di H. P. Blavatsky

Traduzione di Marpa

 

Capitolo XII°



Rivolgiamo un poco della nostra attenzione alle assemblee dei “Costruttori del Tempio Superiore”, nei primi tempi della cristianità. Ragon ci ha chiaramente mostrato l’origine dei seguenti termini:


a)-La parola “messa” viene dal latino messis “raccolto” da dove il nome Messia, “colui che fa maturare il raccolto”, cioè, “Cristo, il Sole”.
b)-La parola “Loggia” usata dal Massoni, i deboli successori degli Iniziati, ha la sua radice in loga (loka in sanscrito), una località ed un mondo; ed in Logos, in greco la Parola, un discorso: per cui il pieno significato è “un luogo dove certe cose sono discusse”.
c)-Queste assemblee del logos dei primitivi Iniziati Massoni erano chiamate Synaxis, “riunioni” dei Fratelli allo scopo di pregare e di celebrare la caena (cenare) dove erano usate solo offerte di cibi senza sangue, di frutta a cereali.

 

Poco tempo dopo queste offerte cominciarono ad essere chiamate hostiae od ostie consacrate e pure, in contrapposizione ai sacrifici impuri (come quelli dei prigionieri di guerra, hostes, da cui la parola ostaggio). Poiché le offerte consistevano dei frutti del raccolto, i primi frutti delle messis, da ciò ebbe origine la parola “messa”. E siccome nessun padre della Chiesa ha mai menzionato, come avrebbero fatto certi dotti, che la parola messa viene dall’ebraico missah (oblaturn, offerta), una spiegazione vale l’altra. Per una approfondita ricerca sulle parole missa e mizda, vedere “The Gnostics and their Remains” di C. W. King pag. 124 e seguenti.

