Limiti di questa determinazione dello scopo: educazione alla libertà etica o alla sensibilità morale?


 

La seconda obiezione che avete accennata é più importante; e io aggiungo alla mia precedente definizione dello scopo [massonico] questa significativa limitazione: in quanto una tale cultura possibile mediante una società espressamente indirizzata a questo fine.

Vi é, infatti, una forma di cultura generalmente umana, in forza della quale ciascuno prende soltanto se stesso, la sua coscienza e Dio per testimoni e giudici: é l’educazione alla libertà etica. Voi conoscete la mia convinzione a questo riguardo. « ciascuno che si creda onesto di fronte a sé stesso, - così scrivevo altrove, alcuni anni fa, - deve instancabilmente osservare sé stesso e lavorare per nobilitarsi: il che deve essergli diventato, in forza dell’esercizio, affatto naturale. Ma questa occupazione non sembra, giusta la sua natura, esser capace di alcuna comunicazione.

Andai da un pittore, ch’io volevo veder lavorare: ed egli mi mostrò tutti i suoi dipinti, perfino quelli ancora incompiuti; ma per quanto lo pregassi, egli non vi volle por mano sotto i miei occhi, e affermava che le opere del genio riescono solo nella solitudine. Questo mi trasse a considerare l’opera del genio morale dentro di noi, e intuii la verità, che anche in ciò bisognava essere soli; trovai sempre più confermato [il concetto] che il vero sforzo per nobilitarsi é assai timido e vergognoso, anzi si ritrae in sé stesso e non può affatto comunicarsi [ad altri]. - Giammai avevo posto in questione il mio miglioramento innanzi à me stesso: come potevo desiderare di metterlo tuttavia in discorso innanzi ad altri! Bastava che io agissi diversamente, e che i miei amici, come io medesimo, conoscessero la crescita della pianta solo dai suoi frutti. Pertanto non si deve mai portare alla luce il proprio miglioramento, né abbassarsi mai a una mera confessione dei propri difetti, ma estirparli. Dobbiamo provarne nausea: allora non staremo più a rigirarli per un verso e per l’altro, per esprimerli con esatte ed eleganti determinazioni. Qualora si volesse, per un malinteso sentimento del dovere, obbligare anche a questo - per un certo spirito eroico nell’amicizia (o a favore di un fine sociale), si verrebbe soltanto a prender confidenza con essi, a renderseli cari, per lo meno a non paventare più l’esistenza di difetti che si sono così clamorosamente condannati, per lo meno a infiacchirsi nella confessione, in quanto la si mettesse in conto di miglioramento ». E così é. Formare la propria educazione alla libertà etica per una data condizione sociale, parlarne con altri, lasciarsi trascinare da loro al rendiconto e confessarsi a loro o farsi confessare, - scompiglia l’animo da capo a fondo: poiché ciò trae a deporre il santo pudore, a diventare il più peccaminoso tipo di ipocrita, l’ipocrita verso sé stesso; e una società che si ingeriva di questo condusse effettivamente al più tetro ascetismo monacale. - Pertanto la Massoneria non ha niente a che fare con questa forma di educazione alla pura umanità: come [non ha niente a che fare con essa] nessuna società che non sia composta di fanatici e che abbia compreso l’Oraziano:

 

Insani sapiens momen ferat, aequus iniqui,
Ultra, quam satis est, virtutem si pelai ipsa
(1).

 

Tutto ciò che accade secondo una qualsiasi distinzione fra gli uomini, sia che miri alla capacità tecnica o a conoscenze o alla virtù, é profano di fronte alla Massoneria: ma di fronte a ciò che riguarda la libertà etica, la Massoneria stessa é profana e irreligiosa: poiché quella é il santo dei santi, in paragone del quale il santo stesso é volgare. - Questo solido concetto, interamente determinato e chiaro in sé, dovremmo elevarlo assolutamente a canone della Massoneria e a principio di una critica di ogni cosa massonica, qualora avessimo da impiantare una critica siffatta.

Altra cosa é certamente, per accennare in breve anche questo, l’educazione dello spirito e [altra] l’aspirazione alla sensibilità morale, la formazione dei costumi esteriori e dell’esteriore osservanza alla legge. Questa appartiene senza dubbio alla Massoneria.

Ora voi avrete presente all’animo immagine della Massoneria, come essa é in sé e per sé stessa, o può e deve essere unicamente. Ma aggiungerò ancora alcuni tratti a questa immagine. Qui si raccolgono invero, liberamente, uomini di tutte le classi e portano ad un sol cumulo la cultura che ciascuno poté acquistare secondo la propria individualità, nella sua condizione. Ciascuno porta e dà quello che possiede: la testa pensante concetti chiari e precisi, l’uomo d’azione capacità e agilità nell’arte del vivere, il religioso la sua religiosità, l’artista il suo entusiasmo artistico. Ma nessuno dà [il suo contributo] nella stessa maniera, in cui egli l’ha ricevuto nella sua classe sociale e nella sua classe lo trapianterebbe. Ciascuno lascia del pari da parte l’elemento singolo e specifico, e mette fuori ciò che egli ha realizzato nel suo intimo come risultato: si sforza di dare il suo contributo in modo che possa pervenire a ciascun membro della società; e l’intera società si affatica a sostenere questo suo conato e a conferire appunto così utilità generale e universalità alla sua cultura, fin qui unilaterale. In tal colleganza ciascuno riceve nella stessa misura di quello che dà; appunto per via di questo, che egli dà, gli viene dato; e precisamente la capacità di poter dare.

 

 

 

1. [horat. epist. i, 6, 15-16: « porti il sapiente nome di stolto, e il giusto di iniquo - quando egli ricerchi la virtù stessa più di quanto occorre »]. Il saggio si attira nome di pazzo, e Aristide diventa ingiusto, «tosto che egli pratichi la stessa virtù più del giusto » [Wieland]; - ovvero: quando egli ricerca la virtù stessa affannosamente per false vie.