che lui sentì da Gesù e ci riportò: “Figlio mio, quando riesci ad uscire da te stesso, tanto entri in me. Come il non desiderare niente di esteriore crea la pace interna dell’anima, così il rinunciare nel nostro cuore a noi stessi ci avvicina a Dio. È perciò io voglio insegnrti il perfetto abbandono di te stesso alla mia volontà, senza alcuna opposizione e lamento. Seguimi, io sono la via, la verità, la vita, senza la via non si può viaggiare, senza la verità non si può conoscere,senza la vita non si può vivere… Se vuoi raggiungere la beatitudine dell’altra vita, disprezza la vita di quaggiù… Signore, Gesù che avesti una vita così sacrificata e disprezzata dal mondo, concedimi di poterti imitare nell’essere anch’io disprezzato dal mondo: non c’è infatti servo maggiore del padrone né discepolo superiore al maestro….Figliolo, ora che sai tutto questo e l’hai letto attentamente, mettilo in pratica, e avrai la felicità.”