Ora, la parola synaxis aveva per i greci il suo equivalente nella parola agyrmos (un insieme di uomini, cioè un’assemblea), termine che si riferiva all’Iniziazione durante i Misteri. Entrambe le parole-synaxis e agyrmos (35) caddero in disuso con i cristiani, mentre la parola , o messa, prevalse e rimase. I teologi, desiderosi come sono di velare la vera etimologia della parola, sostengono invece che il termine messia (Messiah) e derivato dalla parola latina missus (il messo, l’inviato). Ma se è così, allora questo significato può egualmente essere applicato al Sole, il messaggero annuale, inviato a portare luce e nuova vita alla terra ed ai suoi prodotti. La parola ebraica per Messiah, mashiah (unto), da mashah (ungere), ben difficilmente potrà essere applicata al significato ecclesiastico, o confermarlo; né, a ben riflettere, la parola latina missa (messa) può derivare da quell’altra parola latina mittere, missum, “mandare” o “congedare”. Perché il servizio della comunione - il suo cuore e la sua anima - è basato sulla consacrazione e sull’offerta dell’ostia, o hostia (sacrificio), una cialda friabile (sottile come pane in sfoglia) che nell’Eucarestia rappresenta il corpo di Cristo – e che è lo sviluppo diretto delle offerte di frumento o di cereali. Nuovamente, le masses primitive erano caenas (l’ultimo pasto della giornata), le quali, dai semplici pasti dei romani che prima di mangiare si lavavano, si ungevamo, ed indossavano un indumento per la cena, diventarono dei pasti consacrati in memoria dell’Ultima Cena del Cristo.
Al tempo degli Apostoli, gli ebrei convertiti s’incontravano durante le loro synaxis per leggere i Vangeli e la loro corrispondenza (Epistole). San Giustino (150 d. C.) ci dice che queste solenni assemblee si tenevano nel giorno chiamato Sole (Sunday (36), dies magnus) e che in tali occasioni si cantavano salmi e si ”celebrava il battesimo con l’acqua pura e le agapae della santa caena con il pane ed il vino”… Cosa hanno dunque a che fare queste ibride combinazioni di pranzi pagani romani, elevati dagli inventori dei dogmi ecclesiastici a mistero sacro, con il Messiah ebreo che “colui che deve discendere nel pozzo” (o Ade) o con il Messias che ne è la sua traduzione greca? Com’è dimostrato da Nork, Gesù “non fu mai unto, né come sacerdote né come re”, quindi il suo nome di Messiah non può derivare dal suo attuale nome ebraico equivalente. Tanto più che la parola “unto” o “spalmato con olio” è un termine omerico, ed è chris e chrio, che significano entrambi ungere il corpo con olio (vedi Il significato esoterico dei Vangeli H.P.B. Collected Writings Vol. XI pag. 172).
Un altro massone di alto grado, autore de L’Origine delle Misure, J. Ralston Skinner riassume questo imbroglio secolare in poche righe: " …il fatto è che ci furono due Messia: Uno, che si impose di discendere nel pozzo per salvare il mondo (37) - e questo era il sole privato dei suoi raggi d’oro e coronato di raggi neri come una corona di spine (che simbolizzano questa perdita); l’altro, era il Messia trionfante che aveva raggiunto la sommità dell’arco del cielo, personificato come il Leone della Tribù di Giuda. In entrambi i casi aveva la croce… "
Alle ambarvales, le feste in onore di Cerere, l’Arvale (l’assistente del Grande Sacerdote), vestito di bianco immacolato, poneva una focaccia di grano, l’acqua ad il vino sull’hostia (l’offerta sacrificale), assaggiava il vino della libagione, e lo dava da assaggiare a tutti gli altri. L’oblazione(l’offerta) era poi elevata dal Gran Sacerdote. Essa simboleggiava i tre regni della natura - la focaccia di grano, il regno vegetale; il vaso sacrificale o calice, il regno minerale; ed il pallio (indumento dello Ierofante simile ad una sciarpa, un lembo del quale veniva posto sulla coppa del vino dell’oblazione), il regno animale. Questa sciarpa era confezionata con lana pura tosata da un agnello bianco.
Il sacerdote moderno ripete, gesto per gesto, gli atti del sacerdote pagano. Egli innalza ed offre il pane che va consacrato, benedice l’acqua che deve essere messa nel calice, e poi in esso versa il vino, benedice l’altare, ecc., ecc., e, andando verso l’altare si lava le mani dicendo: “Io laverò le mie mani fra gli INNOCENTI, e consacrerò il tuo altare, o Signore”. Egli fa questo, perché i sacerdoti Pagani facevano lo stesso dicendo: “Lavo (con l’acqua lustrale) le mie mani fra gli INNOCENTI (i Fratelli pienamente iniziati) e giro attorno al tuo altare, o grande Dèa (Cerere)”. Il Gran Sacerdote faceva tre volte il giro dell’altare carico d’offerte, elevando sopra la sua testa il calice ricoperto con l’estremità della sua sciarpa, bianca come neve e fatta con lana di agnello.
L’abito consacrato portato dal Papa, il pallio, “ha la forma di sciarpa fatta di lana bianca, ornata di croci purpuree”. Nella Chiesa Greca, il sacerdote copre il calice con l’estremità del palio gettata sulla sua spalla.
Il Gran Sacerdote dell’antichità, durante il servizio divino, ripeteva tre volte ad Apollo, il Sole, il suo “O redemptor mundi”; a Cerere, la terra, il suo “Mater Salvatoris”; alle Dee Vergini il suo Virgo paritura” ecc., e pronunciava sette commemorazioni ternarie (udite, o Massoni!).
Il numero ternario, onorato nell’antichità quanto lo è ancora oggi, è pronunciato cinque volte durante la messa. Abbiamo infatti tre introibo, tre Kyrie eleison, tre Mea culpa, tre Agnus Dei, tre Dominus Vobiscum, ed il già detto triplice Sanctus di pura origine massonica! Aggiungiamo a queste i tre et cum spiritu tuo, e la messa cristiana ci elargisce le stesse sette triplici commemorazioni.
PAGANESIMO, MASSONERIA, e TEOLOGIA - è questa la trinità storica che oggi governa il mondo sub rosa. Possiamo chiudere con un saluto massonico, e dire: "Illustrissimi dignitari di Hiram Abiff, Iniziati e Figli della Vedova, il Regno delle Tenebre e dell’ignoranza sta sparendo rapidamente, ma esistono delle regioni ancora inesplorate dallo studioso che sono tanto oscure quanto le notti d’Egitto. Fratres, sobrii estote et vigilate!"


H. P. Blavatsky
 

 

 

 

 

35. Hesychius dà il nome (agyrmos) al primo giorno dell’Iniziazione nei Misteri di Cerere, dea del frumento, e ne parla anche con il nome di Synaxis. I primi cristiani, prima che fosse adottato il termine “messa”, chiamavano la celebrazione dei loro Misteri Synaxis ,una parola composta da sun (con) ad ago (io conduco) - da dove il greco synaxis o assemblea.

36. Sunday (inglese), significa appunto “giorno del sole”, come lo scandinavo “songang”. - N.d.T.

37. Da tempo immemorabile ogni Iniziato prima di sostenere la prova suprema della sua iniziazione, pronunciava, nell’antichità come ai giorni nostri, queste parole sacramentali: “Ed io giuro di dare la mia vita par la salvezza dei miei fratelli che costituiscono l’insieme dell’umanità, e di morire per la difesa della verità...”.

 

 

Introduzione Capitolo I Capitolo II Capitolo III Capitolo IV Capitolo V Capitolo VI

Capitolo VII Capitolo VIII Capitolo IX Capitolo X Capitolo XI Capitolo XII