Gioacchino da Fiore

 

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Gioacchino da Fiore

 

Gioacchino da Fiore era nato nel 1135 circa, a Celico, da padre Mauro, notaio, e dalla madre Gemma. Studiò nella vicina Cosenza e fu avviato dal padre alla carriera di curiale presso il Tribunale della stessa città, divenendo successivamente notaio presso la Corte del Giustiziere di Calabria. La sua vita ebbe la prima svolta nel 1168 quando partì in pellegrinaggio per la Terra Santa, alla volta di Gerusalemme, tornando all’incirca nel 1170 e praticando il romitaggio in una grotta alle pendici dell’Etna, nelle adiacenze di un monastero greco. Si formò presso un monastero cistercense, ma finì per prendere gli Ordini dei Frati Minori divenendo in breve tempo abate del monastero di Corazzo. Tentò più volte di affiliare il monastero all’ordine cistercense senza successo per la povertà della struttura.

Ebbe come scrivano, in quel periodo, un cistercense, Luca di Calamari, futuro abate di Sambucina, ed Arcivescovo di Cosenza, che ha testimoniato come in quel periodo il Beato Gioacchino avesse scritto il commento all’Apocalisse ed il “Salterio Decacorde”, opera misteriosa ed importante per la confraternita. Ottenuta la tanto desiderata affiliazione ai cistercensi fondò, ottenendo nel tempo sempre più importanti donazioni, dal casato svevo, fino a Federico II, due nuovi monasteri Petra Olei e Jure Vetere, dei quali scelse l’ubicazione, ben prima di ottenere la disponibilità dei luoghi. Nel secondo rese evidente il richiamo al Fiore come simbolo di appartenenza alla confraternita ispirata alla rosa. Fu consigliere dei potenti dell’epoca come di Riccardo Cuor di Leone, al quale suggerì di trattare con il Saladino per la gestione dei Luoghi Santi, avendogli predetto il non felice esito bellico della Crociata per la quale si accingevano a partire da Palermo.

Nel 1196 venne autorizzato dal papa Celestino III a costituire il nuovo Ordine Forense e successivamente anche per tale impresa ricevette importanti donazioni da Federico II che lo tenne in grande considerazione. Come tutti i Rosa+Croce mostrò di presagire l’avvicinarsi del momento della propria morte preparando tra il 1200 ed il 1201 una lettera testamento per i confratelli dove dava disposizioni chiarificatrici sulle sue opere. Il 30 marzo del 1202 si ammalò e morì a San Martino di Canale. Nel 1226, come da sue disposizioni, le sue reliquie vennero traslate nella chiesa della nuova Abbazia di San Giovanni in Fiore e collocate, come aveva indicato, in una tomba nella cupola di destra del transetto, intitolata alla Vergine. Egli è stato colui che ha impresso alla confraternita il suo nuovo corso di visibilità e di impegno alla realizzazione della nuova società cristiana, mentre prima i confratelli si erano limitati a lavorare sottotraccia, solo per tenere in vita la linea di discendenza e la tradizione della conoscenza. Riflettendo ad esempio su quanto ho detto della vita del Beato Gioacchino potrebbe venire in mente di cercare di scoprire quali criteri lo abbiano guidato nella scelta degli insediamenti dei monasteri, senza meravigliarsi se si dovesse scoprire come tali luoghi fossero stati in passato sede delle attività di Pitagora e dei suoi seguaci, secondo lo stesso filo iniziatico che ha guidato in centro Italia le scelte dei benedettini, da cui derivarono i cistercensi, verso le antiche sedi dei Collegia, risalenti al mondo latino, fino al leggendario Numa Pompilio. Oppure, esaminando il disegno dell’Aquila Gigliata, (04) si potrebbe scoprire che la testa stessa dell’aquila è la figura biblica del re David e che il resto del disegno spiega, sia pure criticamente, la storia e l’importanza della stirpe di David. O, infine ci si potrebbe chiedere, perché, dopo aver insistito per anni per entrare nell’ordine cistercense, quello che aveva la stessa regola, nella loro parte monastica, dei Templari, il Beato Gioacchino poco tempo dopo, più o meno in coincidenza con la data del taglio dell’olmo e della disgrazia dei Templari di cui ho parlato, se ne sia allontanato fondando un nuovo ordine, poi riconosciuto dal papa nel 1196.