| Esperienza ed Immutabilità dello Spirito La tesi che vede nelle nozioni generali delle forme proprie del nostro spirito è vera nel fatto che queste forme non sono percepite in un modo sensibile ed immediato negli oggetti, che non si trovano esattamente complete in nessuno oggetto e che lo spirito le trae dal suo proprio fondo dove rimangono nella loro purezza. Ma queste nozioni considerate come immutabili e perfettamente definite sono il risultato di un lavoro anteriore e sperimentale. Diventano poi isolate, distinte dagli oggetti e servendo ad essi di misura. La loro immutabilità è un'opera del pensiero; ma questa opera si è compiuta contemporaneamente secondo le leggi dello spirito e seguendo i dati sperimentali.
Sono, quindi, il risultato di una combinazione tra: 1°, da una parte, i dati sperimentali che ci forniscono l'espressione delle leggi reali dell'universo, anche se in modo parziale, incompleto, e sempre rettificantesi 2° d'altra, le leggi d'operazione che tengono alla natura del nostro spirito; e questo ultimo elemento offre una certa immutabilità dovuta alla permanenza dello stesso io di fronte alle varie esperienze. Ma la varietà delle esperienze e l'immutabilità dello spirito sono l'uno e l'altro relative.
Non bisogna, in ogni caso, attribuire il carattere puramente fenomenale ed accidentale a tutto ciò che è esterno, ed il carattere di legge immutabile a tutto ciò che è interno. Le leggi che scopriamo nelle cose non sono puramente soggettive, altrimenti non potremmo misurare tramite di esse il mondo esterno! Ora, se questa misura si verifica spesso, come è giusto, ciò prova che le leggi del nostro spirito si applicano più o meno al mondo esterno. Gli scarti provano che le leggi del nostro spirito non sono assolutamente adeguate a quelle del mondo esterno, e questo deve essere così per due ragioni: 1° perché la natura del nostro spirito rappresenta una delle differenziazioni speciali dell'universo, dunque un'alterazione, una derivazione delle leggi universali; 2° perché le leggi formate nel nostro spirito dipendono dalle sue esperienze incomplete.
In quanto al carattere relativamente innato di queste nozioni, è ammissibile nel senso che l'esistenza, già abbastanza evoluta di queste nozioni, sembra necessaria per realizzare le conoscenze più elementari. Ma non bisogna dimenticare che questa inneità possa essere il risultato dell'eredità. Così si spiega l'apparente indipendenza, dei dati dello spirito e dei dati sperimentali. Questi dati dello spirito risultano da esperienze anteriori e, fin dalle nostre prime esperienze personali, abbiamo ad oppor loro il risultato delle esperienze più reiterate di una serie di generazioni. I dati ereditari rappresentano, quindi, quanto di più permanente nell'esperienza. Essi costituiscono, così, le forme dello spirito, e, di conseguenza, le forme dello spirito correggono i dati sperimentali avvicinandoli di più alle leggi universali (almeno in funzione del loro sviluppo nel tempo).
Le forme dello spirito si oppongono alle forme del mondo esterno attuale, ma rappresentano un riassunto del mondo anteriore; le leggi dell'uno e dell'altro derivano dagli stessi principi generali, e si comprende come le nozioni intelligibili siano applicabili al mondo esterno e verificato con esse. Ma la formazione dello spirito si continua con l'esperienza, e le sue nozioni fondamentali devono evolversi; presentano così sempre un elemento variabile e transitorio unito ad un elemento fisso. La metafisica deve cercare di liberare questo elemento fisso. Deve operare un tipo di calcolo differenziale sulle nozioni fondamentali. È stato un errore aver voluto distinguere l'elemento fisso dall'elemento variabile nei rapporti tra il mondo e lo spirito e si è picchiato in breccia tutte le nozioni fondamentali dello spirito.
Questo perché si è voluto ridurre le nozioni fondamentali ai dati puri dell'esperienza che possono dare soltanto delle approssimazioni. È soltanto con un procedimento estraneo all'esperienza che emana dalla forza e dalla ragione che si può passare al limite e stabilire una nozione generale definita. La scienza, quindi, non fornirà mai la soluzione di problemi metafisici: darà soltanto degli elementi approssimativi, delle circostanze che aiuteranno la ragione a trovare il mezzo tramite il quale la legge può essere scoperta.
Si è confuso i valori approssimativi con i limiti, e si è negato l'esistenza di queste nozioni limite perché non le si raggiunge tramite il processo delle approssimazioni sperimentali. Ora, la ragione concepisce queste nozioni limite come concepisce le differenziali, e queste nozioni limite rispondono a delle realtà come le differenziali, realtà che non sono sensibili ma intelligibili.

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